x

x

I bambini di oggi, i bambini l’oggi

La realtà dei bambini in una realtà adulto-centrica
Infanzia
Infanzia

Beatrice Masini, autrice anche di opere per l’infanzia, scrive che oggi vi è “Un mondo fatto di buone maniere e affabilità, in cui scivolare nel fango e schizzarsi gli abiti può essere un problema serio. Per carità, le bambine hanno bisogno di modelli. Ma sarebbe meglio se a stare a tavola come si deve e a comportarsi bene imparassero dall’esempio dei grandi e – nei momenti di svago – potessero ridere senza prendersi troppo sul serio. Per quello c’è tempo”.

Le bambine non sono donnine e i bambini non sono ometti.

I bambini hanno “diritto alla spensieratezza, alla risata, al gioco” (da “Pour chaque enfant, un avenir. Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance”, Parigi, giugno 2007). I bambini hanno diritto a essere bambini tra bambini e insieme agli adulti e non lasciati soli davanti a tablet e in un mondo virtuale. Non sono cambiati i bambini ma gli adulti: i bambini hanno sempre avuto bisogno di essere educati dagli adulti. I bambini hanno diritto all’educazione (che ha sempre comportato fatica già per l’insita differenza generazionale) per diventare adulti e non seguire mode e modelli (“Si fa così perché lo fanno tutti!”).

I bambini hanno bisogno di educazione sentimentale (emotiva o socioaffettiva) o, piuttosto, gli adulti (o pseudotali) hanno bisogno di rieducazione sentimentale? Basti guardare le loro scelte dettate, spesso, da egoismo e immaturità. Nella vita serve essere bambini anche quando non si è bambini, ma senza fare i bambini: essere adulti e non adultescenti. E sono essenziali tre movimenti, tre momenti: dire col cuore, fare con le mani, amare con gli occhi. Sia questa l’educazione all’amore e alla vita, necessaria più di ogni altra disciplina. Si ricordi quanto scritto nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia che “il fanciullo, per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità, deve crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione”.

Dovrebbe essere impegno comune trasformare la violenza (frequente e subdola quella domestica) in viole da donare e il violare in volare insieme: soprattutto in famiglia, che diventa sempre più fucina di violenza, a cominciare da quella psicologica, che si consuma nel silenzio della vittima e nell’indifferenza altrui. Contro la morte che qualcuno porta in sé e con sé, urge gridare per la vita, gridare di gioia alla vita: ai bambini e ai ragazzi bisogna trasmettere la biofilia (amore per la vita e tutto ciò che è vivo) e non la necrofilia (amore per la morte e tutto ciò che è morto).

Lo scrittore Simone Perotti racconta: “Avevo sei o sette anni e, senza preavviso, feci una domanda a mia madre: “Mamma, quando posso andare a vivere da solo?”. Lei non si scompose più di tanto. Cominciava a conoscere quel bambino un po’ troppo cresciuto che si occupava di questioni inadatte alla sua età. Stava stirando, mi rispose senza neppure voltarsi: “Quando avrai i soldi per mantenerti, caro”. La mia famiglia è di origine genovese. La risposta dunque era da prendersi alla leggera. L’etica della concatenazione denaro-scelta è uno dei fondamenti di ogni società basata sul capitale (dunque di tutte le società o quasi). Ero piccolo, non posso ricordare chiaramente la mia reazione. So però che mi ritenni soddisfatto e non chiesi altro”. Si faccia attenzione alle risposte date o promesse fatte ai bambini, quelle parole che agli adulti possono non lasciare alcuna traccia, ma ai bambini ne lasciano una indelebile.

Le domande dei bambini e le risposte che vengono loro date contribuiscono a formare il contenuto del diritto alla libertà di espressione del fanciullo e della sua libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere (art. 13 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia), occorre perciò ascolto e accortezza da parte degli adulti. 

C’è un vagito lontano, forse il peggio è passato. È un futuro diverso, forse è già cominciato” (dalla fine della canzone di Edoardo Bennato “È lei”, dedicata alla nascita di una bimba, della vita stessa, in mezzo alla miseria ma che riuscirà a far fronte alle guerre, a tutti e tutto). Questo è il senso poetico del diritto di ogni bambino al presente e al futuro, perché ogni bambino che viene al mondo è poesia, produzione di vita, speranza e progetto di vita come tutto quello che è scritto in quello spermatozoo che ha fecondato quell’ovulo. In termini giuridici: “Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto innato alla vita. Gli Stati parti si impegnano a garantire nella più alta misura possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo” (art. 6 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Vita, sopravvivenza, sviluppo, tre termini che indicano il percorso del fanciullo, ma anche l’itinerario della genitorialità: da dove cominciare, come continuare, dove mirare. 

“Se non abbiamo mai visto un bambino che ride, non conosciamo la gioia” (uno scrittore francese). Gli adulti hanno il dovere di osservare e preservare l’allegria dei bambini. “Egli [il bambino] ha diritto alla spensieratezza, a ridere, al gioco, e anche ad un avvenire professionale” (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance). Si noti la progressione terminologica dalla “spensieratezza” all’“avvenire professionale”, perché le lacune del presente sono incolmabili e anche quelle più piccole possono minare l’equilibrio psico-fisico e non consentire alla persona in via di formazione di fare o essere quello che avrebbe voluto o potuto. L’infanzia è la base, una delle radici (la “radice a fittone”) della vita, per cui si devono evitare precocizzazioni, forme di patologia delle cure o inadeguatezza genitoriale o altro ancora.

“Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia / legalo con l’intelligenza del cuore. / Vedrai sorgere giardini incantati / e tua madre diventerà una pianta / che ti ricoprirà con le sue foglie. / Fa’ delle tue mani due bianche colombe / che portino la pace ovunque / e l’ordine delle cose. / Ma prima di imparare a scrivere / guardati nell’acqua del sentimento” (“Bambino” di Alda Merini).

I genitori (e gli altri educatori) dovrebbero educare con intelligenza del cuore e educare all’intelligenza del cuore, fondamentale nelle relazioni e per la resilienza. I giovani avvertono ed esprimono l’esigenza di parole chiare e dirette, sentite ed emozionanti, vive e incisive e non del linguaggio freddo, sterile e omologato come quello di un navigatore.

“Credendo nei fiori, sovente si fanno sbocciare” (proverbio cinese). Credere è attendere e protendere verso l’altro da sé; credere è già una forza generativa: così la genitorialità, dal concepimento sino all’ultimo momento. I bambini credono negli adulti e nella famiglia: bisogna credere in loro e costruire un presente migliore per loro e con loro. Credendo nei bambini si fa sbocciare la vita, ovunque e comunque. Con i bambini e per i bambini: delineare la pista della vita trasmettendo loro la gioia di percorrerla e arretrando alle loro spalle, quando necessario. Come fa il contadino, come fa il pastore.

“Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”: così recita l’articolo 31 comma 2 della Costituzione. Nel soggetto sottinteso, che si riferisce alla Repubblica, sono inclusi tutti i cittadini che devono contribuire alla tutela della maternità, dell’infanzia e della gioventù, in particolare l’infanzia che sostanzia la maternità e la gioventù.