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Meretricio come lavoro indipendente ed indirettamente best interest

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Meretricio come lavoro indipendente ed indirettamente best interest

L’attività più antica del mondo, diviene professione comune con diritti ed obblighi fiscali tutelati dalla legge.

The oldest activity in the world, becomes a common profession with tax rights and obbligations protecyed by law.

 

Condizioni preliminari

Con il termine meretricio o prostituzione si definisce l’attività abituale e professionale di chi offre prestazioni sessuali a scopo di lucro. Si tratta di un fenomeno antico, ma che ha avuto cambiamenti interessanti dal punto di vista sociologico, semiologico, psicodinamico, fenomenologico e della psicologia sociale, giungendo a interessare l’ambito stesso della psicopatologia.

Il Digesto Romano ricorda alcune caratteristiche attribuite alla prostituta:

il fine di lucro (poecunia accepta), vale a dire che il rapporto sessuale è soggetto a retribuzione;

la pluralità (multorum libidini patet), vale a dire che la prostituta deve sottoporsi a rapporti con diversi individui, senza scelta, sine dilectu, cioè generalmente senza partecipazione al piacere.

È certo che alcune cause possono essere responsabili di una prostituzione occasionale, o possono favorirla, come l’ambiente, la famiglia, la miseria, ostacoli di varia natura, oppure caratteristiche di personalità (credulità, suggestionabilità, distorta proiezione per il futuro). Nelle professioniste, tuttavia, sono reperibili motivazioni più complesse e profonde, come sentimenti di colpa e un desiderio di ottenere passivamente l’affetto e il sostegno degli altri, e reazioni aggressive, rivolte (sotto forma di disprezzo) verso sé stesse attraverso reazioni autopunitive.

Queste caratteristiche sono simili a quelle che si riscontrano in soggetti affetti da nevrosi d’angoscia e da depressione. E, in effetti, l’accostamento al fenomeno della prostituzione giustifica e suppone che nelle motivazioni della scelta (e del mantenimento) giochino, con portata quantitativamente diversa, meccanismi ed elementi simili a quelli che spiegano la depressione: perdita dell’autostima o anche di quegli appoggi che servono a mantenerla e ad accrescerla. Perciò la prostituzione stessa non sarebbe altro che l’espressione, sensibilizzata da cause sociali e ambientali, di una sindrome di precoce carenza affettiva che impedisce alla persona di progredire a stadi di differenziazione e a ulteriori fasi di sviluppo emotivo.

Altro responsabile della continuità del fenomeno della prostituzione è il lenone o magnaccia, protettore o souteneur. Un tempo era considerato quasi una figura romantica in quanto, oltre allo sfruttamento, manifestava una certa affettuosità (seppur distorta) per la ‘sua’ donna, con un istinto di proprietà e di possesso. Di conseguenza, la protezione offerta dal ‘suo’ uomo compensava la prostituta dall’isolamento e dalla solitudine, facendola sentire amata e sviluppando in lei un’affezione tutta particolare. Oggi il lenone organizza il reclutamento di più donne e si incarica di trovare le ragazze per costringerle – con false promesse, coercizioni, brutalità diverse – a entrare nel mondo della prostituzione e, senza concedere loro protezione o un qualsiasi legame affettivo, sfrutta i guadagni del loro mestiere. Questo succede in particolare nel mondo della prostituzione straniera da immigrazione, dove la figura del lenone ricompare prepotente nelle forme più crudeli e dispotiche. Di contro, il rapporto triangolare della prostituzione (prostituta, cliente, lenone), nell’esercizio del mercimonio nostrano, è cambiato negli ultimi anni del 20° secolo in seguito all’emancipazione femminile.

Se un tempo l’aggressività sadica del souteneur trovava un terreno favorevole nella tendenza masochistica della prostituta (che a sua volta si comportava sadicamente nei confronti del cliente), in seguito si è andato affermando un ruolo femminile più attivo, poiché è la prostituta ora a scegliere tempi, luoghi e remunerazione, a gestire in maniera diretta e personale la sua attività, mettendo così in crisi l’antica equazione: virilità-attività/femminilità-passività.

L’attività del lenone verrebbe dettata da condizioni prevalentemente istintuali, in cui la finalità sarebbe un vantaggio facile e una condizione parassitaria. Nell’anamnesi di tali soggetti si ritrova un’adolescenza compromessa da eventi esteriori negativi (carenza affettiva, un rapporto parentale negativo, insicurezza), che facilitano ogni sorta di disordine della condotta, l’intolleranza al lavoro e una situazione di regressione rispetto a un livello normale di vita. Se le condizioni di vita del lenone e della prostituta influenzano e strutturano quel determinato comportamento, il cliente non investe una specifica attitudine e non rientra in nessuna professionalità.

Comunemente si dice che gli uomini frequentino le prostitute o per curiosità o per mettere alla prova le loro capacità sessuali, per ottenere un successo laddove una carica ansiosa ne limita l’esplicazione, o per variare l’oggetto del piacere. Nel rapporto mercenario si trovano individui che temono il confronto con la donna normale, o anche soggetti che hanno avuto degli insuccessi e che non vogliono ritentare un altro incontro prima di superare la loro difficoltà.

Esistono situazioni conflittuali (il giovane alla sua prima esperienza sessuale), dati caratterologici (un sentimento di inferiorità) e particolari stati di menomazione fisica nei quali la presenza della prostituta viene avvertita come un aiuto per un proprio disagio; come è ovvio, senza risolvere gli elementi nevrotici presenti nell’individuo. Secondo il rapporto Kinsey (1948), il 69% degli uomini frequenta le prostitute: alcuni soltanto una volta o due nella loro vita, il 15-20% solo pochissime volte l’anno. Nel processo di maturazione umana riveste grande importanza lo sviluppo della libido (v.).

I primordiali impulsi psichici e fisici sono diretti verso la madre, ma sono ostacolati dagli scogli del conflitto edipico e dal tabu dell’incesto. La mancata risoluzione dello stato conflittuale può portare a una dissociazione libidica: da un lato, una tensione affettiva e, dall’altro, una tensione sessuale le quali sarebbero destinate a non incontrarsi mai. Individui con questi problemi indirizzeranno l’attenzione sessuale verso donne considerate di ceto inferiore (per es. le prostitute), mentre l’affetto e la stima saranno spostati verso altre che poco li stimolano sessualmente. Ecco perché l’uomo ha un atteggiamento di così profonda ambivalenza verso la prostituta: attrazione, repulsione, desiderio, timore, comprensione, biasimo. Questo rapporto estemporaneo, dettato solo da impellenti necessità istintuali, risulterebbe così la continuazione dell’atto masturbatorio, un atto solipsistico che non supera mai il piano dell’atteggiamento autoerotico. Il compenso stesso interviene come mezzo per escludere ogni responsabilità, per scaricare un eventuale senso di colpa, per interrompere immediatamente - senza conseguenze - quel rapporto. Non esiste partecipazione emotiva, né sforzo personale di conquista. L’anonimato non lascia tracce dell’incontro in nessuno dei protagonisti e l’incontro non è soddisfacente neanche per una delle parti: deludente per il 36%, neutro per il 33%.

Nel rapporto sessuale normale esiste una pienezza dialogica in cui il dare è contemporaneamente ricevere, e il ricevere è un dare. Nel rapporto prostitutivo, invece, viene attualizzata una disgiunzione dell’Erlebnis corporeo, della situazione duale a cui esso dovrebbe puntualmente riferirsi. Il fine ultimo dell’incontro diviene l’esclusivo possedere quel particolare oggetto che è un qualsivoglia corpo altrui sul quale esercitare mere manipolazioni estranianti, tanto da ridurlo a oggetto tra gli altri oggetti, in un livellamento reificante come in qualsiasi altro rimando mondano. La presenza dell’altro procura una percezione che può non essere seguita da interesse e curiosità. Questo carattere parziale del rapporto rivela, sul versante comportamentale, la difficoltà di adire a quel consenso paritetico che concorre alla realizzazione dell’incontro simmetrico in cui, estinguendo il bisogno, si completa la parzialità dell’altro.

Analizzare la prostituzione nel quadro del diritto di legittimità costituzionale, è complesso ed apparentemente paradossale. Si intrecciano plurimi diritti, a loro volta suscettibili di vari significati.

Come garantire la dignità della persona, la tutela più opportuna senza togliere valore ad altri diritti essenziali e prioritari che non si intersecano con una attività qualificante.

 Il perno su cui fa leva la base di tale diritto, è l’aspetto probabilmente sempre in divenire della dignità umana, ovvero della sua attuazione massima, che, come insegna anche la Corte europea dei diritti dell’uomo (S.A.S. c. Francia, 2014), non è necessariamente una sola. La natura polisemica della dignità personale, peraltro, si regge su un difficile equilibrio fra il riconoscimento dello spazio proprio dell’autodeterminazione e la necessità che sia accertata la presenza delle condizioni che ne assicurano un libero sviluppo.

Superior quaestio è individuare se, ed entro quali limiti, può esservi libera scelta, e un diritto alla libera scelta, nella disposizione del proprio corpo a scopo di lucro, ovvero sia consentita la mercificazione del body interest, in un contesto nel quale è facile che la libertà di autodeterminazione nasconda condizionanti sociali e di valore monetario.

Evidente necessità, garantire in primo momento l’esistenza libera ed eguale delle persone, il che, come indica senza riserve, il costituzionalismo emancipante del secondo dopoguerra, richiede l’eliminazione degli ostacoli che si frappongono ad uno sviluppo effettivamente libero della persona e quindi la liberazione da eventuali condizionamenti economici, sociali, culturali.

In seconda battuta, la tematica riporta, nello specifico, la tutela del diritto all’autodeterminazione della donna in relazione con il principio di anti-subordinazione uomo-donna, ovvero la garanzia di una sostanziale eguaglianza di genere.

Quindi, si pongono le questioni attinenti alla contestualizzazione di diritti come lavoro e salute. In che modo, e a quali condizioni, si può configurare un diritto al lavoro della prostituta? Quali misure si devono/possono adottare per tutelare il diritto alla salute della prostituta? Sono profili in difficile equilibrio fra la “sanatoria” del “fatto” che può comportare la presa in carico da parte del diritto e la mancanza di tutela proprio in condizioni di particolare vulnerabilità.
 

Il buon costume

Nel limitare l’esercizio del meretricio i legislatori nazionali ricorrono spesso alla clausola generale del buon costume, richiedendo così al giudice di assumere un ruolo integrativo idoneo a dare vita ai valori e ai contenuti che la coscienza sociale contemporanea assegna a specifiche questioni (Fortino, 2007). Nello specifico, la nozione di buon costume si identifica nella norma morale accettata come tale dall’opinione comune in un determinato luogo e in un determinato tempo: si pone come la prevalenza del significato sociale di una condotta su quello individuale, rinviando ad un dato extragiuridico.

Inoltre, essendo atta a cristallizzare il sentire comune, la clausola generale in esame può far fronte e contemperare la pluralità di valori e culture che è propria degli ordinamenti contemporanei (Cosco, 2015); nondimeno, parte della dottrina ritiene che nella società attuale ‒ proprio perché caratterizzata da continui mutamenti culturali e da una marcata disomogeneità ‒ il richiamo al buon costume sia ormai impraticabile e irragionevole. Cercando di fondare quest’ultima su una coscienza morale collettiva, si rischia di «attribuire un posto privilegiato ai valori morali propri di uno soltanto dei gruppi che oggi compongono la nostra società, e cioè di quello che tradizionalmente prevale nel ceto dei giuristi e nell’organizzazione della giustizia; [...]» (Terlizzi, 2009, 645-646).

Forse, come sostenuto da Ferri e Rodotà (citati in Terlizzi, 2009), oggigiorno bisognerebbe identificare il buon costume con la morale giuridica, cioè in quei principi e in quei diritti di cui l’individuo è titolare in quanto uomo e cittadino: si farà quindi riferimento alle nozioni di buona fede, etica professionale, etc. ‒ in quanto espressioni di quella moralità che è andata affermandosi in un ambito economico ormai globalizzato ‒, ma sopratutto al contenuto delle Costituzioni, che data la loro funzione e la loro posizione gerarchica, esprimono un consenso generalizzato all’interno della società.

Soffermandosi invece sull’esercizio del meretricio, ciò che sembra ledere il buon costume non è la sola vendita del corpo quale parte integrante e imprescindibile dell’individuo, ma anche l’insita commercializzazione della sessualità, la quale, oltre a riflettere valori etico-morali, è spesso considerata un bene giuridico, tutelato da norme penali, civili e amministrative. Ad esempio, quasi tutti i codici penali europei proteggono l’integrità sessuale dei privati attraverso specifiche fattispecie di reato quali la molestia o lo stupro; allo stesso tempo la libertà sessuale è protetta in quanto libertà e quindi espressione del principio di autodeterminazione, come dimostra la recente evoluzione dei diritti LGBT; parimenti è un dato di fatto che «la sessualità si eserciti, si scambi e si manifesti in un non mercato [...] libero e volontario» (Zeno-Zencovich, 2011, 875) e ciò porta a domandarsi per quale motivo si ritengano contrari al buon costume atti che rimangono comunque consentiti, liberi e costanti nel momento in cui manchi il fine di lucro. Inoltre è bene ricordare che, dopo la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, in cui il movimento femminista ha rivendicato un principio di eguaglianza ricomprendente anche una parità di standard morali (Jeffreys S., 1997), la sessualità non è più interpretata come meramente strumentale alla riproduzione della specie; al contrario essa è intesa come parte integrante dell’essere umano e connessa alla salute dell’individuo (Zeno-Zencovich, 2011), al punto che Stati come i Paesi Bassi hanno introdotto programmi volti a soddisfare la sessualità dei soggetti disabili.


Il contratto sessuale

Ultimo profilo fondamentale in materia attiene alla tutela privatistica della prostituta nei confronti del cliente che voglia comprare i suoi servizi. Generalmente, lo strumento giuridico che l’ordinamento offre all’individuo ‒ e alla prostituta nel caso in esame ‒ per tutelare i propri interessi è il contratto, il quale è espressione di un’autonomia negoziale idonea a perseguire interessi personali ed esistenziali degni di tutela.

Pertanto se, sulla base di tali disposizioni, gli ordinamenti riconoscessero alla prostituta la titolarità di suddetta autonomia e la possibilità di concludere dei contratti sessuali di consumo, questi ultimi opererebbero come limiti alle libertà del cliente nell’ambito della transazione, a tutela della parte contraente debole.

Ciò nonostante, ad oggi sono ancora numerosi i limiti, interni ed esterni al quadro normativo, che impediscono alla prostituta di beneficiare realmente di una simile tutela giuridica.

In primo luogo, numerosi ordinamenti nazionali prevedono la regola in pari causa turpitudinis, sulla base della quale un contratto sessuale può essere concluso, fermo restando l’impossibilità di agire in giudizio, conseguente al dettame nemo auditur suam turpitudinem allegans, e quindi l’impossibile declaratoria di nullità.

In tal modo lo Stato tutela istituti fondanti la società ‒ come la famiglia ‒, riflette la secolarizzazione del diritto evitando che ciò che è considerato peccato sul piano religioso non si rifletta su quello penale o civile (Zeno-Zencovich, 2011) e trasforma la stigmatizzazione cui è soggetta la prostituta in una regola giuridica; infatti i soli contratti illegali sono invalidi perché contra legem, diversamente i contratti immorali sono validi e tollerati. Inoltre è necessario considerare che la limitazione della capacità contrattuale di una classe di individui ‒ quali le prostitute ‒ e la conseguente disparità di accesso alla giustizia comporta un’irrazionale violazione del principio di eguaglianza (Zeno-Zencovich, 2011), nonché in un atteggiamento di laissez-faire che non è in grado di proteggere categorie più deboli di individui. Diversamente, in una prospettiva din decriminalizzazione del meretricio, sarebbe opportuno introdurre la cosiddetta nullité de protection, ossia la possibilità per la sola parte debole di chiedere una declaratoria di nullità (Zeno-Zencovich, 2011).

Secondariamente sussistono vari fattori che impediscono alla prostituta di applicare o recedere da contratti legittimamente conclusi. La vulnerabilità fisica della donna e l’ingresso in ambienti da lei non controllati spesso impediscono di far rispettare i termini contrattuali, considerando inoltre che la stigmatizzazione cui questa è soggetta attribuisce già al cliente una posizione di forza.

Nel mercato del sesso violenze e inadempimenti comportano conseguenze minime ‒ se non inesistenti ‒ per il trasgressore e ciò è amplificato dal fatto che il quadro normativo regoli la prostituzione soltanto per punirla o controllarla e che gli agenti che applicano la legge siano tra coloro che abusano delle prostitute (O’Connell Davidson, 2001). Infine permane la già discussa subordinazione economica, che limita la libertà e il potere della donna nello stabilire rigidi termini contrattuali rispetto alle richieste del cliente.
 

Conclusioni

In termini conclusivi, risulta inequivocabile l’inadeguatezza del modello abolizionista in valori di tutela della donna che si prostituisce. Infatti, nonostante l’esercizio del meretricio sia connotato da un’indiretta liceità, la perseguibilità penale predisposta dalla legge Merlin in relazione alle condotte a questo collaterali è incapace di rispettare e proteggere la prostituta, condannandola ad una morte sociale.

In particolare, l’interpretazione giurisprudenziale attribuita alle ipotesi di favoreggiamento e sfruttamento colpisce soggetti che, al contrario, intrattengono con la donna relazioni di ausilio e/o familiari, impedendo nei fatti una piena autodeterminazione nell’esercizio della propria attività; la qualificazione femminile di alcune norme perpetua uno stereotipo di genere; i numerosi richiami al buon costume e alla pericolosità sociale operati dal legislatore acuiscono lo stigma sociale e la marginalizzazione dell’individuo, etc.. Rispetto alle numerose violazioni di diritti fondamentali evidenziate nel corso della trattazione, l’unica eccezione è riscontrabile in materia di diritto alla salute, la cui tutela è garantita dal sistema sanitario nazionale italiano e non dalla disciplina legislativa in materia di prostituzione.

Infine è doveroso ricordare che la Corte d’Appello di Bari, con l’Ordinanza del 6 febbraio 2018, ha sollevato questione di costituzionalità in riferimento all’art. 3, c. 1, n. 4) e n. 8) della legge Merlin, nella parte in cui configura come illecito penale il reclutamento ed il favoreggiamento della prostituzione volontariamente e consapevolmente esercitata giacché in contrasto con gli artt. 2, 3, 13, 25, c. 2, 27 e 41 della Costituzione (Cadoppi, 2018).

Sia consentito citare, al riguardo, anche G. Di Gennaro, La tassabilità del reddito da prostituzione indipendente: la recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione, in sito Ordine degli Avvocati di Trani, Argomenti giuridici, 2010.

Senza escludere l’ipotesi in cui un residente in Italia svolga la professione meretriciale al di fuori del territorio italiano. Anche in detta circostanza il reddito prodotto all’estero concorrerebbe a formare il reddito complessivo da tassare in Italia, fatto salvo il credito d’imposta di cui all’art. 165 del Testo unico delle imposte sui redditi, qualora in ordine all’attività in parola siano state pagate, all’estero, imposte a titolo definitivo. Il medesimo principio vale anche per il non residente che svolga l’attività in Italia: dovrebbe versare tutti i tributi dovuti in relazione al reddito prodotto in Italia.

Sulla distinzione tra attività accertativa, spettante agli Uffici fiscali, e funzione ispettiva esercitata dalla Guardia di Finanza, si rinvia anche alla circolare n. 1/9/2662 del 12/01/1983. Presidente Dott. Plenteda Donato; Relatore Consigliere Dott. Polichetti Renato Cassazione, sentenza n. 5913 dell’ 11/03/2010; sentenza n. 4589 del 26/02/2009.
 

Corte di Cassazione, sentenza n. 10578 del 13/05/2011

Su “ La stretta interdipendenza tra giustizia fiscale e giustizia sociale”, F. GALLO, LE RAGIONI DEL FISCO, Etica e giustizia nella tassazione, Bologna, 2007, p. 103.

G. MORBIDELLI, AA.VV. DIRITTO AMMINISTRATIVO, PARTE GENERALE I, MONDUZZI EDITORE, Bologna, 2005, p. 614. Si vedano gli artt. 42 del D.P.R. n. 600/73 e 7 della Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).

Data la natura recettizia degli atti impositivi.

Autorevole dottrina ha sostenuto, acutamente, che “ L’obbligo di motivazione riguarda non soltanto l’avviso di accertamento, ma tutti gli atti dell’amministrazione finanziaria ( compresi quelli emessi dal concessionario della riscossione, e cioè cartella di pagamento e avviso di mora )”FRANCESCO TESAURO, COMPENDIO DI DIRITTO TRIBUTARIO, Torino, 2002, 115.

F. TESAURO, Op. cit., p. 272.

Sia che si tratti di reddito di lavoro autonomo, sia che si tratti di reddito diverso. A prescindere dall’abitualità. La qualificazione giuridica operata dall’Ente impositore deve essere aderente alle disposizioni dettate dalle singole Leggi d’imposta.

Vedansi gli artt. 2, 3, 23, 53 e 97 Cost.

UGO BASSAN, SCIENZA DELLE FINANZE E DIRITTO TRIBUTARIO, Palermo, 1986, p. 222.

Anche per l’attività di meretricio andrebbero osservate le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 600/73 in materia di “Scritture contabili degli esercenti arti e professioni”.

Costituiscono componenti negativi di reddito anche le quote di ammortamento relative ai beni strumentali. Se si tratta, invece, di beni ad uso promiscuo ( si pensi ad un’autovettura) la deducibilità fiscale compete entro rigorosi limiti quantitativi.

BIBLIOGRAFIA

G. Caletti, Rapporto: prostituzione oggi, Bologna, Calderini, 1987.

E. Havelock, The psychology of sex, New York, Harcourt Brace, 1978.

H.M. Hollender, Prostitution. The body and human relatedness, "International Journal of Psychoanalysis", 1971, 42.

A. Kinsey, Sexual behavior in the human male, Philadelphia, Saunders, 1948.

A. Petiziol, La prostituta. Profilo psicologico, storico, sociale, Roma, Edizioni Nazionali, 1961.

R. Sapio, Prostituzione. Dal diritto ai diritti, Milano, Leoncavallo, 1999.