La multiproprietà

1) Nozione generale di multiproprietà.

L’attuale disciplina dell’istituto della multiproprietà si ritrova nel Decreto Legislativo 9 novembre 1998 n.427 (attuativo della Direttiva 99/47/CE) e nel Titolo IV – Capo I del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206: "Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229".

La regolamentazione della multiproprietà non risolve il problema della qualificazione giuridica di questo istituto che talvolta è stato definito quale proprietà turnaria, ma anche condominio atipico, oppure comune comproprietà etc. (AA.VV. Dei singoli contratti vol. I, Milano 2005 p.24 ss.).

Tralasciando le molteplici dissertazioni dottrinarie circa la natura giuridica della multiproprietà, si può affermare sinteticamente che, ai sensi della vigente normativa, si tratta di un contratto avente una durata non inferiore a tre anni stipulato dietro il corrispettivo di un prezzo in cambio del quale si costituisce, si trasferisce o si promette di costituire o trasferire, direttamente o indirettamente un diritto reale ovvero un altro diritto avente ad oggetto il godimento su uno o più beni immobili per un periodo determinato o determinabile nell’anno non inferiore ad una settimana (articolo 1 lett.a, D.lgs.n.427/1998 e articolo 69 D.lgs. n.206/2005).

Il venditore può essere sia una persona fisica sia una persona giuridica che nell’ambito della propria attività professionale costituisce o trasferisce i diritti in precedenza richiamati (articolo 1, lett.b, D.lgs.n.427/1998).

Il bene immobile oggetto dei diritti può essere anche quello con destinazione alberghiera, così pure quello per uso abitazione e per uso alberghiero o per uso turistico – recettivo (articolo 1, lett.d, D.lgs.n.427/1998).

Mediante la stipulazione di un contratto di multiproprietà più soggetti possono trovarsi a godere e disporre del medesimo bene immobile, sebbene in periodi diversi nel corso dell’anno. Ciascun multiproprietario è pertanto limitato nel godimento dell’immobile, infatti, a differenza del pieno proprietario, non può apportarvi modifiche, né può cambiare l’arredamento, deve prestare attenzione a non danneggiare gli arredi ed i corredi, nonché ogni altro oggetto si trovi all’interno del medesimo, non può ospitare altre persone, oltre un certo numero, ed in ogni caso sarà tenuto a rispettare precise condizioni. La multiproprietà immobiliare oltre a consentire all’acquirente di godere dei diritti sopra citati su un determinato immobile (con tutti gli arredi, corredi ed elettrodomestici) gli permette di disporne (mediante vendita, successione, affitto, uso) con gli stessi limiti, durata, obblighi e condizioni previsti dal contratto e dal regolamento di comunione che disciplina l’utilizzo del bene e delle parti comuni.

2) Alcune forme specifiche di multiproprietà in Italia.

La multiproprietà azionaria: si attua costituendo una società per azioni la quale diviene titolare esclusiva della proprietà di un complesso residenziale/alberghiero che viene gestito dalla medesima o da un’altra società incaricata. Gli azionisti possono acquistare una certa quantità di azioni appartenenti ad una categoria speciale (cd. privilegiate), dotate di un particolare vantaggio patrimoniale, consistente nella possibilità di stipulare convenzioni a titolo oneroso aventi ad oggetto la comproprietà in millesimi della struttura, per una durata non superiore a quella della società, nonché la ripartizione dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria etc., commisurata al periodo di godimento turnario a ciascuno assegnato. Tuttavia in Italia la multiproprietà azionaria, finora, non ha avuto una grande diffusione per via del rischio che ciascun multiproprietario /azionista è costretto a sopportare in relazione alle incerte sorti dell’attività societaria (si pensi ad esempio al rischio di fallimento).

La multiproprietà alberghiera: consente all’acquirente di godere dei diritti sopra citati all’interno di una struttura alberghiera (o di diverse strutture facenti parte di una catena), unitamente ai servizi tipici offerti da questa specifica attività (quali ad esempio quelli di ristorazione, l’uso di piscine, beauty center, la prestazione di servizi di reception, cambio biancheria e pulizia delle camere e delle unità abitative etc.).

Questa forma è attualmente in espansione in quanto offre all’albergatore la possibilità di ottenere un miglioramento delle entrate nei periodi di minore affluenza turistica (bassa e media stagione).

3) Timeshare, Resort Condominium e Trust.

Termini quali “tenancy in common”, “time-share estate” o “condominium” nascono in alcuni paesi di common law (prevalentemente negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna) ed indicano le forme di multiproprietà basate sulla comunione che si avvicinano a quella conosciuta in Italia e più in generale negli altri paesi di civil law. A livello internazionale questi termini esprimono il concetto di godimento turnario della proprietà immobiliare che nel nostro ordinamento trova la propria disciplina nei decreti legislativi citati al precedente paragrafo 1) (Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, “ Parere di conformità sulle clausole dei contratti di multiproprietà alla disciplina di cui agli artt.1469 bis ss. C.C., Milano 1999).

In Spagna, Portogallo e nei Paesi di common law, per la gestione del godimento turnario si fa ricorso al Trust per il Timeshare. In questo caso la gestione della struttura alberghiera viene affidata a una società fiduciaria - il trust, che ha l’obbligo di organizzare il godimento turnario della struttura in favore dei soci – beneficiari di un determinato circolo (club). Per fare parte del circolo è necessario pagare una quota associativa, solo in questo modo si può accedere al godimento turnario della proprietà ed ai relativi servizi alberghieri. Questa formula in Italia non ha trovato finora risposte positive e per il futuro non si intravedono miglioramenti, infatti le ultime disposizioni di legge in materia di successioni e donazioni (Legge n.286/2006), assoggettano tale istituto ad una tassazione forte assimilandolo ad un atto di liberalità, così da renderlo sicuramente meno attraente per gli operatori economici del settore.

4) Problemi di mercato e pubblicità ingannevole.

Le spese per l’acquisto di una qualunque forma di multiproprietà non si esauriscono con il rogito notarile, infatti da quel momento devono sostenersi non solo le spese annuali (ad esempio di gestione, manutenzione, condominio etc.) sotto la forma di un canone, ma anche quelle di adesione al circuito di interscambio di cui si parlerà in seguito.

La multiproprietà alberghiera in particolare prevede i costi dei servizi tipici dell’albergo (club, pulizie, cambio biancheria, servizi di custodia etc.), anche se le tariffe sono scontate rispetto a quelle riservate alla clientela ordinaria, in forza di appositi accordi contrattuali sottoscritti al momento dell’acquisto del diritto. Inoltre, in tutti i casi, esiste il rischio di una possibile immobilizzazione dell’investimento dovuta alle difficoltà che, in un secondo tempo, possono sorgere a causa di una scarsa domanda di acquisto della multiproprietà.

Questi problemi sono ben noti agli operatori del settore, i quali per rendere più attraente l’acquisto della multiproprietà ed abbattere i pregiudizi degli acquirenti tendono a proporre ed a pubblicizzare diverse soluzioni tra le quali si possono menzionare:

- l’affitto del periodo di godimento turnario per il caso in cui il multiproprietario si trovi nell’impossibilità di utilizzarlo;

- lo scambio del periodo di godimento turnario in un altra località mediante l’adesione ad esempio al circuito RCI;

- il sistema a punti (club vacanze) consiste nell’acquisto del diritto di un periodo di soggiorno che può essere goduto in diversi alberghi appartenenti ad una stessa catena o aderenti ad un circuito (tipico nella multiproprietà alberghiera);

- il contratto di gestione in favore della società che gestisce la struttura la quale promette al multiproprietario un rendimento minimo garantito per il deposito del proprio periodo di godimento turnario.

Le forme pubblicitarie adottate da alcuni operatori del settore, tuttavia, non sempre sono veritiere e corrette, perché spesso non esplicitano che l’offerta ha per oggetto la multiproprietà (nonostante ciò sia obbligatorio cfr. art.72 Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206: "Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229"), ed in certi casi lasciano persino intendere, in modo ingannevole, che si tratti di un altro tipo di servizio o addirittura di un diritto di piena proprietà. Un tecnica molto diffusa tra alcuni operatori è quella del meeting ove i potenziali acquirenti vengono invitati con la promessa di una vacanza premio in cambio della loro partecipazione, ma in realtà il vero obiettivo è solo quello di far sottoscrivere loro dei contratti preliminari di multiproprietà senza offrirgli le obbligatorie garanzie di informazione precontrattuale. Tali comportamenti possono essere contrastati e repressi facendo ricorso all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (le pronunce in materia possono essere visionate sul sito www.agcm.it.), oltreché naturalmente promuovendo una causa per via giudiziaria (es. Trib. Firenze sentenza 2 aprile 2004).

In ogni caso, la frequenza con la quale tali scorrettezze vengono denunciate, anche alle associazioni dei consumatori (www.euroconsumer.orgwww.codacons.it – www.aduc.it), testimonia certamente l’esistenza di rilevanti difficoltà di posizionamento della multiproprietà nel mercato immobiliare.

La diffusione di questi metodi di comunicazione e tecniche contrattuali poco leali viene contrastata anche dalle Camere di Commercio le quali, ai sensi della Legge n.580/1993, sono chiamate nello svolgimento dei loro vari compiti istituzionali ad esercitare forme di sorveglianza e di controllo sul mercato e sul comportamento degli operatori del settore. Per raggiungere tali obiettivi, alcune di esse si occupano di redigere anche i contratti tipo di multiproprietà assicurando, in tal modo, la correttezza delle clausole contrattuali ed il rispetto della legislazione vigente in materia (si veda ad esempio la Camera di Commercio di Ancona www.an.camcom.it).

5) Il circuito di scambio Resort Condominiums International – R.C.I. e l’OTE.

I circuiti di scambio gestiti da alcune società di mediazione fungono da borse immobiliari per i titolari dei diritti “Timeshare”, ove poter scambiare i rispettivi periodi di godimento, mutando così il luogo e talvolta anche il periodo in cui trascorrere la vacanza. Il circuito più noto in Italia è quello denominato “R.C.I. - Resort Condominiums International" esso opera in diversi Stati (Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Gran Bretagna, Belgio etc.) ove conta numerosi affiliati tra i complessi alberghieri. Mediante l’utilizzo di sistemi informatici, i timeshare degli aderenti vengono censiti e valutati con un punteggio di scambio ed immessi nel circuito internazionale (di solito l’iscrizione è obbligatoria sin dal momento dell’acquisto della multiproprietà). L’aderente può decidere di non godere in tutto o in parte il proprio periodo per ottenere un punteggio da spendere successivamente in un’altra struttura o in un periodo diverso (www.rci.com). Il punteggio è calcolato sulla base della stagione del timeshare, della località in cui si trova l’immobile, dei servizi, del numero dei posti letto etc., quindi lo scambio non è libero ma vincolato, infatti, è soggetto a numerose condizioni, inoltre per effettuarlo è richiesto di frequente anche il pagamento di una quota in denaro. Accanto a questo servizio vengono proposte ulteriori prestazioni quali, ad esempio, la prenotazione di voli e trasferimenti, la stipula di contratti assicurativi etc. con l’intento di migliorare l’offerta commerciale.

Le attività dirette a supportare lo sviluppo dell’industria del timeshare vengono svolte da un ente denominato OTE, il quale opera in Europa per garantire l’efficienza, promuovere la formazione degli operatori del settore, presentare proposte di legge in materia e favorire la contrattazione leale e trasparente con i consumatori, nonché offrire anche a questi ultimi consulenza ed assistenza (www.ote-info.com). Infatti questo ente, tra i suoi molteplici obiettivi, ha anche quello di contrastare la pubblicità ingannevole ed i comportamenti illeciti che danneggiano il sistema economico del timeshare.

Il mercato del timeshare, sebbene turbato da vari comportamenti concorrenziali non corretti, è comunque molto interessante da un punto di vista economico, soprattutto per l’industria alberghiera, perché, come si vedrà in seguito, questa particolare attività economica, di solito, viene svolta all’interno di zone urbanistiche caratterizzate da vincoli di destinazione particolarmente incisivi, che molto spesso impediscono la conversione dell’uso alberghiero in un uso diverso.

6) Zone turistiche e vincoli di destinazione. L’interesse alla conservazione della destinazione alberghiera.

Il diritto di proprietà privata deve necessariamente conciliarsi con l’interesse pubblico alla razionale pianificazione urbanistica del territorio. Ciò significa che l’interesse del singolo proprietario ad edificare sul proprio fondo è tutelato nell’ambito ed entro i limiti dettati dalla normativa e dalla pianificazione urbanistico - edilizia, le quali devono tenere in giusta considerazione non solo le esigenze individuali ma anche gli interessi della collettività, al fine di garantire, in modo adeguato, un insieme di interessi superiori quali possono essere, ad esempio, la tutela del territorio, la salvaguardia dell’ambiente, la sicurezza, l’igiene etc..

Gli strumenti urbanistici regionali e comunali (piani paesaggistici, piani regolatori, piani particolareggiati pubblici e privati, piani di zona, norme di attuazione etc.) prevedono una ripartizione del territorio in varie zone e sottozone all’interno delle quali ciascuna tipologia di insediamento (residenziale, industriale, commerciale, artigianale, turistico etc.) è soggetta al rispetto di specifici indici e parametri di fabbricabilità. Tale pianificazione comporta l’imposizione di limiti, vincoli e divieti all’attività edilizia finalizzati al raggiungimento dell’interesse pubblico. Per consentire un adeguato sviluppo dell’industria turistica le Regioni italiane, in ottemperanza a quanto statuito dalle leggi statali n.217/1984 e n.135/2001, hanno legiferato, affinché, i Comuni adeguassero i loro strumenti urbanistici, prevedendo per determinate zone urbanistiche anche dei vincoli di destinazione inderogabili.

Ciò si spiega alla luce del fatto che l’industria alberghiera garantisce l’erogazione di un servizio pubblico consistente nella prestazione di servizi turistici di qualità destinati ad una collettività di persone (la legge 17 maggio 1983 n.217, poi modificata dalla legge 29 marzo 2001 n.135, ha affidato alle Regioni il compito di dotarsi di strumenti urbanistici idonei ad individuare le aree territoriali ove consentire lo sviluppo dell’attività turistico – ricettizia).

L’inserimento di un’area all’interno di una zona con prevalente destinazione turistico – ricettiva comporta molto spesso l’obbligo di conservazione, con la possibilità di un eventuale ampliamento, della medesima destinazione, cosicché nessuna modifica è permessa qualora essa tenda a diminuire la originaria capacità ricettiva programmata.

Molto spesso per incentivare lo sviluppo degli insediamenti turistici - alberghieri, gli strumenti urbanistici prevedono maggiori volumetrie ed altezze per gli edifici con tale destinazione, ma una volta realizzati vengono consentiti solo la manutenzione ordinaria e straordinaria, la ristrutturazione edilizia ed, a certe condizioni, l’ampliamento, il tutto con l’obbligo di mantenere inalterata l’originaria destinazione.

7) Frazionamento della proprietà alberghiera e mutamento abusivo della destinazione.

La Corte di Cassazione (sez. III – penale) con la sentenza n.6990 del 24 febbraio 2006 ha sancito l’illiceità di una serie di contratti preliminari di vendita aventi ad oggetto un insieme di villette, facenti parte di un complesso alberghiero sito in Comune di Stintino (SS), in quanto preordinati a modificare abusivamente la destinazione d’uso originaria da alberghiera in residenziale, in completa assenza di autorizzazioni amministrative (1). Tale comportamento secondo la Suprema Corte ha comportato la violazione dello strumento urbanistico che prevedeva la sola destinazione della costruzione all’attività pubblica di tipo alberghiero, dando così vita al reato di lottizzazione abusiva (conforme C. Cassazione n.20661/2004). Tra l’altro nessuna autorizzazione avrebbe potuto modificare la destinazione perché essa stessa si sarebbe posta in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti.

La sentenza ha il pregio di aver evidenziato le circostanze (già esposte dal tribunale del Riesame di Sassari) dalle quali si può evincere chiaramente il comportamento illecito ed, in particolare, essa ha precisato che:

- l’acquirente poteva decidere liberamente di stipulare o meno contratti di locazione aventi ad oggetto l’unità immobiliare acquistata;

- la destinazione alberghiera risultava svuotata del proprio contenuto, in quanto pur essendo richiamata formalmente, di fatto non vi erano garanzie circa l’effettività di un’offerta di ospitalità al pubblico, né venivano indicati i periodi in cui si sarebbe dovuta svolgere l’attività alberghiera;

- la gestione unitaria della struttura era ridotta alle parti comuni e condominiali come in un qualsiasi complesso residenziale;

- alcuni acquirenti erano convinti di acquistare la piena proprietà di un’unità immobiliare e non di una porzione di albergo in multiproprietà.

Insomma dall’analisi delle clausole contrattuali dei preliminari di vendita emergeva un intento fraudolento diretto a superare i divieti normativi ed i vincoli urbanistici idoneo a configurare il reato di lottizzazione abusiva.

Per completezza si deve ricordare che l’accertamento dell’esistenza del reato con la sentenza definitiva, oltre a determinare la responsabilità del titolare del permesso di costruire, del committente, del direttore dei lavori, nonché del progettista per le opere subordinate a D.I.A. (ex articolo 29), può comportare conseguenze molto gravi, in termini economici, quali la confisca dei terreni, nonché delle opere abusivamente costruite (ex articolo 44, comma 2).

Alla luce di quanto detto sopra, appare evidente che non è consentito realizzare un complesso edilizio a destinazione alberghiera (o comunque turistica – ricettiva) per poi frazionarlo e vendere la piena proprietà di singole unità immobiliari come se si trattasse di un complesso immobiliare qualunque. Tali progetti, così pure tutte le attività anche precontrattuali a ciò dirette, non rispettano le vigenti norme in materia di edilizia e si pongono in netto contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici, pertanto, meritano di essere sanzionati.

In presenza di un siffatto vincolo di destinazione se, da un lato, è vietato alienare la piena proprietà di singole porzioni immobiliari, dall’altro, è possibile costituire una multiproprietà alberghiera, purché non tutta la struttura venga destinata alla vendita in multiproprietà, infatti, deve essere mantenuta la fondamentale destinazione d’uso ricettiva – pubblica (Pezzi Paolo, Vendita frazionata di complessi alberghieri e lottizzazione abusiva, in Immobili & Proprietà n.9/2006, Milano).



1) L’articolo 44, lett.c, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sanziona la lottizzazione abusiva - salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative - con pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda, mentre l’articolo 30 individua i comportamenti che danno luogo all’applicazione delle sanzioni:

nella realizzazione di opere di trasformazione urbanistica o edilizia in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o comunque stabilite da leggi regionali o statali, o eseguite in assenza delle prescritte autorizzazioni;

nella trasformazione predisposta mediante il frazionamento o la vendita o atti equivalenti del terreno in lotti.

1) Nozione generale di multiproprietà.

L’attuale disciplina dell’istituto della multiproprietà si ritrova nel Decreto Legislativo 9 novembre 1998 n.427 (attuativo della Direttiva 99/47/CE) e nel Titolo IV – Capo I del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206: "Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229".

La regolamentazione della multiproprietà non risolve il problema della qualificazione giuridica di questo istituto che talvolta è stato definito quale proprietà turnaria, ma anche condominio atipico, oppure comune comproprietà etc. (AA.VV. Dei singoli contratti vol. I, Milano 2005 p.24 ss.).

Tralasciando le molteplici dissertazioni dottrinarie circa la natura giuridica della multiproprietà, si può affermare sinteticamente che, ai sensi della vigente normativa, si tratta di un contratto avente una durata non inferiore a tre anni stipulato dietro il corrispettivo di un prezzo in cambio del quale si costituisce, si trasferisce o si promette di costituire o trasferire, direttamente o indirettamente un diritto reale ovvero un altro diritto avente ad oggetto il godimento su uno o più beni immobili per un periodo determinato o determinabile nell’anno non inferiore ad una settimana (articolo 1 lett.a, D.lgs.n.427/1998 e articolo 69 D.lgs. n.206/2005).

Il venditore può essere sia una persona fisica sia una persona giuridica che nell’ambito della propria attività professionale costituisce o trasferisce i diritti in precedenza richiamati (articolo 1, lett.b, D.lgs.n.427/1998).

Il bene immobile oggetto dei diritti può essere anche quello con destinazione alberghiera, così pure quello per uso abitazione e per uso alberghiero o per uso turistico – recettivo (articolo 1, lett.d, D.lgs.n.427/1998).

Mediante la stipulazione di un contratto di multiproprietà più soggetti possono trovarsi a godere e disporre del medesimo bene immobile, sebbene in periodi diversi nel corso dell’anno. Ciascun multiproprietario è pertanto limitato nel godimento dell’immobile, infatti, a differenza del pieno proprietario, non può apportarvi modifiche, né può cambiare l’arredamento, deve prestare attenzione a non danneggiare gli arredi ed i corredi, nonché ogni altro oggetto si trovi all’interno del medesimo, non può ospitare altre persone, oltre un certo numero, ed in ogni caso sarà tenuto a rispettare precise condizioni. La multiproprietà immobiliare oltre a consentire all’acquirente di godere dei diritti sopra citati su un determinato immobile (con tutti gli arredi, corredi ed elettrodomestici) gli permette di disporne (mediante vendita, successione, affitto, uso) con gli stessi limiti, durata, obblighi e condizioni previsti dal contratto e dal regolamento di comunione che disciplina l’utilizzo del bene e delle parti comuni.

2) Alcune forme specifiche di multiproprietà in Italia.

La multiproprietà azionaria: si attua costituendo una società per azioni la quale diviene titolare esclusiva della proprietà di un complesso residenziale/alberghiero che viene gestito dalla medesima o da un’altra società incaricata. Gli azionisti possono acquistare una certa quantità di azioni appartenenti ad una categoria speciale (cd. privilegiate), dotate di un particolare vantaggio patrimoniale, consistente nella possibilità di stipulare convenzioni a titolo oneroso aventi ad oggetto la comproprietà in millesimi della struttura, per una durata non superiore a quella della società, nonché la ripartizione dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria etc., commisurata al periodo di godimento turnario a ciascuno assegnato. Tuttavia in Italia la multiproprietà azionaria, finora, non ha avuto una grande diffusione per via del rischio che ciascun multiproprietario /azionista è costretto a sopportare in relazione alle incerte sorti dell’attività societaria (si pensi ad esempio al rischio di fallimento).

La multiproprietà alberghiera: consente all’acquirente di godere dei diritti sopra citati all’interno di una struttura alberghiera (o di diverse strutture facenti parte di una catena), unitamente ai servizi tipici offerti da questa specifica attività (quali ad esempio quelli di ristorazione, l’uso di piscine, beauty center, la prestazione di servizi di reception, cambio biancheria e pulizia delle camere e delle unità abitative etc.).

Questa forma è attualmente in espansione in quanto offre all’albergatore la possibilità di ottenere un miglioramento delle entrate nei periodi di minore affluenza turistica (bassa e media stagione).

3) Timeshare, Resort Condominium e Trust.

Termini quali “tenancy in common”, “time-share estate” o “condominium” nascono in alcuni paesi di common law (prevalentemente negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna) ed indicano le forme di multiproprietà basate sulla comunione che si avvicinano a quella conosciuta in Italia e più in generale negli altri paesi di civil law. A livello internazionale questi termini esprimono il concetto di godimento turnario della proprietà immobiliare che nel nostro ordinamento trova la propria disciplina nei decreti legislativi citati al precedente paragrafo 1) (Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, “ Parere di conformità sulle clausole dei contratti di multiproprietà alla disciplina di cui agli artt.1469 bis ss. C.C., Milano 1999).

In Spagna, Portogallo e nei Paesi di common law, per la gestione del godimento turnario si fa ricorso al Trust per il Timeshare. In questo caso la gestione della struttura alberghiera viene affidata a una società fiduciaria - il trust, che ha l’obbligo di organizzare il godimento turnario della struttura in favore dei soci – beneficiari di un determinato circolo (club). Per fare parte del circolo è necessario pagare una quota associativa, solo in questo modo si può accedere al godimento turnario della proprietà ed ai relativi servizi alberghieri. Questa formula in Italia non ha trovato finora risposte positive e per il futuro non si intravedono miglioramenti, infatti le ultime disposizioni di legge in materia di successioni e donazioni (Legge n.286/2006), assoggettano tale istituto ad una tassazione forte assimilandolo ad un atto di liberalità, così da renderlo sicuramente meno attraente per gli operatori economici del settore.

4) Problemi di mercato e pubblicità ingannevole.

Le spese per l’acquisto di una qualunque forma di multiproprietà non si esauriscono con il rogito notarile, infatti da quel momento devono sostenersi non solo le spese annuali (ad esempio di gestione, manutenzione, condominio etc.) sotto la forma di un canone, ma anche quelle di adesione al circuito di interscambio di cui si parlerà in seguito.

La multiproprietà alberghiera in particolare prevede i costi dei servizi tipici dell’albergo (club, pulizie, cambio biancheria, servizi di custodia etc.), anche se le tariffe sono scontate rispetto a quelle riservate alla clientela ordinaria, in forza di appositi accordi contrattuali sottoscritti al momento dell’acquisto del diritto. Inoltre, in tutti i casi, esiste il rischio di una possibile immobilizzazione dell’investimento dovuta alle difficoltà che, in un secondo tempo, possono sorgere a causa di una scarsa domanda di acquisto della multiproprietà.

Questi problemi sono ben noti agli operatori del settore, i quali per rendere più attraente l’acquisto della multiproprietà ed abbattere i pregiudizi degli acquirenti tendono a proporre ed a pubblicizzare diverse soluzioni tra le quali si possono menzionare:

- l’affitto del periodo di godimento turnario per il caso in cui il multiproprietario si trovi nell’impossibilità di utilizzarlo;

- lo scambio del periodo di godimento turnario in un altra località mediante l’adesione ad esempio al circuito RCI;

- il sistema a punti (club vacanze) consiste nell’acquisto del diritto di un periodo di soggiorno che può essere goduto in diversi alberghi appartenenti ad una stessa catena o aderenti ad un circuito (tipico nella multiproprietà alberghiera);

- il contratto di gestione in favore della società che gestisce la struttura la quale promette al multiproprietario un rendimento minimo garantito per il deposito del proprio periodo di godimento turnario.

Le forme pubblicitarie adottate da alcuni operatori del settore, tuttavia, non sempre sono veritiere e corrette, perché spesso non esplicitano che l’offerta ha per oggetto la multiproprietà (nonostante ciò sia obbligatorio cfr. art.72 Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206: "Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229"), ed in certi casi lasciano persino intendere, in modo ingannevole, che si tratti di un altro tipo di servizio o addirittura di un diritto di piena proprietà. Un tecnica molto diffusa tra alcuni operatori è quella del meeting ove i potenziali acquirenti vengono invitati con la promessa di una vacanza premio in cambio della loro partecipazione, ma in realtà il vero obiettivo è solo quello di far sottoscrivere loro dei contratti preliminari di multiproprietà senza offrirgli le obbligatorie garanzie di informazione precontrattuale. Tali comportamenti possono essere contrastati e repressi facendo ricorso all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (le pronunce in materia possono essere visionate sul sito www.agcm.it.), oltreché naturalmente promuovendo una causa per via giudiziaria (es. Trib. Firenze sentenza 2 aprile 2004).

In ogni caso, la frequenza con la quale tali scorrettezze vengono denunciate, anche alle associazioni dei consumatori (www.euroconsumer.orgwww.codacons.it – www.aduc.it), testimonia certamente l’esistenza di rilevanti difficoltà di posizionamento della multiproprietà nel mercato immobiliare.

La diffusione di questi metodi di comunicazione e tecniche contrattuali poco leali viene contrastata anche dalle Camere di Commercio le quali, ai sensi della Legge n.580/1993, sono chiamate nello svolgimento dei loro vari compiti istituzionali ad esercitare forme di sorveglianza e di controllo sul mercato e sul comportamento degli operatori del settore. Per raggiungere tali obiettivi, alcune di esse si occupano di redigere anche i contratti tipo di multiproprietà assicurando, in tal modo, la correttezza delle clausole contrattuali ed il rispetto della legislazione vigente in materia (si veda ad esempio la Camera di Commercio di Ancona www.an.camcom.it).

5) Il circuito di scambio Resort Condominiums International – R.C.I. e l’OTE.

I circuiti di scambio gestiti da alcune società di mediazione fungono da borse immobiliari per i titolari dei diritti “Timeshare”, ove poter scambiare i rispettivi periodi di godimento, mutando così il luogo e talvolta anche il periodo in cui trascorrere la vacanza. Il circuito più noto in Italia è quello denominato “R.C.I. - Resort Condominiums International" esso opera in diversi Stati (Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Gran Bretagna, Belgio etc.) ove conta numerosi affiliati tra i complessi alberghieri. Mediante l’utilizzo di sistemi informatici, i timeshare degli aderenti vengono censiti e valutati con un punteggio di scambio ed immessi nel circuito internazionale (di solito l’iscrizione è obbligatoria sin dal momento dell’acquisto della multiproprietà). L’aderente può decidere di non godere in tutto o in parte il proprio periodo per ottenere un punteggio da spendere successivamente in un’altra struttura o in un periodo diverso (www.rci.com). Il punteggio è calcolato sulla base della stagione del timeshare, della località in cui si trova l’immobile, dei servizi, del numero dei posti letto etc., quindi lo scambio non è libero ma vincolato, infatti, è soggetto a numerose condizioni, inoltre per effettuarlo è richiesto di frequente anche il pagamento di una quota in denaro. Accanto a questo servizio vengono proposte ulteriori prestazioni quali, ad esempio, la prenotazione di voli e trasferimenti, la stipula di contratti assicurativi etc. con l’intento di migliorare l’offerta commerciale.

Le attività dirette a supportare lo sviluppo dell’industria del timeshare vengono svolte da un ente denominato OTE, il quale opera in Europa per garantire l’efficienza, promuovere la formazione degli operatori del settore, presentare proposte di legge in materia e favorire la contrattazione leale e trasparente con i consumatori, nonché offrire anche a questi ultimi consulenza ed assistenza (www.ote-info.com). Infatti questo ente, tra i suoi molteplici obiettivi, ha anche quello di contrastare la pubblicità ingannevole ed i comportamenti illeciti che danneggiano il sistema economico del timeshare.

Il mercato del timeshare, sebbene turbato da vari comportamenti concorrenziali non corretti, è comunque molto interessante da un punto di vista economico, soprattutto per l’industria alberghiera, perché, come si vedrà in seguito, questa particolare attività economica, di solito, viene svolta all’interno di zone urbanistiche caratterizzate da vincoli di destinazione particolarmente incisivi, che molto spesso impediscono la conversione dell’uso alberghiero in un uso diverso.

6) Zone turistiche e vincoli di destinazione. L’interesse alla conservazione della destinazione alberghiera.

Il diritto di proprietà privata deve necessariamente conciliarsi con l’interesse pubblico alla razionale pianificazione urbanistica del territorio. Ciò significa che l’interesse del singolo proprietario ad edificare sul proprio fondo è tutelato nell’ambito ed entro i limiti dettati dalla normativa e dalla pianificazione urbanistico - edilizia, le quali devono tenere in giusta considerazione non solo le esigenze individuali ma anche gli interessi della collettività, al fine di garantire, in modo adeguato, un insieme di interessi superiori quali possono essere, ad esempio, la tutela del territorio, la salvaguardia dell’ambiente, la sicurezza, l’igiene etc..

Gli strumenti urbanistici regionali e comunali (piani paesaggistici, piani regolatori, piani particolareggiati pubblici e privati, piani di zona, norme di attuazione etc.) prevedono una ripartizione del territorio in varie zone e sottozone all’interno delle quali ciascuna tipologia di insediamento (residenziale, industriale, commerciale, artigianale, turistico etc.) è soggetta al rispetto di specifici indici e parametri di fabbricabilità. Tale pianificazione comporta l’imposizione di limiti, vincoli e divieti all’attività edilizia finalizzati al raggiungimento dell’interesse pubblico. Per consentire un adeguato sviluppo dell’industria turistica le Regioni italiane, in ottemperanza a quanto statuito dalle leggi statali n.217/1984 e n.135/2001, hanno legiferato, affinché, i Comuni adeguassero i loro strumenti urbanistici, prevedendo per determinate zone urbanistiche anche dei vincoli di destinazione inderogabili.

Ciò si spiega alla luce del fatto che l’industria alberghiera garantisce l’erogazione di un servizio pubblico consistente nella prestazione di servizi turistici di qualità destinati ad una collettività di persone (la legge 17 maggio 1983 n.217, poi modificata dalla legge 29 marzo 2001 n.135, ha affidato alle Regioni il compito di dotarsi di strumenti urbanistici idonei ad individuare le aree territoriali ove consentire lo sviluppo dell’attività turistico – ricettizia).

L’inserimento di un’area all’interno di una zona con prevalente destinazione turistico – ricettiva comporta molto spesso l’obbligo di conservazione, con la possibilità di un eventuale ampliamento, della medesima destinazione, cosicché nessuna modifica è permessa qualora essa tenda a diminuire la originaria capacità ricettiva programmata.

Molto spesso per incentivare lo sviluppo degli insediamenti turistici - alberghieri, gli strumenti urbanistici prevedono maggiori volumetrie ed altezze per gli edifici con tale destinazione, ma una volta realizzati vengono consentiti solo la manutenzione ordinaria e straordinaria, la ristrutturazione edilizia ed, a certe condizioni, l’ampliamento, il tutto con l’obbligo di mantenere inalterata l’originaria destinazione.

7) Frazionamento della proprietà alberghiera e mutamento abusivo della destinazione.

La Corte di Cassazione (sez. III – penale) con la sentenza n.6990 del 24 febbraio 2006 ha sancito l’illiceità di una serie di contratti preliminari di vendita aventi ad oggetto un insieme di villette, facenti parte di un complesso alberghiero sito in Comune di Stintino (SS), in quanto preordinati a modificare abusivamente la destinazione d’uso originaria da alberghiera in residenziale, in completa assenza di autorizzazioni amministrative (1). Tale comportamento secondo la Suprema Corte ha comportato la violazione dello strumento urbanistico che prevedeva la sola destinazione della costruzione all’attività pubblica di tipo alberghiero, dando così vita al reato di lottizzazione abusiva (conforme C. Cassazione n.20661/2004). Tra l’altro nessuna autorizzazione avrebbe potuto modificare la destinazione perché essa stessa si sarebbe posta in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti.

La sentenza ha il pregio di aver evidenziato le circostanze (già esposte dal tribunale del Riesame di Sassari) dalle quali si può evincere chiaramente il comportamento illecito ed, in particolare, essa ha precisato che:

- l’acquirente poteva decidere liberamente di stipulare o meno contratti di locazione aventi ad oggetto l’unità immobiliare acquistata;

- la destinazione alberghiera risultava svuotata del proprio contenuto, in quanto pur essendo richiamata formalmente, di fatto non vi erano garanzie circa l’effettività di un’offerta di ospitalità al pubblico, né venivano indicati i periodi in cui si sarebbe dovuta svolgere l’attività alberghiera;

- la gestione unitaria della struttura era ridotta alle parti comuni e condominiali come in un qualsiasi complesso residenziale;

- alcuni acquirenti erano convinti di acquistare la piena proprietà di un’unità immobiliare e non di una porzione di albergo in multiproprietà.

Insomma dall’analisi delle clausole contrattuali dei preliminari di vendita emergeva un intento fraudolento diretto a superare i divieti normativi ed i vincoli urbanistici idoneo a configurare il reato di lottizzazione abusiva.

Per completezza si deve ricordare che l’accertamento dell’esistenza del reato con la sentenza definitiva, oltre a determinare la responsabilità del titolare del permesso di costruire, del committente, del direttore dei lavori, nonché del progettista per le opere subordinate a D.I.A. (ex articolo 29), può comportare conseguenze molto gravi, in termini economici, quali la confisca dei terreni, nonché delle opere abusivamente costruite (ex articolo 44, comma 2).

Alla luce di quanto detto sopra, appare evidente che non è consentito realizzare un complesso edilizio a destinazione alberghiera (o comunque turistica – ricettiva) per poi frazionarlo e vendere la piena proprietà di singole unità immobiliari come se si trattasse di un complesso immobiliare qualunque. Tali progetti, così pure tutte le attività anche precontrattuali a ciò dirette, non rispettano le vigenti norme in materia di edilizia e si pongono in netto contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici, pertanto, meritano di essere sanzionati.

In presenza di un siffatto vincolo di destinazione se, da un lato, è vietato alienare la piena proprietà di singole porzioni immobiliari, dall’altro, è possibile costituire una multiproprietà alberghiera, purché non tutta la struttura venga destinata alla vendita in multiproprietà, infatti, deve essere mantenuta la fondamentale destinazione d’uso ricettiva – pubblica (Pezzi Paolo, Vendita frazionata di complessi alberghieri e lottizzazione abusiva, in Immobili & Proprietà n.9/2006, Milano).



1) L’articolo 44, lett.c, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sanziona la lottizzazione abusiva - salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative - con pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda, mentre l’articolo 30 individua i comportamenti che danno luogo all’applicazione delle sanzioni:

nella realizzazione di opere di trasformazione urbanistica o edilizia in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o comunque stabilite da leggi regionali o statali, o eseguite in assenza delle prescritte autorizzazioni;

nella trasformazione predisposta mediante il frazionamento o la vendita o atti equivalenti del terreno in lotti.