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Regole di santità

Vita regolare e regolarità di vita
Angelico, incontro tra san Francesco e san Domenico
Angelico, incontro tra san Francesco e san Domenico

Chi di voi frequenta o ha frequentato dei religiosi o delle religiose potrebbe aver colto dai loro bisbigliati discorsi un’espressione alquanto peculiare: vita regolare.

I più curiosi potrebbero aver chiesto spiegazioni o essersi documentati privatamente; tuttavia la maggior parte di voi, ne sono quasi certo, avrà accolto con noncuranza questa insolita espressione, senza scomodare se stesso o altri per chiarirla. Non ve ne faccio certo una colpa! La vita religiosa appare, vista dall’esterno, così colma di elementi propri, piccoli e grandi, che penso sia naturale ritenerli, in larga maggioranza, ininfluenti per un uomo comune. Prima di esprimere un giudizio su questa valutazione andiamo a vedere, molto brevemente, cosa in verità significhi questa espressione.

Se cercassimo d’interpretarla sulla base del senso comune, giungeremmo alla conclusione che per vita regolare s’intende un modo di gestire il nostro tempo e le nostre forze avente una sua costanza nel tempo ed un suo ordine interno. Volendo approfondire, potremmo concludere che quest’ultimo concetto può essere riferito sia alla salute sia all’efficienza. Uno stile di vita infatti può dirsi equilibrato da un lato in vista di un pieno mantenimento del nostro equilibrio psicofisico, dall’altro in rapporto al fine di compiere il nostro lavoro, qualunque sia, alla luce del miglior rapporto possibile fra forze impiegate e risultato prodotto.

Le conclusioni tratte finora sarebbero senza dubbio in grado di descrivere molti aspetti della vita regolare, ma non di coglierne il vero cuore pulsante. Proprio come uno stile di vita ordinato tenuto nel secolo si edifica attorno ad un fine, ossia a qualcosa in virtù del quale determinate azioni ed abitudini possono dirsi buone, così la vita regolare religiosa può essere compresa solo considerando il bene ultimo di cui si prefigge di agevolare il raggiungimento. Ora, neppure a dirlo, l’obiettivo che ogni consacrato si pone è quello di vivere la vita apostolica, ossia la forma di comunione e vicinanza più stretta possibile con Cristo. Ecco allora che la vita regolare sarà costituita da una serie di azioni ed abitudini volte a formare uno stile di vita il più conforme possibile a quello degli Apostoli.

Naturalmente ognuno potrebbe, come alcuni grandi fondatori fecero, prendere in mano il Vangelo ed elaborare un proprio specifico modo di imitare la vita apostolica. Il risultato sarebbe una sintesi fra la profondità nella fede dell’individuo e la specificità delle sue inclinazioni. Per esempio, un individuo amante del silenzio e della solitudine, incline alla meditazione, potrebbe partorire una forma di vita monastica; d’altro canto qualcuno che senta ardere in sé la necessità della predicazione del Vangelo, probabilmente si orienterebbe ad una forma di vita attiva.

Ovviamente sto semplificando, ma ciò cui voglio arrivare è mostrarvi come la vita regolare, così come intesa da un religioso, sia costituita da una serie di comportamenti che, in equilibrio fra loro, consento una certa partecipazione all’ideale della vita apostolica. Data questa descrizione, possiamo anche comprendere che l’aggettivo “regolare” dell’espressione fa riferimento non al moderno concetto di regolarità, bensì a quello religioso di Regola[1].

Questa non è altro che la formalizzazione, gradualmente perfezionata e spesso adattata nel tempo, di quella conformazione evangelica che, altrimenti, sarebbe lasciata all’arbitrio ed all’iniziativa dei singoli. Le differenti Regole invece consentono a tutti coloro che vogliono più perfettamente conformare la propria esistenza a Cristo non solo di attingere alla sapienza di uomini ben più santi di loro, ma anche di ereditare lunghe tradizioni di perfezionamento.

Ecco che quindi, in definitiva, il religioso o la religiosa che potreste aver udito discutere di vita regolare faceva certamente riferimento ad una quotidianità centrata su di una Regola e capace di guidarlo attraverso una via di santificazione che, in Cristo e nella Chiesa, tenga anche conto delle sue peculiari inclinazioni.

 

Le regole di san Domenico

Questi sistemi complessi di norme, consuetudini e sapienti indicazioni che sono le Regole religiose potrebbero apparire, specie a noi uomini del XXI secolo, la parte più arida e sterile del rapporto con Cristo, fatta principalmente per essere superata. La verità insita in una simile opinione si scorge in rapporto al concetto di legalismo, ossia ad un modo di pensare secondo cui la santità si ridurrebbe, nella sua parte attiva, all’attenzione formale alle norme scritte.

Se considerata in questo modo, la vita regolare non è tanto diversa da quella deviazione farisaica contro cui Gesù stesso spesso si scontrò. Tuttavia appena si allarga un poco l’orizzonte ci si accorge che la posizione contemporanea, così come sopra semplificata, è senza dubbio riduttiva. Se infatti rispettare la propria Regola implica certamente adeguarsi a delle norme spesso stringenti, queste non vanno viste come limiti alla nostra libertà di cui testare estensione e resistenza, bensì come preziose indicazioni che ci consentono d’indirizzare i nostri passi al bene, e quindi a Dio, anche al di là delle nostre inclinazioni e capacità.

Belle parole le mie, edificanti e generiche al punto giusto; tuttavia le loro implicazioni scendono molto più in profondità, fino alla concretezza del nostro vivere quotidiano. Inoltre, come vedremo a breve, non riguardano solo i religiosi ma, mutatis mutandis, anche ogni cristiano. Proprio in virtù d’implicazioni di così ampia portata, non vi chiedo di credermi sulla parola; preferisco mostrarvi come grandi santi religiosi, dietro ai loro atti più eclatanti, venivano lodati dai contemporanei per la fedeltà alla loro Regola.

Naturalmente, fra i tanti, ho scelto di proporvi l’esempio di san Domenico di Caleruega, fondatore dei Frati Predicatori e grande personalità del XIII secolo. Oltre a prevedibili motivi di affetto, la ragione è che spulciando i documenti della sua causa di canonizzazione ho notato un elemento piuttosto peculiare: fra i caratteri più lodati dai suoi contemporanei, compare anche la fedeltà alla vita regolare.

Fra il 1233 ed il 1234 vennero tenute due indagini parallele sulla vita e la spiritualità di san Domenico: una, più corposa, presso i frati del convento di Bologna che lo conobbero; l’altra, più scarna, nella Francia meridionale, zona dove il castigliano aveva predicato molti anni[2]. I riferimenti alla vita regolare naturalmente abbondano nelle testimonianze dei frati, certamente più attenti a simili elementi.

Tali testimonianze sono molto numerose e non è questa la sede né per riportarle né per analizzarle tutte[3]; mi limito qui a proporvi una delle più rilevanti, quella di fra Ventura da Verona, allora priore del convento di Bologna: «[…], quando il beato fra Domenico si trovava in un convento nel quale doveva fermarsi per qualche tempo, si uniformava alla comunità nel cibo e nei pasti e osservava la Regola integralmente ed esattamente, facendo di tutto per farla osservare anche ai suoi frati. […]. Affermò pure che egli era molto osservante della Regola e che puniva rigorosamente le colpe dei frati, pur sapendo infliggere le punizioni con tanta dolcezza e amabilità, che essi le accettavano con pazienza»[4].

Il testo, parlando di Regola, faceva riferimento non solo alla Regola di sant’Agostino, ma anche alle Consuetudines che l’Ordine aveva aggiunto nel 1220 per agevolarne l’applicazione pratica da parte dei religiosi[5]. San Domenico quindi non si fece esempio e difensore dell’osservanza del solo testo normativo base ed immutabile, la Regola propriamente detta appunto, ma anche della declinazione alla vita pratica elaborata dall’Ordine.

Anche se lo zelo di Domenico va compreso all’interno del suo ufficio di Maestro dell’Ordine, e quindi della responsabilità che aveva verso tutti i frati, il suo attaccamento alla Regola non può essere ridotto ad arido legalismo, al legame di un uomo fragile verso una sicura tradizione. Il santo castigliano infatti non solo si era fatto iniziatore ed artefice di un nuovo Ordine religioso, ma non aveva esitato ad infondere la sua esperienza di vita in Cristo proprio in quelle Consuetudini che costituivano il più diretto aggancio con la quotidianità di ognuno.

Il suo zelo per la vita regolare non era segno di debolezza, bensì di forza, e così venne percepito dai contemporanei. Tanto nella fedeltà quanto nel paterno rimprovero, san Domenico difese e promulgò un semplice concetto: la santità, di cui la vita apostolica è incarnazione e mezzo, si costruisce su di un cammino virtuoso che ha le sue fondamenta anche nelle azioni più minute e concrete. Questo, nell’esempio di governo e di testimonianza del castigliano, si concretizza in un attaccamento a delle norme la cui comprensione non implica un superamento, bensì un radicamento dell’atto nella carità.

 

La libertà dei bambini

I più educati fra voi, leggendo queste parole, probabilmente le avranno ritenute interessanti e degne di meditazione mentre i più schietti, magari rimpiangendo l’uso di qualche colorita espressione, potrebbero essersi chiesti a quale scopo io abbia così gratuitamente bruciato il loro tempo. Comprendo benissimo questo pensiero: la vita regolare pare essere semplicemente una parte, per quanto bella ed importante, di una scelta di consacrazione che appartiene solo a pochi e che quindi sembra lasciare indifferenti i più.

La consacrazione a Cristo che essa attua, pur nella diversità delle forme, sembra lasciare indifferenti coloro che si sentono chiamati ad annunciare il Vangelo nella propria casa, in un contesto di normalità[6]; eppure, pur ammettendo che le specifiche norme contenute nelle differenti Regole non sono applicabili integralmente al credente che viva nel secolo, il principio che ne fonda la centralità vale tanto per il consacrato quanto per il laico.

Se infatti, come abbiamo detto, la vita regolare è finalizzata ad indirizzare il tempo, le energie e le doti del cristiano al compimento in lui della Volontà di Dio, partendo dalle azioni più minute fino alle più grandi, allora non vi è discepolo che non ne abbia bisogno. Il consacrato, in virtù della maggiore donazione cui è chiamato, si serve di Regole più rigide, temprate da secoli di errori e di preghiera; d’altro canto qualsiasi discepolo deve cercare di ordinare la propria quotidianità a Cristo costruendo attorno a sé un edificio adatto alle sue finalità.

Molti sono i mezzi che la Chiesa gli mette a disposizione per farlo, primo fra tutti il Vangelo stesso e l’esempio dei pastori virtuosi.

Tuttavia, alla fine, la ricerca di un ordine che consacri al Signore la propria quotidianità è e rimane un percorso personale, un’adesione che coinvolge tutta l’attualità della persona. Ciò che deve guidarlo è lo stesso principio che guidò san Domenico e tanti santi come lui: l’umiltà del bambino[7] che in semplicità imita coloro che lo amano, senza pretendere di eguagliare la perfezione dei loro gesti, ma fiducioso di crescere in essi.

In quest’ottica la sfida posta da san Domenico a qualsiasi cristiano che si abbeveri al suo esempio è di leggere la vita stessa di Cristo, nella sua esemplarità ed imitabilità, non come un generico indirizzo, capace di ospitare al suo interno anche le ingombranti forme del nostro ego, bensì come l’invito ad applicare anche agli atti minuti quei limiti all’autonomia che nel Signore ci rendono ogni giorno più liberi.

 

Testi consigliati

  • Pietro Lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, ESD, Bologna 1998.
  • Augustin Laffay - Gianni Festa, San Domenico. Padre dei Predicatori, ESD, Bologna 2021.

 

[1] Il termine Regola è qui preso in senso ampio, volendo indicare non soltanto i testi fissi che vanno comunemente sotto questo nome, ma anche le eventuali consuetudini che normano la loro applicazione pratica.

[2] Per ulteriori informazioni cf Pietro Lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, ESD, Bologna 1998, pp. 419-429.

[3] Per chi avesse invece voglia di verificarle, cf Atti del processo di Bologna, nn. 5, 6, 12, 17, 22, 27, 31, 38, in Llippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei

[4] Ivi, nn. 5-6, pp. 440-441.

[5]Cf Llippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, p. 440, nota 20.

[6] Cf Mc 5, 19.

[7] Cf Mt 19, 14.

Testi consigliati

  • Pietro Lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, ESD, Bologna 1998.
  • Augustin Laffay - Gianni Festa, San Domenico. Padre dei Predicatori, ESD, Bologna 2021.