"Nihil humani a me alienum puto": Il dialogo necessario tra culture nell'era digitale

Antica Roma
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"Nihil humani a me alienum puto": Il dialogo necessario tra culture nell'era digitale

La celebre massima di Terenzio – "Nihil humani a me alienum puto" ("Nulla di umano mi è estraneo") – riecheggia attraverso i secoli come un monito alla comprensione integrale dell'esperienza umana. Oggi, nell'era della frammentazione del sapere e della digitalizzazione dell'esistenza, questa frase acquista una rinnovata urgenza. Come emerge dal saggio "Le due culture", pubblicato quest’anno da Edizioni Milella a cura di Mario Nanni e Mirko Grasso, questa riflessione diventa cruciale nella contemporaneità.

Nel volume, Giuseppe De Rita, fondatore e presidente del Censis, identifica una minaccia all'unità dell'umano non tanto nella tradizionale dicotomia tra cultura umanistica e scientifica, quanto nell'emergere di una "terza cultura" che definisce come "la cultura dell'opinione". In un'illuminante conversazione con Mario Nanni, De Rita osserva: "Siamo tutti opinionisti. Basta vedere la tv. Sui virus sparano opinioni Cacciari, Burioni e tanti altri. Invece di una dialettica che si sviluppi all'interno della cultura abbiamo tante scuole di opinione."

Questa situazione richiama paradossalmente una deformazione del principio terenziano: se nulla di umano ci è estraneo, allora tutto può essere oggetto della nostra opinione, indipendentemente dalle nostre competenze. Ma questa interpretazione tradisce l'universalismo umanistico, che non significa affatto che ognuno possa pronunciarsi su tutto, quanto piuttosto che ogni dimensione dell'esperienza umana merita di essere compresa nella sua specificità.

Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica nel 2021, offre nel saggio una prospettiva complementare quando afferma di non aver "mai rispettato il confine che spesso separa cultura scientifica e cultura umanistica". La sua testimonianza rappresenta una moderna incarnazione dell'ideale terenziano: uno scienziato che si nutre di letteratura, che ha frequentato scrittori come Silone, Moravia, Maraini. Parisi coglie però un'asimmetria fondamentale: "uno 'scienziato', se motivato, può seguire ragionamenti umanistici anche complessi [...], mentre un letterato, se è totalmente digiuno di matematica e del linguaggio delle formule, come spesso accade, non ha accesso alla sostanza dei punti principali della fisica moderna."

La risposta a questa sfida, secondo Marco Camisani Calzolari, deve essere un "cyberumanesimo che ci aiuti a tenere sempre l'umanità al centro". Nell'era digitale, il rischio non è solo la separazione tra culture diverse, ma la perdita stessa dell'umano nella sua riduzione a puro flusso di informazioni. "Una volta ridotta a informazioni consumabili, la realtà stessa diventa uniforme", trasformando il mondo in un "inferno dell'Uguale", dove predomina il "like" rispetto al "love".

De Rita coglie nel segno quando afferma che "le culture che sono andate avanti sono quelle che hanno espresso il valore della relazione, il valore dell'uomo per l'altro uomo". Citando Levinas – "Il volto di Dio comincia dal volto dell'altro" – egli identifica nella relazione il fondamento stesso dell'umano, e nel "vaffa" il suo nemico più insidioso, in quanto "rottura della relazione" e distruzione del dialogo.

L'educazione emerge come il terreno decisivo di questa sfida. Come sottolinea Camisani Calzolari, "l'educazione digitale diventa quindi fondamentale già dai primi anni di scuola." Parisi, dal canto suo, propone una revisione profonda dell'insegnamento delle scienze, in particolare della matematica, per permettere anche a chi è più portato per le materie umanistiche un approccio accessibile alle scienze.

In conclusione, come suggerisce il Nobel Parisi nel saggio, "non otterremo un mondo più umano e vivibile per tutti alimentando un senso di estraneità e di ostilità alle scoperte scientifiche [...]; ci si può riuscire solo penetrando a fondo le implicazioni e i meccanismi di tutti i nuovi strumenti di cui disponiamo." Allo stesso tempo, "non c'è scoperta scientifica che possa sostituire la riflessione sui destini dell'umanità [...] o l'apertura di orizzonti che solo l'arte, la storia, la filosofia e la politica possono darci."

Il "Nihil humani a me alienum puto" di Terenzio ci ricorda che l'umano non è mai un dato acquisito, ma sempre un compito e una responsabilità. Nell'era delle macchine pensanti, questa responsabilità diventa più urgente che mai, imponendoci di costruire un cyberumanesimo all'altezza delle sfide del nostro tempo, capace di mantenere l'umano al centro di un mondo sempre più digitale.