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Volto di madre

Essere madre, fare la madre, oltre la nascita, nella vita
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Volto di madre

Molte donne fanno di tutto per diventare madri ma bisognerebbe chiedersi prima cosa o chi significhi essere madre.

Il pedagogista Daniele Novara scrive: “Una nuova figura di genitore si aggira nella vita dei figli, mai vista nei tempi passati: la super-mamma! Quali sono le sue caratteristiche? La prima e più essenziale è la dedizione, a tempo pieno, alla causa dei figli. […] Purtroppo questa mamma rischia di non essere all’altezza di quello che è il più semplice dei compiti educativi: stabilire la giusta distanza dai figli per consentire la loro autonomia”. Dalla seconda settimana dal concepimento comincia a formarsi la placenta che cresce man mano nell’utero così l’embrione, prima, e il feto, poi, si prende il suo spazio rispetto al grembo materno e il primo organo che si forma è il cuore per far sentire la sua presenza. La madre, dato il suo fisiologico attaccamento al figlio, deve continuamente partorirlo e comprendere che è altro da sé. Deve dargli gradualmente e crescentemente la vita e quanto gli occorre. Ogni fanciullo ha il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione e i genitori devono guidarlo nell’esercizio di questo diritto in modo consono alle sue capacità evolutive (dall’art. 14 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

Il bioeticista Paolo Marino Cattorini osserva: “Una buona madre non spegne i desideri del bambino, li apre, li difende da saturazioni meschine. Lei stessa intanto coltiva i propri affetti, relazioni, sogni, pensieri. Lei è lì, con il piccolo, nella realtà, nella misura in cui è anche un po’ lontana, al di là, nell’immaginazione e nella speranza”. I bambini sono come le stelle: spuntano nel cielo della vita per brillare e dare emozioni. Una buona madre deve avere nei confronti dei figli, con perseveranza e speranza, la giusta distanza e lungimiranza.

Nell’art. 37 comma 1 Cost. si parla di “essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”: il termine “funzione” è stato usato per altri elementi fondamentali nella società, come il lavoro (art. 4).

La generosità e la generatività di una madre non hanno alcun confine né un fine né una fine. Come quella generosità e generatività che si amplificano in caso di figlio nato pretermine, come si ricava dalla Carta dei diritti del bambino nato prematuro (approvata dal Senato della Repubblica il 21 dicembre 2010).

Generosità e generatività che si manifestano anche nell’accettare la sofferenza, atto estremo di dignità, di umanità, di amore, come nelle doglie del parto o come le madri coraggio. Una mamma non dimostra l’amore ma dà amore con la vita e la sua essenza infinita. “Spesso dal dolore delle madri si comprende il valore della vita” (la scrittrice Cosetta Zanotti). Un grande dolore delle madri è provocato da scelte evidentemente sbagliate dei figli (dal cadere nel tunnel della droga a relazioni sentimentali tossiche sin dal loro sorgere). Non c’è amore più grande di quello di lasciar andare la persona amata verso la propria vita. Come Maria (figura emblematica, anche per chi non crede), dalla gravidanza inattesa alle scelte incomprensibili del figlio sino all’offerta di sofferenza massima ai piedi della croce.

La scrittrice Laura Imai Messina si racconta: “Uno dei compiti che mi sono assegnata come madre, è quello di far apprezzare ai bambini giornate così, le pozzanghere, l’effetto dell’acqua sulle cose, il rumore diverso dei passi, gli abiti cambiati delle persone, stivali di gomma e impermeabili pieni di colore. Trovo deprimente che della pioggia si percepisca solo il fastidio e mi pare piuttosto un peccato mortale schiacciare la percezione dei bambini, che sarebbe invece naturalmente in grado di tirar fuori il meglio della realtà”. Prendersi cura di un figlio, proteggerlo non significa porre una barriera tra lui e la realtà (qualunque essa sia), tenerlo stretto a sé, fargli vedere le cose attraverso i propri occhi, ma significa mediare, fare da filtro come quando si porta il nascituro nel grembo e il mondo esterno arriva attraverso la placenta. L’ipercura e l’iperprotezione sono sanzionabili, come si ricava dalla giurisprudenza. Nell’ambito della patologia delle cure genitoriali, la sindrome di Münchausen per procura è una tipica manifestazione della maternità patologica, come si evince dalla sua definizione scientifica: “nella sindrome di Münchausen per procura il genitore, generalmente la madre, attribuisce al bambino sintomi e malattie di cui non soffre realmente, ma che sono piuttosto il frutto di una convinzione distorta, radicata nello stato di salute fisica e psichica del genitore stesso che, alla nascita del figlio, “trasferisce” su di lui (per procura) la propria convinzione di malattia”. Richiamando la teoria del pediatra Donald Winnicott, lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro ripete: “I tre momenti fondamentali che costituiscono la base di ogni buona, solida e duratura relazione sono: - l’accettazione, il contenimento, il rispetto, l’ascolto; - la cura, l’accudimento; - la promozione e il sostegno del potenziale di ciascuno. Ciascuno di questi momenti è preparatorio all’altro e tutti sono interdipendenti, nel senso che, ad esempio, non si ha buona cura senza accoglimento e non si promuovono efficacemente le capacità di qualcuno se non lo si accetta, accoglie e cura. Quando queste fasi, in larga misura sovrapposte le une alle altre, e che nel loro insieme potrebbero dare un contenuto all’abusata parola “amore”, non vengono rispettate, si ha la negazione della responsabilità e dell’amore, la sfiducia, il disinteresse, l’abbandono, l’indifferenza”.

“Una madre è l’amica più cara che possiamo avere, anche quando le difficoltà ci piombano addosso, la sfortuna prende il posto della prosperità, ancora lei ci starà accanto a fare sì che la serenità ritorni nei nostri cuori” (lo scrittore statunitense Washington Irving). La mamma è come il cuore che, anche se non ce se ne accorge o lo si trascura, continua a battere per dare vita.

«Donna, madre di tutte le madri, madre di tutte le arti, madre di ogni cosa» (cit.). La donna (dal latino “domina”) sia innanzitutto padrona e signora di se stessa, ancor di più in famiglia e per la famiglia non alimentando la conflittualità ma vita e amore, comunque e nonostante tutto.

“Genio femminile”: fra le tante capacità, quella di generare la soluzione migliore a favore della vita. Eppure molte donne si rendono autrici di varie forme di agenesia di amore e di vita, come l’impedire a un uomo di vedere la propria madre o ai figli di vedere il proprio padre.

Ogni vera madre offre il figlio alla vita e considera figlio anche chi non lo è. Una vera madre, pertanto, non mette i figli contro il padre, anche in caso di separazione e divorzio, non sottrae i figli alle relazioni con i nonni paterni o altre figure parentali, non fomenta contrasti con la suocera o la nuora o la cognata.

Uno dei significati etimologici di “madre” è “ciò che produce, ciò che contiene”. Ogni donna dovrebbe essere madre con lo sguardo, producendo e contenendo vita per ogni persona della sua vita e lungo il suo cammino, essere madre, fare la madre, oltre la nascita, nella vita, come nei casi di adozione, da quella ordinaria (L. 4 maggio 1983 n. 184, innovata dalla L. 28 marzo 2001 n. 149) a quella di persone maggiori di età (artt. 291 e ss. cod. civ.).

“La vita di cui dispongo si è formata nelle viscere di colei che adesso muore. Questa stessa persona, nel momento in cui si accomiata dal mondo, mette la sua vita nelle mie mani. Mi dà la sua vita così come, a suo tempo, mi ha dato la mia” (il figlio nel momento del trapasso della madre nel film “Sangue”, 2013). Una grande madre: silenzio, sofferenze, sacrifici, sublimazione dell’amore.

“Le mani non versano lacrime, è vero, ma quelle giuste sono capaci di asciugare” (lo scrittore Erri De Luca): le mani di una madre.

“Madre, per il bambino, è la capacità di ascoltare e rispondere; non è semplicemente utero, ovulo, seno, biologia; vera madre è chi risponde al grido, chi abbraccia, solleva, accarezza, parla. Lì c’è madre” (il teologo Ermes Ronchi).