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Banksy. Essere o non essere, questo è il problema! La doppia faccia dell’anonimato

Banksy
Banksy

1. Banksy l’artista

Banksy è senza ombra di dubbio uno degli artisti più discussi e controversi del panorama contemporaneo.

Le sue opere di street art associate alla sua identità sconosciuta da sempre hanno affascinato il grande pubblico che ormai si aspetta da un momento all’altro di ritrovarsi faccia a faccia con un’opera dell’artista. Nessuno sa infatti dove e in che modo agirà l’artista, che ha fatto dell’imprevedibilità e dei messaggi sociali espressi attraverso i contenuti delle sue opere il proprio cavallo di battaglia.

Banksy è eclettico, diretto e la sua identità celata ed avvolta dal mistero ha senza ombra di dubbio contribuito ad incrementare la sua fama.

L’artista di Bristol, che di solito fa discutere il pubblico per le sue opere che hanno un impatto diretto e dirompente agli occhi di chi le ammira, recentemente è balzato agli onori della cronaca non per i suoi capolavori, ma per l’essere stato protagonista di un’intensa battaglia legale con la Full Colour Black, un’azienda del North Yorkshire che produce biglietti di auguri ispirati all’arte urbana.

 

2. La battaglia legale

La vicenda, che è stata oggetto di pronuncia da parte dell’EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale), inizia a svilupparsi nel 2019, ossia nel momento in cui la Full Colour Black produce e mette in commercio delle cartoline, usando l’immagine iconica di una delle più famose opere dell’artista ossia il “Flower Thrower” ovvero “lanciatore di fiori” opera apparsa per la prima volta a Gerusalemme nel 2005.

L’opera “Flower Thrower”, o per meglio dire l’immagine che ritrae un uomo nell’atto di lanciare un mazzo di fiori, nel 2014 era stata depositata come marchio europeo (domanda n. 12575155) dalla Pest Control Office Ltd società che agisce per conto dell’artista e che, di fronte alla produzione delle cartoline da parte della Full Colour Black raffiguranti il “lanciatore di fiori”, ha iniziato una vera e propria battaglia legale durata due anni.

L’azienda del North Yorkshire ha sin da subito contestato fermamente a Banksy il diritto di rivendicare un marchio commerciale sul suo nome e sulle sue immagini e ha prospettato le proprie ragioni del contendere anche di fronte all’EUIPO, che ha posto fine alla questione con la decisione n. 33843 C, del 14 settembre 2020.

Con tale pronuncia l’EUIPO ha dichiarato nullo il marchio “Flower Thrower” in quanto, a parere di detto organismo, depositato in malafede per evidenti fini strumentali. Secondo gli esaminatori, Banksy non ha mai avuto alcuna intenzione di utilizzare il lanciatore di fiori come marchio e l’uso del suddetto segno in tal senso è avvenuto, solo nel 2019, al fine di evitare la decadenza del marchio per non uso.

Inoltre, l’EUPO, nel valutare la questione, ha posto in risalto un altro aspetto di primaria importanza: l’anonimato di Banksy.

I ricordati esaminatori hanno infatti stabilito che in questo caso la nullità del marchio è da considerarsi ab origine, in quanto Banksy non ha mai utilizzato la propria immagine per identificare la paternità delle proprie opere. Da tale pronuncia ne consegue, come logico corollario, che qualora l’autore di un’opera non utilizzi la propria immagine rimanendo anonimo non può essere in grado di dimostrare giuridicamente la paternità dell’opera stessa e di conseguenza il marchio a lui riconducibile deve essere dichiarato nullo.

In poche parole secondo l’EUIPO, Banksy non può essere considerato l’autore dell’opera “Flower Thrower” perché la sua identità è celata ed è difficile se non impossibile stabilire che un soggetto anonimo possa vantare dei diritti di autore su un murale.

 

3. Il decisum EUIPO

La decisione dell’EUIPO ha senza ombra di dubbio suscitato un certo clamore in ragione del fatto che ha affrontato una pluralità di aspetti.

Innanzitutto gli esaminatori hanno dichiarato nullo il marchio “Flower Thower”, perché hanno rilevato che Banksy non ha mai avuto alcuna reale intenzione di utilizzare il suddetto segno come marchio. Tale utilizzazione, secondo l’EUIPO, si è concretizzata solamente a far tempo dall’anno 2019, ossia nell’ultimo anno utile prima che venisse dichiarata la decadenza per non uso del marchio de quo attraverso l’apertura di uno shop e, peraltro, solo successivamente alle contestazioni mosse dalla Full Colour Black.

Ne consegue che Banksy non ha mai utilizzato il segno oggetto della vicenda a fini commerciali come previsto dalla normativa in materia di marchi ovvero per identificare i propri prodotti e distinguerli da quelli di un altro soggetto o impresa. La domanda di registrazione effettuata da Banksy attraverso la Pest Control Office Ltd è dunque a parere dell’EUIPO effettuata in malafede perché strumentale e volta ad impedire ai terzi l’uso di un segno che non è utilizzato da chi lo registra per contraddistinguere l’origine commerciale dei propri prodotti e/o servizi.

Oltre al rappresentato profilo L’EUIPO ha preso in considerazione ed esaminato un altro aspetto ossia l’anonimato di Banksy.

Ciò che è stato subito oggetto di attenzione da parte degli esaminatori è stato il fatto che nessuno conosce l’identità dell’artista di Bristol. L’anonimato che avvolge l’identità dell’artista di Bristol ha dunque ampliato il concetto di strumentale malafede nella registrazione di un marchio nella cui definizione, di per sé molto generica di non avente diritto, è stata, quindi, fatta rientrare anche la suddetta fattispecie.

Attraverso tale considerazione gli esaminatori hanno affrontato anche alcuni aspetti relativi al diritto d’autore e alla street art precisando che, a loro modo di vedere, le opere di street art non sono tutelate dal diritto d’autore.

L’EUIPO ha dichiarato testualmente che le opere di street art “le quali non vengono eseguite con l’espressa autorizzazione del proprietario del bene su cui sono realizzate, costituiscono atto criminale e, in tale misura, nessun diritto d’autore potrebbe derivare da un’opera del genere (o si potrebbe sostenere che il diritto d’autore sia stato donato al proprietario del supporto dall’artista). Inoltre, le opere di street art vengono normalmente realizzate in luoghi pubblici affinché tutti possano vederle e fotografarle, il che potrebbe anche “annullare” qualsiasi diritto d’autore, anche se tale circostanza fosse espressamente negata dal titolare dei diritti”.

Gli esaminatori sono arrivati a tale decisione soprattutto in forza di una serie di non secondarie circostanze che non hanno fatto che aggravare la posizione dello street artist di Bristol mettendolo in serie difficoltà.

Innanzitutto, occorre considerare il dato paradigmatico che le opere di Banksy sono state spesso realizzate su proprietà di terzi senza il loro permesso, quindi con pratiche definite “illegali”. E non solo. Ci sono altri due particolari che hanno avuto un peso sulla decisione degli esaminatori.

Banksy, come è ben noto, è stato sempre riluttante nel voler regolarizzare la propria posizione, giocando sempre sul fatto che la sua identità è sconosciuta al pubblico.

Inoltre l’apertura a Londra di un punto vendita da parte dell’artista di oggetti e stampe con le immagini delle proprie opere è stata effettuata nel 2019, successivamente alle contestazioni della Full Colour Black e al solo scopo di non perdere il diritto all’uso del marchio entro i 5 anni decorrenti dal deposito della domanda che nel caso che ci occupa stavano per scadere in quanto il deposito de quo era avvenuto nel 2014.

Ne consegue che Banksy ha aperto il suo shop, solo perché messo alle strette dagli attacchi della Full Colour Black e soltanto al pretestuoso e strumentale scopo di difendere un diritto quanto mai astratto.

A ciò devono anche aggiungersi altre due circostanze e cioè il fatto che la domanda di marchio sia stata depositata da una società non riconducibile all’artista, visto e considerato il suo anonimato, ed in ultimo l’EUIPO non ha potuto non tenere conto delle esternazioni poco “gentili” di Banksy nei confronti del copyright.

L’artista di Bristol ha infatti dichiarato più volte che “Il copyright è da perdenti” e questo non ha sicuramente giocato a suo favore anzi, al contrario, ha probabilmente spinto l’EUIPO ad assumere una decisione a lui sfavorevole. Gli esaminatori, nel dirimere la questione, non soltanto hanno allargato l’ambito del concetto di malafede nella registrazione di un marchio, ma sono intervenuti anche sugli aspetti del diritto d’autore riguardanti la titolarità delle opere, mettendo così in dubbio la paternità delle opere stesse dell’artista.

La tutela assicurata dal diritto d’autore opera infatti nel momento in cui può essere riconosciuta la paternità di un’opera a un soggetto ben determinato e definito e non astrattamente.

Pertanto l’iter decisionale dell’EUIPO è da ritenersi più che corretto in quanto scioglie dei nodi molto ostici e delicati.

 

4. Conclusioni

Alla luce di quanto sopra non può che emergere l’importanza della questione affrontata dall’EUIPO.

Banksy, con i suoi comportamenti, rischia di essere travolto da un effetto domino, poiché da un lato rischia che anche gli altri marchi, di cui è stata depositata la domanda di registrazione, vengano dichiarati nulli, e dall’altro rischia gravi conseguenze di natura economica.

In più egli si trova a dover gestire anche un grave danno alla propria immagine in quanto la vicenda ha fatto emergere i risvolti commerciali di un artista che ha fatto dell’anticonformismo e dell’impegno sociale le sue principali fonti di ispirazione.

Inoltre occorre anche valutare il fatto che Banksy, celando la sua vera identità, ha creato un vero e proprio mito attorno alla propria immagine ed il fatto che egli si trovi inserito in queste dinamiche “imprenditoriali” potrebbe portarlo alla distruzione del mito stesso che si è creato attorno al suo personaggio viepiù che fino ad ora il pubblico ha sempre visto esclusivamente il lato positivo delle sue gesta e delle sue azioni spericolate.

Adesso invece l’artista, vaga come un Amleto shakespeariano moderno assorto nel proprio dilemma: “Essere o non essere? Continuare sulla strada dell’anonimato o porvi fine svelando a tutti la propria identità?”

L’artista di Bristol, se si considera il peso della decisione presa EUIPO che ha gravemente incrinato il complesso della sua allure, dovrà compiere delle scelte molto importanti anche da un punto di vista economico, ossia dovrà optare per la tutela della propria immagine come soggetto anonimo oppure per quella delle proprie immagini intese come opere, da cui scaturiscono diritti morali e di sfruttamento economico.

Non ci resta dunque che aspettare le sue prossime mosse e dunque capire se per lui è più importante la sua identità artistica oppure se si piegherà alla cosiddetta legge di mercato che incombe sulla sua testa come una spada di Damocle.