Lo scioglimento del contratto di convivenza alla luce della legge 20 maggio 2016 n. 76 (legge Cirinnà). Brevi note

Lo scioglimento del contratto di convivenza alla luce della legge 20 maggio 2016 n. 76 (legge Cirinnà).  Brevi note
Lo scioglimento del contratto di convivenza alla luce della legge 20 maggio 2016 n. 76 (legge Cirinnà). Brevi note

Sommario:

1. Il contratto di convivenza. In genere

2. Scioglimento del contratto di convivenza. Casi. Effetti

3. Accordo delle parti conviventi

4. Recesso unilaterale

5. Matrimonio o unione civile fra conviventi o fra un convivente ed altra persona

6. Morte del convivente

 

1. In contratto di convivenza. In genere

Il contratto di convivenza consente alle coppie conviventi non sposate (sia etero che omo) di regolare i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune. Il contratto in questione non va considerato atto costitutivo della convivenza, bensì disciplina gli aspetti economici della stessa.

In precedenza applicato nella prassi notarile come contratto atipico, ha trovato di recente una regolamentazione nella legge 20 maggio 2016 n. 76 ( composta da un solo articolo, con 69 commi), ai commi 50 e seguenti.

Il contratto (così anche le modifiche dello stesso e la sua risoluzione) vanno redatti in forma scritta, a pena di nullità, tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

 L’atto deve essere poi trasmesso dal professionista, entro dieci giorni, al registro anagrafico del comune di residenza dei sottoscrittori, condizione per renderlo opponibile ai terzi.

Il suo contenuto è sostanzialmente libero. Non può comunque indicare termini o condizioni, a pena di nullità degli stessi. Le prime indicazioni dottrinali concordano nell’interpretare restrittivamente la norma in quando limitativa della libertà contrattuale. Il divieto riguarderebbe infatti l’intero patto, relativamente alla sua genesi e al suo scioglimento, non le singole sue parti. Si potrà ad esempio stabilire che il pagamento delle rate del mutuo della casa sia a carico di un convivente finché l’altro non trovi lavoro, prevedendo in tale evenienza la divisione  della spesa.

Nel contratto le parti riportano i rispettivi obblighi e diritti, in relazione alle modalità di collaborazione al soddisfacimento delle necessità familiari.

Il contratto di convivenza può contenere l’indicazione della residenza comune, stabilire le modalità di contribuzione alle necessità familiari. In esso le parti possono optare per il regime patrimoniale della comunione dei beni (lo stesso è successivamente modificabile in qualsiasi momento, come nel matrimonio), non sembra invece possibile la scelta di altri regimi, quale il fondo patrimoniale.

Nell’atto si possono fissare i criteri di gestione dei proventi delle parti, così anche come investire il risparmio. Si può stabilire a chi ed in che misura intestare i beni che si acquistano durante la convivenza.

Per quanto riguarda i figli, si possono inserire clausole che stabiliscono le modalità di contribuzione alle spese per il mantenimento e l’istruzione.

Problema aperto è se il contratto di convivenza possa anche disciplinare gli aspetti patrimoniali relativi allo scioglimento della famiglia di fatto. Se ci si basa strettamente sulla lettera del comma 50 della legge 57, sembrerebbe di no, ma questa interpretazione appare eccessivamente restrittiva, lesiva dell’autonomia contrattuale, in contrasto anche con l’esigenza di alleggerire il carico della giustizia civile.

2. Scioglimento del contratto di convivenza. Casi. Effetti

La legge n. 76, articolo 1, comma 59, prevede la disciplina dello scioglimento del contrato di convivenza.

I casi indicati sono i seguenti:

a. Accordo delle parti conviventi

b. Recesso unilaterale di un convivente

c. Matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona

d. Morte del convivente

In merito alle “cause volontarie” di risoluzione, la legge dispone che sia l'accordo di risoluzione che il recesso debbano risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata dal notaio o dall'avvocato. Resta ferma la competenza del notaio per gli atti di trasferimento dei diritti reali immobiliari.

Qualora il contratto di convivenza preveda, ai sensi dell’articolo 53, lettera c), il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione produce lo scioglimento della comunione stessa, trovando applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla sezione III del capo VI del titolo V del libro primo del codice civile.

3. Accordo delle parti conviventi

 Il contratto di convivenza può risolversi per mutuo consenso. Si applica in tal caso un principio generale in materia di libertà contrattuale, per il quale le parti di comune accordo possono sciogliersi dal vincolo negoziale (art. 1372 codice civile).

Lo scioglimento volontario del contratto di convivenza consegue di norma alla volontà di porre fine alla vita in comune. Ciò potrebbe, a nostro sommesso avviso, anche non avvenire. Il contratto di convivenza è infatti facoltativo, non costituisce genesi del rapporto di convivenza. I conviventi potrebbero liberamente decidere di non regolare più convenzionalmente i loro rapporti economici, anche solo per un periodo temporaneo, come nel caso in cui siano intervenuti fatti che hanno cambiato radicalmente la situazione economica delle parti, facendo diventare obsolete e squilibrate le disposizioni contrattuali.

4. Recesso unilaterale

La manifestazione di recesso da parte di uno dei conviventi va considerata un diritto potestativo che si esercita attraverso una dichiarazione rivolta alla controparte. Trattasi di un negozio recettizio, che si perfeziona e produce i suoi effetti nel momento in cui viene portato a conoscenza dell'altra parte.

Il professionista che riceve o autentica l’atto è tenuto a notificarne copia all’altro convivente all’indirizzo indicato nel contratto. La legge non fissa un termine al riguardo, ma si deve ragionevolmente ritenere che ciò debba avvenire in tempi brevi, e comunque non oltre i dieci giorni per l’invio dell’atto al comune di residenza.

Quando la casa familiare è nella disponibilità esclusiva (nel senso che l’altro convivente non ha alcun titolo sulla stessa) del recedente, la dichiarazione di recesso deve contenere, a pena di nullità, un termine, non inferiore a 90 giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione. La disponibilità esclusiva della parte può avvenire a titolo di proprietà, usufrutto, comodato o locazione.

Considerata la natura del contratto di convivenza, quale negozio ad esecuzione continuata, che prevede una pluralità di prestazioni perduranti nel tempo, il recesso non influirà sulle prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione, ai sensi dell’articolo 1373, comma 2, codice civile.

5. Matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona

Il matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e altra persona comportano la risoluzione ex lege del contratto di convivenza. Diversamente la preesistenza del matrimonio o dell’unione civile precludono la stipula dello stesso.

 La parte che ha contratto matrimonio o unione civile deve notificare all’altro contraente, e al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, l’estratto di matrimonio o di unione civile.

Non è indicato dalla legge alcun adempimento ulteriore. Quindi il professionista nulla dovrà comunicare all’anagrafe del comune di residenza, avendo quest’ultima conoscenza diretta del matrimonio o dell’ unione civile.

6. Morte del convivente

Il contratto di convivenza si scioglie anche per morte di uno dei soggetti che lo hanno stipulato.

Il convivente superstite, o gli eredi del convivente deceduto, devono notificare al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza l’estratto dell’atto di morte affinché provveda ad annotare a margine del contratto di convivenza l’avvenuta suo risoluzione e provvedere alla relativa notifica all’anagrafe del comune di residenza.

Sommario:

1. Il contratto di convivenza. In genere

2. Scioglimento del contratto di convivenza. Casi. Effetti

3. Accordo delle parti conviventi

4. Recesso unilaterale

5. Matrimonio o unione civile fra conviventi o fra un convivente ed altra persona

6. Morte del convivente

 

1. In contratto di convivenza. In genere

Il contratto di convivenza consente alle coppie conviventi non sposate (sia etero che omo) di regolare i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune. Il contratto in questione non va considerato atto costitutivo della convivenza, bensì disciplina gli aspetti economici della stessa.

In precedenza applicato nella prassi notarile come contratto atipico, ha trovato di recente una regolamentazione nella legge 20 maggio 2016 n. 76 ( composta da un solo articolo, con 69 commi), ai commi 50 e seguenti.

Il contratto (così anche le modifiche dello stesso e la sua risoluzione) vanno redatti in forma scritta, a pena di nullità, tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

 L’atto deve essere poi trasmesso dal professionista, entro dieci giorni, al registro anagrafico del comune di residenza dei sottoscrittori, condizione per renderlo opponibile ai terzi.

Il suo contenuto è sostanzialmente libero. Non può comunque indicare termini o condizioni, a pena di nullità degli stessi. Le prime indicazioni dottrinali concordano nell’interpretare restrittivamente la norma in quando limitativa della libertà contrattuale. Il divieto riguarderebbe infatti l’intero patto, relativamente alla sua genesi e al suo scioglimento, non le singole sue parti. Si potrà ad esempio stabilire che il pagamento delle rate del mutuo della casa sia a carico di un convivente finché l’altro non trovi lavoro, prevedendo in tale evenienza la divisione  della spesa.

Nel contratto le parti riportano i rispettivi obblighi e diritti, in relazione alle modalità di collaborazione al soddisfacimento delle necessità familiari.

Il contratto di convivenza può contenere l’indicazione della residenza comune, stabilire le modalità di contribuzione alle necessità familiari. In esso le parti possono optare per il regime patrimoniale della comunione dei beni (lo stesso è successivamente modificabile in qualsiasi momento, come nel matrimonio), non sembra invece possibile la scelta di altri regimi, quale il fondo patrimoniale.

Nell’atto si possono fissare i criteri di gestione dei proventi delle parti, così anche come investire il risparmio. Si può stabilire a chi ed in che misura intestare i beni che si acquistano durante la convivenza.

Per quanto riguarda i figli, si possono inserire clausole che stabiliscono le modalità di contribuzione alle spese per il mantenimento e l’istruzione.

Problema aperto è se il contratto di convivenza possa anche disciplinare gli aspetti patrimoniali relativi allo scioglimento della famiglia di fatto. Se ci si basa strettamente sulla lettera del comma 50 della legge 57, sembrerebbe di no, ma questa interpretazione appare eccessivamente restrittiva, lesiva dell’autonomia contrattuale, in contrasto anche con l’esigenza di alleggerire il carico della giustizia civile.

2. Scioglimento del contratto di convivenza. Casi. Effetti

La legge n. 76, articolo 1, comma 59, prevede la disciplina dello scioglimento del contrato di convivenza.

I casi indicati sono i seguenti:

a. Accordo delle parti conviventi

b. Recesso unilaterale di un convivente

c. Matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona

d. Morte del convivente

In merito alle “cause volontarie” di risoluzione, la legge dispone che sia l'accordo di risoluzione che il recesso debbano risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata dal notaio o dall'avvocato. Resta ferma la competenza del notaio per gli atti di trasferimento dei diritti reali immobiliari.

Qualora il contratto di convivenza preveda, ai sensi dell’articolo 53, lettera c), il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione produce lo scioglimento della comunione stessa, trovando applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla sezione III del capo VI del titolo V del libro primo del codice civile.

3. Accordo delle parti conviventi

 Il contratto di convivenza può risolversi per mutuo consenso. Si applica in tal caso un principio generale in materia di libertà contrattuale, per il quale le parti di comune accordo possono sciogliersi dal vincolo negoziale (art. 1372 codice civile).

Lo scioglimento volontario del contratto di convivenza consegue di norma alla volontà di porre fine alla vita in comune. Ciò potrebbe, a nostro sommesso avviso, anche non avvenire. Il contratto di convivenza è infatti facoltativo, non costituisce genesi del rapporto di convivenza. I conviventi potrebbero liberamente decidere di non regolare più convenzionalmente i loro rapporti economici, anche solo per un periodo temporaneo, come nel caso in cui siano intervenuti fatti che hanno cambiato radicalmente la situazione economica delle parti, facendo diventare obsolete e squilibrate le disposizioni contrattuali.

4. Recesso unilaterale

La manifestazione di recesso da parte di uno dei conviventi va considerata un diritto potestativo che si esercita attraverso una dichiarazione rivolta alla controparte. Trattasi di un negozio recettizio, che si perfeziona e produce i suoi effetti nel momento in cui viene portato a conoscenza dell'altra parte.

Il professionista che riceve o autentica l’atto è tenuto a notificarne copia all’altro convivente all’indirizzo indicato nel contratto. La legge non fissa un termine al riguardo, ma si deve ragionevolmente ritenere che ciò debba avvenire in tempi brevi, e comunque non oltre i dieci giorni per l’invio dell’atto al comune di residenza.

Quando la casa familiare è nella disponibilità esclusiva (nel senso che l’altro convivente non ha alcun titolo sulla stessa) del recedente, la dichiarazione di recesso deve contenere, a pena di nullità, un termine, non inferiore a 90 giorni, concesso al convivente per lasciare l’abitazione. La disponibilità esclusiva della parte può avvenire a titolo di proprietà, usufrutto, comodato o locazione.

Considerata la natura del contratto di convivenza, quale negozio ad esecuzione continuata, che prevede una pluralità di prestazioni perduranti nel tempo, il recesso non influirà sulle prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione, ai sensi dell’articolo 1373, comma 2, codice civile.

5. Matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona

Il matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e altra persona comportano la risoluzione ex lege del contratto di convivenza. Diversamente la preesistenza del matrimonio o dell’unione civile precludono la stipula dello stesso.

 La parte che ha contratto matrimonio o unione civile deve notificare all’altro contraente, e al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza, l’estratto di matrimonio o di unione civile.

Non è indicato dalla legge alcun adempimento ulteriore. Quindi il professionista nulla dovrà comunicare all’anagrafe del comune di residenza, avendo quest’ultima conoscenza diretta del matrimonio o dell’ unione civile.

6. Morte del convivente

Il contratto di convivenza si scioglie anche per morte di uno dei soggetti che lo hanno stipulato.

Il convivente superstite, o gli eredi del convivente deceduto, devono notificare al professionista che ha ricevuto o autenticato il contratto di convivenza l’estratto dell’atto di morte affinché provveda ad annotare a margine del contratto di convivenza l’avvenuta suo risoluzione e provvedere alla relativa notifica all’anagrafe del comune di residenza.