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Il complesso inquadramento giuridico delle circostanze indipendenti che comportano una variazione di pena inferiore ad un terzo: l’intervento chiarificatore delle sezioni unite

Il complesso inquadramento giuridico delle circostanze indipendenti che comportano una variazione di pena inferiore ad un terzo: l’intervento chiarificatore delle sezioni unite
Il complesso inquadramento giuridico delle circostanze indipendenti che comportano una variazione di pena inferiore ad un terzo: l’intervento chiarificatore delle sezioni unite

INDICE

1. Introduzione al tema

2. Ambito del problema: prima e dopo la legge 400 del 1984

3. La riforma dei reati sessuali: il problema da teorico diviene pratico: le diverse tesi

4. L’intervento risolutivo delle sezioni unite: la questione applicativa in riferimento al calcolo della prescrizione

 

ABSTRACT

Il presente lavoro è volto ad analizzare il dibattito sulla natura e sulla qualificazione giuridica delle circostanze indipendenti che si è sviluppato dopo la riforma introdotta dalla Legge 400 del 1984, che ha eliminato ogni riferimento alle suddette circostanze indipendenti dall’articolo 63 del Codice Penale. Il contrasto dottrinale e giurisprudenziale sorto sul punto è stato definitivamente sopito a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite, con la sentenza n. 28953 del 2017.

 

1. Introduzione al tema

Nel nostro Ordinamento le circostanze del reato  hanno la funzione di rendere realmente aderente la pena alle peculiarità del fatto concreto. Questo implica che le stesse ricevano ripartizioni e classificazioni sia da parte del legislatore che dalla dottrina, in relazione al loro contenuto ed alla modalità con la quale incidono sulla pena base.

Particolare rilevanza assume, in questo contesto, la recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ,la n. 28953/2017, volta a risolvere definitivamente la questione relativa alla natura delle circostanze indipendenti che apportano una variazione di pena inferiore ad un terzo rispetto alla pena base, con particolare riferimento all’aggravante di cui all’articolo 609- ter del Codice Penale: queste ultime possono qualificarsi come circostanze ad effetto speciale? Peraltro, la questione in esame si è posta ai fini del calcolo della prescrizione, rilevando nella determinazione del tempo necessario a prescrivere, esclusivamente le circostanze autonome e quelle ad effetto speciale. Dirimente dunque, è parsa la necessità di porre fine all’annoso dibattito  in esame, e dare una collocazione sistematica e definitiva alle circostanze indipendenti.

2. Ambito del problema: prima e dopo la legge 400 del 1984

Il dibattito vede la propria origine a seguito della riforma apportata dalla Legge n. 400 del 1984, le cui tappe fondamentali meritano dunque di essere menzionate. Prima della riforma, l’articolo 63 del Codice Penale faceva riferimento alle circostanze indipendenti ed a quelle autonome:  mentre le seconde sono quelle con le quali il legislatore apporta una modifica della species di pena prevista per il reato base, le prime, rilevanti ai nostri fini, sono quelle che determinano un mutamento della pena in termini non frazionati, indipendentemente dunque da quella prevista per la fattispecie di reato cui si ancorano.

Nello specifico, l’articolo 63 del Codice Penale accomunava la disciplina delle circostanze autonome e di quelle indipendenti ai fini del concorso omogeneo con altre tipologie di aggravanti o di attenuanti: queste ultime dovevano essere computate non alla pena base, ma a quella derivante dalle modifiche effettuate nell’applicare le circostanze autonome od indipendenti, la cui computazione avveniva dunque per prima. Peraltro anche l’articolo 69 del Codice Penale accomunava la disciplina delle circostanze autonome e di quelle indipendenti, escludendo, in materia di concorso eterogeneo, le medesime dalla possibilità di dar luogo al bilanciamento.

Evidente risultava la ratio della parificazione degli effetti derivanti dalle circostanze autonome e da quelle indipendenti: in entrambi i casi l’esigenza era quella di riservare un trattamento differenziato a modificazioni non frazionate della pena base, nelle quali il calcolo dunque prescinde dal quantum della stessa, proprio perché, si riteneva, in tali ipotesi, verrebbe a crearsi una pena a sé stante, del tutto sganciata dalla sanzione derivante dalla cornice edittale.

Peraltro, già prima della riforma, si era sviluppato un dibattito dottrinale intorno alle qualificazioni dell’articolo 63. Le circostanze autonome e quelle indipendenti erano identificate come sotto-categorie di circostanze cd. ad effetto speciale e ci si chiedeva se in tale categoria potessero rientrare anche quelle  apportanti modificazioni dipendenti dalla pena base, ma superiori ad un terzo. Questo poiché, secondo alcuni Autori, un trattamento di disciplina differenziato sarebbe risultato consono anche per queste ultime, apportanti mutamenti di sanzione frazionati, ma molto ampi rispetto al quantum della pena base, che avrebbero giustificato l’accostamento delle stesse alle circostanze che comportano variazioni non frazionate.

In tal senso, la riforma del 1984 ha sì risolto la summenzionata problematica, avendo qualificato come circostanze ad effetto speciale quelle che apportano una modifica superiore ad un terzo, ma, allo stesso tempo, ha dato adito ad un’altra questione: dall’articolo 63 è stato espunto il riferimento alle circostanze indipendenti, ed è viceversa stato mantenuto quello alle circostanze ad effetto speciale (il cui ambito applicativo è stato dunque chiarito) e a quelle indipendenti.

L’esclusione delle circostanze indipendenti dal dettato della fattispecie di cui all’articolo 63, ha fatto sorgere un dubbio interpretativo di immediata percezione: le aggravanti e le attenuanti indipendenti fungono ancora da categoria autonoma, ricompresa implicitamente nell’articolo 63, oppure tale autoreferenzialità è venuta meno e devono dunque essere considerate alla stregua di circostanze comportanti modificazioni frazionate di pena?

Il problema, come è evidente, non si pone per quelle aggravanti ed attenuanti che apportano aumenti o diminuzioni superiori ad 1/3: in questi casi, infatti, sia che le circostanze indipendenti si considerino ancora esistenti e implicitamente ricomprese nell’articolo 63, sia che non abbiano autonomia categoriale e si valutino alla stregua di un calcolo frazionato rispetto alla pena base, le stesse rientreranno sicuramente nell’articolo 63 (o come circostanze indipendenti o come circostanze ad effetto speciale).

La vera questione si pone dunque per le ipotesi in cui la variazione di pena delle circostanze indipendenti sia inferiore ad 1/3. In questi casi le stesse dovranno ancora essere considerate ad effetto speciale o andranno qualificate, in termini frazionati, come circostanze ad effetto comune?

 

3. La riforma dei reati sessuali: il problema da teorico diviene pratico. Le diverse tesi

Il dibattito circa la sorte che sarebbe dovuta spettare alle circostanze indipendenti non ha assunto una valenza applicativa consistente fino alla riforma dei reati sessuali, introdotta con la Legge n. 66 del 1996. Quest’ultima ha infatti dato vita all’aggravante di cui all’articolo 609-ter del Codice Penale, che è stata la prima effettiva ipotesi di aggravante indipendente comportante un aumento autonomo e non frazionato rispetto alla cornice edittale base, non superiore ad un terzo (si parla infatti di una pena che va dai 6 ai 12 anni, comportante dunque un aumento nettamente inferiore ad un terzo rispetto alla cornice edittale compresa tra i 5 ed i 10 anni della fattispecie di cui all’articolo 609-bis).

Inizialmente, la giurisprudenza di legittimità, e parte della dottrina, si è schierata a favore di uno “smembramento” delle circostanze indipendenti: le medesime non possono essere unitariamente ricondotte alla categoria delle aggravanti ed attenuanti ad effetto speciale, essendo venuta meno l’autonomia della loro qualificazione e dovendo quindi rientrare, dunque, nelle circostanze ad effetto comune se inferiori ad un terzo. Le stesse sarebbero quindi parificabili alle circostanze che comportano una variazione frazionata della pena, di conseguenza, anche se le stesse prevedono un computo del tutto sganciato da quello della pena base del reato cui accedono, nell’applicarle bisognerà convertire il quantum in esse previsto in una variazione frazionata, mediante un semplice calcolo aritmetico (ad esempio, pur prevedendo il 609-ter una pena da 6 a 12 anni, tale aumento dovrà calcolarsi in termini frazionati rispetto alla cornice edittale del reato base, che prevede una pena da 5 a 10 anni).

Le ragioni di tale interpretazione sarebbero da rinvenire da un lato nella evidente voluntas legis. Il legislatore ha, infatti, espressamente eliminato dal dettato dell’articolo 63 del Codice Penale il riferimento alle circostanze indipendenti che, di conseguenza, avrebbero perso la propria autonomia. In secondo luogo, la ratio che riservava un trattamento diverso alle suddette circostanze, sarebbe venuto meno anche con la Legge 220 del 1974  che, sulla base di istanze garantiste, ha eliminato il divieto di bilanciamento per le circostanze autonome ed indipendenti. Di conseguenza, non avrebbe alcun senso qualificare come ad effetto speciale le aggravanti ed attenuanti indipendenti apportanti modifiche inferiori ad un terzo, assoggettando ad una disciplina diversa ipotesi espressamente escluse dal dettato della norma.

Buona parte della dottrina e la giurisprudenza di legittimità più recente, si era tuttavia orientata per qualificare le ipotesi in esame come circostanze ad effetto speciale a prescindere dalla variazione quantitativa. Aderisce a questa tesi in particolare, la sentenza n. 31418 del 2016 della Corte di Cassazione, secondo la quale, anche se l’articolo 63 non menziona più le medesime, le stesse sarebbero implicitamente comprese nella disciplina peculiare dettata per le circostanze ad effetto speciale.

Tale tesi sarebbe avallata dal fatto che non avrebbe alcun senso mantenere il regime particolare con riferimento alle circostanze autonome ed escluderlo in relazione a quelle indipendenti, avendo entrambe le categorie la medesima peculiarità: sia le une che le altre calcolano la pena del reato circostanziato in maniera non frazionata. Peraltro, a fortiori, se il legislatore ha scelto di estendere l’ambito applicativo dell’articolo 63 anche alle circostanze che comportano un mutamento di pena frazionato superiore ad un terzo, a maggior ragione tale disciplina non può non estendersi alle ipotesi estremamente peculiari in cui la variazione non si calcola sulla base della pena relativa al reato base.

Non avrebbe dunque senso “smembrare” una categoria unitaria come quella delle circostanze indipendenti, anche perché si andrebbe contro la ratio legis, che il giudice in via interpretativa può e deve rispettare.

 

4. L’intervento risolutivo delle sezioni unite: la questione applicativa in riferimento al calcolo della prescrizione

La problematica in esame è stata definitivamente risolta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la quale ha valutato la natura dell’aggravante presente all’articolo 609-ter. La questione, come evidente, non assume valenza meramente teorica, proprio perché dalla qualificazione della medesima discende una conseguenza applicativa particolarmente dirimente: come stabilisce l’articolo 157 del Codice Penale, nel quantum  di pena da considerare per il calcolo della prescrizione rientrano solo le circostanze ad effetto speciale e quelle autonome,e non anche quelle ad effetto comune.

La Suprema Corte, dopo aver riepilogato i due orientamenti formatisi sul punto oggetto di dibattito, aderisce alla tesi secondo la quale le circostanze indipendenti non hanno più una propria autonomia categoriale, e, di conseguenza, l’articolo 609-ter del Codice Penale è da considerarsi un’aggravante ad efficacia comune poiché comporta un aumento inferiore ad un terzo. Tale posizione, secondo i giudici di legittimità, si fonda sulla profonda modifica effettuata dal legislatore nel 1984, la quale ha espressamente escluso dall’ambito applicativo dell’articolo 63 le suddette circostanze indipendenti, che peraltro, non vengono menzionate neanche all’interno dell’articolo 157 del Codice Penale, ai fini del calcolo della prescrizione. Qualificare dunque le aggravanti ed attenuanti in esame come categoria autonoma, e ricomprenderle interamente nella disciplina di quelle ad effetto speciale, costituirebbe un’inammissibile analogia in malam partem, in quanto tale contraria al sommo principio di legalità.

Le Sezioni Unite aderiscono dunque all’indirizzo maggioritario, ritenuto maggiormente coerente, secondo la pronuncia suddetta, con le istanze sottese all’articolo 25 della nostra Costituzione, e pongono dunque fine al dibattito circa la natura delle circostanze indipendenti. La presa di posizione della Suprema Corte avvalora il convincimento per cui la ratio sottesa alla diversa disciplina riservata alle aggravanti ed attenuanti indipendenti fosse ancorata alla volontà legislativa di considerare le medesime come una categoria avente valenza autonoma. In definitiva, il loro non essere più menzionate, porta coerentemente a ritenere, sulla base dell’applicazione del principio di legalità, che siano state private in toto di una propria autonomia categoriale.