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Usi l’email della mia azienda per scopi personali? Io ti licenzio, se posso

Licenziamento
Licenziamento

Può essere licenziato il dipendente che durante l’attività lavorativa invia email con l’account aziendale? A questo quesito ci chiarisce le idee la Suprema Corte di Cassazione con una recente pronuncia del 22 maggio 2019, n. 13865.

Con sentenza di primo grado, il Tribunale aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa da parte di una società nei confronti del proprio dipendente e condannato l’impresa datrice di lavoro alla reintegrazione del lavoratore ed al pagamento dell’indennità risarcitoria di dodici mensilità della retribuzione globale.

La società proponeva ricorso alla Corte d’appello di Napoli, contestando lo svolgimento, durante l’orario di lavoro, da parte del dipendente, di attività lavorativa del tutto diversa a quella prevista dal contratto, con utilizzazione anche dell’email aziendale.

Dalla documentazione fornita era emerso che soltanto cinque delle undici email indicate nella lettera di contestazione del datore di lavoro, risultavano elaborate, inviate, o ricevute nel corso dell’orario di lavoro e che il dipendente, autorizzato a svolgere la propria attività in forma di telelavoro per tre giorni a settimana, non aveva arrecato alcun danno alla società datrice con l’attività extra contrattuale, in quanto questa non risultava concorrenziale al lavoro dell’azienda datrice, non induceva ad un abbassamento della produttività della società. Inoltre, in sede di appello era emerso che l’attività di invio di email veniva svolta sporadicamente dal dipendente.

Respinto, quindi, il ricorso dalla Corte di Napoli, la società ha proposto ricorso in Cassazione, sulla base dei seguenti motivi:

1. la ricorrente contestava quanto stabilito dalla sentenza impugnata per non avere ricondotto la fattispecie accertata a quanto previsto dal contratto collettivo che sanzionava con l’espulsione, con o senza preavviso, lo svolgimento, senza autorizzazione, di lavoro per conto proprio o di terzi mediante impiego di beni aziendali;

2. anche se di lieve entità, la società riteneva che la condotta del dipendente andava comunque sanzionata con l’espulsione, ossia con il licenziamento con preavviso;

3. la ricorrente, poi, denunciava la mancata applicazione dei principi affermati dal giudice di legittimità in tema di accertamento della sussistenza della giusta causa di licenziamento;

4. la società, inoltre, lamentava la mancata considerazione dei contenuti delle email dai quali emerge il compimento di un’attività espletata per conto di terzi, oltre che della posizione rivestita dal dipendente nella società, vale a dire utente privilegiato con poteri di amministrazione di sistemi e sicurezza degli stessi.

Secondo la Cassazione, tenendo conto che solo cinque delle undici email contestate dalla società sono state inviate durante le ore di lavoro dal dipendente e data la lieve entità del lavoro svolto per conto proprio o di terzi, senza sottrazione di materiale dell’azienda datrice, anche se con uso di attrezzature dell’azienda stessa, detta fattispecie va punita con sanzione conservativa e non con l’espulsione.

Quest’ultima ipotesi richiede che vi siano state circostanze che comportavano “un grave nocumento morale o materiale” o per condotte compiute in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro che costituivano delitto a termini di legge, presupposti, questi, non ricorrenti nel caso di specie.

La Corte cita diverse ipotesi punibili con il licenziamento con preavviso, quali:

1. la rissa nello stabilimento fuori dai reparti di lavorazione;

2. l’abbandono del posto di lavoro da parte di personale con mansioni di sorveglianza, controllo, custodia ecc.;

3. le assenze ingiustificate prolungate oltre quattro giorni consecutivi o assenze ripetute per tre volte in un anno nel giorno seguente alle festività o alle ferie.

In sostanza: “si tratta di condotte connotate sotto il profilo oggettivo dalla concreta idoneità delle stesse a influire in vario modo sulla funzionalità dell’organizzazione dell’impresa o sulla serenità dell’ambiente di lavoro, caratteristiche obiettivamente non riscontrabili nell’invio sporadico da parte del dipendente di alcune mail relative ad altra attività, mediante l’utilizzo della mail di proprietà aziendale”.

Per quanto riguarda la giusta causa di licenziamento, secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, questa deve rivestire il carattere di grave negazione di elementi essenziali del rapporto di lavoro, quale l’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare la gravità dei fatti contestati al lavoratore, le circostanze nelle quali sono stati commessi e la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario sia tale da giustificare la massima sanzione disciplinare.

Per le ragioni sopra esposte, la Cassazione ha ritenuto sproporzionata l’applicazione della sanzione espulsiva da parte dell’azienda nei confronti del dipendente e, pertanto, ha rigettato il ricorso della società e condannato il ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità.