L’obbligo di avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore vale anche quando sia già stato effettuato il prelievo ematico

L’obbligo di avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore vale anche quando sia già stato effettuato il prelievo ematico
La Cass. pen., sez. IV, sent. n. 10480/2025 si è pronunciata sull’obbligo di avviso di farsi assistere da un difensore di fiducia anche quando l’accertamento del tasso alcolemico avvenga su un campione già prelevato
La Quarta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con sent. n. 10480/2025, ha confermato l’orientamento giurisprudenziale considerato prevalente, secondo il quale «la polizia giudiziaria deve dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi degli artt. 356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen., non soltanto ove richieda l'effettuazione di un prelievo ematico presso una struttura sanitaria ai fini dell'accertamento del tasso alcolemico (ossia al di fuori degli ordinari protocolli di Pronto Soccorso), ma anche quando richieda che tale ulteriore accertamento venga svolto sul prelievo ematico già operato autonomamente da tale struttura a fini di diagnosi e cura».
La Corte ha specificato che l’obbligo di dare l'avviso non dipende dalla tipologia di accertamento esperito, ma dalla funzione dell'atto e, precisamente, dalla sua vocazione probatoria; pertanto, nonostante il campione biologico possa essere già stato prelevato per fini di diagnosi e cura, la polizia giudiziaria che intenda richiedere l’accertamento del tasso alcolemico sul prelievo già operato ha l’obbligo di avvisare della facoltà di farsi assistere dal difensore.
Questo obbligo non è richiesto solo nel caso in cui gli stessi sanitari abbiano proceduto spontaneamente e autonomamente all’accertamento del tasso alcolemico, sicché la polizia giudiziaria sarebbe tenuta esclusivamente ad acquisire la documentazione dell'analisi senza avanzare ulteriori richieste.
La Suprema Corte, infine, ha riconosciuto alla Corte di Appello la «piana applicazione dell’insegnamento di legittimità», secondo cui, in tema di guida in stato di ebrezza, ai fini della configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 186, c. 2-bis C.d.S., per incidente stradale deve intendersi «qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione, possa provocare serio pericolo alla collettività, senza che assuma rilevanza l'avvenuto coinvolgimento di terzi o di altri veicoli».
Sul punto, la Corte ha affermato che il verbo “provocare” indica la necessità che la condotta di guida del soggetto agente che si trova in stato di ebrezza deve aver favorito o determinato il sinistro: precisamente, deve essere accertato il coefficiente causale della condotta rispetto all’incidente stradale, e non il mero coinvolgimento nel sinistro.