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Green pass obbligatorio: conforme a GDPR e Costituzione?

Read beach, Santorini, Luglio 2021
Ph. Francesca Russo / Read beach, Santorini, Luglio 2021

Green pass obbligatorio: cosa dice il Decreto Covid

Il Green pass, a partire dal 6 agosto 2021, diventa una condizione obbligatoria per poter svolgere alcune attività e accedere a determinati servizi, come anticipato dal Consiglio dei Ministri nel comunicato stampa n.30, avente ad oggetto l’illustrazione dei contenuti del nuovo Decreto Covid.

Tra le attività per le quali il Green pass diventerà obbligatorio figurano il consumo di servizi di ristorazione al chiuso, l’attività in palestre, convegni, fiere, musei e persino concorsi pubblici. Il Green pass sarà quindi necessario per compiere quelle che, almeno fino a 2 anni fa, erano attività della nostra quotidianità (forse musei e palestre non proprio, però va be … ci siamo intesi).

Per poter usufruire di questi servizi, il cittadino dovrà esibire il Green pass che certifichi almeno una delle seguenti condizioni:

  1. Inoculamento almeno della prima dose vaccinale o guarigione dall’infezione da non più di 6 mesi;
  2. Effettuazione di un test molecolare o antigenico da non più di 48 ore.

 

Costituzione e Green pass obbligatorio

Alla notizia dell’obbligatorietà del Green pass, alcuni leader politici hanno apertamente richiamato all’insanabile contrasto con le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione.

Il principale articolo citato in chiave avverso al Green pass obbligatorio è l’articolo 32 della Costituzione, secondo il quale il diritto alla salute deve essere tutelato sia come diritto individuale che come interesse della collettività. In altre parole, ognuno ha diritto a curare (o meno) la propria salute come meglio crede a patto che ciò non confligga con l’interesse alla salubrità della collettività.

 

Prevedere il Green pass come obbligatorio equivale a violare il diritto alla salute di cui all’articolo 32 della Costituzione o altre libertà fondamentali?

Difficile che la Corte Costituzionale possa arrivare a questa conclusione.

In primo luogo, il Green pass non impone di vaccinarti. Esiste l’opzione del tampone. Scomoda, ma esiste.

In secondo luogo, è la stessa Costituzione che, praticamente in ogni suo articolo, prevede la possibilità che le libertà fondamentali siano limitate a vantaggio di altri interessi costituzionalmente rilevanti, tutto legittimo a patto che sia rispettato il principio di ragionevolezza (puoi leggere un’opinione a riguardo anche qui). Per intenderci, ragionevole privarti del posto al chiuso al ristorante se ciò incrementa il livello di tutela della salute degli altri individui presenti, tanto più considerando che ti rimane quello all’aperto.

 

GDPR ed obbligo del Green pass: era nell’aria…

Che il Green pass diventasse obbligatorio per una serie di attività come quelle previste dal Decreto Covid era nell’aria, tanto è vero che già in un’intervista del Vice Presidente del Garante Privacy Ginevra Cerrina Feroni del 5 luglio scorso la componente dell’Autorità richiamava alla cautela su “fughe in avanti” nell’utilizzo del Green pass.

Anche qui, però, il punto che ci interessa è capire se questo trattamento di dati è conforme o meno al GDPR.

Il GDPR è la nostra “Costituzione dei dati personali” quindi, come è facile intuire, anch’esso si basa su principi flessibili, adattabili alle circostanze.

Come vede GDPR il Green pass obbligatorio? Nello stesso modo della Costituzione.

Come ricordato da esperti della materia, il diritto alla protezione dei dati è limitabile con misure proporzionate, ragionevoli e necessarie, previste da disposizioni di rango primario (legge, decreto legge o decreto legislativo).

Sempre una questione di ragionevolezza e di necessità.

 

Green pass obbligatorio: la situazione negli altri Paesi

Quando si valutano questioni come la ragionevolezza, la proporzionalità e la necessità di una misura, un occhio al vicino lo si butta sempre.

In molti altri Paesi, inclusi quelli appartenenti all’UE (e quindi interessati dal GDPR), l’obbligatorietà del Green pass è stata prevista con maggior forza rispetto al legislatore italiano.

In Europa le cronache si sono interessate molto della Francia, che ha previsto l’obbligo del Green pass certificante l’avvenuta vaccinazione per il personale sanitario e che già a partire dal 19 luglio ha previsto il Green pass come obbligatorio per poter accedere ai trasporti pubblici ed ai grandi centri commerciali. A riguardo, il Garante francese (CNIL) ha richiamato il Parlamento affinché valuti la necessità di queste estensioni e sulla possibilità di lasciare fuori dal loro campo di applicazione i minori.

Negli altri Paesi dell’Unione, quali Danimarca, Austria, Grecia e Cipro la linea non è molto diversa. Il Green pass è obbligatorio per poter usufruire dei servizi di cui sopra, ferme alcune differenziazioni tra Paesi (per un approfondimento, clicca qui).

Più simile all’Italia la posizione di Lituania e Lettonia, dove il Green pass è obbligatorio per usufruire del servizio di ristorazione al chiuso ma non all’aperto.

Senza scomodare l’Arabia Saudita, dove il Green pass che certifichi l’avvenuta vaccinazione è addirittura obbligatorio per poter lavorare!

Vista la situazione altrove, la scelta del nostro legislatore, almeno giuridicamente, sembra essere una tra le meno invasive di quelle che si vedono in giro per il modo. Tanto basta a renderla necessaria e proporzionata?