Corretta valutazione dei rischi contenuta nel DVR

misure cautelari autonormate e responsabilità per colpa
La città muta - Luci (VII)
Ph. Anuar Arebi / La città muta - Luci (VII)

*Contributo sottoposto con esito positivo a referaggio secondo le regole della rivista

 

Tribunale di Livorno, sezione penale, 23 novembre 2020, n 1220, dep. 7 gennaio 2021. - GIUD. Raffaelli – IMP. C.F.R.

All’esito del dibattimento, dunque, è emerso come il cedimento del grigliato che ha cagionato l’infortunio oggetto del presente processo fosse – per il datore di lavoro – assolutamente imprevedibile, in quanto ricollegato ad un difetto di costruzione del grigliato, in alcun modo visibile. Conseguentemente non pare raggiunta la prova che la condotta di C. sia stata, in effetti colposa, avendo questi posto in essere misure idonee e adeguate ad evitare l’evento ed avendo egli posto in essere una serie di procedure finalizzate ad assicurare l’effettività delle misure poste in essere. L’evento, conseguenza imprevedibile di un difetto di fabbricazione, non è dunque in alcun modo attribuibile ad una condotta colposa del datore di lavoro; misure idonee a evitarlo, pur se astrattamente ex post ipotizzabili, non erano ex ante esigibili, dovendo il datore di lavoro adottare misure idonee ad evitare tutti i rischi previsti e prevedibili, ma non anche i rischi assolutamente imprevedibili e inimmaginabili (così Cass. N 53455/2018, Rv 274500).

 

Abstract

Il presente contributo partendo dall’analisi della vicenda giudiziaria che ha visto inizialmente coinvolto (poi assolto) un Datore di Lavoro di uno stabilimento industriale per lesioni colpose cagionate ad un proprio dipendente, pone l’attenzione sul DVR, sulla sua finalità preventiva e di implementazione di un adeguato sistema per la gestione della sicurezza in ambito lavorativo. Tale documento, rilevante ai sensi dell’art. 43 c.p. come “disciplina” deriva da un processo di autonormazione interno all’azienda e diviene per ciò stesso fondamentale nell’individuazione, valutazione e prevenzione dei rischi da infortunio. Da esso discendono misure cautelari specifiche, finalizzate a prevenire il realizzarsi di eventi lesivi dell’integrità fisica dei lavoratori. Da esso conseguono poi gli ulteriori obblighi di informazione, formazione ed addestramento così come previsti dal TUSL. Il DVR integra quindi l’aspetto oggettivo e soggettivo della responsabilità colposa escludendola nel caso in cui, applicate le norme cautelari specifiche da esso derivanti, l’evento risulti imprevedibile o non immaginabile. Il richiamo infine contenuto nell’art. 30 D.Lgs. 81/08 ad un sistema aziendale che sia in grado di garantire l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi alla valutazione dei rischi e alla predisposizione di tutte le misure cautelari conseguenti comporta l’inclusione della procedura di valutazione dei rischi all’interno del modello 231.

 

Abstract

Starting from judicial procedure which initially charged the employer of a petrochemical plant (who then has been acquitted) to have caused employee’s negligent injuries, this event shows DVR relevance to prevent and implement an internal safety management system. This document as a “discipline” cited by article 43 of Italian penal code descends from company internal process coming to be a fundamental instrument in identifying, evaluating and preventing risks accident. Precautionary measures flow from it finalized to impede any accident which poses the safety employees at risk. Information, education and training duties even come from it as required by TUSL. The DVR completes negligent responsibility which is being left out when the accident couldn’t have been predicted in any manner. Article 30 of D.Lgs. 81/08 quoting an internal management system which is able to realize a correct risk evaluation and develop consequent precautionary measures entails risk evaluation in the 231 model.

 

Sommario

1. La vicenda giudiziaria in esame.  

2. Gli obblighi di sicurezza del datore di lavoro e l’importanza del DVR in ambito lavorativo.

3. Il conseguente obbligo di informazione, formazione ed addestramento.

4. La disciplina cautelare: normazione, autonormazione e soft law.

5. Il complicato rapporto fra evento prevedibile e responsabilità per colpa del datore di lavoro.

6. La misura soggettiva della colpa: l’esigibilità del comportamento in ambito aziendale.

7. L’obbligo di aggiornamento delle misure cautelari autonormate.

 

Summary

1. The legal process event

2. The employer safety duties and the DVR relevance during working activity

3. Information duty, education and training

4. Precautionary protocol: regulation self-made processing and soft law

5. The relationship between foreseeable event and the employer negligent responsibility

6. The negligent responsibility: eligible employee behavior  

7. The duty of keeping self-made precautionary measures well updated

 

1. La vicenda giudiziaria in esame

La decisione che si commenta riguarda un infortunio sul lavoro verificatosi presso lo stabilimento della società E.P. di Collesalvetti.

Il giorno 6 dicembre 2013 L.C. persona offesa dal reato si trovava al lavoro presso l’impianto di demineralizzazione delle acque; intorno alle ore 17.30, essendosi reso conto che c’erano alcuni problemi con la sezione neutralizzazione dell’impianto uscì dalla sala controllo per verificare di persona cosa fosse successo. Avendo rilevato che uno dei filtri asserviti all’impianto risultava intasato, aveva deciso di svitare il filtro e per fare questo si era recato nei pressi del pozzetto dove doveva operare che risultava coperto da un grigliato. All’improvviso, mentre era intento all’esecuzione delle operazioni di svitamento del filtro, il grigliato cedette e L.C. cadde nel pozzetto procurandosi gravi lesioni personali con prognosi di 63 giorni.

Il direttore dello stabilimento C.F.R. veniva sottoposto a procedimento penale per aver commesso il delitto previsto e punito dall’art. 590 commi 2 e 3, perché in qualità di datore di lavoro presso lo stabilimento E.P spa, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia ed inoltre in violazione del disposto dell’art. 64, comma 1 lett. a) e c) del D.Lgs. 81/08, (T.U.S.L.) in particolare omettendo di predisporre un piano di manutenzione periodica dei grigliati metallici e relativi supporti incidenti sul piano di calpestio, cagionava al dipendente L.C. lesioni personali consistite nella frattura della VII, VIII e IX costa sx, PNX apicale sx con prognosi della durata complessiva superiore a 40 gg.

Nessuna contestazione invece nei confronti dell’ente proprietario dello stabilimento nonostante l’articolo 25-septies del D.Lgs. 231/01.

Durante l’istruttoria dibattimentale è emerso che nello stabilimento vigeva una procedura di manutenzione edile per stabili e palazzine che era svolta annualmente sulla base di verifiche visive. Vi era poi una procedura settimanale per la verifica ed i controlli sulle zone di impianto. Detta verifica includeva anche verifiche di tipo visivo sui calpestii e sulle grate. Settimanalmente dunque personale incaricato verificava lo stato delle griglie indicando se fossero necessari lavori di manutenzione. Durante una riunione periodica di sicurezza era stato affrontato lo specifico tema relativo ai grigliati in quanto nell’aprile 2013 era accaduto un near miss (un non infortunio sul lavoro, ma un evento che avrebbe potuto portare ad un infortunio) consistito nella caduta di un operaio su un grigliato. Le verifiche effettuate a seguito di tale evento avevano riscontrato che il problema era intervenuto in quanto il grigliato, non opportunamente fissato, era scivolato verso il basso. Tuttavia il direttore dello stabilimento, imputato nel caso in esame, aveva dato istruzioni affinché fosse verificato il corretto fissaggio di tutti i grigliati presenti nello stabilimento.

Dalla deposizione di alcuni testi era emerso che il grigliato all’origine dell’infortunio occorso ad L. era stato costruito in modo assolutamente anomalo. Infatti di norma i tombini e i grigliati poggiano su quattro lati, su una struttura in cemento armato, per cui i bordi metallici sono sorretti adeguatamente da piloni, mentre la griglia in oggetto poggiava su un supporto metallico “appeso” ovvero semplicemente appoggiato sui bordi del pozzetto. Tale circostanza non era visibile dall’esterno, neppure rimuovendo il grigliato (in quanto si poteva vedere soltanto il bordo di metallo che in ogni caso viene collocato sopra le strutture in cemento armato), e sarebbe stata visibile solo sporgendosi con la testa all’interno del pozzetto, una volta rimosso il grigliato stesso.

A seguito dell’infortunio occorso al L.C. furono controllati tutti i grigliati presenti in impianto, ma emerse che solo quello dove accadde l’incidente era stato costruito in maniera così anomala.

È emerso inoltre che le procedure di manutenzione previste nel DVR ed effettivamente seguite all’interno dello stabilimento consideravano anche il rischio relativo ai grigliati, prevedendo un controllo di tipo visivo seguito se necessario dagli opportuni interventi di ripristino. Detto controllo è risultato del tutto adeguato al tipo di rischio correlato all’uso dei grigliati: il rischio la cui concretizzazione è occorsa nell’infortunio del L.C. era invece un rischio del tutto imprevedibile, collegato alla non corretta realizzazione e costruzione del grigliato.

D’altro canto che il controllo meramente visivo sia stato considerato anche una adeguata ottemperanza alle prescrizioni ASL non fa che confermare che si tratta di un controllo sufficiente e che altri tipi di controlli, diversi e più invasivi quali ad esempio prove di carico, non solo non erano necessari e nemmeno esigibili per grigliati dello stesso tipo di quello in oggetto, ma non avrebbero nemmeno evitato l’evento infortunistico di L.C.

Sulla base di queste considerazioni il Giudice ha ritenuto non sussistere alcun profilo di responsabilità penale a carico del datore di lavoro in quanto il difetto era del tutto “imprevedibile” ed “inimmaginabile” a priori.

 

2. Gli obblighi di sicurezza del datore di lavoro e l’importanza del DVR in ambito lavorativo.

Il sistema di sicurezza sul lavoro è tradizionalmente fondato su diverse figure di garanti che incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e funzionale. Sin dalla normativa degli anni cinquanta le principali figure venivano individuate nel datore di lavoro, nel dirigente e nel preposto a cui successivamente è stato aggiunto il servizio di prevenzione e protezione con il suo responsabile, il medico competente ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Esse sono per la prima volta definite in modo compiuto nel T.U.S.L. che ne tratteggia ruoli, competenze ed obblighi.[1]

Di grande interesse l’art. 299 del T.U.S.L. che ha formalizzato il principio di effettività secondo cui la concreta estrinsecazione dei ruoli all’interno dell’organizzazione è il principale elemento per soppesare le responsabilità gestorie. In altre parole dalla sua formulazione si evince che l’acquisizione della qualifica di datore di lavoro, dirigente o preposto può certamente avere luogo per effetto di una formale investitura, ma anche a seguito dell’esercizio in concreto di poteri giuridici riferiti alle diverse figure.[2]

Altri importanti elementi sono la valutazione dei rischi e l’elaborazione del relativo documento previsto dall’art. 28 T.U.S.L. ed il modello organizzativo inerente alla responsabilità dell’ente di cui all’art. 30 T.U.S.L. Il primo di cui parleremo nel dettaglio fra breve, contiene la valutazione dei rischi per i lavoratori, l’individuazione di misure di prevenzione e protezione, l’individuazione delle procedure, nonché dei ruoli che vi devono provvedere, affidati a soggetti muniti di adeguate competenze. Il secondo invece, cui facciamo solo brevi cenni, richiede un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio lavorativo.[3]

Il ruolo di vertice dell’organizzazione e di gestore del rischio rende il datore di lavoro destinatario primario degli specifici obblighi imposti dalla normativa prevenzionistica ed in particolare delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro di cui all’art. 15 T.U.S.L.[4]

Ovviamente però tale ruolo non rende il datore di lavoro automaticamente responsabile di qualsiasi accadimento; nelle organizzazioni complesse si assiste ad un intreccio di ruoli e allora diviene doveroso delimitarne le relative sfere di responsabilità per evitare il rischio di imputazioni da posizione.[5]

Alcuni obblighi del datore di lavoro gli sono propri ai sensi dell’art. 17 del T.U.S.L. e non sono delegabili: la corretta valutazione dei rischi e l’elaborazione del relativo documento, nonché la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Altri obblighi sono contenuti nell’art. 18 T.U.S.L. e sono ripartiti secondo le attribuzioni e le competenze fra datore di lavoro e dirigente.

La decisione in commento ha posto l’accento in particolare sul DVR e sulla sua completezza quale presupposto necessario per iniziare ad escludere un profilo di responsabilità colposa del direttore di stabilimento per l’evento lesivo occorso al lavoratore L.C.

La valutazione dei rischi definita dalla lettera q) dell’art. 2 T.U.S.L. è costituita dall’analisi globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività lavorativa, ed è finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione, di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza. Si richiede cioè che lo strumento sia dinamicamente proiettato “in avanti” nella prospettiva del miglioramento e dell’adeguamento continuo.[6] Il debito di sicurezza gravante sulla figura datoriale è in primo luogo di tipo cognitivo, è un dovere di sapere, di prendere cognizione, di acquisire conoscenze[7] e consiste nella precisa individuazione in virtù della sua posizione di prossimità all’attività produttiva, di tutti i rischi innescati da essa (risk assessment) (art. 15 lett a), art. 28 comma 1 T.U.S.L.). Secondariamente è un obbligo di tipo regolativo ed organizzativo: dall’individuazione dei rischi deve seguire nel DVR l’indicazione delle misure di prevenzione e protezione adeguate e le procedure organizzative per l’attuazione delle stesse.[8]

I compiti di sicurezza poi si declinano in obblighi ulteriori (non solo al datore di lavoro ma anche al dirigente) di comunicazione del rischio mediante attività formative, informative e di addestramento (risk communication) e di gestione operativa dei rischi correttamente individuati (risk management).

Si dica infine che la valutazione dei rischi contenuta nel DVR ha un contenuto dinamico in quanto ne è prescritta la immediata rielaborazione in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’assetto organizzativo in grado di incidere sulla sicurezza, o in caso di evoluzione della disciplina tecnica, o a seguito del verificarsi di infortuni, o infine quando gli esiti della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità (art. 29 comma 3 T.U.S.L.). Lo stesso contenuto dinamico riguarda anche l’obbligo di aggiornamento delle misure di prevenzione all’esito della rielaborazione della valutazione o in conseguenza dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche.[9] Infatti il datore di lavoro deve intervenire ed aggiornare le misure di prevenzione secondo la migliore scienza ed esperienza.[10]

Dall’inadeguatezza o mancanza del DVR non discende automaticamente un addebito colposo in relazione ad uno specifico evento lesivo. Il rimprovero di colpa potrà essere mosso solamente se, dalla valutazione dei rischi contenuta nel documento, effettuata con l’utilizzo delle migliori conoscenze scientifiche e tecniche in quel dato momento, avrebbero dovuto essere conseguentemente emesse misure cautelari che sarebbero state in grado di evitare l’infortunio.

L’obbligo della valutazione del rischio e della redazione del relativo documento hanno radicalmente mutato il sistema prevenzionistico; infatti la disciplina cautelare non è più fondata solo su norme ampie e generali come l’art. 2087 cod. civ. o da altre prescrizioni normative ad impronta generalizzante ma anche sulla valutazione delle peculiarità di ciascuna attività, dei rischi che la caratterizzano e degli strumenti di prevenzione che ne discendono.[11]

È stato recentemente affermato che questo strumento, di analisi e governo del rischio non solo modella profondamente l’organizzazione della sicurezza del lavoro ma interessa da vicino il diritto penale, infatti l’autonormazione de quo si coniuga con le regole cautelari di fonte pubblica e rileva nella valutazione delle condotte tenute. La colpa ne acquisisce quindi maggiore determinatezza.[12]

Nel caso in esame il giudice ha rilevato l’adeguata valutazione del rischio, l’idonea individuazione delle misure atte non solo a mitigarne l’accadimento ma anche ad impedirne la verificazione; le procedure di manutenzione previste nel DVR ed effettivamente seguite all’interno dello stabilimento consideravano anche il rischio relativo ai “grigliati”, prevedendo un controllo di tipo visivo seguito se necessario dagli opportuni interventi di ripristino.

 

3. Il conseguente obbligo di formazione, informazione ed addestramento.

La decisione che si commenta ha altresì posto il tema sul grado di informazione che partendo dal DVR deve poi essere declinata ai lavoratori. Come è stato evidenziato nella motivazione, a seguito di un near miss (quasi infortunio) erano state fatte riunioni periodiche di sicurezza in cui il tema dei grigliati era stato ampiamente trattato e declinato ai lavoratori. Le procedure di manutenzione incluse nel DVR erano state riviste prevedendo un maggiore controllo ritenuto dal giudice “adeguato” al rischio connesso alla presenza di grigliati.

Come sappiamo la normativa specifica pone insieme all’obbligo di analisi e governo del rischio anche l’ulteriore obbligo di trasmettere al lavoratore le informazioni sui rischi e sulle misure di sicurezza ad esso pertinenti, contenute nel DVR, nonché di formarlo ed addestrarlo ad eseguire correttamente ed in modo sicuro le mansioni a lui affidate.

Se non ci fosse la declinazione ai lavoratori di tutte le informazioni sui rischi, tratte dalla valutazione di essi, con la specifica indicazione delle misure da adottare in casi specifici, l’analisi ed il governo del rischio in ambito lavorativo sarebbe svuotato di significato.

Senza la piena conoscenza dei rischi e delle insidie che si annidano in ciascuna attività lavorativa e delle misure di prevenzione pertinenti, non può esserci la necessaria attenzione né possono esserci o pretendersi l’adozione di precauzioni efficaci.

Sappiamo inoltre che l’obbligo di cui si parla costituisce una parte importante dell’analisi sulla responsabilità penale in caso di infortuni. Si assiste frequentemente nell’esperienza giudiziaria alla verifica di un deficit di informazione e formazione del lavoratore quale causa o concausa di sinistri e fonte di responsabilità colposa.

La giurisprudenza di legittimità – come ci ricorda una importante dottrina – ha ripetutamente tratteggiato i contenuti dell’obbligo di formazione gravante sul datore di lavoro in tema di prevenzione degli infortuni. Questi ha l’obbligo di assicurare ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni, in maniera tale da renderlo compiutamente edotto sui rischi inerenti ai lavori cui è addetto, senza che abbia rilievo, nel senso di escludere siffatto obbligo, la circostanza di una destinazione occasionale del lavoratore rispetto le mansioni abituali oppure il personale bagaglio di conoscenze del lavoratore formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa.[13]

Tale obbligo è sancito dalla lettera l) dell’art. 18 e poi specificamente nei successivi artt. 36 e 37 T.U.S.L. Ma già nelle norme di apertura – art. 2 comma 1 lett bb) – il T.U. è particolarmente attento all’argomento. Secondo tale ultimo articolo “l’informazione” è il complesso di attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione ed alla gestione dei rischi in ambito lavorativo. Si sostanzia in un trasferimento dal datore di lavoro al lavoratore di tutte quelle nozioni che sono necessarie per identificare e gestire i rischi, assicurando al lavoratore non solo la conoscenza di rischi specifici connessi alla propria mansione ma anche una consapevolezza sul ciclo produttivo in cui egli opera; solo in questo modo le scelte del lavoratore durante le fasi di lavoro potranno non compromettere la sicurezza propria o altrui.[14]

La “formazione” è un processo educativo che ha il fine di trasferire ai lavoratori e agli altri soggetti coinvolti conoscenze e procedure utili allo svolgimento in sicurezza dei compiti aziendali ed alla identificazione, riduzione e gestione dei rischi (art. 2 comma 1 lett aa).[15] Fine ultimo dell’attività formativa è quindi l’educazione consapevole degli attori della sicurezza in azienda: i destinatari devono acquisire le competenze cognitive e comportamentali necessarie a fronteggiare il rischio che accadano infortuni. Al termine del processo di formazione il lavoratore dovrebbe essere in grado non solo di identificare i rischi ma anche di agire di conseguenza.

“L’addestramento” è infine quel complesso di attività per far apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi di protezione individuale oltre alle procedure di lavoro (art. 2, comma 1, lett cc).

Le attività di informazione, formazione ed addestramento servono in sostanza per trasferire al lavoratore le conoscenze possedute dal datore di lavoro in ordine alla pericolosità dell’attività svolta. Il principio che ne è alla base è molto semplice: solo il lavoratore che conosce i pericoli cui è esposto può prendersi cura di sé medesimo e dei compagni di lavoro così come previsto dall’art. 20 T.U.S.L.[16]

Ci sembra di poter dire che il sistema tratteggiato dal T.U.S.L. ha in questo modo una sua linearità, dispiegandosi fra datore di lavoro e lavoratore: quanto più il lavoratore sarà messo in grado di gestire autonomamente il rischio, perché adeguatamente informato, formato ed addestrato, tanto più il datore di lavoro dovrebbe veder limitata la propria responsabilità.

Sul piano teorico, un lavoratore ben formato dovrebbe essere tenuto a rispondere degli eventi rientranti nell’area di rischio che egli è stato addestrato a gestire. Per contro a carico del datore di lavoro oltre ad un obbligo generale di vigilanza dovrebbe rimanere solo una responsabilità per i rischi che non possono essere autonomamente fronteggiati dai lavoratori.[17]

Ma l’orientamento della giurisprudenza è solo in parte coerente con il dato normativo; secondo la giurisprudenza maggioritaria infatti il datore di lavoro è chiamato, nonostante l’informazione, la formazione e l’addestramento del lavoratore ad una attività di controllo ai limiti della “pedanteria” per verificare che le norme antinfortunistiche siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi lavorativa.[18]

È stato affermato che l’obbligo di controllo sul lavoratore andrebbe definito in rapporto all’effettiva estensione della posizione di garanzia ricoperta dal datore di lavoro. A quest’ultimo compete l’organizzazione del lavoro e così facendo egli si spoglia del dominio attuale sulle singole fasi dell’attività industriale.

La formazione del lavoratore rientra nel concetto di organizzazione, visto che possono essere addetti allo svolgimento delle attività lavorative solo i lavoratori che sono stati adeguatamente formati.[19]

Il datore di lavoro allora dovrebbe rispondere solo degli eventi che rientrano nella propria sfera di signoria, mentre per tutto il resto egli dovrebbe poter fare affidamento sugli altri attori della sicurezza. Infatti la legge pone a carico dei preposti e non del datore di lavoro l’obbligo di vigilare sull’attività dei lavoratori.

Ciò conferma l’esistenza in capo al datore di lavoro di un dovere di controllo periodico, di carattere generale, sull’adeguatezza del sistema di sicurezza aziendale salvo un dovere di immediato intervento correttivo nel caso di inaffidabilità del lavoratore.[20]

È però evidente a questo punto che gli obblighi di informazione, formazione ed addestramento dei lavoratori hanno una enorme finalità cautelare.[21] Il datore di lavoro risponderà degli eventi infortunistici che siano conseguenza dell’omessa formazione. Bisognerà quindi verificare che l’evento verificatosi rappresenti la concretizzazione del rischio che l’attività di informazione, formazione ed addestramento mirava ad evitare.

Ma su questi temi relativi alla prevedibilità dell’evento e concretizzazione del rischio tratteremo più avanti.

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Sistema 231

 

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