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CEDU - Registrazione video occultata al dipendente: se non è l’unica prova per il licenziamento il processo sarà equo

CEDU - Registrazione video occultata al dipendente: se non è l’unica prova per il licenziamento il processo sarà equo
CEDU - Registrazione video occultata al dipendente: se non è l’unica prova per il licenziamento il processo sarà equo

La Corte dei Diritti dell’Uomo (“CEDU”) ha fornito nel caso Lòpez Ribalda and others Vs. Spain due importanti criteri di valutazione della videosorveglianza del dipendente.

In primis, ha affermato che l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo viene violato quando sul luogo di lavoro sono installate videocamere senza che i dipendenti ne vengano messi al corrente, ma afferma anche che l’utilizzo di tali filmati nel processo di licenziamento, ottenuti con modalità illecite, non viola il diritto all’equo processo tutelato dall’articolo 6 della suddetta Convenzione.

 

I fatti

A rivolgersi alla CEDU sono stati cinque cittadini spagnoli che lavoravano in un punto vendita di una grande catena spagnola di supermercati.

Per un lungo periodo il responsabile del supermercato aveva rilevato discrepanze tra i guadagni giornalieri del supermercato e le registrazioni degli stock di magazzino. Tali irregolarità lo avevano insospettito e, per far luce sull’accaduto, in accordo con la compagnia, faceva installare delle telecamere di sorveglianza: alcune, visibili, riprendevano i clienti, altre, occulte, riprendevano le zone accessibili solo ai dipendenti e servivano a controllare proprio questi ultimi. I lavoratori erano stati messi al corrente solo della prima categoria di videocamere presenti.

Il contenuto dei video e il licenziamento

Dai filmati delle telecamere occulte e sconosciute ai dipendenti si individuavano i colpevoli, i quali di fronte all’evidenza delle immagini ammettono la loro colpevolezza e vengono licenziati.

Gli ex dipendenti fanno però ricorso ai tribunali nazionali, contestando il licenziamento per violazione del loro diritto alla privacy, in quanto non erano stati messi al corrente della presenza di telecamere nascoste.

Le loro richieste vengono respinte in quanto, secondo il tribunale, le modalità e le prove a base del licenziamento sono in linea con l’articolo 20 del Estatudo de los trabajadores.

Gli ex dipendenti si rivolgono così alla Corte di Strasburgo, lamentando sia la violazione dell’articolo 8 della Convenzione (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) sia dell’articolo 6 (Diritto ad un equo processo).

 

La decisione della CEDU

Da un lato, Strasburgo accoglie le doglianze dei lavoratori, in quanto non erano stati avvisati dell’installazione delle telecamere sul luogo di lavoro: secondo la Corte vi è stata, quindi, una forma di ingerenza nella loro vita privata. La videosorveglianza, difatti, non si focalizzava solo sui soggetti sospettati ma era di portata generale e incondizionata. Inoltre, la CEDU evidenzia anche un elemento temporale: la sorveglianza era durata per settimane e copriva l’intero orario di lavoro.

La Corte condanna quindi la Spagna per la violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

Al contrario, secondo la CEDU, la Spagna non ha violato l’articolo 6 ed il procedimento di licenziamento viene considerato equo.

La CEDU afferma infatti che, quando i filmati non sono decisivi e sono accompagnati da ulteriori elementi probatori, il loro utilizzo come prova nel processo è legittimo. I video non sono le uniche prove su cui si era basato licenziamento, ma vi erano ulteriori elementi probatori, come le discrepanze tra gli incassi e le rimanenze di magazzino a fine giornata o la stessa ammissione di colpevolezza dei dipendenti davanti alle registrazioni video che palesavano i loro furti.

Per la lesione della privacy, i ricorrenti chiedono sia un risarcimento per danni pecuniari che morali. La CEDU non riconosce ai ricorrenti i danni pecuniari, ma condanna la Spagna al risarcimento per danni morali di 4.000 euro a ciascuno e la obbliga al pagamento delle spese legali per i giudizi interni, anche se in misura inferiore a quanto richiesto dai ricorrenti. 

(Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Terza Sezione, Caso Lòpez Ribalda & others vs Spain, 12 dicembre 2017, Ricorsi 1874/13 e 8567/13)