x

x

Lecita la diffusione ai soli condomini dei dati relativi alla vita condominiale ed al pagamento dei canoni Nota a Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 23 gennaio 2013, n. 1593

1. Le massime

Le attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano la possibilità di raccolta, registrazione, conservazione, elaborazione e selezione da parte dell'amministratore delle informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio; le quali informazioni possono – per ragioni di buon andamento e di trasparenza – essere comunicate a tutti i condomini, sia su iniziativa dell'amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea sia nell'ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell'assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, nonché su richiesta di ciascun condomino, il quale è investito di un potere di vigilanza e di controllo sull'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni che lo facoltizza a richiedere in ogni tempo all'amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti.

Le informazioni riportate nei prospetti contabili o nei verbali assembleari costituiscono dati personali suscettibili di trattamento anche senza il consenso dell’interessato, ma debbono essere comunicate solamente agli aventi diritto alla relativa conoscenza, e cioè ai condomini (qualunque ne sia il relativo numero), non anche, a chi non vi abbia viceversa interesse, dovendosi evitare una diffusione generalizzata e rivolta a soggetti indeterminati degli stessi ed incombe sull'amministratore del condominio l’obbligo di adottare le opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio.

I dati personali oggetto di trattamento debbono essere: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

2. Il caso

Tizia e Caio convenivano in giudizio Mevio e Sempronio, nonché l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, chiedendo il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di condotte a loro dire lesive della propria riservatezza, consistite nella dichiarazione resa da un condomino, il quale – nel corso di un’assemblea – aveva, con le sue dichiarazioni, adombrato sospetti circa la destinazione di una parte del denaro confluito nelle casse del condominio. Il Tribunale rigettava la domanda.

Avverso la sentenza del Tribunale, Tizio e Caia hanno proposto ricorso per cassazione, adducendo tre motivi:

1) con il primo motivo i ricorrenti si dolgono che il giudice abbia erroneamente affermato che i fatti ed i comportamenti denunciati da Tizia e Caio sfuggano alla disciplina istituita dal codice della Privacy, mentre avrebbe dovuto considerare che la formazione del verbale in centinaia di esemplari e la sua distribuzione fra centinaia di persone non sfugge affatto alla normativa sulla Privacy, atteso che il verbale assurgerebbe a strumento: - di formazione del dato personale, oltretutto oltraggioso ed ingiusto; - di diffusione dello stesso; - di conservazione e di impossibilità di eliminazione dello stesso dato, che va a colpire la dignità ed il decoro;

2) con il secondo, essi si dolgono che il giudice abbia, da un lato, erroneamente ritenuto che l'amministratore avrebbe agito in modo conforme ai doveri del proprio ufficio, laddove invece avrebbe illegittimamente dato esecuzione ad una delibera invalida, dall’altro, il giudice avrebbe travisato il comportamento del condomino, il quale – secondo i ricorrenti – non si sarebbe limitato a porre dei dubbi, bensì avrebbe lanciato specifiche accuse;

3) con il terzo motivo i ricorrenti denunziano lamentano che il giudice, in caso di mancanza dei presupposti per il ricorso ex art. 152 del Codice della Privacy (D.lgs. 196/2003), non abbia disposto "la conversione del rito e di procedere quindi all'esame del merito della pretesa attorea secondo le forme dell'ordinario giudizio di cognizione".

Con separati controricorsi, Mevio e Semprionio hanno resistito. Il Garante per la protezione dei dati personali non ha svolto attività difensiva.

3. La decisione

I primi due motivi sono esaminati dalla Corte in modo congiunto in quanto connessi e sono in parte inammissibili e in parte infondati.

La Corte, in primo luogo, rileva la mancanza di specificità e completezza delle censure mosse, sottolineando che sarebbe stata cura dei ricorrenti delucidare i fatti da cui la controversia era scaturita (i “fatti sostanziali”), ma anche, seppure sommariamente, dare conto delle vicende del processo e dei soggetti che vi hanno partecipato (i “fatti processuali”), in modo da rendere possibile al giudice di legittimità la conoscenza di tali elementi senza necessità di attingere a fonti diverse dal ricorso stesso. In secondo luogo, il Supremo Collegio lamenta la mancata esposizione – in termini comprensibili e stringenti – delle ragioni di censura che, formulate senza distinguere i profili di merito e di diritto, altro non consentono di evincere se non che gli elementi valutati dal giudice sarebbero stati, secondo quanto sostenuto in ricorso, suscettibili di una diversa lettura, conforme alle attese e deduzioni dei ricorrenti.

Argomentando dal Codice della Privacy (art. 4, comma 1 lett. b, D.lgs. 196/2003), poi, il giudice di legittimità rileva che "dato personale", oggetto della tutela apprestata dal richiamato articolato normativo, è "qualunque informazione" relativa a "persona fisica, persona giuridica, ente o associazione", che siano "identificati o identificabili", anche "indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione". È conforme a precedenti pronunce di Cassazione ritenere che i dati dei singoli partecipanti al condominio, raccolti ed utilizzati per le finalità di cui agli artt. 1117 e ss. c.c., siano senz'altro da ricondurre alla nozione di “dato personale”, e conseguentemente assoggettati alla disciplina posta dalla suindicata fonte.

Si è al riguardo precisato che, in ambito condominiale, le informazioni relative al riparto delle spese, all'entità del contributo dovuto da ciascuno e alla mora nel pagamento degli oneri pregressi possono essere peraltro lecitamente oggetto di trattamento anche senza il consenso dell'interessato poiché le attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano la possibilità di raccolta, registrazione, conservazione, elaborazione e selezione da parte dell'amministratore delle informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio (art. 24 del Codice della privacy).

Ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano, poi, una comunicazione di questi dati a tutti i condomini, non solo su iniziativa dell'amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea ovvero nell'ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell'assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, ma anche su richiesta di ciascun condomino, il quale è investito di un potere di vigilanza e di controllo sull'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni che lo facoltizza a richiedere in ogni tempo all'amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti.

Si è al riguardo per altro verso posto in rilievo che i dati personali oggetto di trattamento debbono essere: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

All'interessato è attribuito il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l'aggiornamento, l'integrazione.

Il Supremo Collegio ritiene comunque invocabile il principio di correttezza, quale generale principio di solidarietà sociale, idoneo a fondare in termini generali l'esigenza del bilanciamento in concreto degli interessi, e, conseguentemente, il diritto dell'interessato ad opporsi al trattamento, quand'anche lecito, dei propri dati.

Le esigenze di funzionalità e di efficienza del condominio non possono considerarsi prevalenti sul diritto alla riservatezza e alla tutela dei dati (del condominio e) dei condomini. Fondamentale rilievo assume al riguardo il rispetto dei così detti principi di “proporzionalità”, “pertinenza” e “non eccedenza” (art. 11 del Codice della privacy). A tale stregua le informazioni riportate nei prospetti contabili o come nella specie nei verbali assembleari debbono essere comunicati solamente agli aventi diritto alla relativa conoscenza, e cioè ai condomini (a prescindere ovviamente dal relativo numero). Non anche, viceversa, a chi non vi abbia interesse. Deve pertanto evitarsi una relativa diffusione generalizzata, rivolta a soggetti indeterminati, incombendo al riguardo sull'amministratore del condominio l’adozione delle opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio.

Anche il terzo motivo di ricorso è ritenuto in parte inammissibile e in parte infondato, atteso che l'applicazione del principio “iura novit curia” fa salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti.

Il ricorso è integralmente rigettato, con spese a carico dei soccombenti.

1. Le massime

Le attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano la possibilità di raccolta, registrazione, conservazione, elaborazione e selezione da parte dell'amministratore delle informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio; le quali informazioni possono – per ragioni di buon andamento e di trasparenza – essere comunicate a tutti i condomini, sia su iniziativa dell'amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea sia nell'ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell'assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, nonché su richiesta di ciascun condomino, il quale è investito di un potere di vigilanza e di controllo sull'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni che lo facoltizza a richiedere in ogni tempo all'amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti.

Le informazioni riportate nei prospetti contabili o nei verbali assembleari costituiscono dati personali suscettibili di trattamento anche senza il consenso dell’interessato, ma debbono essere comunicate solamente agli aventi diritto alla relativa conoscenza, e cioè ai condomini (qualunque ne sia il relativo numero), non anche, a chi non vi abbia viceversa interesse, dovendosi evitare una diffusione generalizzata e rivolta a soggetti indeterminati degli stessi ed incombe sull'amministratore del condominio l’obbligo di adottare le opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio.

I dati personali oggetto di trattamento debbono essere: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

2. Il caso

Tizia e Caio convenivano in giudizio Mevio e Sempronio, nonché l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, chiedendo il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di condotte a loro dire lesive della propria riservatezza, consistite nella dichiarazione resa da un condomino, il quale – nel corso di un’assemblea – aveva, con le sue dichiarazioni, adombrato sospetti circa la destinazione di una parte del denaro confluito nelle casse del condominio. Il Tribunale rigettava la domanda.

Avverso la sentenza del Tribunale, Tizio e Caia hanno proposto ricorso per cassazione, adducendo tre motivi:

1) con il primo motivo i ricorrenti si dolgono che il giudice abbia erroneamente affermato che i fatti ed i comportamenti denunciati da Tizia e Caio sfuggano alla disciplina istituita dal codice della Privacy, mentre avrebbe dovuto considerare che la formazione del verbale in centinaia di esemplari e la sua distribuzione fra centinaia di persone non sfugge affatto alla normativa sulla Privacy, atteso che il verbale assurgerebbe a strumento: - di formazione del dato personale, oltretutto oltraggioso ed ingiusto; - di diffusione dello stesso; - di conservazione e di impossibilità di eliminazione dello stesso dato, che va a colpire la dignità ed il decoro;

2) con il secondo, essi si dolgono che il giudice abbia, da un lato, erroneamente ritenuto che l'amministratore avrebbe agito in modo conforme ai doveri del proprio ufficio, laddove invece avrebbe illegittimamente dato esecuzione ad una delibera invalida, dall’altro, il giudice avrebbe travisato il comportamento del condomino, il quale – secondo i ricorrenti – non si sarebbe limitato a porre dei dubbi, bensì avrebbe lanciato specifiche accuse;

3) con il terzo motivo i ricorrenti denunziano lamentano che il giudice, in caso di mancanza dei presupposti per il ricorso ex art. 152 del Codice della Privacy (D.lgs. 196/2003), non abbia disposto "la conversione del rito e di procedere quindi all'esame del merito della pretesa attorea secondo le forme dell'ordinario giudizio di cognizione".

Con separati controricorsi, Mevio e Semprionio hanno resistito. Il Garante per la protezione dei dati personali non ha svolto attività difensiva.

3. La decisione

I primi due motivi sono esaminati dalla Corte in modo congiunto in quanto connessi e sono in parte inammissibili e in parte infondati.

La Corte, in primo luogo, rileva la mancanza di specificità e completezza delle censure mosse, sottolineando che sarebbe stata cura dei ricorrenti delucidare i fatti da cui la controversia era scaturita (i “fatti sostanziali”), ma anche, seppure sommariamente, dare conto delle vicende del processo e dei soggetti che vi hanno partecipato (i “fatti processuali”), in modo da rendere possibile al giudice di legittimità la conoscenza di tali elementi senza necessità di attingere a fonti diverse dal ricorso stesso. In secondo luogo, il Supremo Collegio lamenta la mancata esposizione – in termini comprensibili e stringenti – delle ragioni di censura che, formulate senza distinguere i profili di merito e di diritto, altro non consentono di evincere se non che gli elementi valutati dal giudice sarebbero stati, secondo quanto sostenuto in ricorso, suscettibili di una diversa lettura, conforme alle attese e deduzioni dei ricorrenti.

Argomentando dal Codice della Privacy (art. 4, comma 1 lett. b, D.lgs. 196/2003), poi, il giudice di legittimità rileva che "dato personale", oggetto della tutela apprestata dal richiamato articolato normativo, è "qualunque informazione" relativa a "persona fisica, persona giuridica, ente o associazione", che siano "identificati o identificabili", anche "indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione". È conforme a precedenti pronunce di Cassazione ritenere che i dati dei singoli partecipanti al condominio, raccolti ed utilizzati per le finalità di cui agli artt. 1117 e ss. c.c., siano senz'altro da ricondurre alla nozione di “dato personale”, e conseguentemente assoggettati alla disciplina posta dalla suindicata fonte.

Si è al riguardo precisato che, in ambito condominiale, le informazioni relative al riparto delle spese, all'entità del contributo dovuto da ciascuno e alla mora nel pagamento degli oneri pregressi possono essere peraltro lecitamente oggetto di trattamento anche senza il consenso dell'interessato poiché le attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano la possibilità di raccolta, registrazione, conservazione, elaborazione e selezione da parte dell'amministratore delle informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio (art. 24 del Codice della privacy).

Ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano, poi, una comunicazione di questi dati a tutti i condomini, non solo su iniziativa dell'amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea ovvero nell'ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell'assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, ma anche su richiesta di ciascun condomino, il quale è investito di un potere di vigilanza e di controllo sull'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni che lo facoltizza a richiedere in ogni tempo all'amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti.

Si è al riguardo per altro verso posto in rilievo che i dati personali oggetto di trattamento debbono essere: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

All'interessato è attribuito il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l'aggiornamento, l'integrazione.

Il Supremo Collegio ritiene comunque invocabile il principio di correttezza, quale generale principio di solidarietà sociale, idoneo a fondare in termini generali l'esigenza del bilanciamento in concreto degli interessi, e, conseguentemente, il diritto dell'interessato ad opporsi al trattamento, quand'anche lecito, dei propri dati.

Le esigenze di funzionalità e di efficienza del condominio non possono considerarsi prevalenti sul diritto alla riservatezza e alla tutela dei dati (del condominio e) dei condomini. Fondamentale rilievo assume al riguardo il rispetto dei così detti principi di “proporzionalità”, “pertinenza” e “non eccedenza” (art. 11 del Codice della privacy). A tale stregua le informazioni riportate nei prospetti contabili o come nella specie nei verbali assembleari debbono essere comunicati solamente agli aventi diritto alla relativa conoscenza, e cioè ai condomini (a prescindere ovviamente dal relativo numero). Non anche, viceversa, a chi non vi abbia interesse. Deve pertanto evitarsi una relativa diffusione generalizzata, rivolta a soggetti indeterminati, incombendo al riguardo sull'amministratore del condominio l’adozione delle opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio.

Anche il terzo motivo di ricorso è ritenuto in parte inammissibile e in parte infondato, atteso che l'applicazione del principio “iura novit curia” fa salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti.

Il ricorso è integralmente rigettato, con spese a carico dei soccombenti.