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Le emissioni odorigene e la Corte Suprema

Costa degli Etruschi, Piombino
Ph. Simona Loprete / Costa degli Etruschi, Piombino

Non dovrebbe trattarsi di moltitudini ma di sicuro c’è qualcuno che è affascinato dal tema delle emissioni odorigene.

Sappiano gli interessati, soprattutto quelli più diligenti e propensi all’approfondimento, che la nostra Corte Suprema mette a loro disposizione una piccola monografia compendiata nella sentenza 20204/2021 depositata il 21 maggio di quest’anno.

L’importanza della questione affrontata dalla “cattedra nomofilattica” è stata immediatamente avvertita dall’ufficio del massimario che si è premurato di inserire la decisione nella sezione “recentissime dalla Corte” del sito web istituzionale della Corte di cassazione.

Questo l’abstract dell’impegnativo principio di diritto: “in caso di emissioni odorigene, la violazione dei limiti di emissione imposti ai sensi dell’articolo 272-bis, d.lgs. n. 152 del 2006, configura la contravvenzione di cui all’articolo 279, comma 2, dello stesso decreto che può concorrere con il reato di cui all’articolo 674 cod. pen., qualora sussista l'attitudine della condotta a provocare molestie alle persone”.

Tale era l’importanza della questione che l’estensore le ha dedicato più della metà delle complessive diciassette pagine della sentenza avendo così modo anche di diffondersi sul connesso e altrettanto delicato tema delle molestie olfattive.

Nello stesso mese di maggio la Corte ha depositato la sentenza 22670/2021.

La motivazione occupa circa mezza pagina e la sua parte essenziale è questa: “Il ricorso proposto dall'imputato in epigrafe è manifestamente infondato e quindi inammissibile perché contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure logiche perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza”.

La decisione impugnata è immune, i criteri di inferenza sono corretti, le massime di esperienza sono condivisibili, l’infondatezza del ricorso è manifesta e le censure non sono consentite.

Sette righe sono bastate. La questione era evidentemente scadente e non meritava l’attenzione che invece era dovuta alle emissioni odorigene.