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Per chi guida la bici sotto l’effetto di alcol c’è il reato, ma non la sospensione della patente

 1. Le massime

La sanzione accessoria della sospensione della patente, prevista per la guida sotto l’influenza di alcol, si applica anche quando l’illecito sia stato commesso dal conducente di un ciclomotore ed, in tal caso, la sospensione riguarda il certificato di idoneità alla guida. La legge 15 luglio 2009, n. 94 ha, infatti, esteso l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria al conducente di ciclomotore, ma – nell’enunciare che la sospensione si applica al certificato di idoneità alla guida “posseduto” ovvero alla patente “posseduta” – finisce col confermare la pregressa giurisprudenza di legittimità secondo cui la sospensione può essere disposta solo quando l’imputato sia titolare di titolo abilitativo e si sia posto alla guida di veicolo che richieda uno dei titoli abilitativi per i quali la legge prevede la sospensione (nella specie, la Suprema Corte censura l’operato del giudice di merito nella parte in cui, oltre ad aver applicato su richiesta la pena per il reato di guida sotto l’influenza di alcol, aveva ritenuto di disporre la sospensione della patente a carico di un soggetto il quale era stato, a tarda notte, sorpreso ubriaco alla guida della propria bici).

2. Il caso

Tizio, a tarda ora, veniva sorpreso a guidare la propria bici sotto l’influenza di alcolici. Più in particolare, gli veniva riscontrato un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro. Imputato per il reato di guida sotto l’influenza di alcol, previsto dal Codice della strada (artt. 186, comma 2, lett. C e comma 2 sexies, D. L.vo 30 aprile 1992, n. 285), Tizio formulava – congiuntamente al PM – richiesta di patteggiamento. Il GIP del tribunale territoriale, in accoglimento dell’istanza, applicava la pena richiesta e disponeva, altresì, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

Tizio ricorreva per Cassazione, censurando proprio la sanzione accessoria e facendo rilevare come la pertinente normativa sia sempre stata interpretata nel senso che la sanzione accessoria in questione possa essere disposta solo quando il reato venga commesso ponendosi alla guida di un veicolo che richiede una patente.

3. La decisione

La Suprema Corte accoglie il ricorso. Il giudice di legittimità, anzitutto, premette che con la sentenza di patteggiamento vanno applicate in ogni caso le sanzioni amministrative accessorie, poiché il divieto previsto dall’art. 445 c.p.p., ha natura eccezionale ed è limitato alle pene accessorie ed alle misure di sicurezza diverse dalla confisca, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria. Da tanto consegue che con la pronuncia resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. deve essere disposta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, persino se essa sia stata già disposta dal prefetto.

In quest’ultimo caso, una volta stabilita dal giudice la durata della sospensione, da questa dovrà detrarsi il periodo di tempo già scontato per effetto della sospensione ordinata dal prefetto. A nulla rileva, inoltre, che nella richiesta di patteggiamento non sia stata fatta menzione della sanzione amministrativa, giacché essa non può formare oggetto dell’accordo tra le parti, essendo quest’ultimo limitato alla pena, e consegue di diritto alla sollecitata pronuncia.

Né potrebbe opporsi che la sanzione amministrativa verrebbe applicata in difetto di accertamento del reato, in quanto nel patteggiamento, anche se non si fa luogo all’affermazione di responsabilità dell’imputato si procede comunque all’accertamento del reato, sia pure sui generis, essendo fondato sulla descrizione del fatto reato, nei suoi elementi soggettivi ed oggettivi, contenuta nel capo di imputazione e non contestata dalle parti nel formulare la richiesta.

Il Supremo Collegio non condivide l’impostazione seguita dal giudice di merito, il quale ha ritenuto di poter applicare la sospensione facendo leva sull’espressione “in ogni caso” che compare nella normativa (art. 186, comma 2, lett. c, Codice della strada) per inferirne che la sospensione della patente possa essere disposta anche nel caso in cui l’imputato si sia posto in stato di ebbrezza alla guida di un veicolo che non richieda titolo abilitativo.

Il giudice di legittimità chiarisce che, per effetto dell’art. 219 bis, introdotto nel Codice della strada con la Legge 15 luglio 2009, n. 94, è stata estesa l’area di operatività della sospensione, la quale consegue di diritto anche quando l’illecito sia stato commesso dal conducente di un ciclomotore. Tuttavia, la norma fa espresso richiamo al titolo di guida “posseduto” ovvero alla patente “posseduta”, dal che si desume che la sospensione può disporsi solo quando l’imputato, oltre che possedere un titolo abilitativo, si sia posto alla guida di un veicolo che richieda uno dei titoli abilitativi per i quali la legge prevede la sospensione.

A fronte degli argomenti ivi ripercorsi, la Suprema Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta sospensione della patente di guida.

4. I precedenti

Il principio per cui la sospensione della patente, in quanto sanzione amministrativa accessoria, non rientra tra quelle che, in caso di patteggiamento, è fatto divieto al giudice di applicare, ai sensi dell’art. 445 c.p.p., si segnala la sentenza Cass. Pen., 3 luglio 2012, n. 27994.

Nel senso dell’obbligatorietà della sospensione, anche in caso di patteggiamento della pena, allorché la guida in stato di ebbrezza sia stata posta in essere circolando con un ciclomotore da parte di un soggetto munito di patente, in quanto titolo abilitante anche alla conduzione del ciclomotore, si era espressa la sentenza n. 32439/2012, Cass. Pen.

Nel senso della non applicabilità della sospensione della patente prevista dall'art. 186 del Codice della strada ai casi in cui la violazione si realizzi ponendosi alla guida di un mezzo per cui non sia prescritta alcuna abilitazione alla guida, affrontando proprio il caso di guida di una bicicletta in stato di ebbrezza, si era pronunciata la sent. n. 10684/2011, Cass. Pen. 

 1. Le massime

La sanzione accessoria della sospensione della patente, prevista per la guida sotto l’influenza di alcol, si applica anche quando l’illecito sia stato commesso dal conducente di un ciclomotore ed, in tal caso, la sospensione riguarda il certificato di idoneità alla guida. La legge 15 luglio 2009, n. 94 ha, infatti, esteso l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria al conducente di ciclomotore, ma – nell’enunciare che la sospensione si applica al certificato di idoneità alla guida “posseduto” ovvero alla patente “posseduta” – finisce col confermare la pregressa giurisprudenza di legittimità secondo cui la sospensione può essere disposta solo quando l’imputato sia titolare di titolo abilitativo e si sia posto alla guida di veicolo che richieda uno dei titoli abilitativi per i quali la legge prevede la sospensione (nella specie, la Suprema Corte censura l’operato del giudice di merito nella parte in cui, oltre ad aver applicato su richiesta la pena per il reato di guida sotto l’influenza di alcol, aveva ritenuto di disporre la sospensione della patente a carico di un soggetto il quale era stato, a tarda notte, sorpreso ubriaco alla guida della propria bici).

2. Il caso

Tizio, a tarda ora, veniva sorpreso a guidare la propria bici sotto l’influenza di alcolici. Più in particolare, gli veniva riscontrato un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro. Imputato per il reato di guida sotto l’influenza di alcol, previsto dal Codice della strada (artt. 186, comma 2, lett. C e comma 2 sexies, D. L.vo 30 aprile 1992, n. 285), Tizio formulava – congiuntamente al PM – richiesta di patteggiamento. Il GIP del tribunale territoriale, in accoglimento dell’istanza, applicava la pena richiesta e disponeva, altresì, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

Tizio ricorreva per Cassazione, censurando proprio la sanzione accessoria e facendo rilevare come la pertinente normativa sia sempre stata interpretata nel senso che la sanzione accessoria in questione possa essere disposta solo quando il reato venga commesso ponendosi alla guida di un veicolo che richiede una patente.

3. La decisione

La Suprema Corte accoglie il ricorso. Il giudice di legittimità, anzitutto, premette che con la sentenza di patteggiamento vanno applicate in ogni caso le sanzioni amministrative accessorie, poiché il divieto previsto dall’art. 445 c.p.p., ha natura eccezionale ed è limitato alle pene accessorie ed alle misure di sicurezza diverse dalla confisca, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria. Da tanto consegue che con la pronuncia resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. deve essere disposta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, persino se essa sia stata già disposta dal prefetto.

In quest’ultimo caso, una volta stabilita dal giudice la durata della sospensione, da questa dovrà detrarsi il periodo di tempo già scontato per effetto della sospensione ordinata dal prefetto. A nulla rileva, inoltre, che nella richiesta di patteggiamento non sia stata fatta menzione della sanzione amministrativa, giacché essa non può formare oggetto dell’accordo tra le parti, essendo quest’ultimo limitato alla pena, e consegue di diritto alla sollecitata pronuncia.

Né potrebbe opporsi che la sanzione amministrativa verrebbe applicata in difetto di accertamento del reato, in quanto nel patteggiamento, anche se non si fa luogo all’affermazione di responsabilità dell’imputato si procede comunque all’accertamento del reato, sia pure sui generis, essendo fondato sulla descrizione del fatto reato, nei suoi elementi soggettivi ed oggettivi, contenuta nel capo di imputazione e non contestata dalle parti nel formulare la richiesta.

Il Supremo Collegio non condivide l’impostazione seguita dal giudice di merito, il quale ha ritenuto di poter applicare la sospensione facendo leva sull’espressione “in ogni caso” che compare nella normativa (art. 186, comma 2, lett. c, Codice della strada) per inferirne che la sospensione della patente possa essere disposta anche nel caso in cui l’imputato si sia posto in stato di ebbrezza alla guida di un veicolo che non richieda titolo abilitativo.

Il giudice di legittimità chiarisce che, per effetto dell’art. 219 bis, introdotto nel Codice della strada con la Legge 15 luglio 2009, n. 94, è stata estesa l’area di operatività della sospensione, la quale consegue di diritto anche quando l’illecito sia stato commesso dal conducente di un ciclomotore. Tuttavia, la norma fa espresso richiamo al titolo di guida “posseduto” ovvero alla patente “posseduta”, dal che si desume che la sospensione può disporsi solo quando l’imputato, oltre che possedere un titolo abilitativo, si sia posto alla guida di un veicolo che richieda uno dei titoli abilitativi per i quali la legge prevede la sospensione.

A fronte degli argomenti ivi ripercorsi, la Suprema Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta sospensione della patente di guida.

4. I precedenti

Il principio per cui la sospensione della patente, in quanto sanzione amministrativa accessoria, non rientra tra quelle che, in caso di patteggiamento, è fatto divieto al giudice di applicare, ai sensi dell’art. 445 c.p.p., si segnala la sentenza Cass. Pen., 3 luglio 2012, n. 27994.

Nel senso dell’obbligatorietà della sospensione, anche in caso di patteggiamento della pena, allorché la guida in stato di ebbrezza sia stata posta in essere circolando con un ciclomotore da parte di un soggetto munito di patente, in quanto titolo abilitante anche alla conduzione del ciclomotore, si era espressa la sentenza n. 32439/2012, Cass. Pen.

Nel senso della non applicabilità della sospensione della patente prevista dall'art. 186 del Codice della strada ai casi in cui la violazione si realizzi ponendosi alla guida di un mezzo per cui non sia prescritta alcuna abilitazione alla guida, affrontando proprio il caso di guida di una bicicletta in stato di ebbrezza, si era pronunciata la sent. n. 10684/2011, Cass. Pen.