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Una necessaria evoluzione del concetto di paesaggio: verso la configurazione del paesaggio rurale

Paesaggio rurale
Paesaggio rurale

Indice:

1. Posizione del tema 

2. Gli elementi della proposta normativa 

2.1 La disomogeneità strutturale 

2.2 La vocazione storica ovvero architettonica di tipo agro-forestale-pastorale 

2.3 La comprovata utilizzazione a fini economico-produttivi  

3. La necessità del formale riconoscimento del paesaggio rurale

 

1. Posizione del tema

Nell’attuale articolato del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004) non esiste una definizione di paesaggio rurale.

L’articolo 131 del Codice medesimo menziona il paesaggio come “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalla loro interrelazione”.

Tuttavia, nel disposto della lettera d) del comma quarto dell’articolo 135 di esso si statuisce che la definizione dei piani paesaggistici regionali debba curare la salvaguardia dei paesaggi rurali.

L’unica fonte normativa che contempla a livello definitorio il paesaggio rurale è il decreto n. 373/2012 del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, istitutivo dell’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale, delle Pratiche Agricole e Conoscenze Tradizionali; ivi, all’articolo 2, si afferma che il paesaggio rurale comprende tutti gli ordinamenti colturali, i manufatti e gli insediamenti di uso agricolo, forestale e pastorale che mostrano caratteristiche di tradizionalità o interesse storico.

La formale configurazione del paesaggio rurale all’interno del Codice Urbani costituisce una necessaria ed improcrastinabile evoluzione del concetto di paesaggio, poiché consente di circoscrivere e tutelare determinati spazi di territorio così da rendere possibili lo svolgimento di studi specifici e ricerche mirate di natura archeologica ed antropologica.

Occorrerebbe, tuttavia, una nozione più congrua ed inequivoca.

Siccché per paesaggio rurale potrebbe normativamente intendersi “qualsivoglia porzione di territorio contraddistinto da vocazione storica ovvero architettonica di tipo agro-forestale-pastorale e di comprovata utilizzazione umana a fini economico-produttivi”. Al riguardo sarebbe opportuno redigere il disposto dell’articolo 131 bis del Codice Urbani.

 

2. Gli elementi della proposta normativa

2.1 La disomogeneità strutturale

Ogni porzione di territorio che presenti una determinata caratterizzazione è assoggettabile alla qualificazione di paesaggio rurale a prescindere dalla sua omogeneità strutturale.

L’eventuale requisito dell’omogeneità strutturale – volutamente omesso – rischierebbe infatti di escludere dalla qualificabilità di paesaggio rurale quelle porzioni di territorio ricomprese in una certa area geografica unitaria ma aventi diverse fisionomie, alla stregua delle Operational Guidelines per l’attuazione della Convenzione del Patrimonio Mondiale approvate dall’apposito Comitato nella prima sessione di Parigi del 30 giugno 1977 e modificate, sempre nella capitale francese, durante la trentatreesima sessione del 19/29 giugno 2012.

Tali Linee Guida hanno infatti distinto tra:

  • paesaggio chiaramente definito, disegnato e creato intenzionalmente dall’uomo;
  • paesaggio organicamente evoluto, risultante da una politica di gestione del territorio sulla base di motivazioni socio-economiche o religiose (ancorché interrotta);
  • paesaggio culturale associativo, costituito da beni culturali precipuamente connessi al sito.

In disparte le considerazioni sul paesaggio culturale – che pure potrebbero e dovrebbero trovare spazio nel Codice Urbani – diversamente opinando, non assurgerebbe a paesaggio rurale un luogo ricompreso in uno stesso spazio territoriale (si pensi ad una contrada) e contraddistinto, ad esempio, da superfici appositamente delimitate per il pascolo (paesaggio chiaramente definito) nonché da costruzioni utilizzate per il ricovero delle greggi o per il deposito degli strumenti agricoli e oggidì in parte riconvertite e adibite a civili abitazioni (paesaggio organicamente evoluto) nonché da monumenti rappresentativi delle attività, anche in passato, ivi praticate (paesaggio culturale associativo).

 

2.2 La vocazione storica ovvero architettonica di tipo agro-forestale-pastorale

Il paesaggio rurale non deve essere quella porzione di territorio formalmente allocata in zone extra-urbane; al contrario esso necessita di rivestire – indipendentemente dalla sua ubicazione – un legame di tipo storico e/o architettonico (indi, e forse melius, funzionale) con attività legate all’agricoltura oppure alla selvicoltura oppure ancora alla pastorizia.

Al riguardo, mutuando in parte i contenuti del disposto del comma secondo dell’articolo 2135 del Codice Civile, si potrebbe sostenere che le prefate attività siano quelle finalizzate alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale o animale indi utilizzanti un qualsiasi fondo/bosco.

Il paesaggio rurale storicizzato consente di annoverare in tale alveo concettuale anche quello stratificato e diacronico.

 

2.3 La comprovata utilizzazione umana a fini economico-produttivi

Il paesaggio rurale è tale non soltanto ove e quando abbia una significativa esteriorità (in base ai caratteri anzidetti) ma anche allorché si configuri come ager quaestosus ossia luogo effettivamente produttivo.

Ciò perché la differenziazione di tutela normativa (cui ineludibilmente mira la contestualizzazione definitoria normativa proposta) non può giustificarsi in ragione della sussistenza di una porzione del territorio solo statisticamente distinguibile ma deve fondare la propria ragion d’essere nell’esistenza di un sito dinamicamente rilevante (anche se non più produttivo).

 

3. La necessità del formale riconoscimento del paesaggio rurale

L’individuazione precisa di una certa porzione di territorio come paesaggio rurale non può prescindere da una procedura amministrativa di formale riconoscimento, da modellare – in quanto compatibile – sulla base del procedimento di verifica dell’interesse culturale.

Quantunque i Comuni, le Unioni di Comuni, le Aree Metropolitane o le Province, gli Enti Parco nei cui territori insistano le porzioni da assoggettare a qualificazione paesaggistica rurale devono sempre e comunque essere soggetti interessati ai sensi delle disposizioni degli articoli della Legge 07 agosto 1990 n. 241, così come i proprietari e i possessori e i detentori degli immobili ivi ubicati nonché le associazioni portatrici di interessi diffusi.