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Ultrasocietà

Lexicon sulla Realtà Virtuale per digitally aware literate
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“Il linguaggio,

prima di significare qualcosa,

significa per qualcuno”.

J. Lacan

 

L'identità, il sé, il corpo non sono solo parte di una educazione sentimentale di cui ho parlato nel precedente articolo, ma sono anche il centro del desiderio, motrice della relazione espressione della nostra intima essenza di esseri sociali e culturali.

La Personomia (di cui si parla in Ultraidentità) presuppone una disintermediazione, un’autonomia identitaria non profilabile e non anonimizzata.
La profilazione, fondamenta del modello economico del web come lo conosciamo oggi (che deriva strettamente dalla architettura client /server chiave di volta di tutta l'internet), è diventata via via con la maturità del sistema e con l'uso estremamente disinvolto sia di aziende che di stati delle informazioni personali raccolte, sempre più inaccettabile, invasiva e "corruttibile" dalle esigenze del mercato e dei governi.

L'anonimato per contro, non è la soluzione allo strapotere della profilazione, perché riducendo l'identità non solo si indebolisce il controllo democratico della rete, minando alle basi l'idea stessa di cittadinanza digitale, ma riduce allo stato vegetativo e inutilizzabile il governo delle informazioni (che è il senso e la necessità più profonda dell'internet) aprendo falle incolmabili alla spazzatura, alla criminalità e alle false informazioni.
Dunque del controllo ne abbiamo  bisogno, come della libertà, e come sempre il problema è deciderne l'equilibrio.

Ci vorrebbe un’identità fortificata, inattaccabile come un Io racchiuso nell'intimo della propria coscienza.
Non è un caso che l'identità e la sua editabilità sia alla base dei due (a mio parere) più interessanti progetti di disintermediazione, che propongono dei "nuclei di identità “privati inaccessibili al controllo dei centri di potere big data. È il caso del Solid Project di Tim Berns-Lee e della ricerca di un ecosistema socialmedia basato su Ethereum di AKASHA Foundation.

Questa premessa ha avuto lo scopo quello di mettere a fuoco il concetto che identità, cittadinanza e diritti digitali sono un unicum che sarà sempre più sia al centro del dibattito internazionale che nelle strategie delle imprese e dei governi per la costruzione del futuro cyberspazio e del Metaverso sociale che lo popolerà, dove l'Avatar assume il ruolo fondamentale di rappresentante della persona, dovunque e in qualunque forma venga a presentarsi, con tutto quanto ne comporta.

L’identità non è indifferente alla forma che la rappresenta, lo abbiamo già ribadito e questo vale per la persona e tanto più per la società che nel corpo e nella sua rappresentazione rispecchia ruoli, status, autorevolezza, genere, attitudini, comportamenti. Sappiamo tutti, che contrariamente a quanto afferma il detto, l’abito fa il monaco.
Forma e riconoscibilità. Questi due aspetti così essenziali per essere noi stessi, per essere quello che siamo nel mondo, ci conducono inderogabilmente verso un terzo e fondamentale aspetto nella nostra visione dell’identità digitale: il desiderio.
Per introdurlo, voglio usare le parole di Jaques Lacan in "Il desiderio e la sua interpretazione (1958-1959)"che decisamente meglio e prima di me ha identificato il legame indissolubile fra identità e desiderio.

l’essere umano non si costituisce come una sostanza autofondata o attraverso una facoltà di sintesi, ma dipende nel suo essere dal riconoscimento dell’Altro, dal “desiderio dell’Altro”. Non c’è una identità soggettiva che si costituisce per maturazione, per sviluppo psico-biologico di una potenzialità programmata esistente a priori. Il soggetto non è un seme che contiene già in sé la sua evoluzione; è piuttosto costituito, attraversato dall’Altro, innanzitutto dal desiderio dell’Altro: ed esso sarà, e diventerà, come l’esperienza clinica ci insegna, ciò che è stato per il desiderio dell’Altro.

Se come afferma Lacan, noi umani partecipiamo alla società in qualità di esseri desideranti, partecipiamo attraverso l'Avatar all'espressione del medesimo desiderio.

Da questo deriva a mio parere che nel Cyberspazio il Ghost (dualismo di Persona/Avatar che ho chiamato così in onore del capolavoro cyberpunk di Musamune Shirow “Ghost in the Shell) sia il cardine fondate di ogni socialità del Metaverso, in quanto è da una parte soggetto desiderante e dall’altra oggetto del desiderio.
Questo status è il fondamentale meccanismo di riconoscimento dell'Altro nel sembiante dell’Avatar, senza il quale ci troveremmo soli al cospetto di zombie, vuoti simulacri insignificanti, e anche condizione necessaria perché si generi la socialità e dunque la società, l'economia, la cultura del Metaverso.

 

Antropologia del Cyberspazio

Dunque chi sono le persone che vivono e desiderano nel Metaverso? Cosa fanno e come si comportano? Quali classi sociali si rappresentano, quali sono le loro differenze, come si relazionano?
L’antropologia del cyberspazio è una disciplina giovane, di cui conosco l’assunto teorico e ho letto alcuni autori, ma non conosco il risultato di attività svolte sul campo, ignoro pure se si siano mai svolte.
Quello che vi propongo è uno scenario che ho tratto empiricamente dalla mia esperienza personale ormai quasi ventennale sull’ organizzazione sociale del Metaverso, così come lo sto osservando.

Il mio mondo di riferimento, anche inutile ribadirlo, è Second Life sia per le caratteristiche stra-note che lo contraddistinguono, sia per longevità, numero di partecipanti e ricchezza sociale che supera di gran lunga qualunque altra piattaforma successiva.

 

1. Creativi

La creatività: possiamo dire a ragione che nel Metaverso sia il sale della terra. A concorrere alla sua fortuna è proprio la fertilità della user generated content, che permette quella generatività interna, sconosciuta ai videogiochi convenzionali (differenza che però tende già a mitigarsi, tanto che anche i giochi multiutente in cloud la stanno adottando con profitto), e che determina di fatto il successo di un mondo virtuale. Tanti più creativi attiri, tanto più il tuo mondo sarà dotato di contenuti e di prodotti, tanto più prospererà. Fra gli abitanti "residenti”, i creativi-costruttori godono di stima e considerazione, sono parte fondante della creazione del Metaverso, ma non per questo sono soggetti a privilegi particolari: di fronte alla Code Authority di cui parleremo alla fine, siamo tutti uguali.

Creativi-costruttori

I costruttori svolgono una funzione essenziale nel Metaverso, potremmo definirla come una élite di fatto, nel senso che il farne parte non è un aspetto di un potere aristocratico ed esclusivo, (a tutti è data la possibilità di esserlo), ma deriva da una attitudine, una capacità, un talento, una arte creativa: disegno, scripting e sviluppo software , modellazione, animazione e texturizzazione, scenografia, architettura, design di prodotto, di paesaggio. In pratica svolgono un ruolo di vero e proprio demiurgo.
Infatti i creativi-costruttori forniscono il mondo in cui vivono di ogni oggetto e funzione possibile in base alle proprie esigenze, ma anche, e soprattutto là dove c’è un mercato, in base alle esigenze e gli stili di vita dei loro abitanti. "Spesso qui dentro - mi confessava un amico - mi dimentico che tutto, ogni filo d'erba, ogni cosa è proprietà intellettuale di qualcuno".

Creativi-artisti

Subito dopo i costruttori, gli artisti svolgono un ruolo di primo piano nella società virtuale. In un mondo dove ogni espressione dell'esistente è una creazione, l'arte è a tutti gli effetti parte essenziale del creato. Anzi, potremmo dire che ne è ontologicamente l'origine.

A questa categoria poi appartengono tutti i creativi-narratori che operano sul web: blogger, fotografi, grafici illustratori, che fanno dei mondi virtuali il loro soggetto più che il loro palcoscenico. Questo a dimostrare come un mondo virtuale copre pienamente tutto lo spettro del digitale e del fisico. Per ultimi, ma non ultimi, una menzione a parte va ai musicisti e cantanti, che suscitano entusiasmi e seguiti da fare invidia ad artisti che lavorano al di qua dello specchio.

I confini che separano l'opera dei creativi costruttori e artisti sono labili, potremmo dire che il discrimine fra le parti sia la terza dimensione., ma anche questa è una classificazione di comodo.
In questa realtà, dove ogni forma è possibile, non esiste un discrimine che separi nettamente i due ambiti della creatività: possiamo dire senza essere smentiti, che in nessun altro luogo arte e vita siano la stessa cosa, e tutto è composto della stessa materia.

 

2. Giocatori

Il popolo dei giocatori è il vero e proprio corpo desiderante della società digitale. Potremo definirlo cinicamente l'insieme anonimo dei consumatori, il vero portafoglio di ogni mondo virtuale, ma ne daremmo una visione veramente troppo riduttiva, ingenerosa e soprattutto ingenua, che forse si può adattare come rappresentazione del primo e più superficiale approccio che riguarda i giocatori occasionali, i curiosi, i giovanissimi Avatar, i"newbie", le “cose nuove” come vengono definiti gli absolute beginners.

Edonisti professionisti

Questa è una categoria che si rivela soprattutto nei mondi dove gli Avatar hanno un a forte connotazione foto-realistica, ma anche questa, come altre semplificazioni che ho introdotto qui per comodità non rende merito alla incredibile quantità di sfumature presenti in tutti i mondi virtuali, anche quelli graficamente più semplici.

La personalizzazione come icona di sé

La cura del corpo può diventare una vera e propria scienza, che ai più non è dato di sapere, o di raggiungere una perizia tale da padroneggiarla completamente. Questo ha condotto alla creazione di una professione molto simile a quella del personal shopper/trainer capace di soddisfare le esigenze di altri edonisti meno competenti, ma disposti a investire nella propria immagine, o altrimenti a diventare veri e propri arbiter elegantiorum, veri e propri avastar, ricercati per la qualità dei loro corpi digitali.

La personalizzazione sovra e non umana

Una considerazione a parte va al mondo della modifica del corpo legato al genere o alle preferenze sessuali, a cui aggiungo anche quella degli "anthro", figure ibride umano-animali antropomorfizzati come mammiferi (Furry) ma anche rettili o uccelli e via così, contigua per filosofia e visione.

La scena LGBT è ben rappresentata, e in alcuni mondi influenza grandemente l'estetica sia dell'abbigliamento che del corpo. C'è una certa propensione alla stereotipizzazione dell'immagine nelle estetiche di genere, ma anche in questo caso si trovano al contrario tante eccezioni da rendere una qualunque classificazione estremamente difficile da avvalorare (anche se credo sarebbe affascinante uno studio approfondito sulla personalizzazione degli Avatar che sicuramente porterebbe a interessanti conclusioni sulla nostra idea di identità di genere).

Epicurei consumatori

Più che la filosofia, è lo stile di vita che anima grande parte degli abitanti del Metaverso, che sono lì fondamentalmente per divertirsi, conoscere gente, vivere le esperienze possibili nel mondo esplorato. Niente di più e niente di sostanzialmente diverso da quello che anima gli abitanti di altri social media. Ma questo è il terreno dei sogni irrealizzabili.

Ville straordinarie in atolli remoti, auto, barche, elicotteri, abiti eccentrici e tutto quanto possa essere segno di ricchezza (mi verrebbe da dire: di "riccanza") qui può essere realizzato senza i costi e le esternalità del mondo reale. Possiamo anche immergerci in ogni desiderio più o meno inconfessato, trasportarci in esperienze fuori dal comune, condividendole in libertà e sicurezza con chi vuole viverle con noi.

Inutile dire che la sfera della sessualità, espressa in ogni modo del possibile, dell'impossibile e dell'immaginario qui ha piena cittadinanza, là dove è ammessa dalla Code Authority, ben inteso, cosa per nulla scontata.

Al di là del lusso e della sessualità caratteristiche proprie di una "seconda vita", dell'esplorazione di mondi e dell'esperienza di una alterità fisica, la matrice comune per la gran parte dei giocatori è e rimane la socialità.

La possibilità di farci riconoscere ancora prima di dimostrare di essere, per parafrasare Lacan, rimane il principale motivo per l'ingresso del Metaverso.

Appassionati

Ma ci sono anche ben altre istanze sociali all'interno del Metaverso che non la soddisfazione di un desiderio e di condividerlo con altri desideranti in aggregazioni più o meno spontanee. Da questo “grado zero” si parte per arrivare in community strutturate che si organizzano e traggono il loro interesse e il loro sostentamento (anche fisico, inteso come economico) dalle attività che vi svolgono. Sono le decine di attività legate a un interesse e alla pratica di attività comuni.

Anche in questo caso è difficile farne un elenco; tante sono le esperienze e si legano fondamentalmente a due caratteristiche: la prima è la fisica del mondo frequentato, la seconda è la possibilità di organizzare gruppi di discussione.

La fisica del volo, direzione e velocità del vento e un mare navigabile, la velocità, la fisica degli oggetti permette la creazione di gruppi di interesse, ad esempio, attorno al volo aereo, alla navigazione a vela, alle corse automobilistiche e a decine di altre attività sportive virtuali, similmente a quanto avviene nei giochi di simulazione, in forme più o meno sofisticate.

Per loro natura i mondi virtuali sono multipurpose, indeterminati rispetto a un game specifico su un ambito di cui esplora e ottimizza tutte le potenzialità, pensiamo ad esempio a un simulatore di barche a vela, che permetterà un livello di verosimiglianza spettacolare, difficilmente sviluppabile in un Metaverso che però permette di allargare orizzontalmente le esperienze che i game esplorano verticalmente.

In un game dedicato alla vela, si potranno fare regate estremamente realistiche, ma non si potrà realizzare una mostra fotografica nel club velico virtuale o tenere una conferenza stampa o organizzare una fiera nautica in collaborazione con altri club dello stesso Metaverso. La possibilità di estendere orizzontalmente le esperienze, allargando l'orizzonte iperspecialistico dei game, è la caratteristica che permette l'aprirsi a orizzonti sociali, di creare comunità, di mescolare le esperienze oltre lo specifico interesse.

Un esempio paradigmatico della forza generativa di una piattaforma tecnologica aperta orizzontalmente alle esperienze, basata sulla User Content Generated, è Get The Freight Out! un gioco basato in Second Life per le persone che amano viaggiare in aereo, barca, camion, treni, elicotteri e altro. Il fulcro del gioco GTFO! è portare un carico da un posto all'altro. Se la consegna avviene con successo, si ricevono un compenso e punti esperienza.

L'indeterminazione del gameplay dei mondi virtuali sociali (potremmo definirlo come "l'esperienza dell'interazione del giocatore con il gioco") permette la creazione di storytelling, ovvero "narrazioni" autonome e integrate.

Autonome perché all'interno del vasto Metaverso, i gameplay sono neutrali rispetto alle intenzioni dell'utente, non precostituiscono né ruoli né ambienti, forniscono solo regole, risorse e denaro, potremmo definirle le materie prime con le quali ognuno potrà costruire la propria esperienza.

Integrate perché nello stesso terreno di gioco, nello stesso luogo e nello stesso tempo si possono integrare più narrazioni contemporaneamente, intrecciandosi indifferenti le une alle altre, esattamente come avviene nel mondo oggettivo: il Metaverso è un universo narrativo pieno di trame e identità molteplici.

Questa molteplicità di relazioni è potenziata e supportata dalla possibilità di organizzare gruppi di discussione attraverso strumenti adatti per la comunicazione di gruppo da uno a molti e da molti a molti, sia in presenza che in differita con la possibilità di notifica, di strutturare regole di ingaggio, comporre ruoli e relative caratteristiche.

Non è un caso che si aspetti con estremo interesse l'ingresso della virtualità nella piattaforma sociale per eccellenza, Facebook, che ha solo da integrare (si fa per dire) l'ambiente grafico tridimensionale alla sua colossale macchina relazionale, facendo compiere un balzo di molti e molti gradini nella scala che porta al Metaverso.

A compiere questo balzo ovviamente non sarà solo lei, ma tutte le grandi centrali di dati, le capitali immateriali dell'informazione, Google e Amazon per prime.

Attivisti libertari e Idealisti

Non è un caso che le grandi concentrazioni di dati stiano lavorando alla "Metaversizzazione" delle loro attività: desta non poche preoccupazioni, e a ben ragione.

Larghi strati della società civile digitale si sentono coinvolti in prima persona dalle problematiche su libertà, diritti e privacy, ma anche su valori fondanti della società, come il welfare, il sostegno alla povertà, il digital divide e tutte le forme di discriminazione. A questi poi possiamo aggiungere in misura minore forme di antagonismo più radicali, che riflettono più credo ideologici personali che organizzazioni strutturate.

A prevalere sono (a mia esperienza) comportamenti sociali organizzati propositivi, che svolgono attività sociali di base intensissime, molte di ingenuo spontaneismo, ma molte altre sono veri esempi di moderne comunità di rete, capaci di esprimere valori e contenuti di qualità e spesso agiscono anche da controllori dei comportamenti sia della società che della Code Authority

Formatori

Una realtà specifica è quella che vede il Metaverso come piattaforma per la simulazione e la sperimentazione formativa. Le community italiane presenti nel Metaverso, soprattutto quelle formate da docenti, professionisti e insegnanti che sperimentano gli aspetti della formazione scolastica, hanno una lunga esperienza dei mondi virtuali che frequentano sin dai loro esordi. Ma non sono gli unici. Anche il mondo ella formazione professionale, del Counseling e del Coaching hanno da lungo tempo sperimentato gli ambienti sociali virtuali: numerose anche solo nell'ambito italiano le esperienze che hanno nella maschera dell'Avatar e nell'ambiente condiviso un interessante strumento di lavoro.

Quella della educazione e formazione è sicuramente uno degli ambiti più interessanti per una ibridazione delle attività professionali dei due mondi, e merita un approfondimento specifico ulteriore.

Imprenditori, proprietari e impresari

Infine, l'importantissimo, ma ovviamente il più ristretto, mondo di chi investe tempo, denaro e risorse nei mondi virtuali. Bisogna precisare che questi investimenti sono principalmente da intendersi endogeni ai mondi virtuali e i loro mercati, e non esterni come possono essere investitori e operatori dell'impresa digitale interessati alla realizzazione delle stesse piattaforme.

Non è un caso che definisco queste attività come endogene, dunque che hanno un’origine interna, ma che si possono manifestare perfettamente anche all'esterno, in virtù del fatto che i mondi virtuali sociali maturi sono economie di piattaforme che sviluppano attività multicanale in tutto lo spettro del digitale, dai web social "convenzionali" all' e-commerce, dai siti istituzionali allo sviluppo di software terze parti che supportano attività, economia e stili di vita propri dei mondi virtuali: i casi studio su queste attività derivate sono numerosi e meritano un’analisi più approfondita, come nel caso degli aspetti della formazione.

Internamente, assieme alla creatività, i gestori di beni - per così dire - immobili (ebbene sì, il mercato immobiliare ha una sua radicata e fondamentale presenza nell'evanescente mondo digitale ) sono al primissimo posto nella società virtuale: "landlord" è il nome che distingue i proprietari delle regioni virtuali commerciali di Secon Life, persone che gestiscono decine e decine di contratti d'affitto, che si avvalgono di personale specializzato nella gestione informatica, nella gestione della community dei residenti, nella modellazione del paesaggio , nella sicurezza, aziende che hanno fatturati di tutto rispetto.

Gli organizzatori di eventi, gli impresari appartengono ad un gruppo sociale trasversale, li si trova sia in ambito commerciale che culturale, che associativo che puramente ludico. Se la creatività e il real estate si adoperano principalmente a soddisfare la richiesta di beni, che sono ovviamente i più remunerativi, organizzatori e impresari si occupano di fornire principalmente servizi alle persone e alle community, da cui poi possono derivare prodotti e esternalità positive. Queste figure possono avere un importante impatto sulle community che li identificano spesso come persone di riferimento, sono in effetti veri e propri catalizzatori di interessi, hub di relazioni e di attività le più disparate. Se non fosse un termine abusato, potremmo definirli come influncer, e come tali ascoltati non solo dalle loro community ma anche dagli amministratori della Code Authority della proprietà.

 

3. La code authority sopra tutti

"Code is poetry" cita il sito di wordpress.com. Di questo ne sono convinto e con me, chiunque veda la bellezza nel ritmo e nell'esposizione della scrittura del codice informatico.

Ma oltra alla bellezza, il codice afferma la assertività inderogabile dell'algoritmo, e con essa il primato dell' "Algocrazia" nella gestione di tutto l'universo digitale, dove tutto soggiace come alle inderogabili leggi della fisica in questa dimensione dell'universo in cui viviamo.

L'autorità del codice è di fatto, l'espressione della autorità della proprietà, che esternamente come tutte le imprese di questo mondo, risponde alle leggi nazionali e internazionali, ma internamente disegna i confini fra user, owner e risorse con criteri del tutto arbitrari.

Detta così, parrebbe uno scenario di dittatura dei più foschi, e potrebbe anche esserlo (e per alcuni, in determinate parti del mondo, già lo è) ma l'algocrazia, come qualunque espressione dell'ingegno, è soggetta all'umana cultura, dato che al momento, parrebbe ancora non esistere una volontà non umana derivata dalle macchine.

Dunque, la Code Authority agisce con gli algoritmi, ma è governata ancora da umani, e come tali animati da intenzioni non ostili. Sarebbe interessante conoscere lo stato di avanzamento delle risposte allo studio dell’ontologia e dell'estetica del cyberspazio di Michael Heim , e di seguire con estremo attenzione lo sviluppo dell' Algoretica affrontata da Paolo Benanti.

Ma per ora, quello che ci interessa qui, sono gli ambiti nei quali convergono la dura legge del codice e l'intelligenza degli amministratori dei mondi virtuali sociali nel cyberspazio, che possiamo elencare con grande approssimazione in tre dedicati al controllo e tre alla gestione:

  • controllo dei comportamenti scorretti e incentivazione di quelli socialmente utili;
  • controllo della proprietà intellettuale e incentivazione delle licenze d'uso aperte;
  • controllo della cosa pubblica e incentivazione alla responsabilità del bene collettivo;
  • gestione delle regole fisiche e dell'ecosistema del mondo virtuale;
  • gestione delle comunità e delle organizzazioni;
  • gestione delle identità e dei beni dei giocatori.

Ognuna di queste voci meriterebbe un trattamento a parte, ma mi limito qui a sottolineare come controllo e incentivazione siano necessariamente gemellate. Una nota specifica va al controllo collettivo di "common good" che parrebbe un controsenso nel migliore dei casi, trattando di beni all'interno di un universo algocratico e proprietario, ma che pure esiste: nel citatissimo mondo di Second Life, c'è uno specifico Dipartimento dei Lavori Pubblici, "un programma incentrato sui miglioramenti legati all'esperienza di vivere o visitare la terraferma di Linden".

 

4. Conclusioni

La convergenza del reale e del virtuale è una costante della evoluzione culturale della nostra società.

Il processo iniziato con l'internet prevede nel suo futuro, senza essere necessariamente degli astrologi, lo sviluppo del Cyberspazio e del suo ambito sociale. il Metaverso, di cui oggi vediamo (e viviamo) già le prime applicazioni nei mondi virtuali sociali.

Siamo ancora indiscutibilmente nell'infanzia di tutto questo. Lo stato di ibridazione fra Realtà e Metaverso non è neppure iniziato veramente, anche se esistono tutti gli antefatti e le esperienze, Second Life è lì a dimostrarlo.

I processi che prevedono un mercato, il consumo e la produzione ibrida di beni materali/immateriali, sono ancora tutti da definire e non vedo a breve termine, la possibilità di una adozione massiva da parte delle aziende, ma neanche da parte degli utenti finali. (a meno di forzature alla Orizon).

Ma per contro l'esistenza di un mercato autoctono dei mondi Virtuali Sociali è altrettanto innegabile, la produzione e il consumo genera un PIL di tutto rispetto.

È sicuramente in questo mercato interno, nell'esplorazione dell’interrelazione fra domanda e offerta di prodotti e servizi fra reale e virtuale che mi aspetto risultati e opportunità interessanti.

Anche i processi che prevedono un’identità univoca e riconoscibile ovunque, indipendente dalla piattaforma tecnologica in cui agisce e in cui usufruisce di beni e servizi, è una realtà, non lo è nell’Internet d'oggi come non lo è nel Metaverso.

La necessità di avere una identità non è solo legata ai consumi, ma si estende al riconoscimento di diritti e di tutele e a tutto quello che è inerente allo status di cittadino di rete, e per estensione a tutte le forme della sua rappresentazione: fisica e virtuale. Disintermediazione e dematerializzazione sono fenomeni propri del digitale e fenomeni insiti nei processi produttivi/economici innovativi, proprio in virtù della loro digitalizzazione. Dunque, non dobbiamo scandalizzarci se questo sta avvenendo anche nella cultura e nella società.