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La parte civile nel processo penale

Prima di parlare di “parte civile ” nel processo penale, è opportuno chiarirci su cosa debba intendersi con il termine parte.

Parte è chiunque sia titolare di un diritto che può essere leso o tutelato in un determinato giudizio. Proprio per questo motivo, perchè è in discussione un suo diritto, la parte può partecipare al giudizio personalmente o attraverso i suoi rappresentanti che essa stessa nomina, se dotata di quel requisito che in diritto viene chiamato capacità di agire.

Parte infatti potrebbe essere anche il minore, l’incapace, la persona giuridica (es.: associazioni, fondazioni, etc.); tutti soggetti che chiaramente non possono esprimere la propria volontà se non tramite rappresentanti, ma che certamente sono titolari di diritti che potrebbero essere messi in discussione in un processo e che quindi è giusto che vengano in esso rappresentati.

Orbene, nel processo penale le parti sono due: da un lato lo Stato e dall’altra l’imputato. Lo Stato, la comunità dei cittadini rappresentata dal Pubblico Ministero, è titolare del diritto di chiedere che l’autore di un reato venga punito in quanto pone in essere una condotta che mette in pericolo la possibilità della comunità di sussistere, perchè contrario alle norme che necessariamente debbono essere rispettate e che sono contenute nel codice penale.

L’imputato, d’altra parte, è ovviamente titolare del diritto di non essere punito e privato della propria libertà personale qualora non sussistano i presupposti di legge perchè questo accada. Questo avviene anche quando il reato contestato sia stato commesso contro un soggetto terzo e precisamente individuato: ad esempio, in caso di rapina, nel processo penale che ne seguirà, parti saranno sempre lo Stato ed il rapinatore, in un caso di omicidio lo Stato e l’assassino ….etc.

Quanto detto però non significa che, per tornare ai nostri esempi, il rapinato ed i parenti dell’ucciso non possano vedere in alcun modo riparato, o quantomeno risarcito, il gravissimo nocumento che essi hanno pur subito a seguito degli eventi che hanno instaurato il processo penale. Essi hanno a disposizione una apposita sede, il processo civile, per fare valere il proprio innegabile diritto al risarcimento nei confronti di chi ha commesso il reato. E’ evidente che questo eventuale processo civile, che si instaurerebbe solo qualora la parte lesa avanzasse la propria pretesa al risarcimento, sarebbe strettamente connesso ai fatti di cui si discute nel corso del parallelo giudizio penale: dunque la legge (art. 185 c.p.) prevede la possibilità per la parte lesa da un reato, o per gli eredi di questa, di costituirsi, nello stesso processo penale pendente per quel reato, come parte civile, aprendo una sorta di segmento di processo civile nel processo penale. Ciò è possibile dal momento in cui il P.M., utilizzando i poteri che gli sono conferiti dall’art. 405 c.p.p., formula l’imputazione ed individua quindi il soggetto nei cui confronti potrà essere eventualmente formulata la richiesta risarcitoria, mentre i termini si chiudono quando, ex art. 484 c.p.p., il giudice, prima di cominciare il dibattimento, verifica la regolare costituzione delle parti.

E’ possibile poi che chi voglia costituirsi parte civile possa cominciare prima un autonomo contenzioso in sede civile; un processo cioè del tutto diverso da quello penale che vede coinvolto l’imputato, ma data la stretta comunanza dei fatti da accertare nei due distinti giudizi, la legge prevede che il processo civile pendente possa successivamente confluire in quello penale, ponendo in atto quella operazione che, in termini giuridici, chiameremo translatio iudicii. Chiaramente questa operazione è soggetta a termini di decadenza. Il primo di questi termini, trattandosi comunque di una costituzione di parte civile, è lo stesso che abbiamo visto per la costituzione di una parte civile normale, ed è quello dell’accertamento ex art. 484 c.p.p. della regolare costituzione delle parti. Il secondo è quello della non pronuncia nel merito del giudice che presiede il processo civile. Evidentemente la logica che sta alla base di questa seconda preclusione sta nella ratio stessa della norma che consente la trasmigrazione del processo; il legislatore ha inteso infatti garantire al danneggiato la possibilità di scegliere il giudice penale come alternativa al giudice civile, ma tale scelta non può configurarsi come extrema ratio, come via sussidiaria da scegliersi qualora non ci sia stata soddisfazione dalla pronuncia del giudice civile inizialmente adito.

Ad ogni buon conto quando, rispettati i paletti sopra descritti, si ha la costituzione di parte civile e si instaura quello che poco sopra abbiamo definito come segmento del processo civile nel processo penale, si instaura un procedimentro con una logica parzialmente diversa da quello penale. Secondo l’art. 27 Cost., infatti, la responsablità penale è personale; questo significa che di un reato risponde esclusivamente chi lo ha commesso e solo questi potrà eventualmente scontarne la pena. Per questo abbiamo visto che parte di un processo penale può essere solo, a parte lo Stato, l’imputato cioè la persona che si contesta abbia commesso la violazione della norma penale.

Per quanto concerne le obbligazioni civili, ivi comprese quelle nascenti da fatto illecito, non esiste un principio di personalità analogo a quello appena descritto per i reati, potendo pertanto rispondere per esse anche soggetti diversi da coloro i quali hanno materialmente determinato il fatto che le origina e che sono individuati dalle norme del codice civile.

Un esempio potrebbe giovare alla spiegazione: se prestiamo la nostra automobile ad un amico e questi investe un passante, risponderà certamente in prima persona degli eventuali danni che deriveranno dal fatto increscioso (lesioni, omicidi…etc.); d’altro canto, secondo l’art. 2054 c.c., il proprietario di un autoveicolo risponde civilmente dei danni procurati dal conducente; quindi, nel caso del nostro esempio, dovremmo pagare tramite l’assicurazione per risarcire dei danni l’investito.

Questo meccanismo fa sì che, qualora nel processo penale avvenga la costituzione di parte civile è possibile che, oltre le parti che abbiamo conosciuto sino ad adesso (Stato, imputato, parte civile), compaia un ulteriore soggetto processuale che corrisponde al nome di responsabile civile il quale dovrà rispondere, secondo le leggi civili, delle obbligazioni derivanti da un determinato illecito.

Tornando quindi al nostro esempio, se il nostro amico finirà sotto processo e l’investito si costituirà parte civile, noi sarremmo in questo processo responsabili civili perchè, secondo l’art. 2058 c.c. saremmo noi ad essere collegati, in quanto proprietari dell’auto, fatto di causa.

Va tuttavia chiarito che, nonostante l’imputato ed il responsabile civile siano due figure concettualmente distinte ed assolutamente indipendenti, esse possono anche coincidere e può benissimo accadere che, accertata la non rilevanza penale di un fatto, non ne venga esclusa quella civile e patrimoniale cosicchè l’imputato, seppure del tutto scagionato dal reato, dovrà rispondere comunque del danno come responsabile civile del fatto.

Prima di parlare di “parte civile ” nel processo penale, è opportuno chiarirci su cosa debba intendersi con il termine parte.

Parte è chiunque sia titolare di un diritto che può essere leso o tutelato in un determinato giudizio. Proprio per questo motivo, perchè è in discussione un suo diritto, la parte può partecipare al giudizio personalmente o attraverso i suoi rappresentanti che essa stessa nomina, se dotata di quel requisito che in diritto viene chiamato capacità di agire.

Parte infatti potrebbe essere anche il minore, l’incapace, la persona giuridica (es.: associazioni, fondazioni, etc.); tutti soggetti che chiaramente non possono esprimere la propria volontà se non tramite rappresentanti, ma che certamente sono titolari di diritti che potrebbero essere messi in discussione in un processo e che quindi è giusto che vengano in esso rappresentati.

Orbene, nel processo penale le parti sono due: da un lato lo Stato e dall’altra l’imputato. Lo Stato, la comunità dei cittadini rappresentata dal Pubblico Ministero, è titolare del diritto di chiedere che l’autore di un reato venga punito in quanto pone in essere una condotta che mette in pericolo la possibilità della comunità di sussistere, perchè contrario alle norme che necessariamente debbono essere rispettate e che sono contenute nel codice penale.

L’imputato, d’altra parte, è ovviamente titolare del diritto di non essere punito e privato della propria libertà personale qualora non sussistano i presupposti di legge perchè questo accada. Questo avviene anche quando il reato contestato sia stato commesso contro un soggetto terzo e precisamente individuato: ad esempio, in caso di rapina, nel processo penale che ne seguirà, parti saranno sempre lo Stato ed il rapinatore, in un caso di omicidio lo Stato e l’assassino ….etc.

Quanto detto però non significa che, per tornare ai nostri esempi, il rapinato ed i parenti dell’ucciso non possano vedere in alcun modo riparato, o quantomeno risarcito, il gravissimo nocumento che essi hanno pur subito a seguito degli eventi che hanno instaurato il processo penale. Essi hanno a disposizione una apposita sede, il processo civile, per fare valere il proprio innegabile diritto al risarcimento nei confronti di chi ha commesso il reato. E’ evidente che questo eventuale processo civile, che si instaurerebbe solo qualora la parte lesa avanzasse la propria pretesa al risarcimento, sarebbe strettamente connesso ai fatti di cui si discute nel corso del parallelo giudizio penale: dunque la legge (art. 185 c.p.) prevede la possibilità per la parte lesa da un reato, o per gli eredi di questa, di costituirsi, nello stesso processo penale pendente per quel reato, come parte civile, aprendo una sorta di segmento di processo civile nel processo penale. Ciò è possibile dal momento in cui il P.M., utilizzando i poteri che gli sono conferiti dall’art. 405 c.p.p., formula l’imputazione ed individua quindi il soggetto nei cui confronti potrà essere eventualmente formulata la richiesta risarcitoria, mentre i termini si chiudono quando, ex art. 484 c.p.p., il giudice, prima di cominciare il dibattimento, verifica la regolare costituzione delle parti.

E’ possibile poi che chi voglia costituirsi parte civile possa cominciare prima un autonomo contenzioso in sede civile; un processo cioè del tutto diverso da quello penale che vede coinvolto l’imputato, ma data la stretta comunanza dei fatti da accertare nei due distinti giudizi, la legge prevede che il processo civile pendente possa successivamente confluire in quello penale, ponendo in atto quella operazione che, in termini giuridici, chiameremo translatio iudicii. Chiaramente questa operazione è soggetta a termini di decadenza. Il primo di questi termini, trattandosi comunque di una costituzione di parte civile, è lo stesso che abbiamo visto per la costituzione di una parte civile normale, ed è quello dell’accertamento ex art. 484 c.p.p. della regolare costituzione delle parti. Il secondo è quello della non pronuncia nel merito del giudice che presiede il processo civile. Evidentemente la logica che sta alla base di questa seconda preclusione sta nella ratio stessa della norma che consente la trasmigrazione del processo; il legislatore ha inteso infatti garantire al danneggiato la possibilità di scegliere il giudice penale come alternativa al giudice civile, ma tale scelta non può configurarsi come extrema ratio, come via sussidiaria da scegliersi qualora non ci sia stata soddisfazione dalla pronuncia del giudice civile inizialmente adito.

Ad ogni buon conto quando, rispettati i paletti sopra descritti, si ha la costituzione di parte civile e si instaura quello che poco sopra abbiamo definito come segmento del processo civile nel processo penale, si instaura un procedimentro con una logica parzialmente diversa da quello penale. Secondo l’art. 27 Cost., infatti, la responsablità penale è personale; questo significa che di un reato risponde esclusivamente chi lo ha commesso e solo questi potrà eventualmente scontarne la pena. Per questo abbiamo visto che parte di un processo penale può essere solo, a parte lo Stato, l’imputato cioè la persona che si contesta abbia commesso la violazione della norma penale.

Per quanto concerne le obbligazioni civili, ivi comprese quelle nascenti da fatto illecito, non esiste un principio di personalità analogo a quello appena descritto per i reati, potendo pertanto rispondere per esse anche soggetti diversi da coloro i quali hanno materialmente determinato il fatto che le origina e che sono individuati dalle norme del codice civile.

Un esempio potrebbe giovare alla spiegazione: se prestiamo la nostra automobile ad un amico e questi investe un passante, risponderà certamente in prima persona degli eventuali danni che deriveranno dal fatto increscioso (lesioni, omicidi…etc.); d’altro canto, secondo l’art. 2054 c.c., il proprietario di un autoveicolo risponde civilmente dei danni procurati dal conducente; quindi, nel caso del nostro esempio, dovremmo pagare tramite l’assicurazione per risarcire dei danni l’investito.

Questo meccanismo fa sì che, qualora nel processo penale avvenga la costituzione di parte civile è possibile che, oltre le parti che abbiamo conosciuto sino ad adesso (Stato, imputato, parte civile), compaia un ulteriore soggetto processuale che corrisponde al nome di responsabile civile il quale dovrà rispondere, secondo le leggi civili, delle obbligazioni derivanti da un determinato illecito.

Tornando quindi al nostro esempio, se il nostro amico finirà sotto processo e l’investito si costituirà parte civile, noi sarremmo in questo processo responsabili civili perchè, secondo l’art. 2058 c.c. saremmo noi ad essere collegati, in quanto proprietari dell’auto, fatto di causa.

Va tuttavia chiarito che, nonostante l’imputato ed il responsabile civile siano due figure concettualmente distinte ed assolutamente indipendenti, esse possono anche coincidere e può benissimo accadere che, accertata la non rilevanza penale di un fatto, non ne venga esclusa quella civile e patrimoniale cosicchè l’imputato, seppure del tutto scagionato dal reato, dovrà rispondere comunque del danno come responsabile civile del fatto.