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Reati tributari: legittimo il sequestro preventivo all’amministratore di fatto

Lecce
Ph. Antonio Capodieci / Lecce

Il direttore commerciale esercita quella “significativa e continua attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale” tale da configurarlo come amministratore di fatto.

Il direttore commerciale di una società che eserciti un’attività tale da costituire un “punto di riferimento in molteplici settori dell’attività dell’ente, dalla gestione dei conti alle questioni di carattere fiscale, dalla predisposizione dei bilanci alla definizione delle problematiche afferenti i rapporti con il personale dipendentedeve considerarsi un amministratore di fatto e quindi suscettibile di sequestro preventivo del profitto per reati tributari.

Questo il cuore della sentenza n. 12956 pronunciata dalla Corte di Cassazione il 6 aprile 2021, in occasione del rigetto di un ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame confermativa del decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P.

In breve, il direttore commerciale e l’amministratore di una S.r.l. si vedevano sequestrata una somma di denaro ritenuta profitto dei reati tributari di dichiarazione infedele (art. 4), omessa dichiarazione (art. 5) e indebita compensazione (art. 10 quater).

Il direttore commerciale proponeva richiesta di riesame del decreto di sequestro al Tribunale che però confermava il provvedimento, argomentando circa la qualificazione dell’indagato come amministratore di fatto, anche sulla base delle dichiarazioni rilasciate dall’amministratore della società che lo descrivevano come tale.

Il direttore proponeva così ricorso in Cassazione lamentando l’erronea applicazione della legge da parte del Tribunale che, secondo il ricorrente, lo aveva qualificato come amministratore di fatto solo perché definito come tale dal “vero” amministratore della società per salvaguardare la propria posizione.

Nel rigettare il ricorso, la Cassazione ha sottolineato come gli argomenti addotti dal Tribunale a sostegno della qualificazione di amministratore di fatto del direttore commerciale fossero in realtà stati trascurati dal ricorrente.

Il Tribunale infatti sulla base delle dichiarazioni rese da più persone, aveva riscontrato che il direttore commerciale non si limitava alla propria funzione bensì rappresentava un vero e proprio centro dell’intero governo societario, occupandosi di attività quali il pagamento dei consulenti commerciali, la gestione dei conti dell’ente, l’assegnazione di incarichi a professionisti esterni, la gestione del personale fino ad arrivare alla predisposizione dei bilanci.

Quindi, secondo la Corte, risultava provato come il direttore commerciale esercitasse quella “significativa e continua attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale” che la giurisprudenza consolidata ritiene condizione sufficiente per ascrivere la qualifica di amministratore di fatto in capo a soggetti (anche completamente estranei alla società) che non rivestono formalmente tale ruolo.

In conclusione, alla luce della giurisprudenza ormai consolidata della Cassazione in materia, è sempre più importante che ogni figura aziendale presti attenzione ai limiti della propria mansione.