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Metaverso sì, ma quando arriverà?

Meta
Ph. Stefano Lazzari / Meta
Metaverso

Mark Zuckerberg la settimana scorsa ha annunciato all'evento Facebook Connect con il cambio di nome della sua holding in META, la direzione nella quale sta concentrando ricerca, sviluppo e futuro della sua azienda: la realizzazione del Metaverso.

Con questa mossa, ha aperto il vaso di pandora dell'Hype tecnologico, scatenando fiumi di parole su cosa sia, in cosa consiste e in che modo si concretizzerà uno dei topos più longevi della storia della tecnologia.

Il Metaverso è un’idea che ha avuto diversi nomi nella storia della tecnologia, assumendo nel tempo connotati mitici. È uno storytelling che ha generato aspettative, visioni, ma anche progetti e realizzazioni che del Metaverso hanno concretizzato parti, anche consistenti, senza però mai raggiungerne l’obbiettivo principale: quello di essere una tecnologia risolutiva, accessibile universalmente da tutta l'umanità (che se lo può permettere N.d.R.) unendo conoscenza ed esperienza in un unico medium.

Descritto così, il Metaverso sembra più una categoria dello spirito, un Santo Graal tecno-scientifico che riguarda più la letteratura che non la realtà dei fatti.

D'altronde non è un caso che Neal Stephenson coniò il termine Metaverso come metafora pan-tecnologica nel suo romanzo Snow Crash (1992) (oggi citato nel giornalismo più superficiale come il punto di partenza), il caso letterario che dà il nome al Metaverso, e dunque tout-court per proprietà transitiva, anche alla sua ideazione.

Ma questo non è vero. Il Metaverso, come altre tecnologie "disruptive" hanno storie culturalmente antiche, anche pre-tecnologiche, ma che provocano veri e propri cambi di paradigma.

Sono spesso caratterizzati da un andamento particolare, carsico, iniziano come scrosci torrenziali di pioggia, si ingrossano in ruscelli e fiumi, sembrano inarrestabili, poi si inabissano in percorsi sotterranei sparendo alla vista anche per molto, molto tempo. E tutto tace, scomparsa l'onda di piena.

Un caso per tutti: l'Intelligenza Artificiale che periodicamente emerge per illuminarci la mente e offrire l'opportunità di riempire le colonne dei giornali da almeno trent'anni.

Questo però non significa che lontani dai riflettori, in percorsi più riservati, la IA non abbia continuato il suo percorso evolutivo, imparato dai suoi errori e limiti, migliorato la sua fitness digitale (concetto che andremo a esplorare in seguito), riemergendo improvvisa con un Eureka! sino al prossimo inabissamento o forse, finalmente, nella sua definitiva realizzazione: giungere al mare delle tecnologie di successo, universalmente riconosciute e adottate nella società.
E probabilmente per la IA ci siamo.
Ma per il Metaverso, a mio parere, non è ancora così.

In questo momento si ha - sempre per proprietà transitiva - l'idea di associarlo ai Mondi Virtuali, o per dirlo nei termini tecnici i MUVE, acronimo di Multi-User Virtual Environment, e cioè un ambiente virtuale multiutente, una simulazione computerizzata di un ambiente quindi in cui più utenti possono interagire tramite un rappresentante di sè in forma digitale, l'Avatar.

Di tecnologie MUVE ce ne sono più esempi, dalla veterana Second Life a quelle più popolari oggi, come Fortnite della Epic Games, o Roblox della Roblox Corporation, o quelle più sperimentali come Decentraland, un progetto organizzato su una DAO ovvero "Organizzazione Autonoma Decentrata" in blockchain, o quelle realizzate dai concorrenti come AltSpaceVR di Microsoft o più direttamente quella della stessa Facebook, Horizon che del progetto Connect è evidentemente il portabandiera.

Dunque, cosa manca? Molto.

Il Metaverso, per sostituire il paradigma Web deve avere la sua stessa interoperabilità. Deve far convergere in modo condiviso e univoco l'identità di milioni di utenti. Deve uniformare i sistemi finanziari e di transazione del denaro. Deve avere una policy condivisa sul trattamento dei dati e della privacy. Deve lavorare sulla sicurezza fisica dei dati, delle persone e alla difesa della proprietà intellettuale. Deve garantire l'accessibilità e l'interoperabilità dei dispositivi e delle varie piattaforme. Deve avere una base di sviluppo del software unito da comuni linguaggi di programmazione.

Deve dunque avere un governo dei processi digitali e una condivisione di infrastrutture oggi solo ipotizzabili.

Per chi ha visto l'evento di Zuckerberg converrà con me cosa NON abbiamo visto:

1 non abbiamo visto né un prodotto né un progetto, né un numero, né una missione, né un'ipotesi di fattibilità concreta del Metaverso;

2 non abbiamo idea di cosa pensi per la governance del Metaverso, e assieme a chi la farà;

3 non abbiamo sentito una parola su etica, resilienza, sostenibilità, inclusione, temi che sono FONDAMENTALI per prendere in considerazione qualunque innovazione di portata globale, e dunque del Metaverso.

Dunque, è la solita distrazione di massa? No.

Credo che Il Metaverso si inserisca pienamente nel processo della contemporaneità che chiamiamo Convergenza Digitale e attuata (si spera nel migliore dei modi) attraverso la transizione digitale ed ecologica proposta dal Great Reset, la proposta del World Economic Forum (WEF) per ricostruire l'economia in modo sostenibile dopo la pandemia di COVID-19.

Quello che sicuramente di buono e da subito ha fatto Zukemberg è dare un chiaro e autorevole segnale della direzione che sta prendendo e il fatto che lo sviluppo dei mondi virtuali e le rappresentazioni grafiche spaziali dei dati, in qualunque forma estetica e visibile possibile, sono negli obbiettivi dei grandi player dell'industria dell'informazione.

Ci vorrà del tempo e della paglia.

Ma forse meno di quello che ci si aspetti...

Nel prossimo post affronteremo I nonni del Metaverso. Il Metaverso sarà un vero cambio epocale, ma come tutte le rivoluzioni, basano profondamente le loro origini nello status quo che vanno a sovvertire.

Vi stupirebbe scoprire che il processo che porta industrialmente e tecnologicamente al Metaverso ha inizio negli anni trenta del secolo scorso? La sua origine si chiama Memex, e il suo ideatore Vannaver Bush.