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Reato di rissa: è configurabile il concorso esterno?

Reggio Calabria, 3 novembre 2012
Ph. Francesca Russo / Reggio Calabria, 3 novembre 2012

Il reato di cui all’art. 588 c.p. punisce al primo comma “Chiunque partecipa a una rissa”, prevedendo, al comma successivo, delle pene più aspre nel caso in cui nella rissa taluno rimanga ucciso o riporti una lesione personale.

Si tratta ora di capire se sia punibile il soggetto che, pur non partecipando attivamente alla contesa, istighi o rafforzi la volontà dell’effettivo partecipe.

 

Reato di rissa: la fattispecie

Con la fattispecie in esame il legislatore intende punire la mera partecipazione ad una contesa che abbia i caratteri della rissa. Si tratta quindi di un reato di pericolo, che anticipa la soglia del penalmente rilevante e che mira a proteggere i beni giuridici della vita o incolumità individuale dei corrissanti e dei terzi estranei, nonché dell’ordine pubblico.

Il legislatore nulla dice circa il numero minimo di partecipanti alla rissa, né fornisce una definizione della stessa.

Per diffuso orientamento giurisprudenziale, per rissa si intende una contesa violenta nella quale tre o più persone intervengono animate dal duplice intento di recare offesa agli avversari e di difendersi dalla violenza di costoro, dando luogo ad una reciproca azione aggressiva esercitata da gruppi contrapposti al fine di sopraffarsi a vicenda, mettendo in pericolo l’incolumità dei contendenti o di terzi estranei.

In assenza di una definizione legislativa, il termine “rissa” viene, pertanto, inteso nella sua accezione comune, parlandosi di zuffa, scontro, mischia, colluttazione (ex multis, Cass. Pen., 22 novembre 1988, n. 11245; Cass. Pen., 2 settembre 2008, n. 35301; Cass. Pen., 30 gennaio 2019, n. 19962).

Trattasi, evidentemente, di reato plurisoggettivo proprio, in quanto tutti i corrissanti sono assoggettati a pena. Elementi caratterizzanti e imprescindibili per la configurazione del reato sono, quindi, l’uso della violenza e la reciprocità dell’aggressione, non essendo sufficiente un mero alterco verbale tra più persone.

Il secondo comma della norma prevede, quale circostanza aggravante, l’ipotesi in cui nella rissa, ovvero immediatamente dopo e in conseguenza di essa, taluno rimanga ucciso o riporti lesione personale. A tal proposito, non è necessario che si tratti di uno dei corrissanti, potendosi trattare anche di un terzo.

Ovviamente, per la sussistenza di tale circostanza occorre che il soggetto non sia l’autore, doloso o colposo, della morte o lesione, poiché in tal caso egli risponderebbe di concorso formale dei reati di rissa e di omicidio o lesioni, dolosi o colposi.

Tuttavia, è opportuno notare come tale ipotesi aggravata, non escluda, a carico dei corrissanti non autori materiali né morali della lesione o dell’omicidio, la concorrente responsabilità, a titolo di concorso anomalo ex art. 116 c.p. per l’ipotesi aggravata, qualora le caratteristiche della contesa consentissero di prevedere tali sviluppi (cfr., Cass. Pen., 2 ottobre 2019, n. 45356).

 

Il reato di rissa e il concorrente esterno

Come già evidenziato, la condotta di partecipazione alla rissa consiste nel compiere atti di violenza fisica, diretti principalmente ad offendere altri soggetti, che contestualmente realizzano atti di violenza fisica reciproca.

È necessario ora chiarire se sia configurabile il concorso di taluno nel reato plurisoggettivo di rissa, attraverso condotte atipiche ex art. 588 c.p., ma tipiche ex. 110 c.p., in grado di dare luogo alla figura del concorrente, distinta da quella del corrissante.

Vale la pena, sul punto, ricordare come elementi caratterizzanti il concorso di persone nel reato sono: la pluralità di soggetti; la realizzazione dell’elemento oggettivo del reato; il contributo causale del concorrente; la volontà di cooperare nell’evento. 

Sulla configurabilità del concorso esterno nel reato di rissa si è di recente pronunciata la Suprema Corte con sentenza n. 51103 del 18 dicembre 2019. Il caso riguardava un imputato che non partecipava materialmente alla contesa, ma si limitava a “fare cerchio” insieme ad altri soggetti intorno ai duellanti. La Corte di Cassazione, pronunciandosi sul ricorso avverso la sentenza dei Giudici di Appello, ha accolto la tesi difensiva secondo cui l’imputato, non avendo materialmente partecipato alla rissa, non ne doveva rispondere quale mero spettatore.

La Suprema Corte ha così fatto luce sui presupposti per accertare la configurabilità del concorso esterno ex art. 110 c.p. nel reato di rissa. In particolare, ha chiarito come sia necessario accertare che attraverso la realizzazione di condotte atipiche, come l’istigazione e il rafforzamento della volontà dell’effettivo partecipe alla rissa, vi sia stato un tangibile e concreto contributo alla consumazione del reato.

Nel caso di specie non era stato esplicato, in sentenza, come la condotta di “accerchiamento” dei corrissanti tenuta dall’imputato, lungi dal rappresentare un comportamento meramente curioso e penalmente irrilevante di chi si ferma ad assistere alla rissa, avesse rafforzato il loro intento.

In conclusione, è certamente ipotizzabile il concorso esterno nel reato di rissa attraverso la realizzazione di condotte atipiche, come l’istigazione ed il rafforzamento della volontà dell’effettivo partecipe alla rissa, purché, evidentemente, si traducano in un effettivo e concreto contributo alla sua consumazione.