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Aspetti contrattuali di diritto musulmano nei Paesi arabi

Aspetti contrattuali di diritto musulmano nei Paesi arabi
Aspetti contrattuali di diritto musulmano nei Paesi arabi

Indice

1. Premessa

2. Definizione di contratto

3. Responsabilità e inadempimento

4. Risoluzione del contratto

5. Risarcimento e cause di esonero da responsabilità

6. Conclusioni

 

1. Premessa

Il diritto musulmano non offre una teoria generale del contratto: la giurisprudenza islamica è casistica anche se il Corano detta comunque dei principi generali, primo fra tutti la forza vincolante del contratto. Lo Stato non ha nessun potere di annullare e/o modificare un contratto perché questo o è legale o è proibito dalla legge.

I contratti sono di regola sempre tipici o nominati: il giudice ha però il potere di riportare ad equità un’obbligazione contrattuale. L’usura e l’alea sono vietati dalla legge, anche se alcuni codici ammettono contratti “aleatori” qualora l’oggetto sia un cosa futura e incerta (articolo 66 codice civile tunisino; artt. 131 e 265 codice egiziano).

 

2. Definizione di contratto

Articolo 89 codice egiziano: “Un contratto si definisce concluso  quando due parti si manifestano reciprocamente due volontà conformi, nel debito rispetto di condizioni speciali previste dalla legge affinché il contratto possa dirsi concluso

Articolo 89 codice libico: “Conclusione di un contratto – Un contratto si definisce concluso quando due parti si manifestano reciprocamente una volontà identica, tenendo debito conto di ogni altro eventuale requisito previsto dalla legge per la conclusione di un contratto”

Articolo 125 UAE: “Un contratto si definisce come l’incontro di un’offerta avanzata da una delle parti contraenti e l’accettazione dell’altra, nonché l’accordo di entrambe in modo tale che l’effetto dello stesso si stabilisca nell’oggetto del contratto; da esso deriva un’obbligo per entrambe al quale ognuna è vincolata nei confronti dell’altra. Si potrebbe verificare una coincidenza di più di due volontà rispetto alla creazione dell’effetto giuridico”.

Articolo 147 codice egiziano: “Un contratto è la legge delle parti contraenti. Non può essere invalidato o modificato senza l’accordo di dette parti, oppure senza un motivo indicato nel testo legislativo”.

3. Responsabilità e inadempimento

La responsabilità civile si distingue in contrattuale e da fatto illecito o extra-contrattuale ma a differenza dei diritti europei in cui il principio è la responsabilità per colpa e la responsabilità oggettiva si configura come un’eccezione, nei paesi islamici la regola è la responsabilità oggettiva.

Un lieve ritardo nell’adempimento è scusabile e tale regola è sottolineata dal Corano che esorta a rimettere i debiti piuttosto che a esigerli. La regola vale però nei confronti del debitore in buona fede, mentre se è in mala fede il suo inadempimento è assimilato alla rapina. Per dichiarare la mora non è necessaria una formale richiesta scritta. Se durante la mora interviene un caso fortuito o la forza maggiore, sarà il debitore a risponderne. In realtà tanto il codice egiziano quanto quello degli UAE prescrivono l’obbligo di notificare alla parte inadempiente la constatazione dell’inadempimento (articolo 157 codice egiziano e articolo 272 codice UAE).

Problema assai delicato è quello degli interessi: mentre il codice tunisino accoglie tale voce accessoria, quello egiziano delimita la portata e la misura del tasso (4% in caso di contratti civili e 5% in caso di contratti commerciali) con il limite massimo del 7% (ogni pattuizione maggiore andrà ridotta dal giudice al tasso legale), mentre quello degli UAE ribadiva inizialmente il divieto imposto dalla sharia ma a seguito di una sentenza della Corte Suprema del 1983 tale divieto è caduto quanto meno nella prassi commerciale internazionale (con il limite del tasso del 12%). La Corte di Cassazione egiziana ha stabilito che la materia degli interessi  è  di  ordine  pubblico e  quindi  in  un  contratto internazionale il giudice egiziano può rifiutare di dare esecuzione ad una sentenza straniera che preveda un tasso maggiore di quello fissato per legge.

 

4. Risoluzione del contratto

Secondo il diritto musulmano l’obbligazione di una parte è indipendente dall’obbligazione della controparte, per cui in caso di inadempimento il contratto rimane valido. Il diritto positivo invece ammette la possibilità di risolvere il contratto se la parte non ha adempiuto. Tipico esempio è una sentenza della Corte Federale degli UAE che ha stabilito che “il principio fondamentale del diritto islamico classico è che i contratti devono essere eseguiti nello specifico; ed i tribunali devono far ripettare i termini degli stessi. Il diritto islamico non consente la risoluzione per inadempimento. La parte lesa non ha altra scelta se non quella di richiedere un’esecuzione specifica”.

Per poter esercitare la risoluzione devono sussistere le seguenti condizioni: a) il contratto deve essere sinallagmatico; b) deve esserci l’inadempimento e esso deve essere notificato a controparte, alla quale deve essere concessa la possibilità di adempiere; c) la parte che invoca la risoluzione non deve essere a sua volta inadempiente; d) la parte che chiede la risoluzione deve essere in grado di restaurare lo status quo ante.

Il codice degli UAE all’articolo 324 dispone: “Chiunque si impossessi di un bene senza averne il diritto deve restituirlo al proprietario insieme all’eventuale profitto o rendimento che ha prodotto, ed il giudice può risarcire il titolare del diritto per ogni eventuale ammanco nella restituzione dei profitti da parte della persona che si è impossessata del bene”.

In caso di risoluzione dichiarata dal giudice egli ha un grande potere discrezionale, avendo la facoltà di concedere una proroga alla parte inadempiente o di non dichiarare la risoluzione nel caso in cui l’inadempimento non sia reputato grave, fatta eccezione per il caso in cui si sia in presenza di una clausola risolutiva espressa.

 

5. Risarcimento e cause di esonero da responsabilità

I danni risarcibili sono di regola quelli effettivamente subiti e concretamente determinabili, tanto in caso di ritardo nell’adempimento quanto nel caso di mancata esecuzione del contratto. Secondo la giurisprudenza classica il mancato profitto, il danno morale o il ritardo nell’esecuzione sono elementi di difficile quantificazione e quindi in sé non risarcibili. Il risarcimento ottimale è quello che ripristina la posizione originaria della parte lesa.

Solo il codice egiziano all’articolo 222 riconosce il danno morale ma limitatamente alle questioni che investono l’onore e la dignità di una persona. Quanto alla forza maggiore essa comprende tanto l’atto divino, quanto quella forza cui è impossibile resistere ma solo il codice tunisino ne offre una definizione, mentre quelli di Libia, Siria, Yemen, Algeria, Kuwait e Qatar menzionano la fattispecie come causa di esonero da responsabilità ma non ne danno una definizione precisa. Le parti possono sempre derogare pattiziamente a tale principio accettando di sopportare le eventuali conseguenze del verificarsi di un evento qualificabile come forza maggiore.

 

6. Conclusioni

Diritto codificato islamico e diritto sciaritico procedono quindi di pari passo influenzandosi l’un l’altro.

Il codice civile egiziano pone infatti la sharia dopo la legge e la consuetudine e prima del diritto naturale e dell’equità. Nel codice degli UAE la sharia è al secondo posto nella gerarchia delle fonti subito dopo la legge ed è menzionata espressamente come principio di ordine pubblico. Il dibattito è quindi ancora aperto, anche se i principi del commercio internazionale e la lex mercatoria stanno tentando di farsi strada anche in questa grande area geografica.