Norme di tutela delle minoranze in Austria

Tutela delle minoranze
Tutela delle minoranze

Indice:

1. Introduzione  

2. Il Trattato di St. Germain  

3. Lo Staatsvertrag von Wien  

4. La legge federale sullo stato giuridico delle Volksgruppen  

5. Gli elenchi delle circoscrizioni comunali, nelle quali gli appartenenti a minoranze, hanno diritto di usare la loro lingua  

6. L’uso delle lingue delle minoranze dinanzi all’autorità giudiziaria  

7. Registri dello Stato Civile e Libro Fondiario

 

1. Introduzione

La monarchia austro-ungarica era un “Vielvölkerstaat”, vale a dire, in questo Stato convivevano una pluralità di popoli, diversi, tra di loro, non soltanto per quanto concerne la lingua, ma caratterizzati pure per diversità di religione, di tradizioni e di altri “Merkmale”. Delle caratteristiche e delle particolarità dei popoli, il Governo non poteva non tenere debitamente conto.

Già nello “Staatsgrundgesetz (StGG)” del 21.12.1867 “Über die allgemeinen Rechte der Staatsbürger“ (Sui diritti in generale dei cittadini), all’articolo 19, comma 1, era stata sancita la parità di tutti i popoli e veniva garantito il diritto inviolabile (“das unverletzliche Recht”) di ciascuno di essi, al rispetto e alla tutela della propria nazionalità e lingua.

Al comma 2, veniva statuita la partità di tutte le lingue in uso nello Stato, nell’insegnamento, negli uffici pubblici e nella vita pubblica.

Nei territori, nei quali convivevano più popoli, le suole pubbliche erano organizzate in modo che a ognuno di questi popoli, erano garantite le risorse economiche necessarie per l’apprendimento della loro lingua e di un’altra lingua ivi usata.

Notiamo che, secondo pronunzie della Corte costituzionale austriaca (Verfassungsgerichtshof: 2459, 4221, 18.451), il disposto del citato articolo è stato derogato dagli articoli 66, 67 e 68 del Trattato di St. Germain.

 

2. Il Trattato di St. Germain

Dissoltasi la monarchia a seguito della Prima Guerra Mondiale, nel Trattato di St. Germain, la Repubblica d’Austria, tenuto conto del fatto, che anche entro i confini definiti per effetto del citato Trattato, vivevano minoranze (soprattutto croate, ma anche slovene e ungheresi), era stata ravvisata la necessità di tutelare le stesse.

Sono di particolare importanza gli articoli 66, 67 e 68 del Trattato di St Germain, entrato in vigore nel 1920.

L’articolo 66 prevede, che tutti i cittadini austriaci, indipendentemente dalla razza (è scritto proprio cosí), lingua o religione, sono uguali dinanzi alla legge e hanno gli stessi diritti civili e politici; il credo religioso non può essere di ostacolo all’accesso a uffici, incarichi o impieghi pubblici, né può avere conseguenze negative nell’esercizio di attività professionale o commerciale.

Il libero uso di una qualsivoglia lingua, in privato o nell’esercizio di attività nel settore economico, non può comportare svantaggi per quanto concerne la vita privata, l’esercizio di attività economica, la professione di una fede religiosa, pubblicazioni e riunioni.

Ai cittadini austriaci non di lingua tedesca, verranno concesse facilitazioni nell’uso della loro lingua dinanzi all’autorità giudiziaria.

I cittadini austriaci appartenenti a una minoranza razziale, religiosa oppure etnica, godono dello stesso trattamento e delle stesse garanzie – di diritto e di fatto – degli altri cittadini austriaci; in particolare, hanno identico diritto a) all’istituzione – a proprie spese – di enti di beneficienza, religiosi e che perseguono scopi sociali, b) a scuole e altri istituti di educazione, all’amministrazione e alla sorveglianza sugli stessi, 3) a usare la propria lingua in piena libertà e 4) a professare liberamente la propria religione.

Per quanto concerne l’istruzione pubblica, nelle città e nei circondari, nei quali risiede un numero considerevole di cittadini, che parlano una lingua diversa da quella tedesca, il Governo austriaco concederà facilitazioni al fine di garantire, che nelle scuole elementari, frequentate da figli dei predetti cittadini, venga impartito l’insegnamento nella loro lingua. Nelle predette scuole è obbligatorio anche l’insegnamento della lingua tedesca.

Nelle città e nei circondari, nei quali risiede un considerevole numero di cittadini austriaci appartenenti a una minoranza linguistica o religiosa, delle erogazioni finanziarie fatte da enti pubblici a fini educativi, cultuali o di beneficienza, verrà messo a disposizione di queste minoranze, una congrua parte.

 

3. Lo Staatsvertrag von Wien

Nello “Staatsvertag von Wien” del 1955, la Repubblica d’Austria ha assunto precisi obblighi per quanto concerne le minoranze slovene e croate esistenti sul proprio territorio.

Notiamo, che l’articolo 7 di questo Trattato contiene garanzie soltanto per le due predette minoranze e non anche per altre “Minderheiten” come, per esempio, per quella ungherese del Burgenland (regione confinaria con l’Ungheria).

Ai cittadini austriaci appartenenti alle minoranze slovene e croate, residenti in Carinzia, nel Burgenland e nella Steiermark, viene garantita parità di trattamento rispetto a tutti gli altri cittadini austriaci, in particolare, il diritto di costituire enti e organizzazioni, tenere riunioni, avere una stampa nella propria lingua e usare la stessa.

A queste minoranze è garantito l’insegnamento – nelle scuole elementari – in lingua slovena e croata. Per quanto concerne le scuole medie, hanno diritto all’istituzione di un congruo numero di istituti scolastici di questo tipo. Verrà istituita – per le scuole con lingua di insegnamento slovena e croata - un’apposita ripartizione della “Schulaufsichtsbehörde”.

Nelle circoscrizioni amministrative e nei circondari giudiziari della Carinzia, del Burgenland e della Steiermark con popolazione slovena o croata oppure mista, la lingua slovena o croata è, accanto a quella tedesca, “Amtssprache” e le indicazioni di natura topografica devono avvenire, sia in lingua slovena o croata, che in lingua tedesca.

É vietata l’attività di organizzazioni, che si propongono come scopo di privare le popolazioni croate o slovene delle loro caratteristiche, dei loro diritti.

Come il lettore avrà notato, la normativa sopra esposta (in particolare per quanto concerne lo “Staatsvertrag von Wien”) è di carattere programmatico e nella stessa, come è ovvio, non si scende nei dettagli.

 

4. La legge federale sullo stato giuridico delle Volksgruppen

Nel 1976, il legislatore austriaco ha emanato il “Bundesgesetz über die Rechtsstellung der Volksgruppen” (Legge federale sullo stato giuridico dei gruppi non di nazionalità tedesca), detto anche “Volksgruppengesetz – VoGrG”. Questa legge è entrata in vigore l’1.2.1977.

Nella parte introduttiva della stessa, è stata sancita la tutela legislativa (“Schutz der Gesetze”) delle “Volksgruppen” (s’intendono i gruppi di lingua diversa da quella tedesca), la cui protezione viene assicurata, sia per quanto concerne la lingua, che per quanto riguarda le tradizioni.

Riconoscersi in uno dei predetti gruppi, è libero e a nessuno degli appartenenti a uno di essi, può derivare pregiudizio o svantaggio dall’esercizio dei diritti a essi riconosciuti, come pure dalla mancata “Ausübung ihm zustehender Rechte”. Nessuno è obbligato ad attestare (“Zugehörigkeit nachzuweisen”) l’appartenenza a un gruppo.

Seguono poi paragrafi, che prevedono la costituzione di organi consultivi, composti, in larga prevalenza, da appartenenti a queste minoranze e le competenze nonché le funzioni degli stessi.

Lo Stato (“Bund”) è obbligato all’adozione di provvedimenti, che consentiranno ai predetti gruppi, la loro esistenza e a conservare le loro tradizioni, caratteristiche e diritti.

Annualmente il ministro delle Finanze determina un congruo importo da corrispondere, sotto forma di contributi, alle “Volksgruppen”.

 

5. Gli elenchi delle circoscrizioni, nelle quali gli appartenenti a minoranze hanno diritto di usare la loro lingua

Al “Volksgruppengesetz” sono allegati elenchi (che costituiscono “Verfassungsbestimmung”) delle circoscrizioni comunali, nelle quali devono essere osservate le norme concernenti l’uso, accanto alla lingua tedesca, anche della lingua croata, slovena o ungherese. Mentre l’elenco, relativo ai Comuni in cui la lingua ungherese è parificata al tedesco, è molto breve (4 Comuni), quello relativo alla lingua croata comprende 37 Comuni. 25 sono i Comuni, in cui la lingua slovena – in Carinzia – è, anch’essa, “Amtssprache”, accanto al tedesco.

In questi Comuni, le indicazioni di natura topografica, di enti pubblici e di “Anstalten öffentlichen Rechts”, devono portare la dicitura in lingua tedesca e nella lingua della minoranza, come risulta espressamente dagli allegati di cui sopra.

Nei Comuni (compresi negli elenchi de quibus), nei quali risiedono appartenenti a minoranze, questi hanno diritto di usare la loro lingua nei rapporti con le autorità e gli uffici pubblici, lingua, che costituisce, anch’essa, “Amtssprache”. Tuttavia nessuno – qualora un atto d’ufficio debba essere compiuto con urgenza – può rifiutarsi di dare seguito a un ordine, se viene impartito in una lingua diversa da quella propria dell’appartenente alla minoranza.

Le norme ora esposte, non trovano applicazione nei rapporti interni alle autorità e uffici pubblici.

I verbali di dichiarazioni rese da appartenenti a minoranze – nei Comuni di cui agli allegati 1, 2 e 3 – alle autorità o negli uffici pubblici, devono essere immediatamente tradotti in lingua tedesca oppure fatti tradurre in quest’ultima lingua, qualora ciò non si appalesi, con evidenza, superfluo. Se dichiarazioni, rese nella lingua di una minoranza, devono essere notificate, alle stesse è da allegare una traduzione in lingua tedesca.

Dichiarazioni rese da appartenenti a una minoranza, che devono essere trasmesse – per motivi di competenza per territorio – ad altra autorità o ufficio pubblico e che vengono inviate senza traduzione in lingua tedesca, l’autorità o l’ufficio ricevente è obbligato a fissare un termine per ovviare a questo “Formgebrechen” (irregolarità formale).

Qualora una delle parti o un teste oppure un consulente tecnico o perito, è obbligato a servirsi di stampati, l’appartenente alla minoranza ha diritto, che gli venga consegnato un modulo redatto nella lingua di questi.

Se una persona, in occasione di un’udienza intende usare la lingua di una delle minoranze, questa persona è obbligata a comunicarlo, senza indugio, all’autorità o all’ufficio pubblico.

 

6. L’uso delle lingue delle minoranze dinanzi all’autorità giudiziaria

L’obbligo de quo non sussiste, se un procedimento si svolge, a seguito di un atto introduttivo redatto in una delle lingue delle minoranze. Questa lingua deve essere osservata per l’intera durata del procedimento, a meno che non avvenga “Widerruf” (revoca).

Se una delle parti usa la lingua di una delle minoranze suddette, su richiesta di una delle altre parti, il procedimento deve svolgersi anche in lingua tedesca. Pure i provvedimenti conclusivi del procedimento devono essere resi noti in entrambe le lingue.

Se un pubblico ufficiale non conosce la lingua dell’appartenente alla minoranza, deve (fare) intervenire un interprete.

Trattazioni orali dinanzi a un pubblico ufficiale che conosce la lingua dell’appartenente alla minoranza e alle quali partecipano soltanto persone disposte a usare – anch’esse - la lingua della minoranza, possono essere svolte nella sola lingua della minoranza; i provvedimenti conclusivi dell’udienza vengono resi pubblici nella lingua della minoranza, ma devono essere trascritti anche in lingua tedesca.

In ogni caso, deve però essere redatto un verbale in lingua tedesca e nella lingua dell’appartenente alla minoranza.

Per quanto concerne i provvedimenti che devono essere notificati, redatti in una delle lingue delle minoranze, che si riferiscono a istanze depositate in una delle lingue delle minoranze e che riguardano procedimenti, nei quali è già stata usata una lingua delle minoranze, questi provvedimenti devono essere redatti anche in lingua tedesca.

Qualora, in inosservanza del VoGrG, in un procedimento, non venga usata la lingua dell’appartenente alla minoranza, è ravvisabile la violazione del principio del contraddittorio (“Recht auf rechtliches Gehör”).

Se in un procedimento penale il dibattimento non è stato tenuto anche nella lingua dell’appartenente alla minoranza nonostante tempestiva richiesta in tal senso, ciò integra una “Nichtigkeit” (nullità ai sensi del § 281, comma 1, n. 3, della StPO, CPP).

 

7. Registri dello Stato Civile e Libro Fondiario

I registri dello Stato Civile e gli altri registri pubblici, devono essere redatti in lingua tedesca.

Tuttavia in materia di Libro Fondiario, atti redatti in una delle lingue delle minoranze, possono essere iscritti, se l’atto viene indicato quale “Grundbuchssache”, con specificazione, in lingua tedesca, degli estremi di individuazione dell’immobile e del diritto, che si intende far iscrivere; in mancanza di queste indicazioni, soltanto la traduzione in lingua tedesca è da considerare quale “Grundbuchsstück”.

Se un documento, in base al quale dovrebbe essere effettuata un’iscrizione nel Libro Fondiario, è redatto in una delle lingue delle minoranze, il giudice è obbligato a provvedere – senza dilazione alcuna – alla traduzione del documento in lingua tedesca.

Su richiesta, copia degli atti del Libro Fondiario (e relativi estratti), possono essere rilasciati quali traduzioni nella lingua delle minoranze e quali certificazioni.

Se un atto, redatto in Austria, in base al quale è avvenuta una trascrizione negli atti dello Stato civile, è stato scritto in una delle lingue delle minoranze, l’ufficiale dello Stato Civile deve provvedere immediatamente alla traduzione in lingua tedesca o farla predisporre.

Estratti di atti dello Stato Civile e altri atti, vanno rilasciati quali traduzioni nella lingua delle minoranze.

Spese e diritti per le traduzioni, sono a carico dello Stato. Se un documento deve essere rilasciato in lingua tedesca e nella lingua di una delle minoranze, l’imposta di bollo è dovuta per un solo documento.

Qualora in un procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria, una delle parti è assistita da un avvocato o da un notaio e se il processo si svolge anche nella lingua dell’appartenente a una minoranza, l’onorario di questi professionisti è, per un terzo, a carico dello Stato. A pena di decadenza, la relativa richiesta deve essere fatta prima che abbia termine l’udienza e il giudice deve determinare, seduta stante, l’importo dell’onorario spettante al professionista.

Ai dipendenti del “Bund”, che conoscono la lingua della minoranza e in servizio in un ufficio, presso il quale gli appartenenti alla minoranza croata, slovena o ungherese hanno diritto di usare la loro lingua nei rapporti con la PA, va riconosciuta un’indennità secondo le “besoldungsrechtlichen Vorschriften” (norme, che prevedono il trattamento economico dei dipendenti pubblici).