Green Pass: sanzioni per i dipendenti senza
Dopo il 15 ottobre 2021, dies a quo per l’attuazione delle misure urgenti previste dal Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 (“DL”), l’attenzione degli interpreti si sta spostando dalle modalità di predisposizione e attuazione delle verifiche e dei controlli datoriali, alle possibili conseguenze di una verifica negativa.
Quali provvedimenti potrà adottare il datore di lavoro che constata l’assenza di green pass del dipendente?
Il lavoratore andrà allontanato, ma è possibile sospenderlo o addirittura licenziarlo?
Quali sono le conseguenze di un provvedimento di sospensione o di un licenziamento illegittimo?
Il tema della possibilità di svolgere attività lavorativa prima e di accedere ai luoghi di lavoro poi ha messo in luce la centralità del lavoro nelle nostre esistenze. Tuttavia, se prima la problematica delle chiusure coinvolgeva trasversalmente vari tipi di attività, pregiudicando inevitabilmente interi settori schierati in modo compatto per la ripresa delle attività a fronte di altri per nulla compromessi dal lock down, ora la tensione pare spostarsi sulla possibile contrapposizione tra datori di lavoro e lavoratori.
Se è vero infatti che esiste una fisiologica dicotomia tra le parti del rapporto lavorativo, in questi momenti appare evidente come tale contrasto possa nuocere all’attività produttiva e ai servizi, rallentandoli o addirittura bloccandoli. In questo senso la normativa emergenziale, assegnando un ruolo di controllo e vigilanza ai datori di lavoro, ha potenzialmente amplificato l’innegabile squilibrio tra le parti del contratto, attribuendo un ulteriore prerogativa (e connesse responsabilità) a chi già detiene il potere organizzativo e disciplinare.
Nella consapevolezza che controlli, limitazioni e sanzioni provocano un inevitabile agitazione collettiva, il DL 127/2021 ha in ultimo cercato di bilanciare gli interessi delle parti limitando le conseguenze a carico dei lavoratori nel caso in cui i controlli sulle certificazioni risultino negativi. L’ultima modifica del Decreto 127/2021, apportata proprio prima del passaggio al Quirinale, ha eliminato la possibilità di sospendere il dipendente non in regola, prevedendo comunque un’eccezione – che sarà di notevole portata considerando la nostra realtà imprenditoriale – per le aziende con meno di 15 dipendenti.
Naturalmente, a prescindere dalle modifiche formali, ciò che interessa a datori di lavoro e lavoratori è la ricaduta sostanziale dei provvedimenti e il regime sanzionatorio applicato nei singoli casi, che – considerate le immagini delle piazze affollate di metà ottobre – prevediamo possano essere molteplici ed eterogenei.
Il DL, all’articolo 3, commi 6-10, regolamenta e disciplina il regime sanzionatorio per i lavoratori che non sono in possesso di green pass, concedendo risposte ma lasciando alcuni punti d’ombra. In attesa delle FAQ del Governo che progressivamente orientano i commentatori lasciando spesso perplessi interpreti e operatori di diritto, ribadiamo le certezze e proviamo a rispondere ai dubbi.
In primo luogo dalla lettura del comma 6 articolo 3 DL 127/2021[1], che disciplina i casi in cui il lavoratore dichiari o risulti non essere in possesso del certificato verde al momento dell’accesso sul luogo di lavoro, risulta chiara la ratio della norma, ovvero l’esigenza di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, così come l’intento conservativo rispetto al rapporto contrattuale, ovvero l’impossibilità di irrogare sanzioni disciplinari espulsive ma anche conservative (senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro).
In questi casi si provvederà all’allontanamento del dipendente dal luogo di lavoro, considerando le successive giornate assenze ingiustificate nelle quali il lavoratore non maturerà retribuzione, anche di natura previdenziale, avente carattere fisso e continuativo, accessorio o indennitario. I giorni di assenza ingiustificata non concorreranno alla maturazione delle ferie e comporteranno la perdita della relativa anzianità di servizio.
Nessuna sospensione e nessun provvedimento disciplinare, che peraltro vanificherebbero l’esigenza di pronto allontanamento in conseguenza dell’obbligo di applicare il procedimento ex articolo 7 L. 300/1970.
Una volta che saranno ripristinati i presupposti per l’accesso ai loghi di lavoro o che sarà cessato il periodo emergenziale, il rapporto riprenderà a prestazioni corrispettive, senza altra conseguenza.
Ugualmente chiara, anche se non dichiarata, la ratio del successivo comma 7, articolo 3 DL 127/2021[2] che, solo per le aziende con meno di 15 dipendenti, disciplina la possibilità di sospendere e sostituire i lavoratori senza certificazione verde a partire dal sesto giorno di assenza ingiustificata per i successivi 10 giorni, prorogabili solo una volta.
In questo caso, la ratio è quella di tutelare le esigenze organizzative delle piccole realtà, per cui, a fronte dell’assunzione a termine di un nuovo lavoratore in sostituzione di quello senza certificazione, quest’ultimo potrà pretendere di rientrare solo alla scadenza del provvedimento di sospensione che avrà pari durata rispetto alla nuova assunzione, e solo qualora ripristini i presupposti per l’accesso in sicurezza; in caso contrario si ritornerà all’ipotesi di assenza ingiustificata.
Nel caso delle piccole aziende quindi la sospensione è prevista per un modesto lasso di tempo ma non ha comunque natura di provvedimento disciplinare e non può portare in nessun caso al licenziamento.
La circostanza che la finalità di tutela della sicurezza sia espressamente dichiarata nel testo della norma, così come l’impossibilità di procedere disciplinarmente, comporta ad avviso di chi scrive la massima tutela per la conservazione del posto lavorativo e la massima sanzione (nullità) per i provvedimenti di segni contrario.
Diversa è l’ipotesi in cui il lavoratore abbia fatto accesso o venga trovato nel luogo di lavoro in violazione degli obblighi di certificazione (si deve ritenere salva l’ipotesi esposta nelle FAQ governative di accesso con certificazione “verde” e di passaggio a “rossa” nel corso della giornata lavorativa, posto che è prevista la possibilità di rimanere fino al termine dell’orario di lavoro). In questo caso il comma 8 articolo 3[3] DL 127/2021 prevede, oltre l’applicazione di sanzioni amministrative da parte del Prefetto, le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
Questo significa che a seconda della casistica della violazione (ingresso in azienda in presenza del provvedimento di allontanamento, elusione dei sistemi di controllo, falsificazione dei certificati ecc..) il datore di lavoro potrà aprire un procedimento disciplinare contestando la mancanza, concedendo termine a difesa e disponendo le eventuali sanzioni in ottemperanza a quanto previsto dalla disciplina collettiva applicata o applicabile.
In questi casi non pare potersi escludere che il CCNL preveda, a fronte di determinate condotte, anche la sospensione disciplinare o cautelare o addirittura sanzioni espulsive. Pertanto, nel caso in cui il lavoratore decida di contestare il provvedimento comminato, l’eventuale sanzione andrà valutata in relazione al motivo di impugnazione, dovendo il dipendente dimostrare la sussistenza di specifici motivi di illegittimità (ad esempio per violazione del procedimento disciplinare o per aver applicato sanzioni più gravi rispetto a quelle previste dal CCNL per le condotte addebitate) o di nullità (ad esempio di discriminazione o di ritorsione), senza poter opporre che il divieto di licenziamento o di sospensione è espressamente previsto dal DL 127/2021.
Nonostante le disposizioni emergenziali abbiano chiarito la portata del regime sanzionatorio per il mancato possesso delle certificazioni covid, diversificando piccole e grandi imprese, distinguendo il mancato possesso dei requisiti di accesso al luogo di lavoro dall’ingresso in violazione delle disposizioni relative alle certificazioni, rimane difficile prevedere con certezza un’ampia casistica legata a questioni estemporanee (quali la scadenza delle certificazioni in corso di attività, contestazioni disciplinari solo connesse ma non occasionate dalle certificazioni ecc.) o a specifiche tipologie contrattuali (quali il lavoro domestico) per le quali si attendono chiarimenti.
Superati i dubbi circa i regimi delle sanzioni amministrative e disciplinari a carico dei lavoratori, c’è chi si interroga anche sui profili risarcitori connessi ad eventuali danni cagionati dai dipendenti in occasione dalle assenze ingiustificate per mancanza di idonea certificazione covid. Si pensi ad esempio a dipendenti altamente qualificati che, allontanati dal luogo di lavoro per mancanza del green pass, risultano assenti ingiustificati e compromettono non solo l’organizzazione aziendale ma anche adempimenti improrogabili o per i quali erano previste penali. In questi ed in altri casi è stato sostenuto che il lavoratore sarebbe tenuto ad un risarcimento del danno per inadempimento (Confindustria nota a commento del DL 127/2021 del 27/09/21).
Volendo approfondire la tematica, senza considerarla una mera provocazione, ci si deve per forza rivolgere alle norme civilistiche che regolano la responsabilità contrattuale ed i relativi oneri probatori.
Poiché ai sensi dell’articolo 1218 Codice Civile il debitore è liberato provando che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile, il dipendente potrà certamente eccepire che l’assenza dal lavoro e il mancato svolgimento della prestazione sono dipesi da una sopravvenuta previsione normativa emergenziale e da un provvedimento datoriale che gli hanno impedito l’accesso al luogo di lavoro a salvaguardia della salute pubblica.
Si rammenta infatti che, in assenza di obblighi vaccinali o di obblighi al possesso della certificazione covid, i singoli possono legittimamente scegliere di essere allontanati dal lavoro e privati della retribuzione senza che si realizzi alcuna violazione della legislazione vigente e senza incorrere in alcuna violazione delle obbligazioni nascenti dal contratto collettivo o individuale di lavoro.
Non è pertanto da escludersi che il debitore/lavoratore sia perfettamente in grado di dimostrare non solo l’esistenza di una causalità materiale che recide il nesso tra l’assenza e l’evento dannoso, ma anche di aver utilizzato la diligenza richiesta dall’articolo 1176 Codice Civile non essendo venuto meno ad alcuno degli obblighi prescritti dal contratto di lavoro.
Inoltre la circostanza che la norma stabilisca che coloro che non sono in possesso della certificazione sono considerati assenti ingiustificati non è per forza da interpretare in senso tecnico, intendendo che l’assenza sia priva di giustificativo o certificazione, ma potrebbe interpretarsi nel senso che, ai fini delle prestazioni corrispettive, al lavoratore spetti lo stesso trattamento previsto in caso di assenza ingiustificata e pertanto la giornata non debba essere retribuita.
Non è dunque così scontata la possibilità per il datore di lavoro di una richiesta risarcitoria per inadempimento, specie nei casi contemplati dall’articolo 3 comma 6 e 7, ovvero quando il lavoratore viene allontanato per mancato possesso dei requisiti di accesso al luogo di lavoro o nel caso di aziende con meno di 15 dipendenti, che potendo operare sostituzioni dei lavoratori sospesi dal servizio, avranno più difficoltà a dedurre danno emergente e lucro cessante.
[1] DL 127/20216, Articolo 3
(…) 6. I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell'accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
[2] DL 127/20216, Articolo 3
(…) 7. Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.
[3] DL 127/20216, Articolo 3
(…) 8. L'accesso di lavoratori ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 9 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore