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Revenge Porn: responsabilità del reo in caso di suicidio della vittima

dall’art. 27 Cost. all’elaborazione dottrinale della prevedibilità in concreto
Revenge porn
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La vendetta pornografica, o meglio conosciuta come revenge porn, è un fenomeno emergente

nella società del XXI secolo, elevato a fattispecie delittuosa solo nel 2019 con la legge n. 69, denominata Codice Rosso. Il reato ex articolo 612 ter codice penale punisce “…chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate…”.

Un fenomeno, questo, che ha causato una serie di problematiche sia sul piano giuridico che socio-culturale. Un primo aspetto meritevole di analisi riguarda la vaghezza del legislatore del 2019 nell’adottare nella norma alcune formule: “senza il consenso della persona rappresentata”; o ancora “contenuto sessualmente esplicito”. Un secondo prospetto deve essere rivolto agli effetti socio-culturali conseguenti al reato di revenge porn. Infatti, agli onori della cronaca più recente, la vittima subisce il così detto victim blaming (ossia la colpevolizzazione della stessa da parte della società), varie psico-patologie (come la post traumatic stress disorder PTSD) che talvolta portano la persona a suicidarsi.

Di qui, dottrina e giurisprudenza si sono spesso trovate ad esaminare la problematica attinente la responsabilità dell’autore di revenge porn nell’ipotesi di suicidio della vittima.

Posto che, ai fini dell’integrazione del delitto ex articolo 612 ter codice penale è richiesto il dolo specifico, “creare nocumento alla vittima”, il soggetto agente che pubblica o diffonde immagini o video sessualmente espliciti per un fine prettamente goliardico escluderebbe, ragionevolmente, il dolo specifico e sarà dunque mandato assolto, in sede processuale, tanto per l’articolo 612-ter codice penale, quanto, dall’accusa di omicidio colposo ex artt. 586, 83 e 589 codice penale in caso di evento suicidario.

Sorge un’ulteriore problematica: se il suicidio fosse o meno prevedibile dal reo. Considerando il dettato costituzionale di cui all’articolo 27 e applicando il criterio della prevedibilità in concreto, la responsabilità sarebbe ascrivibile al solo soggetto cosciente e consapevole di quei dati specifici della vita della persona offesa (nella maggior parte dei casi infatti autore di revenge porn è un partner/ o un ex partener), rilevanti ai fini dell’imputazione ex articolo 586 codice penale.

Sarà pertanto più difficile attribuire la responsabilità per l’evento suicidario ai “secondi distributori”, cioè a quei soggetti terzi che hanno ricevuto il materiale e lo hanno ri-diffuso in rete, anche una sola volta. Essi saranno chiamati a rispondere solo del delitto base, ex articolo 612 ter codice penale.

Nulla sarebbe accaduto se il primo autore non avesse coscientemente e volontariamente pubblicato l’immagine o il video, attivando il decorso causale iniziale che condurrà materialmente alla morte della vittima.

Così, ci si trova dinanzi ad un’ipotesi di causalità cumulativa, piuttosto che una causa ad excludendum, cioè ad indicare la situazione in cui l’imputazione del fatto in capo ad un soggetto è radicalmente esclusa.

È evidente come il dettame apparentemente chiaro e preciso del legislatore, in materia di diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti, porta non pochi problemi sul piano applicativo ed interpretativo, tali da mettere in discussione le teorie fino ad oggi elaborate che costituiscono campo di certezza per i penalisti.

Posto che il reo abbia agito per recare nocumento ovvero per fini vendicativi, la dottrina maggioritaria sembra preferire la ricostruzione dell’articolo 586 codice penale “morte o lesione come conseguenza di altro delitto”. Tale disposizione richiede di assumere come delitto base un reato doloso dotato di un’adeguata “carica di pericolo” verso i beni vita e incolumità individuale. Il delitto presupposto deve necessariamente essere diverso da un'aggressione contro l'incolumità fisica della persona offesa, rientrando altrimenti nella fattispecie di cui all'articolo 584 codice penale: omicidio preterintenzionale.

Nel caso di specie, è giocoforza ritenere che la punibilità del reo derivi invece da una forma di responsabilità per colpa in concreto, in cui l'evento morte possa essere preveduto dal soggetto agente (prevedibilità in concreto).