Uno strano DPCM 24 marzo 2020: la diplomatica contemporanea contro i documenti falsi
Indice:
1. Premessa su archivistica e diplomatica
2. Ragioni giuridiche
3. Ragioni diplomatistiche
4. Ragioni di archivistica speciale
5. Conclusioni
1. Premessa su archivistica e diplomatica
A fine marzo è circolata sui social network (Facebook, Twitter e Whatsapp in particolare) un esemplare di Gazzetta ufficiale che, ictu oculi, presentava caratteristiche di dubbia provenienza: il link.
Orbene, ci sono strumenti in ambito professionale per contrastare i documenti falsi e, con essi, le fake news?
Prima di iniziare, è importante stabilire il confine e gli strumenti di lavoro all’interno di due discipline intimamente connesse: archivistica e diplomatica.
L’archivistica non si occupa di documenti in sé, ma del complesso dei documenti che appartengono a un archivio e dei legami (interni ed esterni) che ciascun documento ha con tutti gli altri. Una settore dell’archivistica, qualificato dagli addetti ai lavori con la denominazione di archivistica speciale, si occupa anche della storia delle istituzioni, delle loro genesi, delle funzioni esercitate e dell’ordinamento generale.
La diplomatica, invece, si occupa di documenti. Anzi, è la disciplina che indaga le forme e i contenuti dei documenti, con lo scopo primario di stabilirne l’autenticità. Con un’espressione poetica, che prendiamo a prestito da Cesare Paoli, possiamo affermare che «un documento è autentico quando è quello che dichiara di essere».
Due discipline differenti, ma intimamente e inevitabilmente connesse.
Il documento, infatti, ha senso giuridico e storico solo se conservato unitamente alle rispettive dichiarazioni di contesto, cioè all’epoca in cui fu scritto, alle ragioni pratiche che ne portarono alla redazione, ai motivi per i quali ci è stato tramandato e così via.
In una parola, un documento ha senso se compreso all’interno dell’archivio cui appartiene e in cui è stato prodotto, così come un dato non fornisce alcuna informazione se non si comprende il contesto[1].
Nel metodo scientifico, la diplomatica tradizionale non è diversa rispetto alla diplomatica contemporanea. Come afferma Luciana Duranti, per comprendere molti dei progressi in ambito di Freedom of Information Act e di protezione dei dati personali serve la diplomatica. Ma anche per affrontare i nodi degli smart contract o della blockchain, la diplomatica permette di comprendere molti aspetti giuridici e costitutivi che, altrimenti, sfuggirebbero a un’analisi tradizionale.
Si tratta di una disciplina formativa, che insegna, prima che nozioni, un metodo generale di apprendimento anche per risolvere problemi complessi. Oggi gli usi sono molto differenti dal passato e per scopi inimmaginabili negli scenari di vent’anni fa. Tuttavia, cambiano gli strumenti, gli utenti e le politiche di utilizzo, ma il metodo scientifico sotteso all’analisi diplomatistica rimane universalmente efficace.
2. Ragioni giuridiche
Nel caso in esame, il documento si presenta sotto forma di Gazzetta ufficiale datata 24 marzo che si autodichiara come autentica, non essendovi alcun segno visibile che ne dimostri o ne espliciti la falsità.
Esso pubblica un unico provvedimento e, nella fattispecie, il DPCM 24 marzo 2020, recante Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID 19 - Riduzione stipendi delle più alte cariche dello Stato e dei maggiori stipendi pubblici.
La Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, edita dall’Istituto poligrafico e zecca dello Stato per conto del Ministero della giustizia, è – come noto – lo strumento ufficiale di pubblicazione della normativa italiana. È suddivisa in due sezioni principali, Parte I e Parte II, che si compongono, rispettivamente, di una Serie generale, a cui si aggiungono cinque Serie speciali e di un foglio delle inserzioni, con differenti giorni programmati di pubblicazione.
Il primo punto di criticità è rappresentato dal protocollo del documento, che reca nell’intestazione la dicitura «Edizione straordinaria» per una pubblicazione in un giorno non festivo e “non straordinario”, che viola la regola in base alla quale la Gazzetta ufficiale «si pubblica tutti i giorni non festivi».
Il DPCM oggetto di pubblicazione, difatti, troverebbe legalmente agio nella sopraddetta Serie generale, non in un’Edizione straordinaria.
A riprova, nel periodo più duro dell’emergenza sanitaria, si registrano in una sola domenica addirittura due uscite. Domenica 22 marzo 2020, dunque, nel pieno dell’emergenza da Covid-19, questo sì in maniera “eccezionale” furono pubblicate la Gazzetta ufficiale n. 75 e n. 76 in edizione straordinaria.
Per dare un senso pratico al nostro ragionamento affianchiamo la Gazzetta in commento con un’altra di pari data a questo link.
L’oggetto del DPCM è la riduzione degli stipendi delle più alte cariche dello Stato (elencate in dettaglio all’art. 1) e dei maggiori stipendi pubblici a un importo mensile di 600 euro. In concreto, si tratta della riduzione delle indennità (non degli stipendi), tanto che vi troviamo scritto: «Si approvano le riduzioni di stipendio […]».
Preliminarmente, tali figure istituzionali non godono di un vero e proprio trattamento retributivo, ma di un’indennità. La Presidenza della Repubblica, il Parlamento, il Consiglio dei ministri e la Corte costituzionale sono organi costituzionali, le cui funzioni sono chiaramente esplicitate nella Costituzione (Parte II - Ordinamento della Repubblica) e, in quanto tali, sono dotati di autonomia amministrativa e regolamentare. In particolare, per i due rami del Parlamento vale il principio dell’autodichia, che ha l’obiettivo di salvaguardare l’organo da qualsiasi ingerenza esterna attraverso un organo giurisdizionale interno.
Un provvedimento come il DPCM serve, invece, a dare attuazione a norme o ad approvare regolamenti e, dunque, non può disporre in merito al funzionamento degli organi costituzionali intervenendo in materia di indennità, soprattutto imponendo al provvedimento una efficacia retroattiva (non impossibile di per sé per un legislatore poco avvezzo al diritto, ma violatrice di diritti acquisiti) e una riduzione drastica degli stipendi, tale da contraddire il principio di ragionevolezza.
Lo stesso vale per la retribuzione dei dipendenti pubblici, regolata da un CCNL, che ha a tutti gli effetti valore di norma di rango primario. Inoltre, il decreto richiama impropriamente gli artt. 77 e 87 della Costituzione, che disciplinano fattispecie differenti dal DPCM.
3. Ragioni diplomatistiche
Il DPCM in commento presenta numerose incongruenze sotto il profilo formale, nonché refusi, imprecisioni lessicali e contenuti sostanziali improvvidi. Ciò, nel complesso, denota carenze marcate di rigore redazionale.
Dal punto di vista formale, una prima incongruenza si riscontra nel protocollo: sopra l’intitolazione di «Gazzetta ufficiale»: mancano le annotazioni relative al decreto-legge 46/2004 sulla spedizione con abbonamento postale (margine sinistro) e quelle che riportano l’anno di pubblicazione in progressione ordinale – il 2020 è l’«Anno 161°» – seguito dal numero di decreto relativo all’anno in corso (margine superiore destro).
I caratteri tipografici utilizzati, sempre nel protocollo del documento in esame, non corrispondono a quelli impiegati dall’Istituto poligrafico e zecca dello Stato per le G.U. di epoca coeva ed il testo non riporta, almeno nella prima pagina, la consueta ripartizione in due colonne.
Si rilevano, per di più, errori di impaginazione e di spaziatura, anche in questo caso con l’utilizzo improprio dei caratteri tipografici e dei moduli: ad esempio, in altri esemplari coevi, «Gazzetta ufficiale» presenta lettere più allungate e l’espressione «si pubblica tutti i giorni non festivi» è qui disposta su un’unica riga, mentre di prassi è riportata su due righe e con un carattere tipografico diverso.
Anche i colori non sono rispettati: la doppia linea di separazione prima dell’avviso alle amministrazioni dovrebbe richiamare i colori della bandiera italiana; le due diciture «SOMMARIO» e subito dopo «DECRETI PRESIDENZIALI» dovrebbero essere in rosso e non in nero. Nel corpo del testo si rilevano altre imprecisioni formali: ad esempio, in esordio, dopo la dicitura «DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI» è omessa la data; mancano anche le tabulazioni all’inizio di ogni paragrafo. Il verbo che reca il nomen juris «decreta» è solitamente al centro e non in grassetto, così come il titolo degli articoli, anch’esso centrato e in corsivo, sebbene non si riscontri una totale uniformità su questo aspetto.
Nell’escatocollo, le sottoscrizioni non sono riportate correttamente: negli esemplari coevi, è di norma indicato il titolo della carica in corsivo e solo il cognome del sottoscrivente, in maiuscoletto; assente anche l’indicazione del redattore e del viceredattore del testo.
A livello generale, si nota la mancanza del numero di pagina centrato nel margine inferiore tra due trattini, che è invece riportato nel margine superiore destro, dopo l’indicazione «Serie generale - n. 62», peraltro sbagliata, perché si riferisce al decreto-legge emanato in data 9 marzo 2020.
Oltre a ciò – elemento di assoluta rilevanza – è del tutto assente il timbro digitale apposto su ogni pagina, che consente di verificare i contenuti e che, insieme alla firma digitale, funge da garanzia di autenticità e integrità dell’atto. Infine, non è riportato il prezzo di vendita di 1 euro e il relativo codice a barre.
Si rilevano, in aggiunta, diverse incertezze linguistiche, come la parola «addì» scritta con l’apocope invece dell’accento o errori di concordanza soggetto-verbo, così come refusi, incoerenze nell’uso delle maiuscole e altre diciture improprie (il decreto «viene immediatamente pubblicato» nella Gazzetta ufficiale), che lasciano supporre una generale mancanza di accuratezza, elemento non trascurabile per questa tipologia di documenti.
4. Ragioni di archivistica speciale
Ogni atto normativo è registrato e identificato secondo la serie, il numero di repertorio (quasi costantemente) e la data di pubblicazione. Tramite questi elementi è possibile ricercare e scaricare la versione digitale dal sito web istituzionale della Gazzetta ufficiale.
Nel documento in esame, non solo in apertura non è indicato il numero dell’atto (e quello riportato nell’intestazione di ogni pagina risulta errato, perché si riferisce a un decreto precedente), ma anche il codice identificativo alfanumerico («20A01528») riportato in chiusura (e inserito, errato, nel sommario) rimanda di fatto a un altro decreto (11 marzo 2020).
Infine, si rileva che il numero di pubblicazione della Gazzetta ufficiale in questione – fatto decisivo per la nostra indagine – non trova riscontro in base a una semplice consultazione delle pubblicazioni all’interno del sito web ufficiale.
L’Istituto poligrafico e zecca dello Stato, quale soggetto produttore della Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, in ottemperanza al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’Amministrazione digitale” e in accordo col Ministero della giustizia, ha permesso l’implementazione di un archivio informatico completo di tutte le pubblicazioni sul sito, rendendole disponibili in formato testuale e grafico, garantendone l’autenticità e la conformità agli atti originali attraverso gli strumenti del timbro e della firma digitale e mettendo a disposizione un applicativo che permette di evidenziare eventuali alterazioni.
5. Conclusioni
Sulla base delle motivazioni esposte in termini giuridici, diplomatistici e di archivistica speciale, considerata la generale mancanza di rigore formale e avendo collazionato il documento con altri atti normativi coevi per meglio identificarne gli elementi contraddittori, si conclude che l’esemplare Gazzetta ufficiale 24 marzo 2020, contenente il DPCM 24 marzo 2020, rappresenta un falso.
Presumibilmente, nelle intenzioni dell’autore, o degli autori, il documento avrebbe voluto essere una provocazione rivolta alla cd. “casta”, invitata a sopravvivere con la cifra di 600 euro al mese, che corrisponde all’importo del bonus INPS messo a disposizione di autonomi e partite IVA dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18.
* Quest’articolo è il frutto di un’esercitazione di diplomatica contemporanea e di archivistica speciale degli Allievi della Scuola di archivistica, paleografia e diplomatica annessa all’Archivio di Stato di Venezia.
Abbiamo anche realizzato un video YouTube, con la partecipazione straordinaria di Luciana Duranti della University of British Columbia di Vancouver (Canada), con il quale è possibile ripercorrere rapidamente questo articolo: il link.
[1] E. Casanova, Archivistica, Siena, Lazzeri, 1928; C. Paoli, Diplomatica, Firenze, Le lettere, 1987 (rev. Bascapè); P. Carucci, Il documento contemporaneo. Diplomatica e criteri di edizione, Roma, Carocci, 1987; L. Duranti, Diplomatics. New uses for an old science, Scarecrow Press, 1998; A. Pratesi, Genesi e forme del documento medievale, Roma, Jouvence, 1999. Per il nostro discorso, si veda soprattutto F. Valenti, Nozioni di base per un'archivistica come euristica delle fonti documentarie, in particolare il paragrafo Archivistica e diplomatica a p. 147 e s. (disponibile anche on-line: http://www.archivi.beniculturali.it/dga/uploads/documents/Saggi/Saggi_57.pdf).