Altre pillole di genitorialità
Pillole di genitorialità
Nel linguaggio giuridico, e in particolare nella normativa, si usa l’aggettivo “genitoriale”, mentre in psicologia si parla di “genitorialità”. Ma si può definire la genitorialità? Da Treccani.it: “[der. di genitoriale] La condizione di genitore e, anche, l’idoneità a ricoprire effettivamente il ruolo di padre o di madre”.
“Non si può costringere qualcuno a essere genitore” (da un film tv). C’è differenza tra essere genitore, diventare genitore, fare il genitore, e la genitorialità si matura mettendo insieme queste dimensioni, altrimenti si è genitori inidonei, inefficaci, incompetenti. Nella relazione genitori-figli i genitori (in particolare la madre) devono saper gestire vari atteggiamenti con la A: accettazione, attaccamento, affettività, autonomia per arrivare all’armonia. L’armonia, termine mutuato dalla musica, è fatta di note “scritte in verticale” (suonate anche da più strumenti) e intervalli (a differenza della melodia basata sull’orizzontalità e su un solo strumento). Analogamente nella relazione genitori-figli occorrono note “in verticale” e intervalli: è una relazione in crescendo in cui occorre non stare sempre a riprendere né troppo addosso ma dare gli accordi base e lo strumento per far sì che il figlio impari a suonarlo anche insieme agli altri.
La genitorialità non è un automatismo della coppia: occorrono consapevolezza e assunzione di responsabilità prima, durante e dopo. Un figlio è un investimento ad elevato rischio e con rendimento incerto. Il padre, fonte di coraggio, e la madre, fonte di cura: insieme fonte di vita nell’unito e unico abbraccio della coppia genitoriale.
La genitorialità comincia con l’attesa, con la preparazione della e alla nuova vita. “Attendere vuol dire pensare, sia pure confusamente, che c’è un futuro. Che per questo futuro vale la pena di lavorare e di accettare un tempo in cui le cose desiderate ancora non sono presenti, nella speranza che invece potranno esserlo. Vuol dire che il desiderio tollera che l’oggetto ancora non ci sia ma non dispera se non lo afferra subito. Sa operare per un tempo che viene. L’attesa è lo spazio dell’immaginato, che non è il sogno, ma ci somiglia un poco nel senso che al nostro immaginare appartiene sia la leggerezza del desiderio che ci porta sia il confine buono della realtà” (la scrittrice Mariapia Veladiano). Genitorialità è attendere e educare ad attendere. Nella realtà, invece, non sempre è così. Aspettare è aspettare e ascoltare il futuro, quello che c’è dietro il muro, quello che potrà dire e dare l’altro, l’alto. L’educazione, in particolare quella genitoriale, è un’attività per il futuro, con effetti futuri, con responsabilità nei confronti del futuro (come si ricava pure dall’ordinanza n. 22541 del 10 settembre 2019 della Corte di Cassazione - relativa ad un episodio di bullismo - che rimarca la necessità di adeguatezza dell’educazione).
Il sociologo Antonio Marziale afferma: “I veri garanti dell’infanzia e dell’adolescenza sono i genitori, gli insegnanti e gli adulti di prossimità. Basti pensare a quello che è successo a Manduria [aprile 2019, una baby gang ha picchiato a morte un pensionato disabile] dove tutti sapevano, ma nessuno è intervenuto e dove i ragazzi si passavano i video di quello che avveniva come se niente fosse” (a Matera il 21-05-2019, in un incontro di garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza). La si deve smettere di scaricare la responsabilità di quello che fanno o di come sono i bambini e i ragazzi sugli altri, perché l’eco potrebbe essere travolgente e con effetti irreversibili dapprima per i bambini e ragazzi stessi e, poi, per i genitori. Si fa di tutto per diventare genitori ma si dimentica subito quale sia l’onere di essere genitori. Ci si deve sentire tutti corresponsabili in una sorta di “genitorialità sociale”. “Gli Stati parti rispettano le responsabilità, i diritti e i doveri dei genitori o, all’occorrenza, dei membri della famiglia allargata o della comunità, secondo quanto previsto dalle usanze locali, dei tutori o delle altre persone legalmente responsabili del fanciullo” (dall’art. 5 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Nei confronti dei bambini e ragazzi, vi è sempre corresponsabilità, una sorta di staffetta in una “genitorialità diffusa” (o altrimenti detta), come l’obbligo di vigilanza, richiamato dalla Corte di Cassazione (ordinanza 19 settembre 2017, n. 21593; ordinanza - che ha suscitato tante discussioni e strascichi - successiva alla tragica vicenda della morte di un alunno all’esterno dell’edificio scolastico perché investito da un autobus). A conferma di ciò anche la cosiddetta Carta di Lorenzo (redatta per iniziativa dei genitori di un ragazzo morto nel suo ultimo giorno di stage), che indica regole per la sicurezza dei percorsi educativi. Vigilanza (differente dalla sorveglianza) che non è solo quella da cui consegue la responsabilità in educando di cui all’art. 2048 cod. civ., ma è principalmente attenzione che si manifesta con lo sguardo proteso e orecchio teso verso i figli (come quando si controlla il sonno dei neonati) e che sono quegli atteggiamenti che mancano nella “famiglia tecnologica”.
Genitorialità è innanzitutto responsabilità (e anche responsività), espressione che ha sostituito quella usata in passato, “potestà”. Si è abbandonata la concezione del “potere” e si è rimarcata la dimensione del “peso” (in latino “pondus”, da cui deriva il verbo “respondere”), del dover rispondere ai figli e agli altri.
Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, mette in guardia: “Esistono bambini «facili» e bambini «difficili», piccoli aperti al cambiamento e altri che s’inalberano al primo ostacolo. La personalità, però, non dipende solo dai tratti innati, ma anche dall’ambiente che circonda un bambino e dalla sintonia che lega quest’ultimo alle figure che lo accudiscono”. Spesso i cosiddetti bambini “difficili” sono resi tali dagli interventi educativi errati, inadeguati o inesistenti. Nell’art. 18 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, articolo dedicato alla genitorialità, si parla di “responsabilità di allevare”. “Allevare” è “levare su, alzare a, verso” e comporta fatica e impegno, come il costruire una diga o altro sbarramento per contenere e orientare una forza della natura, ma non si può fare diversamente perché è la vita che lo richiede.
Anche lo scrittore don Fabio Rosini sostiene: “Facciamo un esempio: come si fa a provocare una crisi nevrastenica in un bambino? Lo si porta in un negozio di giocattoli e gli si chiede di scegliere un giocattolo solo. Una crudele tortura. Dovendo scegliere, il bimbo sentirà a ogni ipotetica elezione, la selezione conseguente, ossia l’angoscia di perdere tutti gli altri giocattoli, ogni scelta corrisponderà a una perdita immensa. Questo non è un buon sistema per crescere un bambino, bisogna guidarlo nella scelta e aiutarlo, per questo c’è l’età della “discrezione”, nella quale si può, per l’appunto, “discernere”. Ci sarà un motivo perché una serie di cose fatte con un minorenne risultano abuso…”. Per fare i genitori non esiste la patente ma, al tempo stesso, è necessaria che la genitorialità sia patente, cioè manifesta, palese, espansa. “[…] il diritto e dovere dei genitori o, all’occorrenza, dei tutori, di guidare il fanciullo nell’esercizio del diritto sopra menzionato [libertà di pensiero, di coscienza e di religione] in modo consono alle sue capacità evolutive” (art. 14 par. 2 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Tra le aggettivazioni attribuite alla genitorialità si punta molto sulla cosiddetta “genitorialità positiva”, la genitorialità non autoreferenziale o adulto centrata ma nell’interesse dei bambini, nel rispetto dei diritti dei bambini e per lo “sviluppo positivo” dei bambini. L’EPIC (European Platform for Investing in Children – Piattaforma europea per investire nei bambini) ha pubblicato ad aprile 2019 un “policy memo” (promemoria sulla politica) “Positive Parenting Interventions Empowering parents with positive parenting techniques for lifelong health and well-being” (“Interventi per la genitorialità positiva per rendere i genitori capaci di tecniche di genitorialità positiva, per promuovere salute e benessere nel corso della vita”), incentrato sulla natura e sugli obiettivi degli interventi a sostegno della genitorialità, e sul loro ruolo nel promuovere un positivo sviluppo del bambino. “Gli interventi a sostegno della genitorialità sono tutti quei programmi di azione sui genitori o sulle famiglie finalizzati ad un impatto positivo sulle condizioni emotive, cognitive, comportamentali e sanitarie dei bambini, attraverso il miglioramento delle competenze genitoriali e delle relazioni genitori – figli” (dal “policy memo”). L’Italia dovrebbe investire nella genitorialità positiva non solo per attuare la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia ma, ancor prima, per attenersi al disegno costituzionale della famiglia (artt. 29-31 Cost.), che è stata la prima fonte nell’ordinamento giuridico italiano a parlare di “genitori” (e non più singolarmente di “padre” e “madre”) e di “adempimento di compiti”. Investire nella famiglia è altresì evitare costi economici e sociali, quali quelli sostenuti per denunce, processi, discussioni sulla cosiddetta alienazione parentale, interventi di assistenti sociali, contrasti con la scuola, spese sanitarie in seguito a maltrattamenti e violenze.
La genitorialità positiva è sempre più ostacolata nella quotidianità in cui sono sempre più frequenti casi di genitorialità solitaria che fa aumentare i rischi di povertà socio-educativa. La genitorialità solitaria non riguarda solo le famiglie monoparentali ma anche le famiglie che attraversano situazioni difficili transitorie (esempio problemi di salute o di lavoro riguardanti un genitore). Sono necessarie osservazioni per identificare se e in quale fase del corso di vita gli individui entrano nella genitorialità solitaria e alla fine la lasciano, così come il modo in cui questa fase viene vissuta e le sue conseguenze per gli individui e i loro figli e successive azioni di policy e sostegni di ogni tipo per dare orientamento alle sempre più numerose famiglie che si trovino in queste condizioni.
Genitorialità positiva o genitorialità sic et simpliciter è accoglienza della vita, dare famiglia al bambino venuto al mondo, una cordata di sicurezza e benessere intorno al bambino (tutto ciò che emerge tra l’altro dalla legge 4 maggio 1983 n. 184 rubricata “Diritto del minore ad una famiglia” da quando è stata novellata dalla legge 149/2001).
La genitorialità è positività, a cominciare dal test positivo di gravidanza. La genitorialità nasce dalla fantasia (“far apparire”) e dal coraggio (“cuore”) e richiede fantasia e coraggio. Un cuore che palpita e una mente che illumina: questa è la speranza, questa è la vita, così la genitorialità.
“Quando arriva un bambino il cerchio familiare applaude e grida felice. Il suo sguardo dolce che brilla illumina gli occhi di tutti. E i volti più tristi, forse i più impuri subito si distendono vedendo il bambino che appare innocente e felice” (Victor Hugo).