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Giustizia e Gogna: le armi dei “moralizzatori”

Giustizia
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La gogna giudiziaria, manettara, mediatica, televisiva, telematica, dei social.

Ignominoso strumento di tortura fisica, psicologica che ha spezzato vite e fatto la fortuna di tanti figuri, pseudo moralizzatori.

Quanti esempi negli ultimi anni.

Si incrimina, si arresta e si sbatte “il mostro in prima pagina” per annientarlo, annichilirlo senza difese dall’esposizione al pubblico ludibrio.

Quanti pseudo sceriffi e dispensatori delle buone regole, sparano a zero nei media e nei social senza conoscere i reali contorni del fatto.

L’utilizzo della Giustizia ai fini politici e l’esposizione mediatica della vicenda giudiziaria sono i nuovi strumenti della lotta politica, sociale, giudiziaria in questo Paese.

Con la nostra consueta rubrica delle Letture spettinate uniamo e confrontiamo due autori di epoche e culture diverse: Daniel Defoe e Otto Kirchhéimer.

Partiamo da “Inno alla gogna” di Daniel Defoe, editore Liberilibri.

Il 10 gennaio 1702, sulla "London Gazette" viene offerta una ricompensa a chiunque consenta di catturare il "criminale" Daniel Defoe, autore di Robinson Crosué, colpevole di aver scritto una satira, The Shortest Way with the Dissenters. Nello scritto Defoe fustiga implacabilmente i vizi pubblici e privati degli uomini politici del tempo.

L'autore del libello, viene rinchiuso in prigione e condannato alla gogna. Mentre attende in carcere la sentenza, Defoe scrive A Hymm to the Pillory, che circola per tutta Londra: la condanna si trasforma in trionfo, la gogna viene ornata di fiori e scorrono fiumi di birra in onore del condannato. La prima volta che la celebrazione del ludibrio, prima della condanna, si trasforma nella celebrazione del vituperato innocente.

Dall’appassionato difensore della libertà di opinione e di coscienza passiamo al sorprendente Kirchheimer che nel lontano 1955 scrive il saggio “la Giustizia politica”, ove enuncia il principio della utilizzazione di procedure giudiziarie per raggiungere fini politici che sono in generale l’eliminazione dell’avversario attraverso la sua criminalizzazione.

Negli ultimi anni, quante volte abbiamo sentito pronunciare le parole :”È una sentenza politica”, spesso a sproposito e senza alcuna spiegazione dei motivi dell’enunciato.

Lo studioso tedesco, scappato dalla Germania all’avvento del nazismo, illustra le persecuzioni per via giudiziaria operate nei regimi totalitari ed in maniera più raffinata, negli Stati di diritto.

L’opera di Kirchheimer si apre con la citazione: “È una cosa sorprendente la fiducia accordata in genere dagli uomini all’intervento dei tribunali. Essa è tanto grande, che si appiglia alla forma giudiziaria perfino quando la sostanza non esiste più, e da corpo alle ombre” di Alex de Tocqueville, La democrazia in America.

Si comprende immediatamente la complessità, non unilaterale, del ragionamento del politologo e giurista tedesco in questo meraviglioso testo Giustizia Politica, editore Liberilibri.

L’inizio del saggio è dirimente: “Parliamo di giustizia politica quando procedure giudiziarie vengono utilizzate per fini politici. Lo scopo politico può essere rivoluzionario o conservatore, può servire un interesse pressante di chi detiene il potere, ovvero nascere dalla pura e semplice arroganza di chi ne ha la pienezza. Per noi non si tratta della legittimazione di coloro che arrivano all’affermazione per via giudiziaria delle loro pretese di potere, ma semplicemente del fatto che per questo fine viene scelta la via di una procedura giudiziaria.

Emerge poi presto la contraddizione interna tra il mezzo giuridico e il fine politico che con esso viene perseguito: un agire politico finalizzato a confermare dei rapporti di forza o a configurarli in maniera nuova, mentre l’ordinamento giudiziario esiste allo scopo di prendere decisioni, nel caso di conflitti, - sia tra individui e gruppi, sia tra questi e lo Stato – sulla base di regole comunitarie. Per quanto si possa sempre desiderare di sottoporre a regole i rapporti di forza, la loro stessa natura pone, al posto dello sforzo di prevederli e di ottenere cieca obbedienza, limiti ristretti. Il diritto invece cerca di concretizzare valori generali e di farli riconoscere.

Bisognerà tenere presente questo rapporto di tensione se si vuole mettere a fuoco il rapporto tra politica e giustizia nella realtà sociale”.

Si prosegue analizzando i rapporti tra potere e magistratura e l’asservimento di quest’ultima, in periodi oscuri dell’umana esistenza, alle finalità del “potere”.

Concludiamo con la citazione di Simone Weil: “Bisogna (…) essere sempre pronti a cambiare parte, come la Giustizia, questa «fuggitiva dal campo dei vincitori».

Inno alla Gogna, Daniel Defoe, Liberilibri;

Giustizia Politica, Otto Kirchheimer, Liberilibri.