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No alla revoca dell’assessore per accordo di alternanza

Nota a TAR Lecce, Sentenza 26 gennaio 2010
La ragione costitutiva della revoca non può essere individuata nell’“accordo di alternanza” prevedente la sostituzione, nell’incarico assessorile, a metà della consiliatura. E’ questo il principio con cui il TAR Lecce, confermando il proprio orientamento in materia, ha accolto il ricorso proposto da un assessore sollevato dall’incarico dal proprio sindaco.

La problematica della revoca degli Assessori comunali è già stata affrontata in diverse occasioni dal TAR Lecce in una serie di decisioni che hanno proposto un’articolata ricostruzione, per alcuni aspetti, innovativa della materia e in palese difformità dall’orientamento del Consiglio di Stato.

In particolare, nella sentenza 6 marzo 2007, n. 831, è già stato rilevato come la revoca dell’Assessore non possa essere motivata da ragioni di carattere meramente politico, ma debba necessariamente radicarsi nell’esigenza primaria costituita dal buon andamento dell’organo di gestione: <<una volta….che gli organi del comune si sono costituiti sulla base della legittimazione elettorale, essi devono pur sempre funzionare nell’interesse dell’intera collettività territoriale e nel rispetto del principio di imparzialità e buon andamento (articolo 97 della Costituzione). Ne consegue che - tranne i casi in cui viene a mutare l’assetto politico risultante dalle urne e quindi la legittimazione elettorale degli organi di governo dell’ente (si pensi ad es. ai casi di sopravvenuto mutamento della maggioranza con conseguente sfiducia del sindaco e scioglimento del consiglio comunale) - le ragioni meramente politiche si arrestano alla fase costitutiva. La revoca dell’assessore, difatti, secondo l’articolo 46 cit., deve essere motivata, e ciò, evidentemente, non per ragioni politiche ma per le comuni esigenze di trasparenza, imparzialità e buon andamento. Le ragioni politiche possono assumere rilievo nella comunicazione della revoca che il sindaco deve fare al consiglio comunale: essa può incidere anche su valutazioni relative al rapporto di fiducia politica tra il consiglio stesso ed il sindaco. Non sono però tali esigenze quelle poste alla base della motivazione espressamente richiesta dalla norma. Richiedendo una vera e propria motivazione - e non una mera illustrazione anche orale delle ragioni del sindaco, ove richiesto dal consiglio, così come può avvenire per le nomine degli assessori - il legislatore dimostra di ricondurre espressamente la revoca degli assessori alle garanzie formali e sostanziali proprie dei provvedimenti amministrativi. Da quanto sopra illustrato, sulla base dell’espresso dato normativo di riferimento, si deduce agevolmente che la revoca sindacale del singolo assessore deve essere ispirata e motivata da ragioni che attengono comunque al buon andamento dell’organo di gestione e non a mere esigenze di partito o di coalizione, che devono restare decisamente sullo sfondo>> (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 6 marzo 2007, n. 831).

Nella vicenda in esame, non diversamente da altre fattispecie recentemente affrontate dalla Sezione, sono sostanzialmente assenti comportamenti di aperto conflitto all’interno della Giunta comunale formalizzati nelle sedi competenti; a questo proposito, parte ricorrente ha, infatti, dimostrato come la prassi sostanziale dell’Amministrazione comunale di Alliste abbia visto, negli ultimi tempi, solo deliberazioni assunte con la costante presenza ed il voto favorevole dell’interessato.

Il riferimento contenuto nell’atto impugnato deve, quindi, essere riferito solo a ragioni di contrasto non formalizzate nel circuito amministrativo e, che, anche all’esame “esterno” consentito al Giudice amministrativo, si presentano come espressione di una dialettica politica che non sembra aver dato vita a comportamenti disfunzionali a livello amministrativo e che deve pertanto essere considerata, non solo lecita, ma anche fondamentalmente positiva; è poi quasi superfluo sottolineare come le ragioni che giustificano la revoca non possano essere desunte, con sostanziale inversione dell’ordine temporale degli eventi, da comportamenti assunti dal ricorrente dopo l’emissione dell’atto impugnato e, quindi, in un momento in cui la dialettica è diventata maggiormente aspra, proprio per effetto dell’intervento del provvedimento di revoca.

Ad avviso del TAR, la ragione costitutiva della revoca non può poi essere individuata nell’“accordo di alternanza” intervenuto, in data 13.6.2006, all’interno del Circolo di Alleanza Nazionale di Alliste-Felline e prevedente la sostituzione, nell’incarico assessorile, del Consigliere Tizio con il Consigliere Caio, a metà della consiliatura; a prescindere da ogni discussione in ordine alla liceità di un simile accordo, la Sezione non può, infatti, mancare di rilevare come la successiva dialettica politica (soprattutto, il lungo tempo trascorso tra la scadenza del termine previsto per l’alternanza e l’adozione del presente atto di revoca e la posizione sostanzialmente contraria all’adozione dell’atto assunta dal Sindaco con la nota 16 marzo 2009 che testualmente recita: <<potrebbe mai un Sindaco revocare un assessore…..in nome di un accordo, se così vogliamo chiamarlo, interno ad un partito, infischiandosene delle ricadute e/o delle ripercussioni che ne deriverebbero?>>) abbia chiaramente evidenziato un quadro politico orientato, con assoluta prevalenza, per il superamento dell’accordo e per la continuazione dell’azione amministrativa sulla base di una composizione che non sembra evidenziare grosse disfunzionalità, se non la dialettica puramente interna ad una forza politica.

La ragione costitutiva della revoca non può essere individuata nell’“accordo di alternanza” prevedente la sostituzione, nell’incarico assessorile, a metà della consiliatura. E’ questo il principio con cui il TAR Lecce, confermando il proprio orientamento in materia, ha accolto il ricorso proposto da un assessore sollevato dall’incarico dal proprio sindaco.

La problematica della revoca degli Assessori comunali è già stata affrontata in diverse occasioni dal TAR Lecce in una serie di decisioni che hanno proposto un’articolata ricostruzione, per alcuni aspetti, innovativa della materia e in palese difformità dall’orientamento del Consiglio di Stato.

In particolare, nella sentenza 6 marzo 2007, n. 831, è già stato rilevato come la revoca dell’Assessore non possa essere motivata da ragioni di carattere meramente politico, ma debba necessariamente radicarsi nell’esigenza primaria costituita dal buon andamento dell’organo di gestione: <<una volta….che gli organi del comune si sono costituiti sulla base della legittimazione elettorale, essi devono pur sempre funzionare nell’interesse dell’intera collettività territoriale e nel rispetto del principio di imparzialità e buon andamento (articolo 97 della Costituzione). Ne consegue che - tranne i casi in cui viene a mutare l’assetto politico risultante dalle urne e quindi la legittimazione elettorale degli organi di governo dell’ente (si pensi ad es. ai casi di sopravvenuto mutamento della maggioranza con conseguente sfiducia del sindaco e scioglimento del consiglio comunale) - le ragioni meramente politiche si arrestano alla fase costitutiva. La revoca dell’assessore, difatti, secondo l’articolo 46 cit., deve essere motivata, e ciò, evidentemente, non per ragioni politiche ma per le comuni esigenze di trasparenza, imparzialità e buon andamento. Le ragioni politiche possono assumere rilievo nella comunicazione della revoca che il sindaco deve fare al consiglio comunale: essa può incidere anche su valutazioni relative al rapporto di fiducia politica tra il consiglio stesso ed il sindaco. Non sono però tali esigenze quelle poste alla base della motivazione espressamente richiesta dalla norma. Richiedendo una vera e propria motivazione - e non una mera illustrazione anche orale delle ragioni del sindaco, ove richiesto dal consiglio, così come può avvenire per le nomine degli assessori - il legislatore dimostra di ricondurre espressamente la revoca degli assessori alle garanzie formali e sostanziali proprie dei provvedimenti amministrativi. Da quanto sopra illustrato, sulla base dell’espresso dato normativo di riferimento, si deduce agevolmente che la revoca sindacale del singolo assessore deve essere ispirata e motivata da ragioni che attengono comunque al buon andamento dell’organo di gestione e non a mere esigenze di partito o di coalizione, che devono restare decisamente sullo sfondo>> (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 6 marzo 2007, n. 831).

Nella vicenda in esame, non diversamente da altre fattispecie recentemente affrontate dalla Sezione, sono sostanzialmente assenti comportamenti di aperto conflitto all’interno della Giunta comunale formalizzati nelle sedi competenti; a questo proposito, parte ricorrente ha, infatti, dimostrato come la prassi sostanziale dell’Amministrazione comunale di Alliste abbia visto, negli ultimi tempi, solo deliberazioni assunte con la costante presenza ed il voto favorevole dell’interessato.

Il riferimento contenuto nell’atto impugnato deve, quindi, essere riferito solo a ragioni di contrasto non formalizzate nel circuito amministrativo e, che, anche all’esame “esterno” consentito al Giudice amministrativo, si presentano come espressione di una dialettica politica che non sembra aver dato vita a comportamenti disfunzionali a livello amministrativo e che deve pertanto essere considerata, non solo lecita, ma anche fondamentalmente positiva; è poi quasi superfluo sottolineare come le ragioni che giustificano la revoca non possano essere desunte, con sostanziale inversione dell’ordine temporale degli eventi, da comportamenti assunti dal ricorrente dopo l’emissione dell’atto impugnato e, quindi, in un momento in cui la dialettica è diventata maggiormente aspra, proprio per effetto dell’intervento del provvedimento di revoca.

Ad avviso del TAR, la ragione costitutiva della revoca non può poi essere individuata nell’“accordo di alternanza” intervenuto, in data 13.6.2006, all’interno del Circolo di Alleanza Nazionale di Alliste-Felline e prevedente la sostituzione, nell’incarico assessorile, del Consigliere Tizio con il Consigliere Caio, a metà della consiliatura; a prescindere da ogni discussione in ordine alla liceità di un simile accordo, la Sezione non può, infatti, mancare di rilevare come la successiva dialettica politica (soprattutto, il lungo tempo trascorso tra la scadenza del termine previsto per l’alternanza e l’adozione del presente atto di revoca e la posizione sostanzialmente contraria all’adozione dell’atto assunta dal Sindaco con la nota 16 marzo 2009 che testualmente recita: <<potrebbe mai un Sindaco revocare un assessore…..in nome di un accordo, se così vogliamo chiamarlo, interno ad un partito, infischiandosene delle ricadute e/o delle ripercussioni che ne deriverebbero?>>) abbia chiaramente evidenziato un quadro politico orientato, con assoluta prevalenza, per il superamento dell’accordo e per la continuazione dell’azione amministrativa sulla base di una composizione che non sembra evidenziare grosse disfunzionalità, se non la dialettica puramente interna ad una forza politica.