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L’Antitrust e la concorrenza nel settore delle concessioni demaniali

Il caso del Comune di Piombino
Antitrust
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1. La vicenda

È come una matassa, di cui non pare trovarsi ancora il bandolo.

L’annosa questione delle concessioni demaniali, tra proposte (naufragate) di riforma e tentativi più o meno spinti in direzione “concorrenza”, sembra non avere fine.

Eppure alcuni punti fermi, da lungo tempo, sono individuabili. O meglio, sono stati individuati, e cristallizzati, sul crinale giurisprudenziale sia europeo che interno oltre che in fonti comunitarie aventi diretto impatto nel diritto nazionale.

Proveremo in questa sede a ricordarne alcuni prendendo spunto da una vicenda, attuale, che interessa il Comune di Piombino.

Con Determina 408 del 21.5.2020 il Comune, per mano del Dirigente servizio ambiente, ha tracciato il procedimento amministrativo da seguire per la formalizzazione delle licenze suppletive relative alla nuova durata delle concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreativa, in applicazione della Legge di Bilancio n. 145 /2018, articolo 1 commi 682, 683 e 684.

Nel fare ciò, il Comune pone in evidenza sia la normativa con cui è stata adottata, in Italia, la “prima” proroga, ovverosia il D.L. n. 194/2009, articolo 1 comma 18, con cui le predette concessioni, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto, sono state ope legis prorogate sino al 31.12.2015, sia la normativa con cui è stata adottata la “seconda” proroga, avutasi con il D.L. n. 179/2012, articolo 34 duodecies comma 1, con cui le stesse concessioni sono state ulteriormente allungate sino al 31.12.2020; ad essere sottolineata è pure, ovviamente, la recente nuova disposizione della legge dello Stato proveniente dalla Legge n. 145/2018 (Finanziaria 2019) la quale, all’articolo 1 commi 682, 683 e 684, ha stabilito una nuova durata dei titoli (il termine usato dal legislatore non è più “proroga”) di anni 15 decorrenti dall’entrata in vigore della legge stessa sino, dunque, al 31.12.2033.

Nel mezzo, tra le proroghe del 2009 e del 2012 e la nuova durata quindicennale stabilita con la Finanziaria 2019 sta, ed il richiamo viene anch’esso inserito in premessa nella Determina, la disciplina adottata nel 2016 con il D.L. n. 133/2016, articolo 24 comma 3 septies (introdotto in sede di conversione dalla legge n. 160/2016), con cui è stato previsto “Nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione comunitaria, per garantire la certezza delle situazioni giuridiche in atto e assicurare l’interesse pubblico all’ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità, conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all’articolo 1 comma 18 del decreto legge 30 dicembre 2009 n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25”.

Da ultimo, il Comune chiude il “quadro” normativo richiamando il recentissimo D.L. n. 34/2020, convertito dalla Legge n. 77/2020, adottato nell’ambito delle misure urgenti in materia di sostegno alle imprese ed al lavoro connesse all’emergenza epidemiologica Covid-19, che ha previsto la continuazione dei rapporti concessori nel rispetto degli obblighi previsti a carico degli stessi concessionari.

In tale cornice, il Comune prevede un procedimento trasparente che formalizzi in capo ai concessionari - titolari del bene pubblico - il mantenimento dell’uso del bene per il periodo stabilito dalla Legge (Finanziaria 2019) di anni 15. Ad essere dunque, in concreto, applicata è la nuova durata delle concessioni appunto quindicennale voluta dal legislatore nel 2018.

Il Comune definisce il diritto alla nuova durata un “diritto acquisito” (in forza della predetta disposizione normativa) a fronte del quale residuerebbe per il Comune il mero esercizio di un’attività ricognitiva volta a riconoscere, mediante rilascio del titolo suppletivo, quanto già previsto dalla legge in capo ai concessionari; nessun esercizio, pertanto, di attività discrezionale non avendo margine, l’Amministrazione, nella scelta circa il prolungamento dei titoli, essendo sufficiente a soddisfare gli incombenti procedimentali la verifica dei requisiti soggettivi del concessionario e l’assenza di cause di decadenza/revoca della concessione.

Il procedimento consta, nella previsione del Comune, dell’iniziale domanda di parte del concessionario interessato, con cui lo stesso manifesti la volontà di avvalersi della nuova durata allegando apposita autocertificazione, redata a norma del D.P.R. 445/2000, attraverso la quale dichiarare di essere in regola con il pagamento dei canoni e delle tasse regionali, di essere in possesso di polizza RCT per danni cagionati nell’esercizio della gestione, e che lo “stato di fatto” delle opere corrisponda allo “stato autorizzato” con la concessione demaniale e con quanto risulta nel modello D1 del S.I.D. (Sistema Informativo Demanio).

Dunque un sistema composito, costituito da una fase introduttiva procedimentale (secondo la Legge n. 241/1990 e s.m.i.) e da una fase istruttoria invero basata sulla verifica dei dati dichiarati dal concessionario e sull’eventuale ulteriore accertamento dei requisiti soggettivi del concessionario medesimo; al termine, tranne nel caso in cui l’istruttoria consegnasse un esito negativo per difetto dei requisiti predetti o per la verifica di ragioni ulteriori ostative in grado di determinare una pronuncia di revoca/decadenza dal titolo, quest’ultimo viene assentito con suppletiva con il nuovo termine di durata di anni 15.

L’approccio europeo al tema “proroga” è accennato nella Determina attraverso il rimando alla Direttiva 2006/123/CE con riferimento al concetto di scarsità della risorsa ed alla correlata procedura di selezione tra candidati, ma viene superato  - sempre nell’atto - con la “già” (così è scritto) introdotta prima proroga interna del 2009 e con la seconda proroga del 2012, oltreché in ragione della presenza, sul litorale, di oltre 300 metri lineari di fronte mare che costituirebbero la parte di demanio ancora concedibile con conseguente possibilità per le impresedi investire nel settore turistico balneare […] assicurando la possibilità di accesso al mercato da parte di nuovi investitori”.

Tale Determina è stata fatta oggetto di un parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AS1701 – pubblicato sul Bollettino n. 41 del 19 ottobre 2020) con cui è stato evidenziato come l’atto risulti in contrasto con gli articoli 49 e 56 del TFUE, come pure con le disposizioni dell’articolo 12 della c.d. Direttiva Servizi, tenuto conto altresì delle pronunce interne dei giudici come pure della pronuncia della CGUE del 14 luglio 2016 con cui sono stati esplicitati i principi concorrenziali nel caso di concessioni di beni del demanio marittimo.

 

2. La segnalazione dell’Antitrust

Il parere reso dall’Antitrust, ai sensi dell’articolo 21-bis della Legge 10 ottobre 1990 n. 287, si appunta sugli articoli 49 e 56 del TFUE e sull’articolo 12 della Direttiva 2006/123/CE, oltre che sui plurimi richiami giurisprudenziali interni e comunitari che, come cennato, hanno delineato nell’ultimo periodo il percorso da intraprendere nella scelta dell’operatore economico “nel bilanciamento tra i benefici di breve periodo e i possibili costi che si potrebbero manifestare in un orizzonte temporale più ampio”.

Sulla base di tale assunto, l’AGCM sottolinea come la “proroga in favore dei precedenti concessionari rinvia il confronto competitivo per il mercato così impedendo di cogliere i benefici che deriverebbero dalla periodica concorrenza per l’affidamento attraverso procedure ad evidenza pubblica” rimarcando il dato secondo il quale “eventuali proroghe degli affidamenti non dovrebbero comunque eccedere le reali esigenze delle amministrazioni per consentire quanto prima l’allocazione efficiente delle risorse pubbliche mediante procedure competitive”.

In tale ottica, la libertà di stabilimento discendente dall’articolo 49 TFUE (“Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate.  Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro. La   libertà   di   stabilimento   importa   l'accesso   alle   attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e a  gestione  di  imprese  e  in  particolare  di  società  ai  sensi  dell'articolo  54,  secondo  comma,  alle  condizioni  definite  dalla  legislazione  del  paese  di  stabilimento  nei  confronti  dei  propri  cittadini,  fatte  salve  le  disposizioni  del  capo  relativo  ai  capitali”), come pure la libera prestazioni di servizi di cui all’articolo 56 (“Nel  quadro   delle   disposizioni   seguenti,   le   restrizioni   alla   libera   prestazione   dei   servizi   all'interno   dell'Unione  sono  vietate  nei  confronti  dei  cittadini  degli  Stati  membri  stabiliti  in  uno  Stato  membro  che  non  sia  quello  del  destinatario  della  prestazione”) costituiscono, unitamente all’articolo 12 della Direttiva “Bolkestein”, il substrato da cui derivare l’interpretazione eurounitaria delle disposizioni interne in tema di concessioni e concorrenza, giungendo finanche alla disapplicazione (non applicazione) delle stesse disposizioni se in contrasto con i preordinati principi comunitari.

Ne deriva, secondo l’Autorità, che il Comune avrebbe “dovuto disapplicare la normativa posta a fondamento della determina dirigenziale n. 408/2020 per contrarietà della stessa ai principi e alla disciplina comunitaria sopra richiamata” concludendo “Le disposizioni relative alla proroga delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative […] integrano specifiche violazioni dei principi concorrenziali nella misura in cui impediscono il confronto competitivo che dovrebbe essere garantito in sede di affidamento di servizi incidenti su risorse demaniali di carattere scarso, in un contesto di mercato nel quale le dinamiche concorrenziali sono già particolarmente affievolite a causa della lunga durata delle concessioni attualmente in essere”.

Secondo l’Autorità, quindi, la proroga, in tale contesto, assumerebbe il carattere di rimedio “eccezionale” (secondo l’apprezzamento delle Amministrazioni e sulla base – imprescindibilmente – di una verifica “caso” per “caso”, non potendosi ammettere una proroga generalizzata scevra dall’approfondimento delle specifiche condizioni della concessione e degli investimenti alla stessa sottesi) direttamente collegato al tempo strettamente necessario per le Amministrazioni stesse per l’allocazione efficiente delle risorse pubbliche attraverso procedure concorrenziali, fermo restando che, continua l’Autorità, in ragione delle plurime proroghe già intervenute a beneficio dei concessionari, la concorrenza – in tale settore - è stata già più volte “rinviata” con conseguente interclusione al mercato.

La stessa “scarsità” della risorsa, quale presupposto “dirimente” rispetto all’applicazione dell’articolo 12 Direttiva Servizi, viene, nella Determina, rapidamente indicata nei limitati termini secondo i quali esiste, sul litorale, un fronte pari a 300 metri di aree concedibili che possono essere assegnate a investitori in grado così di accedere al mercato.

Ma rispetto a tale punto la sentenza CGUE del 14 luglio 2016 – richiamata nel parere dell’Autorità –è stata ben chiara nel senso che la “scarsità” del bene deve essere adeguatamente valutata sulla base della collocazione geografica delle concessioni, del contesto ambientale di riferimento e del numero delle concessioni assentite rispetto al bene concedibile (sent. Corte di Giustizia del 14 luglio 2016 cause riunite C-458/14 e C-67/15 – Promoimpresa srl e a. contro Consorzio dei Comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro e a.), con la conseguenza che il mero “richiamo” al fronte mare eventualmente concedibile può non assurgere a motivazione adeguata e (prudentemente) basata su dati reali ed effettivi del contesto costiero (i quali, se anche disponibili, non sono riportati in motivazione, né sono richiamati dati tecnici e/o allegati specifici sul punto) nell’esplicitazione delle ragioni addotte a sostegno della proroga.

Né, del resto, la Determina affronta gli aspetti legati alla libertà di stabilimento (ex articoli 49 e 56 TFUE ut supra richiamati) ed all’interesse transfrontaliero certo al fine di escludere l’applicazione dei principi concorrenziali. Tale “interesse” si declina – come, anche qui, spiegato dalla Corte di Giustizia – nel senso dell’obbligo per lo Stato membro di appurare se la concessione presenti o meno una “valenza” oltre i confini dello Stato secondo la combinazione di tre elementi quali la valutazione economica, la collocazione geografica e le caratteristiche tecniche della concessione.

Ma, anche qui, la Determina non motiva in ordine ai predetti aspetti, né con riferimento all’ulteriore profilo del legittimo affidamento il quale, come sottolineato dalla Corte, non deve essere assunto a giustificazione di un indiscriminato prolungamento delle concessioni in essere, ma deve costituire il criterio per valutare gli investimenti alla base della concessione e per parametrarne la durata all’atto della predisposizione delle regole della procedura concorrenziale.

Dopo la comunicazione al Comune del parere dell’Antitrust, il Comune, con comunicazione dell’8 settembre 2020, ha informato l’Autorità di “ritenere legittimo il proprio operato principalmente in quanto la proroga interesserebbe un numero limitato di concessioni balneari marittime con finalità turistico ricreative rispetto a quelle attualmente assegnate e il provvedimento si fonderebbe su motivi imperativi di interesse generale nonché sulla necessità di tutelare il legittimo affidamento degli attuali concessionari trattandosi di concessioni assegnate prima dell’adozione della direttiva 2006/123/CE […] e del suo recepimento nell’ordinamento italiano” (rif. Bollettino n. 41 del 19 ottobre 2020).

Nel Bollettino l’informativa si conclude con la comunicazione secondo cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella riunione del 22 settembre 2020, ha disposto di impugnare dinanzi al TAR Toscana la determina dirigenziale n. 408/2020 adottata dal Comune di Piombino.

 

3. Conclusioni

Partendo dall’ultimo dato, quello secondo cui “le concessioni prorogate sono state assegnate prima della Direttiva Servizi e del suo recepimento nell’ordinamento italiano”, deve, per un approccio sistematico completo ed organico, sottolinearsi come, ancor prima della Direttiva di regolazione dei servizi del mercato interno, il Trattato FUE (ex TCE) con gli articoli 49 e 56 (richiamati) aveva già esplicitato la libertà di stabilimento quale principio cardine dell’ordinamento nell’erogazione dei servizi tra gli Stati appartenenti all’Unione; la necessità di un confronto concorrenziale era già parte del diritto U.E. come pure, nel diritto interno, le disposizioni della lex specialis in tema di concessioni recavano (come recano tutt’ora) l’obbligo di intraprendere procedure selettive, trasparenti e non discriminatorie, nella scelta dell’operatore economico.

Il richiamo è al Codice della Navigazione (R.D. 30 marzo 1942 n. 327), all’articolo 37, laddove è previsto “1. Nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell'amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico. 2. Al fine della tutela dell'ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili.”, ed anche all’articolo 18 del Regolamento di esecuzione del Codice che prevede la pubblicazione della domanda di concessione per l’avvio del confronto concorrenziale tra più aspiranti operatori.

La giurisprudenza amministrativa, con l’illuminata sentenza CdS sez. V 16 febbraio 2017 n. 688 (che richiama Ad. Plenaria 25 febbraio 2015 n. 5 e precedenti sul punto quali CdS sez. VI 26 giugno 2009 n. 5765) ha, del resto, stigmatizzato come nel settore delle concessioni afferenti il demanio marittimo i principi di non discriminazione, trasparenza e pubblicità siano rispettati attraverso la pubblicazione delle domande (in scadenza) in applicazione del predetto articolo 18 del Regolamento di esecuzione al Codice, senza obbligo alcuno da parte delle Amministrazioni aggiudicatrici di applicare le procedure ad evidenza pubblica disciplinate dal Codice degli Appalti; si esprime il Supremo Consesso sul punto così “gli obblighi di trasparenza, imparzialità e rispetto della par condicio imposti dall’amministrazione, anche a livello europeo, sono soddisfatti da un efficace ed effettivo meccanismo pubblicitario preventivo delle concessioni in scadenza, in vista del loro rinnovo in favore del miglior offerente, e ciò all’evidente fine di stimolare il confronto concorrenziale tra più aspiranti […], e da un accresciuto onere istruttorio in ambito procedimentale, nonché motivazionale in sede di provvedimento finale, da parte delle amministrazioni concedenti, rivelatore degli incombenti adempiuti dall’amministrazione ai fini di rendere effettivo il confronto di istanze in comparazione, e da cui emergano in modo chiaro, alla luce delle emergenze istruttorie, le ragioni ultime della opzione operata in favore del concessionario prescelto, in applicazione del criterio guida della più proficua utilizzazione del bene per finalità di pubblico interesse”.

Oltre, quindi, a tale compendio, da altro punto d’indagine sta la giurisprudenza (non solo amministrativa) secondo la quale occorre comunque una valutazione “caso” per “caso” nell’utilizzo dello strumento della proroga al fine di evitare posizioni ingiustificate in capo ai concessionari, tenuto conto della natura “fiduciaria” del rapporto concessorio che viene a stabilirsi tra Amministrazione concedente e concessionario. Per tale via, la verifica puntuale deve non solo dar conto della permanenza dei requisiti soggettivi in capo al concessionario (appurati in sede di prima assegnazione) ma anche dell’effettiva consistenza del bene concesso e della rispondenza tra lo “stato dei luoghi” e lo “stato autorizzato” (sul punto v. Cass. Penale, sez. terza, n. 29105/2020), di talché la proroga a beneficio di tutti i concessionari, stabilita dalla norma di legge e destinata indiscriminatamente all’intera categoria si pone, sotto tale ulteriore aspetto, in antitesi rispetto alla disciplina della concorrenza integrando specifiche violazioni del diritto comunitario (CdS sez. VI sent. n. 7874/2019; Tar Veneto sent. n. 218/2020; Tar Puglia sent. n. 36/2020).

Senza poi, da ultimo, considerare la pronuncia della Cassazione Penale (sopra citata, sez. terza n. 29105) secondo la quale occorre una disamina puntuale dei titoli sia con riferimento all’iniziale termine di durata sia con riferimento al termine di scadenza riportato nell’atto allo scopo di valutare, anche qui per ciascuna concessione, se la stessa possa farsi rientrare nella proroga iniziale di cui al D.L. n. 194/2009 e quindi nelle successive proroghe “legate” al D.L. n. 194. In sostanza la Corte allerta circa la disamina precisa del titolo, del “tempo” della concessione, considerato che non tutte le concessioni sono oggetto di proroga proprio in considerazione di tale (ulteriore) elemento dato dalla loro inziale durata e dal loro termine finale. Il caso scrutinato dalla Corte, ad esempio, riguardando una concessione con scadenza il 31 dicembre 2007, è risolto nel senso di ritenere tale atto irrimediabilmente cessato non potendo farlo rientrare nella suddetta proroga che esigeva la vigenza della concessione alla data di entrata in vigore del decreto legge (30.12.2009).

Le conseguenze del “decisum” dei giudici penali sono ovviamente di estremo impatto per la concessione e per lo stesso concessionario, il cui titolo definitivamente scaduto e non prorogato determina – nel caso di specie – l’effettiva sussistenza di profili di responsabilità penale nei termini di cui all’articolo 54 e 1161 del Codice della Navigazione, ovvero del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale il quale peraltro viene a configurarsi – come precisa ulteriormente la Corte – anche nel caso di “occupazione protrattasi oltre la scadenza del titolo a nulla rilevando l’esistenza della pregressa concessione e la tempestiva presentazione dell’istanza di rinnovo” (cfr. Cass. sez. terza n. 34622 del 22.6.2011).

In attesa della pronuncia del Tar Toscana a cui l’Antitrust presenterà ricorso, e dell’eventuale appello, ci sia di conforto capire che quella matassa a cui all’inizio è fatto cenno non è poi, a ben vedere, così intricata.