x

x

Basta covid! 10 fotografi da cui partire

Luci
Ph. Anuar Arebi / Luci

Così come lo sport ha i suoi fuoriclasse, anche l’arte ha le sue punte di diamante ma, chiariamo subito, la “lista definitiva“ non esiste e ognuno di noi ha la sua personalissima top ten.

Qui si vuole, senza pretese, cimentarsi in una chiacchierata informale su un comparto dell’arte figurativa tanto affascinante quanto controversa: la fotografia.

Come accennato, in questo articolo vogliamo proporre quelli che possono essere annoverati tra i fuoriclasse della fotografia. Fotografi “giganti” ce ne sono diversi, donne e uomini che si sono distinti per l’enorme valore artistico, storico e umano. Con le loro immagini ci hanno incantato, commosso, preoccupato. Molti di questi fotografi sono riusciti a smuovere opinioni pubbliche e governi, facendo scoprire al mondo bellezze della natura mozzafiato e guerre interminabili e sconosciute ai più.

Le vite stesse dei fotografi sono affascinanti quanto i loro scatti, molti dei quali fanno parte della nostra storia e del nostro paesaggio culturale. Spesso non conosciamo le storie che stanno dietro l’obiettivo, perché ci concentriamo – giustamente – su quelle impresse dalla pellicola ieri e su un supporto digitale oggi.

Ne abbiamo scelti 10, in ordine rigorosamente casuale. Non importa che il lettore sia un veterano della fotografia, un novizio o un appassionato; siamo certi che, ogni tanto, sia fondamentale riprendere le basi e lasciarsi allettare, cogliendo a piene mani ispirazione dal lavoro di alcuni dei fotografi più importanti di tutti i tempi. Se invece si è completamente digiuni, ma la fotografia è un canale che vi ha sempre interessato, allora questa potrebbe essere un’ottima occasione per…cominciare.

 

1. Henry - Cartier Bresson

L’œuvre fotografica di Henry - Cartier Bresson è una delle cronache visive più significative del xx secolo, soprattutto grazie alla sua instancabile produzione che, con oltre mezzo milione di negativi prodotti in cinquant’anni di attività in giro per il mondo, gli hanno permesso di documentare la storia.

Con una visione unica, Bresson era un investigatore in grado di scomporre il mondo reale nelle forme e geometrie più semplici, per poi ri-assemblarlo attraverso la sua fotografia.

Appassionato di letteratura, poesia e pittura, sempre contro alle regole che gli andavano strette, si fece bocciare per ben tre volte all’esame di baccalaureat, il diploma di scuola superiore. Lo fece per rivolta nei confronti di quella strada già segnata che lo avrebbe visto dirigere l’azienda di famiglia. Non lo accettò.

Questa rivolta giovanile stabilì una specie di modello per il resto della sua vita: non si adattò mai completamente al sistema, né lo rifiutò completamente.

“Quando ero bambino dipingevo tutti i giovedì e tutte le domeniche. Il resto del tempo sognavo di dipingere.”

Sul piano pratico Bresson fu, insieme a Robert Capa, uno dei fondatori della celebre Agenzia Magnum; l’agenzia di fotografi e reporter che radunò il più grande numero di fotografi di talento della storia.

 

2. Sebastião Salgado

Salgado, ancora in attività, può essere considerato uno dei testimoni più autorevoli della distruzione, non solo della foresta amazzonica, ma del nostro pianeta. Originario di una comunità contadina del Brasile, Aimorés, Salgado ha fatto della salvaguardia del pianeta la sua missione: dopo la formazione economica all’università decide di partire per una missione in Africa dove comincia a testimoniare attraverso i suoi scatti.

Al suo rientro decide di fare il fotografo, e dal quel momento si è sempre impegnato attivamente tramite associazioni umanitarie, organizzazioni internazionali e, naturalmente, la sua fotografia.

Le sue fotografie sono così forti da sembrare costruite, surreali. Panorami quasi extraterrestri, uomini talmente umani che, agli occhi dell’osservatore, si rivelano talvolta alieni.

Tutta l’opera di Salgado si concentra sul rapporto tra uomo e natura, dal complicato mondo produttivo delle miniere, alle grandi migrazioni. Il fil rouge che accompagna ogni scatto, ogni monumentale progetto fotografico è la difesa: quella delle biodiversità, quella dei territori martoriati dalla distruzione di massa, quella delle popolazioni tribali.

Una testimonianza instancabile che attraversa lo spazio e il tempo per raccontare in modo drammaticamente poetico la distruzione.

Una sensibilità straordinaria che, attraverso la fotografia, mette sullo stesso piano responsabilità, distruzione e bellezza.

 

3. Steve McCurry

Colori brillanti, linee pulite, volti saturi. Potrebbe sembrare l’incipit per la biografia di un fotografo della nuova generazione: moderno, “stiloso”, quasi votato al design ancor prima che alla rappresentazione della realtà. Invece stiamo parlando di Steve McCurry, forse il più celebre fotografo moderno attualmente operativo.

Terribili conflitti, distruzione, e poi uomini, quotidianità, il tutto pennellato da brillanti tocchi di colore che donano a questi scatti crudi, un fascino unico.

McCurry ha raccontato la guerra come pochi, è riuscito a catturare i drammi e l’umanità del medioriente tracciando senza timore uno dei quaderni fotografici più ricchi ed efficaci sulle guerre in Afghanistan e sulla prima Guerra del Golfo.

Ma McCurry non è solo reportage di guerra. Il suo vagabondare in giro per il mondo lo ha portato a immortalare esotici villaggi in pieno contrasto con lo sfarzo dei templi orientali. È qui che, forse, il nostro fotografo statunitense trova la sua massima espressione con iconici ritratti che, ancora oggi, vengono copiati ma mai eguagliati.

 

4. Dorothea Lange

Sempre attenta alle persone più deboli e alle classi più povere, Dorothea Lange fu una grande fotografa dalla sensibilità unica. Protagonista degli anni della grande depressione americana, fece della macchina fotografica il mezzo per illustrare e divulgare nel mondo le condizioni di povertà di quel momento. Povertà, disoccupazione, crisi economica e scontri sociali. Questo era in contesto nel quale la Lange operava con emotività ed empatia.

Nelle sue foto c’è la pietas latina, quel sentimento che induce amore, compassione e rispetto per ogni essere umano.

Nell’ultima parte della sua vita ha deciso di dedicare il suo interesse campi di prigionia americani della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di lavori di grande intensità, struggenti e crudeli. Un monito nei confronti della guerra dell’oppressione.

 

5. Robert Capa

Considerato a pieno titolo il fotoreporter di guerra per eccellenza, Capa passò la sua carriera di fotografo tra un conflitto e l’altro: dalla Guerra civile spagnola alla Guerra arabo-israeliana, Seconda Guerra Mondiale compresa. In effetti no, non si è fatto mancare quasi nulla.

I suoi scatti sono pittoresche e realistiche rappresentazioni della guerra e di come essa si insinua e scava nei volti e nelle espressioni delle persone coinvolte.

Mentre molti fotografi cercano la tragedia e la paura, Capa seppe mettere a nudo la guerra per quello che realmente è: distruzione, morte ma anche noia e persino umorismo, esattamente come le persone che la vivono e la combattono.

Come già accennato fu lui assieme a Bresson a fondare l’Agenzia Magnum.

 

6. Elliott Erwitt

Elliott Erwitt viene considerato dalla critica, e non solo, come l’erede spirituale di Bresson. Orientò la sua carriera alla ricerca dell’insolito, del giocoso e del mistero. Sempre ironico, con una buona punta di romanticismo, il suo stile cela una sensibilità leggera e sfuggente che spesso è usata come “filtro” nella sua fotografia.

A differenza di molti fotografi che lavorano su temi precisi, Erwitt è un fotografo multipotenziale, che non si dedica ad un campo specifico, ma che si misura con stili diversi, temi apparentemente disconnessi e soggetti di ogni genere. Il suo portfolio, particolarmente variegato, conosce una crescita esponenziale quando la sua ricerca cominciò a concentrarsi sull’umorismo e sull’ironia. Un gesto goffo, il cane che è un tutt’uno con il padrone è uno dei suoi temi preferiti. Ridere, per Erwitt, è una cosa seria.

 

7. Helmut Newton

Su Helmut Newton si è detto tutto e il suo contrario. Genio unico che ha elevato la fotografia fashion a sublime arte, o misogino che più di una volta ha oltrepassato i limiti della decenza? Qualunque sia il vostro parere, un fatto rimane, Newton è stato il primo ad introdurre nella fotografia di moda elementi di sado-masochismo, voyeurismo e omosessualità.

Erano gli anni ’60, la decade che viene simbolicamente inaugurata dall’elezione di John Fitzgerald Kennedy – allora poco più che quarantenne – alla presidenza degli Stati Uniti, nel novembre del 1960. Pop era la parola d’ordine, le linee erano squadrate, gli abiti a trapezio disegnavano le giovani donne e le ballerine di Roger Vivier venivano calzate da tutte le ragazze alla moda. Newton “rompe” letteralmente questa aurea colorata e caramellosa con bianchi e neri dai forti contrasti, spoglia, rompe completamente lo schema pop.
È stato copiato ed emulato così tante volte che i fotografi contemporanei di successo cercano di evitarlo in tutti i modi.  

 

8. Ansel Adams

Vocazione naturalista, Adams è un fotografo americano tra I più rinomati nel campo della fotografia paesaggistica e naturale. I suoi paesaggi sono evocativi e sublimi, desolati: una muta testimonianza dell’immensa bellezza della natura.

Adams, come Salgado ma in modo più “aggressivo”, si batteva perché il patrimonio naturale potesse essere protetto dalla sconsiderata azione dell’uomo. Tutta la sua carriera si concentra proprio su questo principio e lo portò ad un livello altissimo, anche grazie al reclutamento di molti fotografi all’interno della sua agenzia “f/64” costituita proprio per questo scopo. Il nome f/64 è una dichiarazione d’intenti, infatti indica l’apertura del diaframma per ottenere la maggiore profondità di campo possibile: che in termini pratici significa l’assoluta nitidezza dell’immagine, senza artifizi.

 

9. Ernst Haas

Haas ha un percorso molto particolare e unico nel suo genere. Nato come fotoreporter di guerra, costruisce reportage preziosi, duri, a volte crudeli. I suoi lavori non passano inosservati e viene contattato da LIFE per lavorare come fotografo interno, ma Haas rifiuta per preservare la propria indipendenza. Qualche anno dopo Robert Capa lo invita nell’agenzia più famosa della storia della fotografia, ma questa volta accetta. Era il 1948 e l’agenzia era la Magnum.

Molti viaggi, molte guerre ma, dopo diversi anni, accade qualcosa. Il suo amore per la vita lo porta a rivedere il proprio stile dal principio: alla realtà delle rovine e del desolante bianco e nero, preferisce il colore, la vita e il movimento. Le fotografie dell’ultimo periodo costituiscono un archivio di scatti colorati, una raccolta di scatti pastello dalle tinte delicate che celebrano il movimento urbano.

 

10. William Klein

William Klein fu pittore, regista, attore e un pioniere della street photography. La sua carriera parte da New York dove la sua capacità di dare dignità e bellezza alle immagini più pittoresche, goliardiche e multiculturali degli angoli meno celebri della città non fu inizialmente apprezzata. Senza perdersi d’animo Klein continuò a fotografare nelle strade, finché il suo gusto non fu notato dalla rivista “Vogue”. La sua spontaneità, il suo occhio per il caos divennero strumenti della moda che affiancò alla sua amata fotografia di strada. Passò spesso in Italia, tra le altre mete, dove scattò alcune delle sue fotografie più famose.