La nuova Direttiva Copyright e l’eccezione di insegnamento tra vincoli e limiti. Cenni ricostruttivi
Indice:
1. La finalità e i limiti dell’eccezione di insegnamento
2. “La porta stretta” del Paragrafo n. 2
3. Il favor nei confronti di un recepimento “di massima”
4. Gli Stati membri al bivio
5. Conclusioni
1. La finalità e i limiti dell’eccezione di insegnamento
L’Articolo 5 della Direttiva 2019/790/UE (“Utilizzo di opere e altri materiali in attività didattiche digitali e transfrontaliere”) (d’ora in poi anche Direttiva Copyright o Direttiva 2019)[1] , nell’introdurre in via obbligatoria al Paragrafo n.1 l’eccezione di insegnamento a scopo illustrativo per gli usi digitali e transfrontalieri di opere e materiali, al successivo Paragrafo n. 2 concede agli Stati membri la possibilità di escludere o contenere – nel rispetto di specifici termini e limiti – l’applicazione dell’eccezione stessa per determinati utilizzi o tipi di opere o altri materiali.
Volendo soffermarsi sui limiti dell’eccezione ai sensi del Paragrafo n. 2 dell’Articolo 5, la premessa metodologica da cui muovere è sicuramente il Considerando n. 23, che anticipandone il rationale, precisa che “Se da un lato è essenziale armonizzare l’ambito di applicazione della nuova eccezione o limitazione obbligatoria in relazione agli utilizzi digitali e alle attività didattiche transfrontaliere, dall’altro le modalità di attuazione possono differire da uno Stato membro all’altro, purché non ostacolino l’efficace applicazione dell’eccezione o limitazione o degli utilizzi transfrontalieri”.
Coerentemente, nel tratteggiare i contorni dell’eccezione di insegnamento rispetto alle c.d. “differenze” che possono essere legittimamente introdotte a livello nazionale, la lettera dell’Articolo 5, Paragrafo n. 2 della Direttiva dispone che:
“Fatto salvo l’articolo 7, Paragrafo 1”, che sancisce la nullità di patti e condizioni contrattuali in contrasto con la finalità illustrativa dell’eccezione di cui al Paragrafo 1, “gli Stati membri possono prevedere che l’eccezione o limitazione adottata a norma del Paragrafo 1 non si applichi o non si applichi per determinati utilizzi o tipi di opere o altri materiali, tra cui il materiale destinato principalmente al mercato dell’istruzione o gli spartiti musicali, ove siano facilmente reperibili sul mercato opportune licenze che autorizzino gli atti di cui al Paragrafo 1 del presente articolo e rispondano alle necessità e specificità degli istituti di istruzione.
Gli Stati membri che decidono di avvalersi del primo comma del presente Paragrafo adottano le misure necessarie a garantire che le licenze che autorizzano gli atti di cui al Paragrafo 1 del presente articolo siano adeguatamente disponibili e visibili per gli istituti di istruzione”.
In altri termini, il Paragrafo n. 2 del succitato Articolo 5 poggia sulla e presuppone la solidità dell’impianto e dell’articolazione dell’eccezione di insegnamento, che deve essere assicurata per gli “utilizzi digitali e le attività didattiche transfrontaliere“, nei termini ivi disposti (dall’Articolo 5) e senza che scelte normative o accordi tra le parti possano anche solo potenzialmente porsi in contrasto con la stessa, ostacolandone l’efficace applicazione ovvero aggirandone/superandone la portata.
Se dunque nessun margine di autonomia è riservato rispetto all’innesto nelle legislazioni nazionali dell’eccezione per gli usi digitali e transfrontalieri, a blindare il processo contribuiscono:
-
- per un verso, l’Articolo 7, Paragrafo n. 2, della Direttiva, in forza del quale l’eccezione di insegnamento tout court, a prescindere in altri termini, dalle scelte dei Legislatori nazionali, deve essere attuata, interpretata ed enforced in stretta consonanza con il Principio del Three Step Test;
- per altro verso, l’Articolo 7, Paragrafo n.1, che chiarisce come l’eccezione non abbia carattere dispositivo e come tale non possa in nessun modo ed in nessun caso essere compresso dall’accordo tra le parti, che sarebbe nullo.
Insomma, mentre è obbligatorio raggiungere la finalità sostanziale dell’eccezione, il Paragrafo n. 2 concede agli Stati membri la facoltà di scegliere le modalità attraverso cui realizzarla, anche eventualmente decidendo di escludere o limitare l’ambito dell’eccezione di insegnamento a scopo illustrativo (digitale e/o transfrontaliero) per determinati utilizzi o tipi di opere o altri materiali, tra cui il materiale destinato principalmente al mercato dell’istruzione o gli spartiti musicali.
2. “La porta stretta” del Paragrafo n. 2
L’esclusione o la limitazione a cui può essere soggetta l’eccezione di insegnamento per usi digitali e transfrontalieri non è, né può essere assoluta o discrezionale, risultando legittima solo se e nella misura in cui:
- sul mercato siano facilmente reperibili adeguate licenze[2]
- tali licenze autorizzino le utilizzazioni digitali di opere e altri materiali esclusivamente per finalità illustrativa ad uso didattico
- l’utilizzazione sia autorizzata nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito, delle condizioni fissate normativamente e delle necessità e specificità degli istituti di istruzione.
In tale scenario, gli Stati membri, che possono contare su sistema normativo che già ha realizzato la finalità dell’eccezione, sono certamente e assai ragionevolmente incentivati a far leva e mantenere lo status quo, lasciando al mercato il compito di assicurare la realizzazione delle finalità dell’eccezione[3]. Dove invece non esistano modelli virtuosi di circolazione dei diritti, possono promuovere forme di negoziazione che non vengono indicate in via tassativa, così lasciando aperta la porta a schemi individuali o collettivi, e, tra questi, a licenze collettive e/o collettive estese.
Meccanismi di autoregolazione del mercato esistenti (si potrà trattare di licenze individuali, licenze collettive volontarie) o da sollecitare (come le licenze collettive estese) possono ben essere messi al servizio della finalità di insegnamento (vuoi all’interno di una cornice normativa che la legittimi, vuoi spontaneamente), subordinatamente alla triplice condizione: 1) che abbiano ad oggetto gli usi digitali e transfrontalieri di opere e materiali; 2) che si tratti di sistemi prontamente disponibili e attivabili sul mercato[4] ; 3) che realizzino la finalità di insegnamento a scopo illustrativo, nel rispetto del principio del Three Step Test.
In questo senso, la Direttiva esprime una certa flessibilità, offrendo ai diversi Stati membri la soluzione più funzionale ed efficace. Mentre a quelli, come l’Italia, che già hanno introdotto l’eccezione in attuazione della Direttiva 2001/29/CE (di seguito, anche “Direttiva InfoSoc”)[5], chiede innanzitutto di garantire “chiarezza” e “piena certezza giuridica”[6] circa l’ambito di applicazione dell’eccezione, sfruttando le “disposizioni” già “elaborate tenendo conto delle esigenze degli istituti scolastici e dei diversi livelli di istruzione”[7]; agli altri Stati membri che al tempo non hanno attuato l’Articolo 5, Paragrafo 3, lettera a), della Direttiva InfoSoc o che lo abbiano recepito senza che la finalità perseguita sia stata realizzata, chiede di apprestare modelli di circolazione funzionali, tra i quali anche ma non solo lo schema delle licenze collettive estese[8].
Tenuto conto che gli schemi utili a conseguire la finalità illustrativa sono vari, l’obiettivo perseguito dal Legislatore europeo è di tipo sostanziale e consiste nella conformazione degli istituti di proprietà intellettuale[9] all’agenda digitale, evitando recepimenti frammentati o divergenti, e nel rispetto del mercato e della concorrenza[10]. Pertanto, ove a fronte delle predette indicazioni, lo Stato membro intenda esercitare i propri margini di autonomia, questi sarà stretto nell’esercizio della propria libertà entro termini intanto precisi, in quanto strettamente funzionali a ridurre il rischio di attuazioni arbitrarie e propedeutici all’emersione di schemi di circolazione comuni.
Ecco spiegata la ragione per la quale anche lo Stato membro, che, pur avendo attuato in maniera soddisfacente l’eccezione di insegnamento in sede nazionale, decida di attivare lo schema della licenza collettiva estesa, dovrà garantire, attraverso misure necessarie e sufficienti che siffatti schemi rispettino le seguenti condizioni cumulative:
- in termini di contenuto: abbiamo ad oggetto gli usi on line e transfrontaliere di opere e materiali che dovranno essere resi accessibili nel termini e limiti necessari per realizzare l’eccezione (parzialmente, scopo illustrativo, in coerenza con il principio del Three Step test)
- in termini di effettività: siano disponibili, concretamente attivabili, facilmente reperibili e come tali riconoscibili e accessibili sul mercato, anche attraverso strumenti di informazione volti ad assicurarne la visibilità;
- in termini funzionali: realizzino la finalità di insegnamento che ab origine giustifica la compressione del diritto autoriale pieno ed esclusivo sull’opera o il materiale.
Solo ove il sistema di licenze sia disponibile, accessibile e funzionale, così che le utilizzazioni fissate dall’Articolo 5 siano specchiate dal modello di licenza, allora il modello prescelto realizzerà la finalità perseguita (certezza del diritto), assicurandone effettività (evitando i costi di transazione) ed efficacia (rispondendo alle esigenze degli istituti di istruzione).
Chiarisce in proposito il Considerando n. 23 che l’esclusione o la limitazione dell’eccezione deve essere subordinata “alla disponibilità (effettiva, concreta e sostanziale) di licenze adeguate riguardanti almeno usi identici a quelli autorizzati nell'ambito dell'eccezione o della limitazione”.
Ne discende come logica conseguenza che “ove le licenze (disponibili) coprano solo in parte gli utilizzi consentiti nell'ambito dell'eccezione o della limitazione”, gli Stati membri devono garantire che “tutti gli altri utilizzi continuino a essere subordinati all'eccezione o alla limitazione”.
Si dovrà pertanto trattare di sistemi di licenze già disponibili a livello nazionale che contemplino in maniera adeguata e sufficiente gli stessi usi autorizzati dall’eccezione quelli che considerino solo alcune di quelle utilizzazioni, nel qual caso la licenza dovrà essere abbinata e completata con l’estensione dell’autorizzazione agli altri utilizzi prescritti dall’Articolo 5.
Va avvertito che per disponibilità di schemi di licenze il Legislatore europeo intende che una proposta di accordo e non anche un accordo su ciascuna condizione contrattuale esista. La Direttiva, infatti, superando alcune posizioni avallate anche di recente dalla giurisprudenza[11], si accontenta dell’esistenza di uno schema, lasciando al mercato e agli stakeholders la definizione dei termini e delle condizioni degli usi delle opere a scopo didattico, che dunque rimangono liberi di negoziare le condizioni preferibili (eventualmente anche sull’accessibilità e riproducibilità di porzioni ulteriori di contenuto rispetto a quelle fissate a livello normativo). È escluso invece che la Direttiva rimetta al Legislatore del recepimento la creazione del mercato delle licenze e la definizione delle relative condizioni.
A fronte della libertà concessa, i diritti morali, ove i sistemi nazionali li prevedano, dovranno essere tutelati e dovranno altresì essere garantite le misure tecnologiche di protezione di cui alla Direttiva InfoSoc (Articolo 6.4 e Articolo 7.2) per salvaguardare la tutela e l'esercizio effettivo dei diritti riconosciuti agli autori e agli altri titolari di diritti nel quadro del diritto dell'Unione (Considerando n. 7).
Infine, è rimessa agli Stati membri la scelta se prevedere un equo compenso a favore dei titolari dei diritti[12] per gli utilizzi digitali delle loro opere o altri materiali nell'ambito dell'eccezione. Equo compenso, che dovrebbe tenere conto degli obiettivi didattici degli Stati membri e del pregiudizio per i titolari dei diritti[13].
In ogni caso, nell’ipotesi di fallimento del funzionamento del mercato, vuoi per indisponibilità di licenze utili, vuoi per mancato o parziale raggiungimento della finalità proposta, gli stessi Stati membri dovranno, senza possibilità di deroga, garantire la diretta ed immediata operatività dell’eccezione di cui all’Articolo 5, da invocare come default rule.
3. Il favor nei confronti di un recepimento “di massima”
Come si è già detto, tra i modelli di licenza che potrebbero essere promossi a livello nazionale per escludere l’operatività dell’eccezione o anche contenerla sono ricompresi anche i sistemi di licenze collettive o licenze collettive estese.
Si tratta, come pure è stato detto, di modelli che risulterebbero[14] funzionali non tanto negli ordinamenti che hanno recepito l’eccezione in conformità con la Direttiva InfoSoc, quanto piuttosto ed anzi soprattutto negli Stati in cui l’eccezione non è stata mai introdotta ovvero non ha consentito il raggiungimento della finalità dell’insegnamento a scopo illustrativo.
Per indirizzare quelle giurisdizioni verso schemi comuni, facilitando l’uso di materiali a scopo didattico, la certezza del diritto e il contenimento dei costi transattivi, i relativi Stati membri in sede di recepimento dovrebbero esercitare formalmente ed espressamente la facoltà loro riconosciuta, preferibilmente in termini generici ed ampi, così rimettendo ai successi atti normativi l’eventuale specificazione delle condizioni in base alle quali un istituto di istruzione possa utilizzare opere o altri materiali protetti nell'ambito dell'eccezione e, di converso, quando dovrebbe operare nell'ambito di un regime di licenze.
La preferenza verso un recepimento snello e lasco è da ricondurre a diverse ragioni.
Innanzitutto, la varietà ed articolazione dei sistemi suggerisce di evitare che il mercato venga ingessato in modelli di circolazione dei diritti incapaci di riflettere la complessità del settore o le sue caratteristiche.
Quello delle licenze collettive e delle licenze collettive estese non è, infatti, un modello a taglia unica, né i diversi schemi possono essere tra loro equiparati né tantomeno ricondotti ad unità, in quanto:
- le licenze collettive in quanto tali non rappresentano un modello uniforme, condividendo l’unico tratto della non esclusività rispetto all’esercizio di diritti da parte della società di gestione collettiva in nome e per conto dell’associato;
- le licenze collettive estese, a fronte di tratti sostanziali che non sono affatto o necessariamente uniformi, si caratterizzano per il fatto che la standardizzazione e la regolazione volontaria su base associativa si estendono – a certe condizioni - anche ai soggetti che non abbiano scelto di aderire all’organismo che rilascia la licenza, potendo d’altra parte riguadagnare la propria autonomia, esercitando il c.d. diritto di opt out.
Si aggiunga che le licenze collettive si dividono in sottocategorie che, nel presupposto di vincoli assunti in via negoziale, dipendono dalla modalità di fissazione della tariffa. Sono volontarie quelle che in cui le società di gestione collettiva negoziano con l’utilizzatore o con l’associazione di categoria e sottoscrivono in nome proprio, per conto di una pluralità di titolari. Mentre l’autorizzazione, come consenso all’utilizzazione, è elemento essenziale della licenza volontaria, quando la determinazione dei compensi è rimessa ad una società di gestione collettiva, in base a un rapporto associativo, i titolari dei diritti accettano implicitamente una serie di vincoli alla loro libertà negoziale.
Sono invece obbligatorie quelle licenze in cui il titolare dei diritti si sia obbligato a consentire l’utilizzo contro un corrispettivo negoziato entro schemi prestabiliti, così impedendo allo stesso titolare dei diritti di vietare l’uso ovvero di esercitare individualmente il relativo diritto.
Diverse dalle licenze volontarie/obbligatorie sono poi le licenze collettive legali, trattandosi di schemi per i quali sia il consenso sia il corrispettivo siano stabiliti dalla legge o da altro atto normativo.
In secondo luogo, a suggerire un recepimento snello contribuisce la possibile rilevanza concorrenziale[15] degli schemi di circolazione eccessivamente dettagliati, che sopprimano o compromettano in maniera preventiva ed ingiustificata gli ambiti di autonomia da riservare alle parti rispetto alle condizioni economiche rilevanti.
In terzo luogo, è la stessa Commissione Europea a promuovere, invero in relazione al recepimento di altra norma della Direttiva (Articolo 18) che non pare di minore complessità, la definizione di modelli e regole che in concreto rispondano ad un approccio multistakeholder e che come tali presuppongono la creazione di tavoli di lavoro funzionali al miglior contemperamento degli interessi in gioco.
4. Gli Stati membri al bivio
Aperta la fase del recepimento, si tratta di individuare la strada che sia preferibile percorrere per dare concreta ed effettiva attuazione all’Articolo 5 della Direttiva.
Quanto all’an, ove, come in Italia, l’eccezione di insegnamento sia stata attuata, a mio avviso, non appaiono sussistere stringenti elementi di diritto per promuovere o favorire il passaggio ad un sistema diverso, a meno che non vi sia prova che i meccanismi invalsi abbiano alimentato contestazioni e di fatto vanificato l’effettività dell’eccezione.
A suggerire il mantenimento dello status quo in quelle giurisdizioni, Italia in primis, contribuirebbe anche l’indicazione della Direttiva, stando alla quale sono le esigenza di certezza giuridica della portata dell’eccezione quelle da assicurare soprattutto nelle giurisdizioni che la hanno già introdotta.
Diverso discorso pare valere per gli Stati in cui l’eccezione non sia stata attuata ovvero in cui la finalità sottesa all’eccezione pur recepita non si sia realizzata. Lì il meccanismo della licenza collettiva estesa potrebbe costituire un’opzione intanto ragionevole in quanto: 1) il mercato abbia svelato i suoi limiti[16], ovvero 2) risulti pacificamente difficoltoso individuare e contattare tutti i titolari dei diritti sulle opere che si intende utilizzare, in modo efficiente e con costi di transazione sostenibili, da valutare anche in rapporto al valore dell’utilizzazione; o comunque 3) costituisca un primo passo verso l’emersione nell’Unione di modelli comuni di circolazione dei diritti.
Inoltre, le licenze collettive potrebbero rappresentare una ragionevole alternativa nel caso di 3) utilizzi massivi di opere o materiali protetti, laddove le caratteristiche e le dimensioni dell’utilizzo possono risultare incompatibili con l’esigenza di piena identificazione dei singoli contenuti, ovvero 4) di divisibilità (rectius: frammentazione) dei diritti (come già per i servizi digitali in streaming, o anche per le transazioni P2P: in presenza di un evidente fallimento nell’enforcement dei diritti).
In termini di quomodo, quello delle licenze collettivo esteso è un meccanismo contrattuale in forza del quale la stessa società di gestione - rappresentativa di quei diritti e di quella tipologia di opere[17]-, può concludere contratti anche per conto di titolari, da cui non ha ottenuto mandato, pur se il titolare dei diritti mantiene sempre inalterata la facoltà di sottrarre le sue opere dalla gestione collettiva (opt-out).
In quest’ottica, le licenze estese, coprendo anche le opere di titolari non iscritti, esprimono una forma di esercizio dei diritti che si basa su normative specifiche, poiché la rappresentanza ex-lege dei non associati incide sulla loro libertà contrattuale. Inoltre, il vincolo con la società di gestione è particolare perché questa rappresenta anche gli interessi di soggetti che non sono associati.
In altri termini, attraverso le licenze estese si riconosce ai non associati facoltà di opt-out in quanto essi non hanno espresso la loro adesione alla collecting society e non partecipano alle scelte gestionali, né direttamente né indirettamente. Per garantire il contemperamento tra l’esigenza degli utilizzatori e i titolari dei diritti, questi ultimi, ove:
- Associati, sono coinvolti nella gestione e sono garantiti dalla durata limitata dell’adesione (revocabile ogni anno) e dalla facoltà di ritirare una o più categorie di diritti
- Non associati, sono:
- sempre liberi di sottrarsi a una scelta a cui non hanno compartecipato, essendo il meccanismo di opt out un correttivo: 1) strettamente inerente allo schema e 2) idoneo a superare eventuali obiezioni circa la compatibilità dello schema con l’Articolo 5.2 della Convenzione di Berna[18]
- tutelati dal il vincolo di parità di trattamento rispetto ai membri della società di gestione, sia per quanto riguarda le tariffe applicabili che la ripartizione dei compensi.
Vale peraltro avvertire che, in linea con la sentenza Doke Soulier, la facoltà di opt-out rende compatibile il modello delle licenze collettive estese con le norme della convenzione di Berna, in presenza di pubblicità e visibilità adeguate, e sempre che, sul piano applicativo, le esclusioni volontarie non assumano dimensioni e frequenza tali da mettere in discussione l’applicabilità del modello agli utilizzi massivi di opere e materiali protetti[19].
5. Conclusioni
In conclusione, ragioni di coerenza, consistenza e opportunità suggeriscono agli Stati che non contemplano nei rispettivi sistemi nazionali un’eccezione di insegnamento per scopi illustrativi di “aprirsi” all’opzione dei modelli di licenze collettive con effetto esteso per adeguarsi alla Direttiva Copyright.
Viceversa, negli Stati che come l’Italia hanno attuato la stessa eccezione in conformità con la Direttiva InfoSoc, non si ravvisa l’esigenza di promuovere un sistema alternativo all’operatività dell’eccezione, se ed in quanto: a) il sistema nazionale abbia sin qui dimostrato di essere effettivo ed efficace; b) i meccanismi di autoregolazione del mercato abbiano provato di essere adeguati e soddisfacenti; c) non risulta un fallimento del mercato, presupposto necessario all’introduzione di un meccanismo esteso di licenze. In tal senso, l’eventuale innesto dello schema delle licenze collettive estese sarebbe in queste giurisdizioni: d) giuridicamente non richiesto o consigliabile, né da raccomandare in via indiretta, in quanto viceversa la Direttiva invita gli Stati già dotati dell’eccezione di uno sforzo di mera chiarezza e certezza, e non anche di sostituzione di modelli che si sono dimostrati efficaci ed effettivi.
In ogni caso, ove, quod non, si formasse il convincimento circa la preferenza, anche in queste giurisdizioni, per un sistema esteso, allora apparirebbe da prediligere in punto di diritto un recepimento snello del Paragrafo n.2. Senza imprigionare il mercato in una “camicia di forza”, un tale recepimento di massima ma non di dettaglio (in sede di delegazione), avrebbe il pregio di consentire prima un’attenta ponderazione dei pregi e difetti dell’eventuale cambiamento di modello, e di definire poi in successivi decreti attuativi le condizioni, l’ambito e la portata delle licenze collettive con effetto esteso.
[1] Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel Mercato Unico Digitale, GU L 130 del 17 maggio 2019, 92-125. Per la rettifica di talune imprecisioni nella traduzione italiana, cfr. Rettifica della Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, GU L 259 del 10 ottobre 2019, 86-101.
[2] Il Considerando n. 23 della Direttiva Copyright precisa in proposito che “Gli Stati membri che adottano questo metodo introducano misure concrete atte a garantire che i regimi di concessione delle licenze che autorizzano gli utilizzi digitali di opere o altri materiali per illustrazione a fini didattici siano di facile accesso e che gli istituti interessati ne conoscano l'esistenza”.
[3] Per il quadro giuridico italiano, si rinvia a M. Fabiani e V.M De Sanctis, I contratti di diritto d’autore, Giuffrè, 2007.
[4] “Gli Stati membri potrebbero, ad esempio, utilizzare tale meccanismo per dare priorità alle licenze per i materiali destinati principalmente al mercato dell'istruzione o alle licenze per gli spartiti musicali” (Considerando n. 23).
[5] Cfr. Direttiva 2001/29/CE su diritto d’autore e diritti connessi nella Società dell’Informazione, che al Considerando 18 avverte «La presente direttiva lascia impregiudicate le modalità di gestione dei diritti, quali le licenze collettive estese, in vigore negli Stati membri.»
[6] Il Considerando n. 19 della Direttiva Copyright non lascia spazio a dubbi: “…L'ambito di applicazione di tali eccezioni o limitazioni agli utilizzi digitali non è chiaro. Vi è mancanza di chiarezza anche sull'applicabilità di tali eccezioni o limitazioni all'insegnamento online e a distanza. L'attuale quadro giuridico, peraltro, non prevede l'effetto transfrontaliero. Questa situazione potrebbe ostacolare lo sviluppo delle attività di insegnamento su supporto digitale e dell'apprendimento a distanza. Di conseguenza, l'introduzione di una nuova eccezione o limitazione obbligatoria è necessaria per garantire che gli istituti di istruzione godano di piena certezza giuridica nel momento in cui utilizzano opere o altri materiali in attività didattiche digitali, incluse quelle online e transfrontaliere”.
[7] L’incipit del Considerando n. 23 conferma che: “Disposizioni diverse basate sull'attuazione dell'eccezione o della limitazione di cui alla direttiva 2001/29/CE o su accordi di licenza per altri usi sono attualmente in vigore in un certo numero di Stati membri per agevolare l'uso didattico di opere e altri materiali. In genere si tratta di disposizioni elaborate tenendo conto delle esigenze degli istituti scolastici e dei diversi livelli di istruzione”.
[8] La licenza di gestione collettiva obbligatoria ovvero estesa è stata introdotta dalla Direttiva satellite-cavo (Direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993). Per una panoramica, M. Ficsor, Collective Management of Copyright and Related Rights in the Digital Networked Environment: Voluntary, Presumption-Based, Extended, Mandatory, Possible, Inevitable? in Collective Management of Copyright and Related Rights,. 37, 42, a cura di D. Gervais., Kluwer Law International, 2006.
[9] Su finalità e prospettive, si veda Shapiro, Hansson, The DSM Copyright Directive - EU copyright will indeed never be the same, E.I.P.R. 2019, 41(7), E.I.P.R. 2019, 41 (7), 404-414.
[10] Considerando n. 1 della Direttiva Copyright.
[11] Technical University of Darmstadt and publisher Eugen Ulmer KG.
[12] La giurisprudenza (“Hewlett-Packard Belgium SPRL / Reprobel SCRL”, C-572/13) la ha riconosciuta a favore dei detentori originali dei diritti. È’ invece superata la giurisprudenza della Corte che collegava la fair compensation al danno subito (“Padawan / SGAE”, 467/08). La nuova formulazione sembra quindi estendere il novero dei beneficiare ai titolari derivati e sganciare l’equo compenso alla sussistenza di un danno.
[13] Gli Stati membri che decidono di prevedere un equo compenso dovrebbero incoraggiare l'uso di sistemi che non creano oneri amministrativi per gli istituti di istruzione (Considerando n. 24 nella versione rettificata e Art. 5.4).
[14] Ai sensi del Considerando n. 46 «Tali meccanismi potrebbero includere la concessione di licenze collettive estese, il mandato legale e le presunzioni di rappresentanza. Le disposizioni della presente direttiva relative alla concessione di licenze collettive non dovrebbero pregiudicare l'attuale capacità degli Stati membri di applicare la gestione collettiva dei diritti obbligatoria o altri meccanismi di concessione di licenze collettive con effetto esteso, come quello di cui all'articolo 3 della direttiva 93/83/CEE del Consiglio».
[15] Sul tema delle tariffe praticate dalle CMO, la Corte di Giustizia Europea si è pronunciata per la prima volta nella Sentenza 13.7.1989, cause C-395/87, PM c. Tournier e C.-110/88, SACEM c. Lucazeau; vedi anche sentenza 11 dicembre 2008, causa C-52/07— Kanal 5 Ltd, TV 4 AB c. STIM; sentenza 14 settembre 2017, causa C-177/16 AKKA/LAA c. Konkurences padome.
[16] F. Trumpke, Effects and Potential of Extended Collective Licenses, in L. Kung-Chung e R. M. Hilty (a cura di) Remuneration of Copyright owners, Regulatory Challenges of New Business Models, Springer Berlin Heidelberg.
[17] Ampiamente M. Ficsor, Collective Management of Copyright and Related Rights, WIPO, 2002.
[18] Convenzione di Berna, art. 5.2) «Il godimento e l’esercizio di questi diritti non sono subordinati ad alcuna formalità e sono indipendenti dall’esistenza della protezione nel Paese d’origine dell’opera. Per conseguenza, al di fuori delle clausole della presente Convenzione, l’estensione della protezione e i mezzi di ricorso assicurati all’autore per salvaguardare i propri diritti sono regolati esclusivamente dalla legislazione del Paese nel quale la protezione è richiesta».
[19] Sentenza del 16 novembre 2016, causa C‑301/15, Soulier e Doke c. Premier ministre, Ministre de la Culture et de la. In arg., C. Sganga, The Eloquent Silence of Soulier and Doke and Its Critical Implications for EU Copyright Law i. Journal of Intellectual Property Law and Practice, 2017, vol.12, no.4, pp.321-330, scaricabile da SSRN: https://ssrn.com/abstract=2894547.