Lavorare in modo diverso

Servizi legali alternativi e diversificazione dei fornitori
In passato, quando veniva messo davanti a un lavoro legale, il cliente doveva fare una semplice scelta: intraprenderlo internamente o affidarlo a uno studio legale esterno (o forse optare per un mix dei due). Ma il mondo giuridico è cambiato, e ora sono disponibili nuove fonti alternative di servizi legali. Ho individuato ben sedici modi alternativi per fornire servizi legali.
Mi soffermerò brevemente su ciascuno di essi.
L’in-sourcing si ha quando una direzione Affari legali decide di svolgere al proprio interno un lavoro legale, avvalendosi delle proprie risorse. Questo accade, per esempio, quando i giuristi interni conducono un’intera trattativa e curano la redazione dei documenti, senza avvalersi di consulenza o assistenza esterna.
De-lawyering invece è il termine inelegante che ho scelto per descrivere il processo attraverso il quale un’attività legale viene affidata e svolta da un non-avvocato. Infatti molti compiti non richiedono la competenza e il costo di avvocati qualificati, e possono essere svolti da persone preparate e competenti, che lavorano nei settori legali.
L’off-shoring rappresenta il trasferimento delle attività legali in Paesi in cui i costi immobiliari e di manodopera sono inferiori. Molte grandi banche hanno spostato molteplici attività legali in questo modo – per esempio in India e Malesia – in luoghi dove avevano già precedentemente spostato altre funzioni, come i call center o alcune funzioni finanziarie.
L’outsourcing, al contrario, comporta lo svolgimento del lavoro legale da parte di un fornitore terzo, e viene spesso denominato legal process outsourcing (Lpo). Le attività legali di routine, come la revisione dei documenti, sono affidate a società di supporto specializzato, che di solito si trovano in località a basso costo.
Il co-sourcing si verifica quando le organizzazioni collaborano nella fornitura di alcuni servizi legali, spesso attraverso strutture di servizi condivisi. In Inghilterra troviamo significativi esempi di questo metodo nella cooperazione dei dipartimenti legali delle autorità locali con varie banche, al fine di utilizzare strutture comuni per svolgere il lavoro di compliance.
Il near shoring è simile all’off-shoring: il lavoro viene sempre svolto in una giurisdizione a basso costo, ma quest’ultima si trova in un fuso orario prossimo a quello dello studio legale o della direzione Affari legali che affida un’attività legale. Allen & Overy e Herbert Smith Freehills, importanti studi legali internazionali, hanno entrambi sperimentato la pratica del near-shoring, costruendo a Belfast, nell’Irlanda del Nord, strutture dedicate alla fornitura di servizi legali di routine.
Il leasing è l’assunzione di avvocati per periodi limitati e spesso su base progettuale. Questi avvocati non appartengono a studi legali convenzionali, ma sono messi a disposizione attraverso agenzie interinali che ne gestiscono il collocamento.
L’home-sourcing si riferisce a tutti gli avvocati che non lavorano direttamente negli uffici, ma che sono tuttavia disponibili a lavorare part-time da casa.
L’open-sourcing è la fornitura gratuita di ogni tipo di materiale legale (documenti standard, linee guida, procedure, pareri, case studies, esperienze pratiche e altro) su siti web accessibili al pubblico. Ha più probabilità di essere efficace se è organizzata in modalità wiki, un software collaborativo grazie al quale qualsiasi utente può apportare modifiche o aggiungere testo.
Il crowd-sourcing consiste nello sfruttare il talento collettivo di grandi gruppi di individui che mettono a disposizione parte del loro tempo per svolgere determinate categorie di attività legali. Per esempio, un problema legale potrebbe essere trasmesso a un grande gruppo di volontari sconosciuti.
Il solo-sourcing è l’utilizzo di singoli specialisti, come professori di diritto o (cosa frequente in Inghilterra) avvocati (barrister) per svolgere specifici e individuali compiti legali.
KM-sourcing è l’uso di una varietà di tecniche prese dal campo del knowledge management al fine di riutilizzare contenuti, know-how, fonti, idee e molte altre cose tipiche di una pratica quotidiana, conservate proprio per essere successivamente riutilizzate. I clienti spesso si aspettano e preferiscono che gli avvocati utilizzino materiali che hanno avuto successo in passato in simili circostanze.
Il no-sourcing è la mia categoria finale, ed è la possibilità di scegliere di non affidare alcuna attività legale, nella consapevolezza che il caso specifico non è sufficientemente high-risk da meritare alcun tipo alternativo di sourcing. A titolo di esempio, gli avvocati interni decidono che il tempo e le spese richiesti da alcune pratiche legali non possono essere economicamente giustificate. Spesso, questa decisione è facile da prendere se il lavoro è stato scomposto in una delle maniere sopracitate.
A scanso di equivoci, voglio chiarire che io non propongo che i servizi legali operino secondo un modello di produzione di massa; so che le problematiche dei clienti non saranno mai così simili da poterlo permettere. Però non accetto l’idea che gli avvocati «umani» siano necessari per navigare attraverso tutte le fasi di vita di un progetto legale, sebbene il risultato finale debba essere «su misura». Piuttosto, vedo il multi-sourcing e l’uso della tecnologia come un’utile spinta verso la «personalizzazione di massa», ovvero la pratica di usare processi e sistemi standardizzati per soddisfare esigenze particolari dei clienti, e con un livello di efficienza simile a quello della produzione di massa.
Pubblichiamo, per gentile concessione editoriale, un estratto del quarto capitolo del volume di Richard Susskind, L’avvocato di domani, Edizioni Guerini Next (traduzione italiana in collaborazione con AGI), 2019, pp. 204