Acquisto e rinunzia al legato
1.1. Acquisto del legato.
Il legato, a differenza dell’eredità, non presuppone un atto di accettazione (espressa, tacita o presunta) da parte del beneficiario; si acquista cioè ipso iure, anche senza la conoscenza dell’esistenza della disposizione testamentaria.
L’articolo 649 primo comma codice civile, infatti, statuisce che il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare.
Il legislatore non distingue quindi fra legato ad efficacia diretta e legato ad efficacia obbligatoria. Il primo è previsto dal secondo comma dello stesso articolo, il quale stabilisce che quando oggetto del legato è la proprietà di una cosa determinata o altro diritto appartenente al testatore, la proprietà si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte del testatore.
Il secondo è invece contemplato in altre norme codicistiche (che tuttavia si ritiene non pongano un numerus clausus di fattispecie prospettabili) ed è caratterizzato dal fatto che il soddisfacimento del legatario passa attraverso l’adempimento di uno specifico obbligo imposto dal testatore all’onerato. Ma anche in tal caso il patrimonio del legatario è arricchito al momento dell’apertura della successione ed a prescindere da un suo atto di accettazione, sebbene l’incremento abbia ad oggetto soltanto un diritto di credito.
Quella in oggetto rappresenta una delle fattispecie normative in cui il legislatore consente la modifica, seppure in melius, della sfera giuridico-patrimoniale prescindendo dal consenso del titolare della stessa.
Non costituisce eccezione l’ipotesi in cui, per il conseguimento dell’oggetto del legato, lo stesso testatore richiede al legatario la manifestazione di un consenso negoziale: si pensi al legato di contratto, avente ad oggetto la stipulazione di un determinato contratto. In tal caso il legato è ad efficacia obbligatoria ed il fatto che il comportamento richiesto dal testatore sia la stipulazione di un contratto non toglie che il legato venga conseguito immediatamente dal legatario a prescindere dal suo consenso; l’oggetto dell’acquisto immediato non è infatti costituito dall’oggetto del contratto contemplato dal testatore, bensì dal diritto di credito alla stipulazione, come avviene in tutte le altre ipotesi di legati ad efficacia obbligatoria (come detto).
Unica mitigazione è costituita dalla facoltà del legatario di rinunziare.
1.2. Confronto con fattispecie simili e ratio.
Nel nostro ordinamento esistono fattispecie acquisitive simili: il contratto a favore di terzi di cui all’ articolo 1411 codice civile che, in base al citato principio, consente al beneficiario di rifiutare il beneficio; la donazione obnuziale ex articolo 785 codice civile, per il cui perfezionamento non è necessaria alcuna accettazione; il contratto con obbligazioni del solo proponente ex articolo 1333 codice civile, che si conclude con il semplice mancato rifiuto; l’abbandono del fondo servente ex articolo 1070 codice civile, che sembra non richiedere il consenso del nudo proprietario che se ne avvantaggia.
Sembra così chiaramente codificato il principio secondo cui è consentita la modifica unilaterale della sfera giuridica di un soggetto a prescindere dal suo consenso, qualora la modifica stessa sia in melius.
Ad un’attenta osservazione è possibile scorgere nella menzionata regola l’espressione del più generale principio di economia dei mezzi giuridici: infatti risulterebbe inutile e superfluo il consenso del soggetto interessato in presenza di un beneficio; è come se il legislatore presupponesse la volontà di incamerare l’effetto favorevole.
Tuttavia, anche se in parte, risulta preservato il principio della intangibilità della sfera giuridica dei soggetti di diritto, considerato che la legge riconosce al diretto interessato la facoltà di rifiuto: è il caso del contratto a favore di terzi, del contratto con obbligazioni del solo proponente e del legato, appunto.
La ratio del meccanismo di conseguimento del legato è dunque costituita proprio dalla presenza di un effetto favorevole per il legatario, consistente anche nella esenzione dal pagamento dei debiti ereditari, ai sensi dell’articolo 756 codice civile e nella limitazione della responsabilità nell’adempimento dei legati e di ogni altro onere entro i limiti del valore della cosa legata, ai sensi dell’articolo 671 codice civile.
Al contrario, l’erede succedendo nell’intera posizione giuridica, anche debitoria, del de cuius è chiamato ad una valutazione ben più delicata e complessa, che può sfociare in un’accettazione ovvero in una rinunzia all’eredità; si richiede cioè per questo una precisa presa di posizione in ordine all’acquisizione dell’eredità, per assumere la quale viene a determinarsi una situazione temporanea di pendenza che, invece, manca nel caso di specie.
Sarebbe stato iniquo prevedere un acquisto automatico dell’eredità che potrebbe essere oberata da debiti (cosiddetta hereditas damnosa).
1.3. L’accettazione del legato.
Il fatto che la legge non preveda un’accettazione espressa del legato non esclude che questa non possa essere comunque effettuata dal legatario; anzi se ne sottolinea l’opportunità (Trabucchi, voce “Legato (Diritto civile)”, Novissimo Digesto Italiano, IX, 616), in quanto consolida definitivamente l’acquisto precludendo la rinunzia.
Infatti non si può negare che un meccanismo di tal fatta determini una situazione di incertezza sulla titolarità definitiva del bene legato, tanto più rilevante se si pensa che è opinione pacifica che il diritto di rinunziare soggiaccia all’ordinario termine prescrizionale di dieci anni dall’apertura della successione.
Proprio per evitare il protrarsi di tale situazione il legislatore consente agli interessati (gli onerati, i sostituiti testamentari, i chiamati per rappresentazione) di chiedere all’autorità giudiziaria la fissazione di un termine entro il quale il legatario dichiari se intende o meno esercitare la facoltà di rinunziare, elasso il quale il legatario perde il diritto di rinunziare (articolo 650 codice civile).
Quindi con un’accettazione espressa si evita il ricorso al giudice.
Tuttavia esistono forme di rinunzia tacita alla facoltà di rinunziare, che ugualmente consolidano definitivamente l’acquisto, senza bisogno di un’accettazione del legato e che verranno menzionate al successivo paragrafo 2.3.
Una parte minoritaria, seppure autorevole, della dottrina (Cicu, Testamento, 234 ss.) ritiene che nonostante la contraria lettera della legge l’accettazione sia essenziale per il perfezionamento della fattispecie acquisitiva del legato.
Anche per il legato esisterebbe uno stato di pendenza al pari di quello cui dà luogo la delazione dell’eredità, così come confermato dall’articolo 650 codice civile sopra citato: si osserva che la previsione di un termine per l’esercizio della facoltà di rinunzia non avrebbe senso se non vi fosse uno stato di incertezza da eliminare.
Tale posizione ermeneutica è stata criticata dalla dottrina dominante (per tutti Perego, I legati, Trattato di diritto privato diretto da P.Rescigno, 252) che avverte come non si debba confondere tra l’incertezza connessa alla pendenza del procedimento di acquisto del legato e quella relativa alla facoltà del legatario di spogliarsi legittimamente di un acquisto a lui pervenuto senza il concorso della sua volontà.
Per non parlare del metodo interpretativo opinabile utilizzato, che porterebbe a svalutare completamente la lettera della legge, la quale anche se non decisiva nel contesto dell’interpretazione della norma, non può tuttavia essere integralmente disattesa dall’interprete.
2.1. Rinunzia al legato.
Come detto, il legislatore consente al legatario di preservare in parte la intangibilità della propria sfera giuridica mediante la rinunzia al legato (articolo 649, primo comma, codice civile).
La rinunzia potrebbe essere ben giustificata dalla presenza di un effetto pregiudizievole per l’onorato; infatti non è detto che l’effetto favorevole (sopra più volte menzionato) costituisca un indefettibile carattere del legato.
E’ stato autorevolmente osservato (Bonilini, Autonomia testamentaria e legato. I legati atipici, 86; Gangi, La successione testamentaria, p. I, 184 ss.) che lo spirito liberale connota la disposizione in oggetto solo normalmente, ma non necessariamente: basta condurre il pensiero all’ipotesi del legato il cui valore risulti assorbito integralmente da un onere apposto dal testatore ovvero ad un legato avente ad oggetto un immobile pericolante, la cui situazione giuridica può cioè essere foriera di inconvenienti o addirittura di responsabilità per il legatario (nel caso in cui, ad esempio, il detto immobile crolli causando danni a cose o persone).
Come sopra accennato la rinunzia costituisce un diritto soggetto a prescrizione decennale.
2.2. Natura giuridica.
La rinunzia al legato, al pari della rinunzia all’eredità, non costituisce rinunzia in senso stretto, la quale produce l’effetto della consumazione e quindi estinzione del diritto che ne costituisce l’oggetto (cosiddetta “rinunzia abdicativa”).
E’ invece sussumibile nella categoria dommatica del rifiuto, il quale non consuma in nessun caso il diritto che ritorna nel patrimonio del dichiarante ovvero perviene nel patrimonio di un terzo (Gazzoni, Manuale di diritto privato, 815).
Nel caso di specie, infatti, viene incrementato il patrimonio dell’onerato (che può essere l’erede o un ulteriore legatario, nel caso di sublegato).
In particolare, la cosiddetta rinunzia al legato rientra nella nozione di rifiuto eliminativo che rimuove, cioè, retroattivamente un effetto già prodottosi, anche se non ancora consolidatosi definitivamente (l’acquisto del legato); al contrario, il rifiuto impeditivo preclude l’incremento del proprio patrimonio, come nel caso della cosiddetta rinunzia all’eredità.
Naturalmente non condividono questa ricostruzione coloro che aderiscono alla tesi minoritaria di cui sopra, a mente della quale l’accettazione del legato sarebbe indefettibilmente necessaria nel procedimento di acquisizione del legato.
Per essi è giocoforza discorrere di un acquisto non ancora verificatosi (in mancanza di accettazione) e qualificare la rinunzia al legato nei termini di rifiuto impeditivo (Cicu, Testamento, 235; Ferri, Rinunzia e rifiuto, 11 ss.).
2.3. Forma e trascrizione.
Il dibattito appena menzionato non è meramente accademico, essendo foriero di conseguenze pratiche rilevanti.
Ad esempio, solo i sostenitori della tesi del rifiuto eliminativo reputano necessaria la forma scritta nel caso di rinunzia a legati aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero altri diritti reali su beni immobili, ai sensi dell’articolo 1350, primo comma, n. 5 codice civile; ed in questo senso appare orientata anche la giurisprudenza (Cass.21-2-1972, n. 513; Cass. 3-7-2000, n.8878).
Coloro che aderiscono alla opposta posizione dottrinale, al contrario, optano per la libertà di forma, reputando la rinunzia al legato, come detto, solo come omissio adquirendi.
Allo stesso modo questi ultimi autori ritengono che l’altra interessante questione relativa alla trascrivibilità della rinunzia al legato avente ad oggetto immobili o mobili registrati vada risolta in senso negativo. Poichè con la rinunzia al legato non si dismette un diritto già incamerato nel proprio patrimonio, è consequenziale escludere l’esistenza di un effetto traslativo da trascrivere ai sensi dell’articolo 2643 codice civile e per gli effetti di cui all’articolo 2644 o 2650 codice civile.
Al contrario, coloro che esprimono la prospettiva ermeneutica dominante ammettono la trascrivibilità della rinunzia al legato immobiliare. Tuttavia non c’è concordia di opinioni sulle modalità della trascrizione.
Alcuni (Gangi, La successione testamentaria, vol. II, 114; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, 345; D’Orazi Flavoni, Giustizia civile, 51, 648 ss.; ed in giurisprudenza, Cass. 21 febbraio 1972, n. 513) fanno applicazione dell’articolo 2643 n. 5 codice civile che menziona gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti immobiliari menzionati nei numeri precedenti dello stesso articolo.
Ed in effetti, considerando che della rinunzia si avvantaggiano soggetti determinati (vale a dire gli onerati), non si vede per quale motivo non debba operare la disposizione citata; la trascrizione sarà effettuata contro il legatario rinunziante ed a favore dell’erede o legatario onerato del legato. Allo stesso modo in cui si trascrive, ad esempio, la rinunzia al diritto di usufrutto da parte dell’usufruttuario, che avvantaggia il nudo proprietario ed alla quale è pacificamente applicabile la norma de qua.
Un’altra parte della dottrina, invece, dubita dell’utilità di una trascrizione autonoma della rinunzia al legato, sulla base della considerazione che l’interesse dei terzi non è tanto quello di sapere se sia venuta meno la proprietà del legatario, quanto piuttosto se è lui ad averla acquistata (Masi, Dei legati, Commentario Scialoja-Branca, 14).
Semmai si procederà ad un’annotazione, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 2655, ultimo comma, codice civile a margine della trascrizione dell’acquisto del legato effettuata sulla base dell’estratto autentico del testamento ex articolo 2648 codice civile, allo scopo di rendere edotti i terzi che l’acquisto stesso è venuto meno (Trabucchi, opera citata, 617).
A tale conclusione addivengono anche altri autori (Gazzoni, La trascrizione immobiliare, II, Commentario Schlesinger, 127) che sottolineano le analogie della fattispecie in oggetto con il rifiuto eliminativo della stipulazione a favore del terzo effettuato ai sensi dell’articolo 1411, terzo comma, codice civile ed in quanto tale, appunto, soggetto ad annotazione; nonchè coloro (Triola, La trascrizione, Trattato Bessone, 66) i quali pongono in evidenza la natura risolutiva e non traslativa della vicenda in oggetto.
A tutte queste considerazioni è possibile però obiettare:
A) Che è certamente suggestiva l’affermazione secondo la quale l’interesse dei terzi non è tanto quello di sapere se sia venuta meno la proprietà del legatario, quanto piuttosto se è lui ad averla acquistata, ma ciò equivale ad ammettere che basterebbe non trascrivere l’acquisto del legato per rendere edotti i terzi che il legato non è stato acquistato.
Ma ciò significa costringere i terzi stessi a consultare per dieci anni (termine di prescrizione della facoltà di rinunzia) i Registri Immobiliari allo scopo di constatare se l’acquisto del legato effettivamente non sia stato trascritto per dedurre poi che vi stata rinunzia.
Non è, cioè, nemmeno logicamente configurabile la pubblicizzazione di un evento (la rinunzia) con una forma di “pubblicità negativa” (la non trascrizione dell’acquisto) foriera di una grave incertezza sulla titolarità della cosa legata, che tra l’altro è destinata a protrarsi per dieci anni, come detto.
Inoltre, il fatto che non sia stato trascritto l’acquisto del legato non significa che l’acquisto stesso non vi sia stato, considerando che la trascrizione non è un obbligo, ma soltanto un onere; e per di più le trascrizioni degli acquisti a causa di morte sono previste dalla legge ai soli fini della continuità delle trascrizioni, ai sensi dell’articolo 2650 codice civile.
B) L’annotazione non sembra la modalità più idonea a pubblicizzare la rinunzia innanzitutto perchè presuppone la trascrizione dell’acquisto del legato, che come detto può anche mancare. Ma soprattutto in quanto la richiesta di trascrizione dell’acquisto del legato rappresenta molto probabilmente una forma di tacita rinunzia alla facoltà di rinunziare al legato: infatti chi richiede la detta trascrizione tiene un comportamento che denota un’intenzione di conseguimento del legato incompatibile con la volontà di rinunziarvi, come è stato acutamente osservato in dottrina (Masi, opera citata, 15).
A quest’ultimo proposito è opportuno ricordare che esistono altri atti che precludono la rinunzia al legato, quali la richiesta all’erede del possesso della cosa legata ex articolo 649, terzo comma, codice civile e l’accettazione espressa del legato, che pur non essendo richiesta, come visto, ha il pregio di consolidare l’acquisto precludendo appunto la rinunzia al legato.
1.1. Acquisto del legato.
Il legato, a differenza dell’eredità, non presuppone un atto di accettazione (espressa, tacita o presunta) da parte del beneficiario; si acquista cioè ipso iure, anche senza la conoscenza dell’esistenza della disposizione testamentaria.
L’articolo 649 primo comma codice civile, infatti, statuisce che il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare.
Il legislatore non distingue quindi fra legato ad efficacia diretta e legato ad efficacia obbligatoria. Il primo è previsto dal secondo comma dello stesso articolo, il quale stabilisce che quando oggetto del legato è la proprietà di una cosa determinata o altro diritto appartenente al testatore, la proprietà si trasmette dal testatore al legatario al momento della morte del testatore.
Il secondo è invece contemplato in altre norme codicistiche (che tuttavia si ritiene non pongano un numerus clausus di fattispecie prospettabili) ed è caratterizzato dal fatto che il soddisfacimento del legatario passa attraverso l’adempimento di uno specifico obbligo imposto dal testatore all’onerato. Ma anche in tal caso il patrimonio del legatario è arricchito al momento dell’apertura della successione ed a prescindere da un suo atto di accettazione, sebbene l’incremento abbia ad oggetto soltanto un diritto di credito.
Quella in oggetto rappresenta una delle fattispecie normative in cui il legislatore consente la modifica, seppure in melius, della sfera giuridico-patrimoniale prescindendo dal consenso del titolare della stessa.
Non costituisce eccezione l’ipotesi in cui, per il conseguimento dell’oggetto del legato, lo stesso testatore richiede al legatario la manifestazione di un consenso negoziale: si pensi al legato di contratto, avente ad oggetto la stipulazione di un determinato contratto. In tal caso il legato è ad efficacia obbligatoria ed il fatto che il comportamento richiesto dal testatore sia la stipulazione di un contratto non toglie che il legato venga conseguito immediatamente dal legatario a prescindere dal suo consenso; l’oggetto dell’acquisto immediato non è infatti costituito dall’oggetto del contratto contemplato dal testatore, bensì dal diritto di credito alla stipulazione, come avviene in tutte le altre ipotesi di legati ad efficacia obbligatoria (come detto).
Unica mitigazione è costituita dalla facoltà del legatario di rinunziare.
1.2. Confronto con fattispecie simili e ratio.
Nel nostro ordinamento esistono fattispecie acquisitive simili: il contratto a favore di terzi di cui all’ articolo 1411 codice civile che, in base al citato principio, consente al beneficiario di rifiutare il beneficio; la donazione obnuziale ex articolo 785 codice civile, per il cui perfezionamento non è necessaria alcuna accettazione; il contratto con obbligazioni del solo proponente ex articolo 1333 codice civile, che si conclude con il semplice mancato rifiuto; l’abbandono del fondo servente ex articolo 1070 codice civile, che sembra non richiedere il consenso del nudo proprietario che se ne avvantaggia.
Sembra così chiaramente codificato il principio secondo cui è consentita la modifica unilaterale della sfera giuridica di un soggetto a prescindere dal suo consenso, qualora la modifica stessa sia in melius.
Ad un’attenta osservazione è possibile scorgere nella menzionata regola l’espressione del più generale principio di economia dei mezzi giuridici: infatti risulterebbe inutile e superfluo il consenso del soggetto interessato in presenza di un beneficio; è come se il legislatore presupponesse la volontà di incamerare l’effetto favorevole.
Tuttavia, anche se in parte, risulta preservato il principio della intangibilità della sfera giuridica dei soggetti di diritto, considerato che la legge riconosce al diretto interessato la facoltà di rifiuto: è il caso del contratto a favore di terzi, del contratto con obbligazioni del solo proponente e del legato, appunto.
La ratio del meccanismo di conseguimento del legato è dunque costituita proprio dalla presenza di un effetto favorevole per il legatario, consistente anche nella esenzione dal pagamento dei debiti ereditari, ai sensi dell’articolo 756 codice civile e nella limitazione della responsabilità nell’adempimento dei legati e di ogni altro onere entro i limiti del valore della cosa legata, ai sensi dell’articolo 671 codice civile.
Al contrario, l’erede succedendo nell’intera posizione giuridica, anche debitoria, del de cuius è chiamato ad una valutazione ben più delicata e complessa, che può sfociare in un’accettazione ovvero in una rinunzia all’eredità; si richiede cioè per questo una precisa presa di posizione in ordine all’acquisizione dell’eredità, per assumere la quale viene a determinarsi una situazione temporanea di pendenza che, invece, manca nel caso di specie.
Sarebbe stato iniquo prevedere un acquisto automatico dell’eredità che potrebbe essere oberata da debiti (cosiddetta hereditas damnosa).
1.3. L’accettazione del legato.
Il fatto che la legge non preveda un’accettazione espressa del legato non esclude che questa non possa essere comunque effettuata dal legatario; anzi se ne sottolinea l’opportunità (Trabucchi, voce “Legato (Diritto civile)”, Novissimo Digesto Italiano, IX, 616), in quanto consolida definitivamente l’acquisto precludendo la rinunzia.
Infatti non si può negare che un meccanismo di tal fatta determini una situazione di incertezza sulla titolarità definitiva del bene legato, tanto più rilevante se si pensa che è opinione pacifica che il diritto di rinunziare soggiaccia all’ordinario termine prescrizionale di dieci anni dall’apertura della successione.
Proprio per evitare il protrarsi di tale situazione il legislatore consente agli interessati (gli onerati, i sostituiti testamentari, i chiamati per rappresentazione) di chiedere all’autorità giudiziaria la fissazione di un termine entro il quale il legatario dichiari se intende o meno esercitare la facoltà di rinunziare, elasso il quale il legatario perde il diritto di rinunziare (articolo 650 codice civile).
Quindi con un’accettazione espressa si evita il ricorso al giudice.
Tuttavia esistono forme di rinunzia tacita alla facoltà di rinunziare, che ugualmente consolidano definitivamente l’acquisto, senza bisogno di un’accettazione del legato e che verranno menzionate al successivo paragrafo 2.3.
Una parte minoritaria, seppure autorevole, della dottrina (Cicu, Testamento, 234 ss.) ritiene che nonostante la contraria lettera della legge l’accettazione sia essenziale per il perfezionamento della fattispecie acquisitiva del legato.
Anche per il legato esisterebbe uno stato di pendenza al pari di quello cui dà luogo la delazione dell’eredità, così come confermato dall’articolo 650 codice civile sopra citato: si osserva che la previsione di un termine per l’esercizio della facoltà di rinunzia non avrebbe senso se non vi fosse uno stato di incertezza da eliminare.
Tale posizione ermeneutica è stata criticata dalla dottrina dominante (per tutti Perego, I legati, Trattato di diritto privato diretto da P.Rescigno, 252) che avverte come non si debba confondere tra l’incertezza connessa alla pendenza del procedimento di acquisto del legato e quella relativa alla facoltà del legatario di spogliarsi legittimamente di un acquisto a lui pervenuto senza il concorso della sua volontà.
Per non parlare del metodo interpretativo opinabile utilizzato, che porterebbe a svalutare completamente la lettera della legge, la quale anche se non decisiva nel contesto dell’interpretazione della norma, non può tuttavia essere integralmente disattesa dall’interprete.
2.1. Rinunzia al legato.
Come detto, il legislatore consente al legatario di preservare in parte la intangibilità della propria sfera giuridica mediante la rinunzia al legato (articolo 649, primo comma, codice civile).
La rinunzia potrebbe essere ben giustificata dalla presenza di un effetto pregiudizievole per l’onorato; infatti non è detto che l’effetto favorevole (sopra più volte menzionato) costituisca un indefettibile carattere del legato.
E’ stato autorevolmente osservato (Bonilini, Autonomia testamentaria e legato. I legati atipici, 86; Gangi, La successione testamentaria, p. I, 184 ss.) che lo spirito liberale connota la disposizione in oggetto solo normalmente, ma non necessariamente: basta condurre il pensiero all’ipotesi del legato il cui valore risulti assorbito integralmente da un onere apposto dal testatore ovvero ad un legato avente ad oggetto un immobile pericolante, la cui situazione giuridica può cioè essere foriera di inconvenienti o addirittura di responsabilità per il legatario (nel caso in cui, ad esempio, il detto immobile crolli causando danni a cose o persone).
Come sopra accennato la rinunzia costituisce un diritto soggetto a prescrizione decennale.
2.2. Natura giuridica.
La rinunzia al legato, al pari della rinunzia all’eredità, non costituisce rinunzia in senso stretto, la quale produce l’effetto della consumazione e quindi estinzione del diritto che ne costituisce l’oggetto (cosiddetta “rinunzia abdicativa”).
E’ invece sussumibile nella categoria dommatica del rifiuto, il quale non consuma in nessun caso il diritto che ritorna nel patrimonio del dichiarante ovvero perviene nel patrimonio di un terzo (Gazzoni, Manuale di diritto privato, 815).
Nel caso di specie, infatti, viene incrementato il patrimonio dell’onerato (che può essere l’erede o un ulteriore legatario, nel caso di sublegato).
In particolare, la cosiddetta rinunzia al legato rientra nella nozione di rifiuto eliminativo che rimuove, cioè, retroattivamente un effetto già prodottosi, anche se non ancora consolidatosi definitivamente (l’acquisto del legato); al contrario, il rifiuto impeditivo preclude l’incremento del proprio patrimonio, come nel caso della cosiddetta rinunzia all’eredità.
Naturalmente non condividono questa ricostruzione coloro che aderiscono alla tesi minoritaria di cui sopra, a mente della quale l’accettazione del legato sarebbe indefettibilmente necessaria nel procedimento di acquisizione del legato.
Per essi è giocoforza discorrere di un acquisto non ancora verificatosi (in mancanza di accettazione) e qualificare la rinunzia al legato nei termini di rifiuto impeditivo (Cicu, Testamento, 235; Ferri, Rinunzia e rifiuto, 11 ss.).
2.3. Forma e trascrizione.
Il dibattito appena menzionato non è meramente accademico, essendo foriero di conseguenze pratiche rilevanti.
Ad esempio, solo i sostenitori della tesi del rifiuto eliminativo reputano necessaria la forma scritta nel caso di rinunzia a legati aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero altri diritti reali su beni immobili, ai sensi dell’articolo 1350, primo comma, n. 5 codice civile; ed in questo senso appare orientata anche la giurisprudenza (Cass.21-2-1972, n. 513; Cass. 3-7-2000, n.8878).
Coloro che aderiscono alla opposta posizione dottrinale, al contrario, optano per la libertà di forma, reputando la rinunzia al legato, come detto, solo come omissio adquirendi.
Allo stesso modo questi ultimi autori ritengono che l’altra interessante questione relativa alla trascrivibilità della rinunzia al legato avente ad oggetto immobili o mobili registrati vada risolta in senso negativo. Poichè con la rinunzia al legato non si dismette un diritto già incamerato nel proprio patrimonio, è consequenziale escludere l’esistenza di un effetto traslativo da trascrivere ai sensi dell’articolo 2643 codice civile e per gli effetti di cui all’articolo 2644 o 2650 codice civile.
Al contrario, coloro che esprimono la prospettiva ermeneutica dominante ammettono la trascrivibilità della rinunzia al legato immobiliare. Tuttavia non c’è concordia di opinioni sulle modalità della trascrizione.
Alcuni (Gangi, La successione testamentaria, vol. II, 114; Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, 345; D’Orazi Flavoni, Giustizia civile, 51, 648 ss.; ed in giurisprudenza, Cass. 21 febbraio 1972, n. 513) fanno applicazione dell’articolo 2643 n. 5 codice civile che menziona gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti immobiliari menzionati nei numeri precedenti dello stesso articolo.
Ed in effetti, considerando che della rinunzia si avvantaggiano soggetti determinati (vale a dire gli onerati), non si vede per quale motivo non debba operare la disposizione citata; la trascrizione sarà effettuata contro il legatario rinunziante ed a favore dell’erede o legatario onerato del legato. Allo stesso modo in cui si trascrive, ad esempio, la rinunzia al diritto di usufrutto da parte dell’usufruttuario, che avvantaggia il nudo proprietario ed alla quale è pacificamente applicabile la norma de qua.
Un’altra parte della dottrina, invece, dubita dell’utilità di una trascrizione autonoma della rinunzia al legato, sulla base della considerazione che l’interesse dei terzi non è tanto quello di sapere se sia venuta meno la proprietà del legatario, quanto piuttosto se è lui ad averla acquistata (Masi, Dei legati, Commentario Scialoja-Branca, 14).
Semmai si procederà ad un’annotazione, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 2655, ultimo comma, codice civile a margine della trascrizione dell’acquisto del legato effettuata sulla base dell’estratto autentico del testamento ex articolo 2648 codice civile, allo scopo di rendere edotti i terzi che l’acquisto stesso è venuto meno (Trabucchi, opera citata, 617).
A tale conclusione addivengono anche altri autori (Gazzoni, La trascrizione immobiliare, II, Commentario Schlesinger, 127) che sottolineano le analogie della fattispecie in oggetto con il rifiuto eliminativo della stipulazione a favore del terzo effettuato ai sensi dell’articolo 1411, terzo comma, codice civile ed in quanto tale, appunto, soggetto ad annotazione; nonchè coloro (Triola, La trascrizione, Trattato Bessone, 66) i quali pongono in evidenza la natura risolutiva e non traslativa della vicenda in oggetto.
A tutte queste considerazioni è possibile però obiettare:
A) Che è certamente suggestiva l’affermazione secondo la quale l’interesse dei terzi non è tanto quello di sapere se sia venuta meno la proprietà del legatario, quanto piuttosto se è lui ad averla acquistata, ma ciò equivale ad ammettere che basterebbe non trascrivere l’acquisto del legato per rendere edotti i terzi che il legato non è stato acquistato.
Ma ciò significa costringere i terzi stessi a consultare per dieci anni (termine di prescrizione della facoltà di rinunzia) i Registri Immobiliari allo scopo di constatare se l’acquisto del legato effettivamente non sia stato trascritto per dedurre poi che vi stata rinunzia.
Non è, cioè, nemmeno logicamente configurabile la pubblicizzazione di un evento (la rinunzia) con una forma di “pubblicità negativa” (la non trascrizione dell’acquisto) foriera di una grave incertezza sulla titolarità della cosa legata, che tra l’altro è destinata a protrarsi per dieci anni, come detto.
Inoltre, il fatto che non sia stato trascritto l’acquisto del legato non significa che l’acquisto stesso non vi sia stato, considerando che la trascrizione non è un obbligo, ma soltanto un onere; e per di più le trascrizioni degli acquisti a causa di morte sono previste dalla legge ai soli fini della continuità delle trascrizioni, ai sensi dell’articolo 2650 codice civile.
B) L’annotazione non sembra la modalità più idonea a pubblicizzare la rinunzia innanzitutto perchè presuppone la trascrizione dell’acquisto del legato, che come detto può anche mancare. Ma soprattutto in quanto la richiesta di trascrizione dell’acquisto del legato rappresenta molto probabilmente una forma di tacita rinunzia alla facoltà di rinunziare al legato: infatti chi richiede la detta trascrizione tiene un comportamento che denota un’intenzione di conseguimento del legato incompatibile con la volontà di rinunziarvi, come è stato acutamente osservato in dottrina (Masi, opera citata, 15).
A quest’ultimo proposito è opportuno ricordare che esistono altri atti che precludono la rinunzia al legato, quali la richiesta all’erede del possesso della cosa legata ex articolo 649, terzo comma, codice civile e l’accettazione espressa del legato, che pur non essendo richiesta, come visto, ha il pregio di consolidare l’acquisto precludendo appunto la rinunzia al legato.