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Mezzi alternativi o “complementari” di risoluzione delle controversie, applicazione, sviluppo e futuro

Abstract:

L’articolo offre un’ampia disamina di quelle che sono le metologie alternative di risoluzione delle liti in italia, applicazione e prospettive future, soffermandosi poi infine sulla mediazione civile e commerciale.

1. Nascita e sviluppo del fenomeno ADR

Il termine ADR è un acronimo derivante dalla lingua inglese, il cui significato è Alternative Dispute Resolution ossia risoluzione alternativa delle controversie. Evidente è la caratteristica peculiare delle Adr, la loro alternatività agli ordinari sistemi di risoluzione delle liti, in particolar modo nell’ambito civile e commerciale.

Lo sviluppo teorico-pratico delle Adr, è avvenuto con notevole ricchezza di forme e contenuti nei paesi di common law, ed in particolar modo negli USA. Si può far risalire la nascita del movimento dei metodi alternativi di risoluzione delle liti alla famosa Pound Conference del 1976 “The causes of popular dissatisfaction with the administration of justice”. Negli anni successivi, il movimento ha assistito ad una vertiginosa evoluzione che ha visto la creazione di sempre nuovi e diversi procedimenti alternativi a quello giurisdizionale. Allo stato sono oltre mille le c.d. ADR Brokers che offrono un prodotto differenziato in base al tipo di controversia.

Spiccano le procedure di arbitrato-conciliazione-mediazione predisposte dall’America Bar Association e dal Judicial Arbitration and Mediation Services, chiamati ad amministrare l’Adr con cognizione di causa e nel rispetto di norme deontologiche ad hoc, creando in tal modo un sistema a due sbocchi, in forte concorrenza tra loro.

Anche nell’ambito della Comunità Europea, le procedure di Adr hanno acquisito sempre maggiore rilevanza, in particolar modo per quanto concerne l’accesso dei consumatori alla giustizia. Nel 1993, la Commissione nel suo Libro Verde, esponeva per ciascuno stato membro le procedure giudiziarie applicabili alle controversie in materia di consumo, le procedure extragiudiziali applicabili a tali controversie e la protezione degli interessi dei consumatori attraverso l’intervento di associazioni di consumatori. Al Libro Verde del 93 faceva seguito la Raccomandazione del 30/03/1998, n. 257 relativa ai principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, quali: indipendenza, capacità e competenza, rappresentanza delle parti, trasparenza, efficacia, legalità e contraddittorio. Il 4/04/01 la Commissione adottava una nova Raccomandazione, la n. 310, nella quale si stabilivano i criteri minimi che debbono essere garantiti nella gestione delle controversie in materia di consumo a livello transfrontaliero; da ultimo la Commissione adottava un Libro Verde, in data 19/04/02, attraverso il quale veniva stilato un affresco complessivo del fenomeno Adr, relativamente alle controversie civili e commerciali, nell’ambito dello spazio giudiziario europeo, arrivando infine alla Direttiva 2008/52/CE, relativa alla mediazione delle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale, e sulla cui scia è stato modellato il D. Lgs n. 28 del 4/03/2010.

Le procedure di ADR, si sono sviluppate, ed hanno trovato terreno fertile, in conseguenza della crisi sistemica raggiunta dalla giustizia statale, oltre al notevole incremento dei processi di internazionalizzazione e di deregulation dei rapporti negoziali.

2. Risoluzione alternativa e complementare delle controversie in Italia

Anche l’Italia è risultato terreno fertile per le alternative dispute resolution, specie negli ultimi anni. Si deve rilevare, che da sempre il nostro ordinamento prevede delle particolari forme alternative o abbreviate di risoluzione delle liti. Gli istituti di riferimento possono considerarsi:

- La Transazione nel diritto sostanziale, il contratto in esame, disciplinato dall’art. 1965 e ss. c.c., si estrinseca in un negozio dispositivo nel quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già intrapresa o prevengono una lite che può insorgere tra loro. Una negoziazione di tipo cooperativo, e preposta al naturale superamento delle posizioni, non tendendo alla riduzione delle opposte esigenze, ma creando soluzioni nuove in grado di “allargare la torta”, può portare ad un’equa autocomposizione dei propri interessi;

- La Conciliazione giudiziaria nel codice di rito, si fa riferimento all’ipotesi di cui all’art. 185 c.p.c., secondo cui, il Giudice Istruttore, su richiesta congiunta delle parti o a sua discrezionalità, può fissare la comparizione personale delle parti al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Si pensi poi alle ipotesi conciliative innanzi al Giudice di Pace dove il Giudice, ex art. 320 c.p.c., in prima udienza interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione, per passare poi alle ipotesi conciliative in materia penale, nei procedimenti di competenza del GDP, dove quest’ultimo, prima dell’apertura del dibattimento, effettua un tentativo di conciliazione tra imputato e parte offesa, ma solo se il reato è procedibile a querela.

Da ultimo si segnala anche il tentativo di conciliazione in materia famigliare ex art. 708 c.p.c.

- Le Procedure Arbitrali ex art. 806 c.p.c., rappresentano il procedimento “ideologicamente” e “sostanzialmente” più vicino alla tutela giurisdizionale, stante la natura decisoria e la conseguente vincolatività per i soggetti coinvolti. Sono le parti stesse che possono convenire di deferire la lite ad un soggetto monocratico o collegiale (arbitro unico o collegio arbitrale), sia in via preventiva attraverso l’inserimento di una clausola compromissoria nel testo negoziale o in un atto separato, ovvero con un apposito atto formale denominato “compromesso”.

Il favor del Legislatore verso questa forma di ADR è dato dalla particolare competenza dell’organo decisionale, dai tempi ristretti per la soluzione delle liti, e dalla tutela della riservatezza, imparzialità e del contraddittorio propri del procedimento.

In questo panorama, si è inserito il D.Lgs n. 28 del 4/03/2010 attuativo della delega di cui alla L. 69 del 18/06/09, che ha introdotto l’istituto della Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia civile e commerciale nella duplice veste facoltativa ed obbligatoria, al fine di deflazionare le cause giudiziarie e diffondere la cultura del ricorso alla conciliazione per risolvere le controversie.

La Mediazione, nella sua triplice accezione, facoltativa, giudiziale ed obbligatoria, consiste in un procedimento tramite il quale le parti tentano di addivenire alla risoluzione della controversia tra loro insorta, per mezzo di un soggetto terzo, il mediatore, estraneo alla questione, e per ciò neutrale, imparziale ed indipendente così come richiesto dalla legge.

La mediazione può ulteriormente distinguersi in facilitativa (facilitative mediation), dove il Mediatore mette in relazione le parti, ne favorisce il dialogo, portandondoli a valutare i loro reali interessi abbandonando le posizioni di rottura iniziali, e valutativa o aggiudicativa (evaluative mediation), dove il Mediatore, a sua discrezione, o a richiesta della parti, al termine della discussione formula una proposta di soluzione della controversia, tenendo sempre presente che, le parti hanno la massima libertà di accettarla o meno.

I fattori determinanti nel successo della Mediazione, sono la libertà ed il controllo che le parti mantengono sugli atti posti in essere per la eterocomposizione dei propri interessi, e l’indubbio merito di creare o ristabilire un dialogo tra le parti che altrimenti sarebbe impossibile, valutando direttamente se il ricorso al Giudice per loro rappresenti una opportunità, ovvero uno svantaggio da evitare.

Oltre ai suindicati vantaggi “in sé” della Mediazione, vi sono altresì quelli sistemici quali la irragionevole durata dei processi, i costi eccessivi della giustizia, oltre alla normale alea di rischio sottesa al processo civile.

Ciò detto da ultimo, è tanto più rilevante se si considera quanto riferito dall’attuale Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi (all’epoca Presidente della Banca d’Italia), in sede di Relazione della Banca d’Italia sul 2010, tenutasi il 31 maggio 2011.

La Relazione affronta il problema dell’efficienza della giustizia italiana, rilevando che la durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale, facendo derivare un potente fattore di attrito nel funzionamento dell’economia, oltre che di ingiustizia.

Veniva rilevato altresì, che con l’obiettivo di favorire la composizione stragiudiziale delle controversie è recentemente entrato in vigore il tentativo obbligatorio di conciliazione in ambito civile e commerciale, e che, tra le principali tipologie di cause per le quali è previsto il tentativo di conciliazione figurano quelle in materia di diritti reali, successioni, locazione, contratti assicurativi, bancari e finanziari (a partire dal marzo del 2012 anche le cause condominiali e di risarcimento dei danni da sinistri stradali).

Si ritiene di dovere segnalare che il sistema giustizia italiano sta “puntando” sulla mediazione, testimonianza di ciò è anche l’introduzione di una sanzione pecuniaria a carico della parte che non partecipa, senza giustificato motivo, alla mediazione civile obbligatoria, a quella delegata dal Giudice o a quella prevista per contratto, statuto o regolamento (condominiale, consortile, ecc.).

l maxi emendamento alla manovra fiscale, approvato dalla Camera il 14 settembre 2011, ha pertanto modificato l’art. 8 comma 5 del D. Lgs. 28/2010.

La norma impone alla parte la mera presenza in mediazione, anche solo per ribadire l’indisponibilità ad un accordo extragiudiziale e, la sanzione - pari all’importo del corrispondente contributo unificato dovuto per il giudizio avente il medesimo oggetto della mediazione - viene comminata nel successivo processo e va ad alimentare il bilancio dello Stato.

Il legislatore ha così voluto indurre maggiormente le parti a presenziare agli incontri di mediazione, trattandosi di previsioni in linea con il diritto comunitario che ammette l’introduzione di incentivi e sanzioni funzionali a favorire l’effettivo esperimento delle mediazioni (art. 5, comma 2°, Direttiva 52/2008/CE).

Si segnala infine la Risoluzione del Parlamento Europeo del 13 settembre 2011 sull’attuazione della direttiva 2008/52/CE sulla mediazione negli Stati membri, impatto della stessa sulla mediazione e sua adozione da parte dei tribunali.

La risoluzione si sostanzia in un plauso per il nostro paese che ha spinto sulla mediazione sin dall’inizio, e giungendo fino alla sua obbligatorietà.

3. Considerazioni finali

La materia della risoluzione alternativa delle controversie desta sempre maggiore attenzione da parte delle dottrina, della giurisprudenza e degli “addetti ai lavori”.

La conciliazione presenta indubbi vantaggi quali riduzione dei costi, abbreviazione dei tempi, libertà di concludere l’accordo o meno, mancanza di formalismi ed attuazione della logica del win to win, in contrapposizione a quella del “the winner takes it all”.

Dall’altro lato si pongono tuttavia interrogativi e riserve, circa un possibile arretramento della tutela dei diritti dei cittadini con il problema del ruolo dell’avvocato, e dell’avvocato-mediatore, di un inutile allungamento del giudizio di merito per le conciliazioni in corso di causa e per un possibile aggravio di costi.

Allo stato, si ritiene che gli argomenti e le tematiche degne di nota, e da tenere sotto attenta osservazione sono le seguenti:

a) Impatto della nuova normativa sui contenziosi in corso e su una effettiva diminuzione - deflazione di quelli instaurandi;

b) Monitoraggio ed analisi della dottrina, in particolare per quanto concerne “opportunità ed ipocrisie” della nuova normativa, possibili modifiche alla normativa, modifica del tariffario forense ed introduzione dell’onorario “assistenza della parte in mediazione”;

d) Giudizio di costituzionalità della Corte Costituzionale sulla Mediazione “obbligatoria”, e modifica del codice deontologico forense per l’Avvocato Mediatore;

c) Evoluzione e sviluppo delle ADR in italia, sia per quanto concerne la mediazione e le altre risoluzioni alternative, sia per quanto riguarda la loro evoluzione nelle forme di ODR (Online Dispute Resolution) e conciliazione informatica;

e) ADR: elementi di comparazione tra le esperienze dei paesi europei e di area common law.

* * *

Concludendo, si ritiene che i primi mesi del 2012 possano rappresentare una fase decisiva per l’applicazione-estensione della mediazione civile in Italia, data l’incombente Sentenza della Consulta da una parte, e l’entrata in vigore della condizione di procedibilità per le liti in materia di condomini e sinistri stradali dall’altra.

Abstract:

L’articolo offre un’ampia disamina di quelle che sono le metologie alternative di risoluzione delle liti in italia, applicazione e prospettive future, soffermandosi poi infine sulla mediazione civile e commerciale.

1. Nascita e sviluppo del fenomeno ADR

Il termine ADR è un acronimo derivante dalla lingua inglese, il cui significato è Alternative Dispute Resolution ossia risoluzione alternativa delle controversie. Evidente è la caratteristica peculiare delle Adr, la loro alternatività agli ordinari sistemi di risoluzione delle liti, in particolar modo nell’ambito civile e commerciale.

Lo sviluppo teorico-pratico delle Adr, è avvenuto con notevole ricchezza di forme e contenuti nei paesi di common law, ed in particolar modo negli USA. Si può far risalire la nascita del movimento dei metodi alternativi di risoluzione delle liti alla famosa Pound Conference del 1976 “The causes of popular dissatisfaction with the administration of justice”. Negli anni successivi, il movimento ha assistito ad una vertiginosa evoluzione che ha visto la creazione di sempre nuovi e diversi procedimenti alternativi a quello giurisdizionale. Allo stato sono oltre mille le c.d. ADR Brokers che offrono un prodotto differenziato in base al tipo di controversia.

Spiccano le procedure di arbitrato-conciliazione-mediazione predisposte dall’America Bar Association e dal Judicial Arbitration and Mediation Services, chiamati ad amministrare l’Adr con cognizione di causa e nel rispetto di norme deontologiche ad hoc, creando in tal modo un sistema a due sbocchi, in forte concorrenza tra loro.

Anche nell’ambito della Comunità Europea, le procedure di Adr hanno acquisito sempre maggiore rilevanza, in particolar modo per quanto concerne l’accesso dei consumatori alla giustizia. Nel 1993, la Commissione nel suo Libro Verde, esponeva per ciascuno stato membro le procedure giudiziarie applicabili alle controversie in materia di consumo, le procedure extragiudiziali applicabili a tali controversie e la protezione degli interessi dei consumatori attraverso l’intervento di associazioni di consumatori. Al Libro Verde del 93 faceva seguito la Raccomandazione del 30/03/1998, n. 257 relativa ai principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, quali: indipendenza, capacità e competenza, rappresentanza delle parti, trasparenza, efficacia, legalità e contraddittorio. Il 4/04/01 la Commissione adottava una nova Raccomandazione, la n. 310, nella quale si stabilivano i criteri minimi che debbono essere garantiti nella gestione delle controversie in materia di consumo a livello transfrontaliero; da ultimo la Commissione adottava un Libro Verde, in data 19/04/02, attraverso il quale veniva stilato un affresco complessivo del fenomeno Adr, relativamente alle controversie civili e commerciali, nell’ambito dello spazio giudiziario europeo, arrivando infine alla Direttiva 2008/52/CE, relativa alla mediazione delle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale, e sulla cui scia è stato modellato il D. Lgs n. 28 del 4/03/2010.

Le procedure di ADR, si sono sviluppate, ed hanno trovato terreno fertile, in conseguenza della crisi sistemica raggiunta dalla giustizia statale, oltre al notevole incremento dei processi di internazionalizzazione e di deregulation dei rapporti negoziali.

2. Risoluzione alternativa e complementare delle controversie in Italia

Anche l’Italia è risultato terreno fertile per le alternative dispute resolution, specie negli ultimi anni. Si deve rilevare, che da sempre il nostro ordinamento prevede delle particolari forme alternative o abbreviate di risoluzione delle liti. Gli istituti di riferimento possono considerarsi:

- La Transazione nel diritto sostanziale, il contratto in esame, disciplinato dall’art. 1965 e ss. c.c., si estrinseca in un negozio dispositivo nel quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già intrapresa o prevengono una lite che può insorgere tra loro. Una negoziazione di tipo cooperativo, e preposta al naturale superamento delle posizioni, non tendendo alla riduzione delle opposte esigenze, ma creando soluzioni nuove in grado di “allargare la torta”, può portare ad un’equa autocomposizione dei propri interessi;

- La Conciliazione giudiziaria nel codice di rito, si fa riferimento all’ipotesi di cui all’art. 185 c.p.c., secondo cui, il Giudice Istruttore, su richiesta congiunta delle parti o a sua discrezionalità, può fissare la comparizione personale delle parti al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Si pensi poi alle ipotesi conciliative innanzi al Giudice di Pace dove il Giudice, ex art. 320 c.p.c., in prima udienza interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione, per passare poi alle ipotesi conciliative in materia penale, nei procedimenti di competenza del GDP, dove quest’ultimo, prima dell’apertura del dibattimento, effettua un tentativo di conciliazione tra imputato e parte offesa, ma solo se il reato è procedibile a querela.

Da ultimo si segnala anche il tentativo di conciliazione in materia famigliare ex art. 708 c.p.c.

- Le Procedure Arbitrali ex art. 806 c.p.c., rappresentano il procedimento “ideologicamente” e “sostanzialmente” più vicino alla tutela giurisdizionale, stante la natura decisoria e la conseguente vincolatività per i soggetti coinvolti. Sono le parti stesse che possono convenire di deferire la lite ad un soggetto monocratico o collegiale (arbitro unico o collegio arbitrale), sia in via preventiva attraverso l’inserimento di una clausola compromissoria nel testo negoziale o in un atto separato, ovvero con un apposito atto formale denominato “compromesso”.

Il favor del Legislatore verso questa forma di ADR è dato dalla particolare competenza dell’organo decisionale, dai tempi ristretti per la soluzione delle liti, e dalla tutela della riservatezza, imparzialità e del contraddittorio propri del procedimento.

In questo panorama, si è inserito il D.Lgs n. 28 del 4/03/2010 attuativo della delega di cui alla L. 69 del 18/06/09, che ha introdotto l’istituto della Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie in materia civile e commerciale nella duplice veste facoltativa ed obbligatoria, al fine di deflazionare le cause giudiziarie e diffondere la cultura del ricorso alla conciliazione per risolvere le controversie.

La Mediazione, nella sua triplice accezione, facoltativa, giudiziale ed obbligatoria, consiste in un procedimento tramite il quale le parti tentano di addivenire alla risoluzione della controversia tra loro insorta, per mezzo di un soggetto terzo, il mediatore, estraneo alla questione, e per ciò neutrale, imparziale ed indipendente così come richiesto dalla legge.

La mediazione può ulteriormente distinguersi in facilitativa (facilitative mediation), dove il Mediatore mette in relazione le parti, ne favorisce il dialogo, portandondoli a valutare i loro reali interessi abbandonando le posizioni di rottura iniziali, e valutativa o aggiudicativa (evaluative mediation), dove il Mediatore, a sua discrezione, o a richiesta della parti, al termine della discussione formula una proposta di soluzione della controversia, tenendo sempre presente che, le parti hanno la massima libertà di accettarla o meno.

I fattori determinanti nel successo della Mediazione, sono la libertà ed il controllo che le parti mantengono sugli atti posti in essere per la eterocomposizione dei propri interessi, e l’indubbio merito di creare o ristabilire un dialogo tra le parti che altrimenti sarebbe impossibile, valutando direttamente se il ricorso al Giudice per loro rappresenti una opportunità, ovvero uno svantaggio da evitare.

Oltre ai suindicati vantaggi “in sé” della Mediazione, vi sono altresì quelli sistemici quali la irragionevole durata dei processi, i costi eccessivi della giustizia, oltre alla normale alea di rischio sottesa al processo civile.

Ciò detto da ultimo, è tanto più rilevante se si considera quanto riferito dall’attuale Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi (all’epoca Presidente della Banca d’Italia), in sede di Relazione della Banca d’Italia sul 2010, tenutasi il 31 maggio 2011.

La Relazione affronta il problema dell’efficienza della giustizia italiana, rilevando che la durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale, facendo derivare un potente fattore di attrito nel funzionamento dell’economia, oltre che di ingiustizia.

Veniva rilevato altresì, che con l’obiettivo di favorire la composizione stragiudiziale delle controversie è recentemente entrato in vigore il tentativo obbligatorio di conciliazione in ambito civile e commerciale, e che, tra le principali tipologie di cause per le quali è previsto il tentativo di conciliazione figurano quelle in materia di diritti reali, successioni, locazione, contratti assicurativi, bancari e finanziari (a partire dal marzo del 2012 anche le cause condominiali e di risarcimento dei danni da sinistri stradali).

Si ritiene di dovere segnalare che il sistema giustizia italiano sta “puntando” sulla mediazione, testimonianza di ciò è anche l’introduzione di una sanzione pecuniaria a carico della parte che non partecipa, senza giustificato motivo, alla mediazione civile obbligatoria, a quella delegata dal Giudice o a quella prevista per contratto, statuto o regolamento (condominiale, consortile, ecc.).

l maxi emendamento alla manovra fiscale, approvato dalla Camera il 14 settembre 2011, ha pertanto modificato l’art. 8 comma 5 del D. Lgs. 28/2010.

La norma impone alla parte la mera presenza in mediazione, anche solo per ribadire l’indisponibilità ad un accordo extragiudiziale e, la sanzione - pari all’importo del corrispondente contributo unificato dovuto per il giudizio avente il medesimo oggetto della mediazione - viene comminata nel successivo processo e va ad alimentare il bilancio dello Stato.

Il legislatore ha così voluto indurre maggiormente le parti a presenziare agli incontri di mediazione, trattandosi di previsioni in linea con il diritto comunitario che ammette l’introduzione di incentivi e sanzioni funzionali a favorire l’effettivo esperimento delle mediazioni (art. 5, comma 2°, Direttiva 52/2008/CE).

Si segnala infine la Risoluzione del Parlamento Europeo del 13 settembre 2011 sull’attuazione della direttiva 2008/52/CE sulla mediazione negli Stati membri, impatto della stessa sulla mediazione e sua adozione da parte dei tribunali.

La risoluzione si sostanzia in un plauso per il nostro paese che ha spinto sulla mediazione sin dall’inizio, e giungendo fino alla sua obbligatorietà.

3. Considerazioni finali

La materia della risoluzione alternativa delle controversie desta sempre maggiore attenzione da parte delle dottrina, della giurisprudenza e degli “addetti ai lavori”.

La conciliazione presenta indubbi vantaggi quali riduzione dei costi, abbreviazione dei tempi, libertà di concludere l’accordo o meno, mancanza di formalismi ed attuazione della logica del win to win, in contrapposizione a quella del “the winner takes it all”.

Dall’altro lato si pongono tuttavia interrogativi e riserve, circa un possibile arretramento della tutela dei diritti dei cittadini con il problema del ruolo dell’avvocato, e dell’avvocato-mediatore, di un inutile allungamento del giudizio di merito per le conciliazioni in corso di causa e per un possibile aggravio di costi.

Allo stato, si ritiene che gli argomenti e le tematiche degne di nota, e da tenere sotto attenta osservazione sono le seguenti:

a) Impatto della nuova normativa sui contenziosi in corso e su una effettiva diminuzione - deflazione di quelli instaurandi;

b) Monitoraggio ed analisi della dottrina, in particolare per quanto concerne “opportunità ed ipocrisie” della nuova normativa, possibili modifiche alla normativa, modifica del tariffario forense ed introduzione dell’onorario “assistenza della parte in mediazione”;

d) Giudizio di costituzionalità della Corte Costituzionale sulla Mediazione “obbligatoria”, e modifica del codice deontologico forense per l’Avvocato Mediatore;

c) Evoluzione e sviluppo delle ADR in italia, sia per quanto concerne la mediazione e le altre risoluzioni alternative, sia per quanto riguarda la loro evoluzione nelle forme di ODR (Online Dispute Resolution) e conciliazione informatica;

e) ADR: elementi di comparazione tra le esperienze dei paesi europei e di area common law.

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Concludendo, si ritiene che i primi mesi del 2012 possano rappresentare una fase decisiva per l’applicazione-estensione della mediazione civile in Italia, data l’incombente Sentenza della Consulta da una parte, e l’entrata in vigore della condizione di procedibilità per le liti in materia di condomini e sinistri stradali dall’altra.