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La TAV in Piemonte, il programma delle coalizioni politiche e una recentissima decisione del Consiglio di Stato

La stampa ha recentemente rilevato come il programma dell’Ulivo non contenga alcun esplicito impegno in merito al carattere strategico dei lavori collegati alla TAV piemontese. Anzi, una vera e propria “coltre di silenzio” copre i lavori la cui realizzazione è stata sospesa in attesa della conclusione della V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale).

Obiettivo di questo articolo è quello di dimostrare come il mancato esplicito inserimento di questa “grande opera” nel programma di uno dei due schieramenti non ha soltanto un significato politico (su questo aspetto, ovviamente, i giudizi possono essere diversi e tutti legittimi), ma anche una precisa rilevanza giuridica.

Per comprendere le ragioni di questa affermazione, occorre in primo luogo ricordare come la V.I.A. implichi necessariamente che le opere da valutare abbiano un’incidenza negativa su alcuni elementi naturalistici del territorio, modificandolo in misura più o meno invasiva e penetrante (Consiglio di Stato - Sezione VI, 5 gennaio 2004, n. 1). In altre parole, la V.I.A. non si propone di escludere qualsiasi rilevanza dell’opera sull’ambiente, ma di effettuare una corretta valutazione costi-benefici; e di stabilire, pertanto, se le alterazioni ambientali connesse all’opera progettata possano ritenersi accettabili alla stregua di un giudizio comparativo che tenga conto, da un lato, della necessità di salvaguardare preminenti valori ambientali, dall’altro, dell’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera. In questa valutazione, uno degli scenari alternativi da considerare è naturalmente la cosiddetta “opzione zero”, la quale ovviamente – oltre a non consentire il raggiungimento dell’interesse pubblico connesso alla realizzazione dell’opera – può a sua volta avere ricadute ambientali negative, ovviamente diverse da quelle conseguenti alla realizzazione dell’opera.

Ma vi è un ulteriore aspetto da considerare. Il giudizio finale di V.I.A., anche se finalizzato a migliorare la trasparenza della decisione finale, costituisce un mero strumento di supporto tecnico alla decisione finale, la quale, per le grandi opere, presenta aspetti tecnico-discrezionali e profili decisionali di tipo politico. Nel ribadire questi principi, una recentissima decisione dei massimi giudici amministrativi (Consiglio di Stato 18 gennaio 2006, n. 129) – riguardante il prolungamento verso sud dell’autostrada A-31 Valdastico – ha sviluppato in modo approfondito un ragionamento direttamente collegato al tema dell’inserimento o meno di un progetto nel programma di Governo.

I giudici di Palazzo Spada hanno infatti espressamente sottolineato che – quando la grande opera viene deliberata “dalla collegialità del Governo” in quanto riguardante “l’attuazione del programma” – si restringono notevolmente i margini di sindacabilità del giudice amministrativo sul provvedimento definitivo di approvazione del progetto. In parole più semplici, se la grande opera non è espressamente compresa nel programma di governo, l’eventuale sua approvazione è sottoposta ad una serie di possibili contestazioni di legittimità e di merito tecnico che rendono estremamente improbabile la sua effettiva (e tanto più la sua tempestiva) realizzazione. Se invece il progetto è compreso nel programma di Governo, le impugnazioni giudiziarie possono riguardare esclusivamente i profili formali, e sono destinate perciò a rapida definizione.

E’ facile prevedere che questo principio giurisprudenziale troverà conferma e valorizzazione ulteriori alla luce del nuovo sistema elettorale (legge n. 270/2005), che – come è noto – conferisce al “programma di governo” delle coalizioni politiche un valore importante e giuridicamente preciso anche dal punto di vista formale.

Per concludere: si possono avere, come è ovvio, opinioni diverse circa l’opportunità delle grandi opere. Personalmente ritengo che la TAV piemontese sia nel complesso opportuna, anche se si sarebbero dovuti prevedere un più tempestivo coinvolgimento delle popolazioni locali e migliori compensazioni. Ma non si può far finta che l’omessa menzione di una grande opera nel programma di Governo sia priva di rilevanza, non solo dal punto di vista politico ma anche sul piano più strettamente giuridico. Negli ultimi cinque anni, i ripetuti condoni ambientali e paesaggistici (che – sia detto per inciso – non erano compresi nel programma della coalizione che ha governato) hanno contribuito non poco al degrado ambientale del nostro Paese. Vi è sicuramente la necessità, da questo punto di vista, di voltare pagina. Ma occorre farlo attraverso scelte chiare e responsabili, non attraverso furbesche omissioni, che – come si è dimostrato – rischiano di avere conseguenze giuridiche assai pesanti.

La stampa ha recentemente rilevato come il programma dell’Ulivo non contenga alcun esplicito impegno in merito al carattere strategico dei lavori collegati alla TAV piemontese. Anzi, una vera e propria “coltre di silenzio” copre i lavori la cui realizzazione è stata sospesa in attesa della conclusione della V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale).

Obiettivo di questo articolo è quello di dimostrare come il mancato esplicito inserimento di questa “grande opera” nel programma di uno dei due schieramenti non ha soltanto un significato politico (su questo aspetto, ovviamente, i giudizi possono essere diversi e tutti legittimi), ma anche una precisa rilevanza giuridica.

Per comprendere le ragioni di questa affermazione, occorre in primo luogo ricordare come la V.I.A. implichi necessariamente che le opere da valutare abbiano un’incidenza negativa su alcuni elementi naturalistici del territorio, modificandolo in misura più o meno invasiva e penetrante (Consiglio di Stato - Sezione VI, 5 gennaio 2004, n. 1). In altre parole, la V.I.A. non si propone di escludere qualsiasi rilevanza dell’opera sull’ambiente, ma di effettuare una corretta valutazione costi-benefici; e di stabilire, pertanto, se le alterazioni ambientali connesse all’opera progettata possano ritenersi accettabili alla stregua di un giudizio comparativo che tenga conto, da un lato, della necessità di salvaguardare preminenti valori ambientali, dall’altro, dell’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera. In questa valutazione, uno degli scenari alternativi da considerare è naturalmente la cosiddetta “opzione zero”, la quale ovviamente – oltre a non consentire il raggiungimento dell’interesse pubblico connesso alla realizzazione dell’opera – può a sua volta avere ricadute ambientali negative, ovviamente diverse da quelle conseguenti alla realizzazione dell’opera.

Ma vi è un ulteriore aspetto da considerare. Il giudizio finale di V.I.A., anche se finalizzato a migliorare la trasparenza della decisione finale, costituisce un mero strumento di supporto tecnico alla decisione finale, la quale, per le grandi opere, presenta aspetti tecnico-discrezionali e profili decisionali di tipo politico. Nel ribadire questi principi, una recentissima decisione dei massimi giudici amministrativi (Consiglio di Stato 18 gennaio 2006, n. 129) – riguardante il prolungamento verso sud dell’autostrada A-31 Valdastico – ha sviluppato in modo approfondito un ragionamento direttamente collegato al tema dell’inserimento o meno di un progetto nel programma di Governo.

I giudici di Palazzo Spada hanno infatti espressamente sottolineato che – quando la grande opera viene deliberata “dalla collegialità del Governo” in quanto riguardante “l’attuazione del programma” – si restringono notevolmente i margini di sindacabilità del giudice amministrativo sul provvedimento definitivo di approvazione del progetto. In parole più semplici, se la grande opera non è espressamente compresa nel programma di governo, l’eventuale sua approvazione è sottoposta ad una serie di possibili contestazioni di legittimità e di merito tecnico che rendono estremamente improbabile la sua effettiva (e tanto più la sua tempestiva) realizzazione. Se invece il progetto è compreso nel programma di Governo, le impugnazioni giudiziarie possono riguardare esclusivamente i profili formali, e sono destinate perciò a rapida definizione.

E’ facile prevedere che questo principio giurisprudenziale troverà conferma e valorizzazione ulteriori alla luce del nuovo sistema elettorale (legge n. 270/2005), che – come è noto – conferisce al “programma di governo” delle coalizioni politiche un valore importante e giuridicamente preciso anche dal punto di vista formale.

Per concludere: si possono avere, come è ovvio, opinioni diverse circa l’opportunità delle grandi opere. Personalmente ritengo che la TAV piemontese sia nel complesso opportuna, anche se si sarebbero dovuti prevedere un più tempestivo coinvolgimento delle popolazioni locali e migliori compensazioni. Ma non si può far finta che l’omessa menzione di una grande opera nel programma di Governo sia priva di rilevanza, non solo dal punto di vista politico ma anche sul piano più strettamente giuridico. Negli ultimi cinque anni, i ripetuti condoni ambientali e paesaggistici (che – sia detto per inciso – non erano compresi nel programma della coalizione che ha governato) hanno contribuito non poco al degrado ambientale del nostro Paese. Vi è sicuramente la necessità, da questo punto di vista, di voltare pagina. Ma occorre farlo attraverso scelte chiare e responsabili, non attraverso furbesche omissioni, che – come si è dimostrato – rischiano di avere conseguenze giuridiche assai pesanti.