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Il consorzio familiare

Famiglia
Famiglia

Abstract

La famiglia nel diritto e nella teologia della vita.

 

Gli articoli 143, 144 e 147 del codice civile, letti durante il rito del matrimonio (civile o religioso con effetti civili), andrebbero riletti anche durante il matrimonio perché, mediante un’interpretazione adeguatrice ed evolutiva, hanno tanto da dire a ogni coppia e nella quotidianità, anche dopo oltre 40 anni dalla riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975, n. 151). Si avrebbe modo così di rinverdire e rinvigorire il coniugio o il cosiddetto consorzio matrimoniale, con la speranza di prevenire qualche crisi o, almeno, confrontarsi tra coniugi in caso di crisi.

Da una lettura congiunta della rubrica dei tre articoli si ricava che il matrimonio è un atto che si celebra e un accordo che si stringe da cui conseguono diritti e doveri reciproci dei coniugi, indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia e doveri verso i figli: questi i pilastri, ponti e punti di riferimento della vita coniugale e familiare. Consorti, “nella buona e nella cattiva sorte”, e “sorte” deriva etimologicamente da “annodare, legare insieme” e, quindi, secondo alcuni etimologi è “ciò che stringe, ciò che preme”: ebbene, ciò che stringe, ciò che preme i coniugi è la famiglia.

“Famiglia”, che nel testo previgente degli articoli 143 e seguenti codice civile era nominata solo nell’articolo 144 laddove il marito era definito “capo della famiglia” e che, dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, è stata inserita in più articoli a cominciare dall’articolo 143 comma 2 dove si legge “collaborazione nell’interesse della famiglia”. Questo a ricordare che la famiglia è quell’entità soggettiva che nasce dai coniugi e che li sublima, è ciò che esiste e resiste anche oltre i coniugi.

La psicoanalista Laura Pigozzi scrive: “Mai come oggi i modelli familiari che ci circondano sembrerebbero essersi ampliati e dinamizzati, mettendo in questione il principio stesso della famiglia “naturale” e mostrandone il supposto carattere ideologico. Eppure, a un’analisi più profonda, il principio della famiglia “ombelico del mondo” è tuttora quanto mai imperante: anche dietro le famiglie ricostituite, allargate, monogenitoriali e così via si rivela l’immagine di una famiglia concepita e custodita come nido inclusivo ed esclusivo, un soggetto chiuso in sé, come una sorta di corpo uterino, che ritiene di contenere tutto ciò di cui i suoi membri hanno bisogno. Il rischio è quello di costruire un legame claustrofilico (il contrario di claustrofobico) con i figli, privilegiando le sue modalità simbiotiche e autoappaganti. In questa visione il mondo viene come risucchiato all’interno della famiglia, nella quale si tende a soddisfare tutti i bisogni, anche quelli legati al rapporto con l’esterno, col gruppo e con la collettività, dimenticando che la crescita è fatta anche di opposizioni, affrancamento, dissonanze, negoziazioni con l’esterno”.

“La famiglia, in quanto cellula fondamentale della società, ha diritto ad un’adeguata tutela sociale, giuridica ed economica per garantire il suo pieno sviluppo” (punto 16, Parte I, Carta sociale europea). La famiglia, per essere tale, non deve incistarsi, non deve essere “claustrofilica”, altrimenti si cade nel familismo, tenendo a mente che già il concepimento di un figlio è frutto di un’apertura. In molti casi la famiglia non è più un consorzio alla base del consorzio umano ma una consorteria. La coppia e la famiglia di oggi è una consorteria di vizi e compromessi” (cit.).

Significative le parole di Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica “Familiaris Consortio” (n. 1, 22 novembre 1981): “La famiglia nei tempi odierni è stata, come e forse più di altre istituzioni, investita dalle ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della cultura. Molte famiglie vivono questa situazione nella fedeltà a quei valori che costituiscono il fondamento dell’istituto familiare. Altre sono divenute incerte e smarrite di fronte ai loro compiti o, addirittura, dubbiose e quasi ignare del significato ultimo e della verità della vita coniugale e familiare. Altre, infine, sono impedite da svariate situazioni di ingiustizia nella realizzazione dei loro fondamentali diritti”. Famiglia: antica e attuale, con problemi antichi e attuali, ma imprescindibile e insostituibile.

Successivamente Giovanni Paolo II fornisce una delle più belle definizioni di famiglia (“Familiaris Consortio”, n. 18): “La famiglia fondata e vivificata dall’amore, è una comunità di persone: dell’uomo e della donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito è di vivere fedelmente la realtà della comunione nell’impegno costante di sviluppare un’autentica comunità di persone”. La famiglia è comunità, realtà, autenticità: tutte peculiarità che richiedono impegno costante e anche coraggio (da “cuore”) e coerenza (da “essere unito”).

L’amore non è tangibile ma palpabile, non è visibile ma sensibile, si concretizza (o dovrebbe essere così) soprattutto nell’assistenza (la cui violazione costituisce un reato secondo l’articolo 570 cod. pen.), in quell’atmosfera di felicità, amore e comprensione necessaria per il pieno ed armonioso sviluppo della personalità del fanciullo (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). La famiglia dovrebbe essere la culla della cosiddetta “hug therapy”, terapia degli abbracci (consigliati addirittura con i peluche o gli alberi), fonte di benessere e memoria intima e profonda che dovrebbero accompagnare la persona in ogni allontanamento dal nucleo familiare.

Giovanni Paolo II sottolinea (“Familiaris Consortio”, n. 44): “Il compito sociale della famiglia non può certo fermarsi all’opera procreativa ed educativa, anche se trova in essa la sua prima ed insostituibile forma di espressione. Le famiglie, sia singole che associate, possono e devono pertanto dedicarsi a molteplici opere di servizio sociale, specialmente a vantaggio dei poveri, e comunque di tutte quelle persone e situazioni che l’organizzazione previdenziale ed assistenziale delle pubbliche autorità non riesce a raggiungere”.

La famiglia deve tornare a essere scuola di solidarietà e non di individualismo, quale “formazione sociale” ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione. Anche nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 25 settembre 2015) si rimarca il ruolo basilare delle famiglie: “Ci impegneremo ad assicurare ai bambini e ai giovani un ambiente stimolante per la piena realizzazione dei loro diritti e la messa in pratica delle loro capacità, aiutando i nostri paesi a beneficiare del dividendo demografico attraverso scuole sicure, comunità coese e le famiglie” (n. 25).

Giovanni Paolo II aggiunge (“Familiaris Consortio”, n. 48): “Di fronte alla dimensione mondiale che oggi caratterizza i vari problemi sociali, la famiglia vede allargarsi in modo del tutto nuovo il suo compito verso lo sviluppo della società: si tratta di cooperare anche ad un nuovo ordine internazionale, perché solo nella solidarietà mondiale si possono affrontare e risolvere gli enormi e drammatici problemi della giustizia nel mondo, della libertà dei popoli, della pace dell’umanità”. La famiglia non può incistarsi nel solo rapporto genitori-figli: deve aprirsi almeno a un rapporto plurigenerazionale e intergenerazionale, così com’era e al contrario di come avviene (esigenza di rapporto che è riaffiorata durante l’emergenza sanitaria per la pandemia da covid-19).

Ogni famiglia è una cellula interculturale perché costituita da due persone che provengono da sistemi familiari differenti. La famiglia stessa è cultura e culto della persona e del senso di comunità.