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Uomini e donne avvocati, così come uomini e donne dipendenti di studio, hanno diversi registri linguistici

Quali? Vediamoli
The kiss, Gustav Klimt, 1908, sterreichische Galerie Belvedere
The kiss, Gustav Klimt, 1908, sterreichische Galerie Belvedere

Che uomini e donne siano diversi in molteplici ambiti della vita è una cosa sotto gli occhi di tutti. Che i famosi due pianeti, Marte e Venere, spesso abbiano problemi a comunicare e capirsi, è altrettanto esperienza di tutti, sia in ambito professionale che privato.

La comunicazione, dunque, ha le sue diversità di genere e uomini e donne hanno sviluppato nel tempo registri linguistici differenti; alcuni motivi sono principalmente culturali e antropologici; altri trovano la loro ragione a livello neurologico con differenze che rendono il cervello maschile e femminile “cablati” diversamente.

Tutto questo porta a differenze nella comunicazione che si manifestano in tutti gli aspetti della vita, dalla comunicazione in coppia alla comunicazione in ufficio.

 

Agire o parlare?

Partiamo da una prima considerazione: gli uomini sono per natura più portati all’azione, mentre le donne sono più portate alla relazione. Da questa apparente piccola differenza discendono grandi diversità nell’approccio alle situazioni. Mentre un uomo di fronte ad un problema tenderà ad agire, magari impulsivamente e quindi senza una strategia definita, la donna tenderà a parlare del problema: ha necessità di confrontarsi, di relazionarsi e solo dopo di affrontarlo.

Ovviamente tutto ciò che diremo è frutto di generalizzazioni, perché esistono poi le soggettività specifiche: ci sono donne più intraprendenti e impulsive di un uomo e donne che non amano tante parole e confronti; così come è vero il contrario per gli uomini: molti son insicuri e hanno bisogno di confronto e soprattutto di conferme.

Ma torniamo alla differenza di genere e cerchiamo di capire il perché di questa diversità.

 

La natura è alla base di tutto

Per capire le ragioni antropologiche che ci hanno portato ad essere così diversi, dobbiamo partire dalla natura, dove tutto ha origine. Se lasciamo un attimo da parte la morale e ogni aggiunta che la cultura ha nelle generazioni prodotto, la considerazione da cui dobbiamo muovere è perché la natura ha previsto per l’animale uomo due generi, maschile e femminile. La ragione è ovviamente legata alla riproduzione per la continuazione della specie. Se la natura avesse previsto la riproduzione per partogenesi o per segmentazione o gemmazione, avremmo risolto tutti i nostri problemi: niente più maschio e femmina, bastava un solo genere che si riproduceva da sè. E invece no! La natura ha voluto complicare le cose e ha previsto che i due, maschio e femmina, dovessero interagire. Ed eccoci qui, con tutte le complicazioni del caso. Poi la cultura ci ha messo il carico da novanta, con il romanticismo, la seduzione (questa c’è anche in natura in verità) la morale etc. etc.

Torniamo ai due nostri ominidi, maschio e femmina. Il primo è stato dotato dalla natura di maggiore forza muscolare e gli è stato dato l’incarico di difendere la famiglia e di procurare cibo. Alla seconda, invece, è stato dato l’incarico di mettere al mondo figli e di curarne la crescita. Ecco che da questi due ruoli dipartono due strade culturali e antropologiche diverse.

L’uomo storicamente andava a caccia con altri simili, uno accanto all’altro in cerca di prede e passava intere giornate in silenzio, nella foresta ad aspettare il momento giusto per agire. Interazione con i propri simili zero o quasi.

La donna restava a casa a prendersi cura dei pargoli. Questi piangevano ed emettevano gemiti per richiamare la sua attenzione. La relazione face to face era essenziale per capire al volo di cosa avesse bisogno il pargolo.

Provate ora a moltiplicare queste situazioni per migliaia di anni, per migliaia di generazioni ed eccoci qui oggi.

 

Empatia e neuroni specchio

La donna ha così sviluppato nei millenni una quantità maggiore, molto maggiore, di un particolare tipo di neuroni, i “neuroni specchio”, come li ha chiamati lo scienziato italiano Giacomo Rizzolati che a fine anni ’90 li ha scoperti presso l’Università di Parma.

Per inciso: questa scoperta è stata rivoluzionaria e paragonata alla scoperta del DNA, ma come capita spesso noi italiani siamo bravi a far parlare di noi solo per gli scandali e non per le scoperte che ci rendono famosi. Chiuso l’inciso.

L’esposizione della donna ad un rapporto face to face con un altro essere ha fatto sì che la stessa sviluppasse un set di neuroni specchio molto ampio e ciò ha portato la donna ad essere molto più empatica dell’uomo. I neuroni specchio, infatti, sono motoneuroni che riflettono, rispecchiano appunto, le azioni e i sentimenti di chi si ha di fronte. La donna ha in sostanza molta più capacità di immedesimarsi nelle emozioni altrui e di entrare in contatto emotivo con il proprio interlocutore. Questo comporta, però, che il proprio interlocutore instauri una relazione face to face, cioè una relazione dove entrambi sono nel campo visivo uno dell’altro. Da qui si capisce perché per una donna è molto importante quando si relaziona con un interlocutore che questo la guardi, si dedichi a lei. Vi sarà capitato di trovarvi sul divano la sera con la vostra partner e sentirsi dire “hey, sto parlando con te”. Al che molti di noi maschietti hanno risposto: “lo so, ti sto sentendo”. E da qui è cominciato il rimpallo: “si, ma se non mi guardi, la sensazione è che non mi ascolti”. Allorchè avete controbattuto: “cara, io ascolto con le orecchie e non con gli occhi, non ho bisogno di guardarti per ascoltare ciò che dici”. Da questo loop non ne siamo più usciti.

 

Pronti all'azione

Sempre il nostro ominide, questa volta uomo, mentre la donna curava i figli andava a caccia. Non era necessario parlare, bastavano pochi gesti per capirsi e pochi suoni. Per ore intere i nostri cacciatori stavano nascosti dietro un cespuglio in attesa del momento propizio e poi zac! A questo punto ciò che si richiedeva era una buona capacità di orientamento spaziale per ritrovare la via di casa. Ed ecco la famigerata capacità di orientamento che caratterizza più l’uomo della donna.

Avete mai visto due uomini seduti al bar? Uno accanto all’altro con visuale sull’ingresso per vedere la “fauna” che entra. Siamo rimasti cacciatori.

E due donne al bar? Una seduta di fronte all’altra, nella stessa postura e con sguardi intensi occhi negli occhi.

Generi diversi, comportamenti diversi, comunicazione differente.

 

Come ci comportiamo in studio

Completiamo il nostro excursus antropologico-culturale giungendo ai giorni nostri. In ufficio quel cacciatore e quella mamma restano tali nel proprio dna biologico e antropologico. Possiamo vestirli con giacca e cravatta, gonna e tacchi, ma la natura resta tale. Ed eccoci ai due che non riescono a comunicare in riunione, oppure in ufficio.

Avrete notato come in riunione sono sempre gli uomini a parlare di più, a dire la loro per primi, a non fare troppe domande e a non ascoltare gli altri. In riunione gli uomini sono quelli che si distraggono più spesso, che escono più spesso per parlare al telefono, che scarabocchiano sul foglio.

Le donne sono solitamente più ascoltatrici, più attente, prendono appunti, fanno domande, chiedono di specificare, guardano chi sta parlando e seguono con cenni del capo.

Trasliamo il nostro scenario in studio dove entra in stanza dal capo o dal collega una donna e chiede qualcosa o comunica qualcosa. Di solito il nostro interlocutore maschio non alza neppure la testa dal computer e va avanti nelle proprie attività digitando sulla tastiera. A questo punto sentite cambiare il tono di voce della vostra collega: sta chiedendo attenzione. La “sua” attenzione è fatta anche di sguardi dedicati, di smettere di fare altro e per poco dedicarsi esclusivamente a ciò che vi sta chiedendo.

Stesso discorso vale quando una donna vi fa una domanda e noi maschietti continuiamo a digitare sul cellulare…

In conclusione, siamo diversi e questa diversità anche nella comunicazione va rispettata se vogliamo instaurare relazioni efficaci e soddisfacenti. Senza addentrarci ora, ma ci riserviamo di farlo nelle prossime puntate, nelle diversità linguistiche dei due generi, ci basterebbe apportare questi primi cambiamenti nell’atteggiamento comunicativo per riscontrare i primi benefici immediati, anche in studio, con colleghi e clienti.