L’Ucraina tramonta a oriente
Blu come il cielo, giallo come il frumento. I due colori della bandiera nazionale ucraina rivelano molto più di quanto sembrerebbe sulla storia del più esteso Paese est-europeo dopo la Russia. La scelta cromatica risale quantomeno al XII secolo, quando un’Ucraina unita non esisteva nemmeno nella più fervida delle immaginazioni. Per buona parte della storia medievale e moderna, infatti, il territorio odierno rimase diviso tra vari ordinamenti stranieri: principalmente polacchi (ad ovest) e russo-zaristi (ad est), ma anche mongoli, cosacchi, austro-ungheresi e ottomani – i quali se ne contendevano il possesso a fasi alterne.
La “grande guerra” combattuta nel 1409-11 tra polacco-lituani, da una parte, e cavalieri teutonici, dall’altra, si inserì proprio in questo solco. Le sorti del conflitto vennero quasi del tutto determinate a Grunwald. Quella che oggi è poco più che una modesta comunità rurale nel nord-est della Polonia, nel 1410 fu invece teatro di uno dei più cruenti scontri militari del Medio Evo. Storicamente considerata il vittorioso suggello dell’unione lituano-polacca, la battaglia di Tannenberg-Grunwald vide anche la partecipazione delle truppe del Voivodato (polacco) di Rutenia – le quali per l’occasione innalzarono il proprio vessillo: un drago giallo su sfondo blu. Emblema chiaramente ispirato allo stemma del Principato di Galizia-Volinia (1199-1349), che era stata un’entità vassalla dell'Orda d'Oro[1].
Fu più o meno da Grunwald in poi che il giallo e il blu, insieme, presero a caratterizzare la storia istituzionale ucraina e, più tardi, il tribolato percorso verso l’indipendenza nazionale.
La genesi del vessillo giallo-blu avvenne quindi a cavallo tra Ucraina e Polonia, nel nucleo geografico dell’Europa. Non è un caso che l’emblema bicolore risulti molto più intimamente legato all’Ucraina occidentale e, di riflesso, alla regione “mitteleuropea” del Paese (ovverosia le porzioni ex polacche e austro-ungariche). Ne è dimostrazione il fatto che la bandiera adottata ufficialmente nel 1992, all’indomani della dissoluzione sovietica, sia l’esatta copia dello stendardo piantato in cima al municipio di Leopoli nell’aprile del 1848, quando gli ucraini occidentali (allora sotto il dominio asburgico) insorsero contro gli austriaci. La bandiera in questione fu più tardi adottata dalla Repubblica nazionale dell'Ucraina occidentale (con capitale Leopoli), nel 1918, salvo venire presto soppiantata dagli stemmi polacco e, poi, sovietico.
“Il passato è il prologo”, afferma l’usurpatore Antonio nella Tempesta shakespeariana. L’assunto è a maggior ragione valido in Ucraina, che rimane un Paese profondamente diviso su linee storico-etniche: un Ovest vicino alla Mitteleuropa (e all’UE) e “zoccolo duro” del nazionalismo ucraino, un Est maggiormente filo-russo (quando non proprio etnicamente russo), e infine un Centro – inclusa la capitale Kiev – a fare da “cuscinetto”[2].
Sono però bastati pochi mesi a incrinare l’equilibrio su cui si era retta l’Ucraina indipendente post-sovietica. Il rifiuto dell’allora presidente Viktor Janukovyč, a fine 2013, di firmare un accordo di associazione con l’UE – optando invece per un vantaggioso prestito concesso dal Cremlino – ha scatenato un effetto domino: manifestazioni di piazza filo-europeiste e tendenzialmente anti-russe hanno costretto Janukovyč all’esilio in Russia. Quindi, un nuovo Governo filo-occidentale si è instaurato a Kiev. Nel frattempo, il Cremlino non ha perso tempo e, dimostrando di essere assai sensibile al superamento delle “linee rosse” della propria sicurezza nazionale (leggasi comparsa di un Governo aspramente anti-russo al confine), ha annesso la Crimea.
Già causa adiungendi in Crimea, la base etnica si è quindi trasformata in terreno di scontro armato tra separatisti filo-russi di Lugansk e Doneck e forze regolari ucraine, nella regione orientale del Donbass[3]. Un conflitto tutt’ora irrisolto, e che anzi ha subito una recrudescenza proprio nelle ultime settimane – con minacciosi ammassamenti di truppe al confine[4]. Non è, tra l’altro, passata inosservata la dichiarata volontà del presidente ucraino Volodymyr Zelens'kyj di fare di Kiev un prossimo membro della NATO[5], per superare l’impasse bellica. Se in meglio o in peggio, però, rimane da chiarire. Ipotesi NATO peraltro più suggestiva che verosimile, dato che l’organizzazione atlantica esclude in linea di principio che possano partecipare ad essa Stati con dispute territoriali aperte. E che non può che invogliare i (filo-)russi a tenere il conflitto “congelato” fino a data da destinarsi.
Se è incerto fare previsioni sullo scontro militare, è però indubbio che l’economia ucraina – già affannata di suo – ne risenta grandemente: il Donbass contiene una delle più grandi riserve di carbone del Paese, ed è emblematicamente proprio nell’Est ucraino (in particolare nei vicini oblasti di Dnipropetrovs’k e Zaporižžja) che si produce una rilevante fetta del “giallo” nazionale per antonomasia: il grano.
Indice di come, nonostante l’Ucraina sia nata ad occidente, è ad oriente che si gioca buona parte del suo futuro.
[1] Leggasi: Stephen Turnbull, La Battaglia di Tannenberg: 1410 - La Disfatta dei Cavalieri Teutonici (Gorizia: LEG Edizioni, 2013).
[2] La tradizionale divisione Ovest-Est è però in parte contestata da alcuni autori, tra cui: Alina Penkala, Ilse Derluyn, e Ine Lietaert, “The Ukrainian Divide,” Regions and Cohesion 10, n. 3 (2020): 125–139.
[3] Vlad Michnenko, “Causes and Consequences of the War in Eastern Ukraine: an Economic Geography Perspective,” Europe-Asia Studies 72, n. 3 (2020): 528–560.
[4] Gabrielle Tétrault-farber e Robin Emmott, “Russia, Ukraine Hold Military Drills, NATO Criticises Russian Troop Build-Up,” Reuters, 15 aprile 2021, https://www.reuters.com/business/aerospace-defense/russia-ukraine-hold-military-drills-nato-criticises-russian-troop-build-up-2021-04-14/.
[5] Laurence Peter, “Is Russia Going to War with Ukraine and Other Questions,” BBC News, 13 aprile 2021, https://www.bbc.com/news/world-europe-56720589.