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Software - Cassazione Penale: la detenzione e l’utilizzazione di software contraffatti è penalmente rilevante solo se l’attività è di tipo commerciale o imprenditoriale

Software - Cassazione Penale: la detenzione e l’utilizzazione di software contraffatti è penalmente rilevante solo se l’attività è di tipo commerciale o imprenditoriale
Software - Cassazione Penale: la detenzione e l’utilizzazione di software contraffatti è penalmente rilevante solo se l’attività è di tipo commerciale o imprenditoriale

Integra il reato di cui all’articolo 171-bis, comma primo, della Legge 27 aprile 1941, n. 633, la detenzione ed utilizzazione, nell’ambito di un’attività commerciale o imprenditoriale, di programmi per elaboratore privi di contrassegno SIAE, con possibilità del sequestro dei dispositivi elettronici su cui detti programma sono installati. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione.

 

Il caso in esame

In sede di riesame, il Tribunale aveva rigettato l’istanza proposta da un soggetto, titolare di una società esercente l’attività di progettazione meccanica ed elettronica nel settore automotive, indagato per il reato di cui all’articolo 171-bis della Legge n. 633/1941, avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio disposto dal Pubblico Ministero degli hard disk di tredici computer, in uso presso la sede della società, su sei dei quali era stato installato come sistema operativo Windows, privo di licenze d’uso, mentre su tutti erano presenti programmi di grafica, quali Autocad e Cadia, del pari privi di licenze d’uso.

Avverso quest’ultima decisione, l’indagato proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione di legge per difetto di motivazione o per motivazione apparente in ordine all’esistenza del fumus del reato e dei presupposti per il sequestro probatorio.

 

In particolare, il ricorrente riteneva che fossero del tutto insussistenti la finalità di profitto e lo scopo commerciale o imprenditoriale richiesti dalla norma incriminatrice, in ragione del fatto che la società di cui lo stesso era titolare non svolgeva alcuna attività diretta alla vendita dei programmi, né la medesima utilizzava i software in favore dei clienti, al fine di ottenere un profitto o un vantaggio.

La decisione della Suprema Corte

 

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ragionamento del giudice cautelare esente da censure, in ragione del fatto che, essendo stata rilevata l’assenza di licenze d’uso dei software installati sui computer utilizzati dalla società del ricorrente, “il vincolo reale si rende necessario per verificare la effettiva fondatezza dell’accusa, ed in particolare per accertare, mediante gli opportuni accertamenti tecnici, se i software siano realmente abusivamente duplicati ed a chi sia riconducibile la duplicazione; e, per altro verso, la detenzione per gli scopi dichiarati dal medesimo indagato configura di per sé stessa una detenzione a fini commerciali”.

Quanto all’esistenza del fumus del reato de quo, i giudici di legittimità hanno osservato come “ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 171-bis legge 22 aprile 1941, n. 633, sono tutelati dal diritto d’autore, quale risultato di creazione intellettuale, i programmi per elaboratore elettronico, intesi come un complesso di informazioni o istruzioni idonee a far eseguire al sistema informatico determinate operazioni, che siano completamente nuovi o forniscano un apporto innovativo nel settore, esprimendo soluzioni migliori o diverse da quelle preesistenti”.

Inoltre, secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte, “sussiste continuità normativa tra il reato di cui all’art. 171 bis della legge 22 aprile 1941 n. 633 (introdotto dall’art. 10 del D.L.G. 29 dicembre 1992 n. 518), che sanzionava la detenzione a scopo commerciale, per fini di lucro, di copie abusivamente duplicate di programmi per elaboratori, e l’art. 13 della legge 18 agosto 2000 n. 248, che punisce chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o, ai medesimi fini, importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale i detti programmi privi del contrassegno della SIAE, atteso che non vi è stato un ampliamento della tutela penale, configurando le variazioni lessicali apportate soltanto una corretta specificazione del campo di applicazione della disposizione”.

Se - continua la Corte - “è pur vero che nelle ipotesi di uso di software nell’ambito di un’attività libero professionale è stato escluso il reato da parte della giurisprudenza della Cassazione”, nel caso di specie, come rilevato dal ricorrente, la società di cui il ricorrente era titolare operava nel campo commerciale e utilizzava presumibilmente i software contraffatti per la propria attività d’impresa.

La Corte di Cassazione ha, conseguentemente, rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e ha espresso il seguente principio di diritto:

mentre non integra il reato di cui all’art. 171 bis, comma primo, L. 27 aprile 1941, n. 633, la detenzione ed utilizzazione, nell’ambito di un’attività libero professionale, di programmi per elaboratore privi di contrassegno SIAE, non rientrando tale attività in quella "commerciale o imprenditoriale" contemplata dalla fattispecie incriminatrice (l’estensione analogica non sarebbe possibile in quanto vietata ex art. 14 Preleggi, risolvendosi in un’applicazione "in malam partem"), la stessa detenzione ed utilizzazione di programmi software (nella specie Windows, e programmi di grafica, Autocad o Catia) nel campo commerciale o industriale (nella specie, esercente attività di progettazione meccanica ed elettronica nel settore auto motive) integra il reato in oggetto, con la possibilità del sequestro per l’accertamento della duplicazione”.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 4 luglio 2018, n. 30047)