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Brutto, sporco, cattivo e recidivo: ma innocente

panchina prima
Ph. Luca Martini / panchina prima

Sono ingombranti e poco presentabili. Sono gli ultimi della nostra società, i perdenti per antonomasia: tossici, rapinatori, prostitute, problematici mentali che vivono di espedienti e commettono reati.

Sono i colpevoli ideali, spesso recidivi e quindi già responsabili, a prescindere dalla lettura attenta degli elementi probatori, di qualsivoglia accusa gli viene contestata.

Come una litania mi sono sentito dire, dai giudici, in camera caritatis: “avvocato ma perché si scalda tanto? Non ne vale la pena”.

Questa è la filosofia che aleggia nelle aule di giustizia, veri simulacri d’ipocrisia.

Vi racconto un caso giudiziario con un tragico epilogo, la morte prematura del protagonista ricordato con tre righe in cronaca locale.

Massimiliano Mattoni, aveva 37 anni al momento dell’arresto, celibe, senza figli. Aveva precedenti penali per reati contro il patrimonio.

Venne arrestato il venti gennaio 2012, dai Carabinieri Stazione Monte Mario di Roma, all’alba, nella casa della convivente. Trasferito a Regina Coeli è accusato di rapina aggravata e danneggiamento.

L’ordinanza cautelare è scaturita da un rapporto dei carabinieri che indicano una “fonte confidenziale” che gli avrebbe indicato il Mattoni quale autore di una rapina aggravata avvenuta nell’agosto del 2011 a Roma. Da tale “spunto investigativo”, a distanza di 60 giorni dai fatti, viene effettuato un riconoscimento fotografico dalla persona offesa e nell’ordinanza custodiale in carcere, si evocano i precedenti penali dell’arrestato.

Il Mattoni trascorrerà otto mesi in carcere, dal 20.01.2012 al 19.09.2012, giorno della sentenza di assoluzione.

In sede di interrogatorio di garanzia, il Mattoni dichiarò che la sera della rapina era al Camping La Torretta di Ladispoli con la sua convivente per festeggiare l’anniversario dell’unione. La rapina è avvenuta il 17 agosto alle ore 01,00. Dopo l’interrogatorio feci delle indagini difensive e raccolsi le dichiarazioni della convivente e di un ragazzo che era in campeggio.

Poi chiesi al Pm di acquisire i tabulati telefonici del cellulare del Mattoni. Infine, chiesi di eseguire la ricognizione perché dai tabulati emergeva che il cellulare non aveva agganciato celle a Roma ed effettivamente il 16 agosto aveva agganciato una cella a Ladispoli.

Niente da fare, vengono respinte tutte le istanze di scarcerazione e di approfondimento probatorio. Il Mattoni era della categoria Brutti, sporchi, cattivi e recidivi.

Il giorno del processo faccio l’abbreviato e il Gup in sentenza bacchetta la Procura e il Gip: “Una individuazione scarsamente attendibile, avrebbe dovuto necessariamente essere seguita, rapidamente da una ricognizione formale, ricognizione formale significativamente chiesta due volte dalla attiva Difesa dell’imputato, ma non svoltasi, per due diversi provvedimenti di rigetto del GIP. Inoltre, l’alibi non verificato nonostante le dichiarazioni agli atti raccolte dalla difesa ai sensi dell’articolo 391 codice di procedura penale”.

La sentenza del Gup Dott. Savio del Tribunale di Roma del 19.09.2012 n. 1804/2012, è di assoluzione “per non aver commesso il fatto, ai sensi dell’art. 530 comma 1 cpp”.

Non presentammo la richiesta di ingiusta detenzione, perché Mattoni morì il 20 aprile 2014. Uno di quei casi che non sarà mai indicato dai miei amici Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone nel loro encomiabile lavoro di ricerca in https://www.errorigiudiziari.com.

Il Mattoni, al momento dell’arresto, lavorava in un deposito di ferro e metalli, era un operatore della gru. Alla scarcerazione iniziò a fare uso massiccio di cocaina e morì nell’aprile del 2014 mentre faceva una rapina con una pistola giocattolo.

Un carabiniere intervenuto gli sparò un colpo, il fatto venne riportato nella cronaca locale con tre righe e il suo nome sbagliato: “Una rapina finita nel sangue. Erano le 6.50 di ieri mattina quando Massimiliano Mattone, pregiudicato di 39 anni, è entrato nel supermercato Pam di Circonvallazione Aurelia, a Roma, armato di una pistola giocattolo senza tappo rosso”

Un caso che non rientrerà mai nella casistica delle ingiuste detenzioni, stilata dal Ministero della Giustizia, ma nella definizione di Robert Brasillach: “La Giustizia è seimila anni di errori giudiziari”.