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Il risarcimento del danno da parte della P.A. per cattivo esercizio del potere pubblico: l’articolo 133 c.p.a. e la concessione amministrativa

Risarcimento del danno della P.A.
Ph. Giovanni Contarelli / Risarcimento del danno della P.A.

Indice

1. Il caso

2. La motivazione

3. Nota a margine

 

1. Il caso

Il Tar Puglia – Lecce – sezione I con la recente sentenza n. 34 del 17.1.2020 si pronuncia sul tema del risarcimento del danno derivante dall’illegittimo provvedimento amministrativo nel caso in cui si verta in una controversia rientrante nell’articolo 133 c.p.a. ovvero, in dettaglio, nel caso di una concessione pubblica.

A rivolgersi al Collegio amministrativo è una società che, alcuni anni prima, aveva presentato al Comune la domanda per ottenere un’area di 4.327,00 mq. ricadente nella zona “N” del piano di zona P.E.E.P. (con destinazione a servizi di quartiere), al fine di realizzarvi un “albergo centro benessere per anziani e disabili”. Il Consiglio Comunale, senza indizione di gara, accoglieva la richiesta con conseguente, successiva, sottoscrizione della convenzione tra l’Ente e la società il cui articolo 4 prevedeva: “Sull'area concessa ivi compreso il sottosuolo, il Concessionario si obbliga nei confronti del Comune di (omissis) a presentare entro un anno, pena la decadenza della presente convenzione, il progetto di costruzione del programma illustrato nella relazione allegata e a realizzare, nei tempi utili del permesso di costruire, la struttura proposta”.

Veniva quindi rilasciato il permesso di costruire n. 68/2014 e, ad un anno dalla convenzione, la società comunicava regolarmente l’inizio dei lavori.

Accadeva, però, che il nuovo funzionario comunale subentrato al precedente constatava che l’area su cui era stato costituito il diritto di superficie per mezzo della concessione era, invero, destinata a standard obbligatori ex D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 e, sopratutto, che il progetto presentato era funzionalmente diverso da quello previsto nella concessione del maggio 2014 in quanto rivolto alla realizzazione di una struttura alberghiera “ordinaria” anziché di un centro benessere per anziani e disabili.

Il Comune, di lì a breve, proponeva l’adozione della variante urbanistica al fine di destinare l’area all’uso assistenziale previsto in convenzione ma la delibera non veniva approvata in via definitiva. Tuttavia, con l’adozione del nuovo PUG il 30 maggio 2014, l’Amministrazione sanciva la nuova destinazione dell’area rendendo il progetto compatibile con lo strumento urbanistico.

Restava, però, il problema dell’atto concessorio, che continuava a recare un progetto differente rispetto a quello effettivamente proposto e presentato.

Il responsabile comunale, sulla scorta di quanto previsto all’articolo 4 e 6 della convenzione, comunicava quindi la decadenza dalla concessione per gravi inadempienze della società ritenendo, oltretutto, di svolgere una differente valutazione dell’interesse pubblico rispetto a quello che oltre tredici anni prima aveva consentito il rilascio dell’area.

La società, che ne frattempo aveva presentato l’istanza per la realizzazione dell’albergo destinato al centro benessere anziani, impugnava l’atto decadenziale e l’annullamento del permesso di costruire chiedendo al Giudice di condannare l’Amministrazione a risarcire il danno nella misura da determinarsi in corso di causa.

 

2. La motivazione

Il Collegio dirime preliminarmente la questione relativa alla giurisdizione, che il Comune ritiene sussistere in capo al giudice ordinario.

Il Tar, agevolmente, rimarca il dato della titolarità di giurisdizione in capo al G.A. in forza dell’articolo 133 c.p.a. che al comma 1 prevede “1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: a) le controversie in materia di:... 2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni; ... b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche; c) le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità”; secondo il Collegio, infatti, va confermato l’orientamento giurisprudenziale in base al quale tutte le volte in cui si controverta circa la lesione derivata dall’esercizio del pubblico potere che, in quanto erroneamente esercitato, produca effetti dannosi nella sfera giuridica dei soggetti destinatari dei provvedimenti dallo stesso scaturiti, in tali casi la giurisdizione, nelle materi indicate all’articolo 133, è completamente in capo al giudice amministrativo che conosce sia della domanda di annullamento dei provvedimenti che della domanda risarcitoria.

Appare dunque giustificata, stigmatizza il Consesso, “e costituzionalmente corretta l'attribuzione, a questo giudice, della cognizione di tutte le controversie nelle quali l'autorità agisca in via autoritativa, comprese quelle nelle quali le parti, investite dall'esercizio del potere, agiscano per ottenere non già il rimedio demolitorio ma il rimedio risarcitorio. E senza necessità di distinguere a seconda che l'esercizio scorretto del potere, comunque pregiudizievole per la parte, abbia in un primo momento determinato l'accoglimento ovvero il rigetto delle istanze rivolte dalla parte alla p.a. (così T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 17 maggio 2013, n. 1307)" (T.A.R. Perugia n. 367/2019; n. 68/2018)”.

Nel merito del ricorso, il Tar respinge la domanda di annullamento del provvedimento decadenziale essendo il progetto proposto, seppur reso poi conforme allo strumento urbanistico con la variante, in contrasto con le previsioni negoziali scritte in concessione.

L’atto prevedeva, infatti, la realizzazione dell’albergo/centro benessere per anziani e disabili, mentre in concreto la società ha mirato alla realizzazione di una struttura del tutto diversa avente finalità turistiche che nulla c’entravano con quelle assistenziali previste per l’area.

La società ricorrente non ha pertanto rispettato le condizioni contrattuali non solo per non aver presentato entro il termine perentorio di 1 anno dalla firma della convenzione il progetto (proposto più tardi) e per non aver realizzato l’opera entro il successivo termine, anch’esso perentorio, di 3 anni dal rilascio del permesso, ma anche perché ha fatto un uso improprio dell’area, ottenuta peraltro in maniera pressoché gratuita proprio in ragione della destinazione cui era vocata.

Sulla domanda risarcitoria, il Tar, dopo aver rammentato che è solo con il concorso di più elementi che può dirsi costituita la responsabilità della p.a. (a) l'elemento oggettivo, b) l'elemento soggettivo (la "colpevolezza" o "rimproverabilità "), c) il nesso di causalità materiale o strutturale, d) il danno ingiusto, inteso come lesione alla posizione di interesse legittimo (c.d. danno evento)), evidenzia che nel caso di specie nessuna doglianza può venire dalla ricorrente avendo, la stessa, avuto consapevolezza della difformità rispetto alla convenzione del progetto presentato, rendendosi con ciò corresponsabile di quanto occorso (ex articolo 1227 del codice civile e articolo 30 comma 3 del codice del processo amministrativo, i quali escludono il risarcimento dei danni riconducibili al concorso del fatto colposo del creditore).

Deve, invece, riconoscersi il corrispettivo della concessione che dovrà essere restituito dal Comune, vista la decadenza della convenzione ormai cessata.

Nessuna diversa richiesta risarcitoria può trovare accoglimento secondo il Collegio, non avendo la ricorrente offerto prova né del danno emergente nè del lucro cessante, avendo versato in atti una consulenza di parte priva di supporto documentale.

 

3. Nota a margine

Va sottolineata la distinzione, anche in questa pronuncia, come in altre, ben chiara, tra giurisdizione del g.o. e giurisdizione del g.a. tutte le volte in cui ad essere scrutinato è l’esercizio del potere autoritativo dell’Amministrazione e l’adozione dei relativi provvedimenti.

Con particolare riferimento all’articolo 133 c.p.a. ed alle concessioni, può tendenzialmente affermarsi – ferme restando le specificità del caso – che, a meno che non si tratti di questioni prettamente civilistiche inerenti i canoni e la misura degli stessi, e/o gli altri corrispettivi per i quali è prevista la competenza del giudice ordinario, sussiste l’esclusiva competenza del giudice amministrativo sia per l’annullamento dei provvedimenti inerenti la materia sia per le relative richieste risarcitorie.

Nello svolgere la richiesta risarcitoria, poi, occorre analizzare approfonditamente l’intera condotta della P.A. estrinsecatasi negli atti avendo riguardo all’intera istruttoria, alle comunicazioni e agli atti interni.

Ai fini della configurabilità della responsabilità “pubblica” bisogna dimostrare, in definitiva, l’elemento soggettivo, ovvero la rimproverabilità del comportamento, nonché il nesso di causalità e i danni effettivamente patiti mediante adeguata documentazione.