Cassazione Civile: accordi di separazione personale
a) che l’accordo mediante il quale i coniugi pongono consensualmente termine alla convivenza può racchiudere una pluralità di pattuizioni, oltre a quelle che integrano il suo contenuto tipico e che a questo non sono immediatamente riferibili, nel senso esattamente, cioè, che l’accordo stesso, secondo quanto osservato anche in dottrina là dove si rinviene la distinzione tra contenuto "necessario" (siccome collegato direttamente al rapporto matrimoniale) e contenuto "eventuale" (o "accessorio") dell’accordo di separazione (siccome collegato in via soltanto estrinseca con il patto principale), è suscettibile di riguardare negozi i quali, pur trovando la loro occasione nella separazione consensuale, non hanno causa in essa, risultando appunto semplicemente "occasionati" dalla separazione medesima senza dipendere dai diritti e dagli obblighi che derivano dal perdurante matrimonio, onde tali negozi non si configurano come convenzioni matrimoniali ex art.162 c.c. (caratterizzate da un sostanziale parallelismo di volontà e interessi, nonché postulanti lo svolgimento della convivenza coniugale ed il riferimento ad una generalità di beni, anche di futura acquisizione), ma costituiscono espressione di libera autonomia contrattuale, sempre che non comportino una lesione di diritti inderogabili (Cass. 15 marzo 1991, n.2788; Cass. 12 settembre 1997, n.9034; Cass. 24 aprile 2007, n.9863);
b) che, in particolare, l’accordo mediante il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano il trasferimento di beni immobili (e, segnatamente, come nella specie, di quello che costituisce la casa familiare), dà vita ad un contratto atipico, il quale, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico ai sensi dell’art.1322 c.c., nonché caratterizzato da propri presupposti e finalità senza risultare, del resto, necessariamente collegato alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della donazione, risponde, di norma, ad un originario spirito di sistemazione, in occasione appunto dell’evento di "separazione consensuale" (laddove il fenomeno acquista ancora maggiore tipicità normativa nella distinta sede del divorzio congiunto), di tutta quell’ampia serie di rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o, eventualmente, anche solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale (Cass. n.9034/1997, cit.; Cass. 23 marzo 2004, n.5741; Cass. 17 giugno 2004, n.11342; Cass. 14 marzo 2006, n. 5473; Cass. n.9863/2007, cit.);
c) che l’assegnazione della casa familiare disposta in favore dell’altro coniuge in occasione della separazione, sia giudiziale (ex art.155, quarto comma, c.c.) sia consensuale (Cass. 27 maggio 1995, n.5902), come pure in sede di divorzio (ex art.6, comma sesto, della legge n.898 del 1970, quale sostituito dall’ art. 11 della legge n. 74 del 1987), è opponibile, ancorché non trascritta, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell’ assegnazione, ovvero anche oltre i nove anni qualora il titolo sia stato in precedenza trascritto, onde il suddetto terzo acquirente è tenuto, negli stessi limiti di durata di tale opponibilità, a rispettare il godimento del coniuge del suo dante causa, nell’ identico contenuto e nell’ identico regime giuridico propri dell ’assegnazione, alla stregua di un vincolo di destinazione collegato all’interesse dei figli (Cass. Sezioni Unite 26 luglio 2002, n.ll096; Cass. 29 I agosto 2003, n.12705; Cass. 3 marzo 2006, n.4719).
Tornando al caso sottoposto alla propria attenzione, la Cassazione ha stabilito che la clausola della separazione consensuale istitutiva dell’impegno futuro di vendita dell’immobile adibito a casa coniugale, in quanto tale assegnata (in quella medesima sede) all’affidataria della figlia minore, lungi dal risultare "inscindibile" rispetto a quest’ultima pattuizione (relativa appunto all’assegnazione dell’abitazione familiare) si configura come del tutto "autonoma" rispetto al regolamento concordato dai coniugi in ordine alla stessa assegnazione, così da riguardare un profilo sicuramente compatibile con siffatta assegnazione in quanto sostanzialmente non lesivo della sua rispondenza all’interesse (della minore) tutelato attraverso detto istituto e da soggiacere, quindi, alla regola dell’immodificabilità, nelle forme e secondo la procedura di cui agli artt. 710 e 711 c.p.c., di simili negozi.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 22 novembre 2007, n.24321: Separazione personale - Accordi).
a) che l’accordo mediante il quale i coniugi pongono consensualmente termine alla convivenza può racchiudere una pluralità di pattuizioni, oltre a quelle che integrano il suo contenuto tipico e che a questo non sono immediatamente riferibili, nel senso esattamente, cioè, che l’accordo stesso, secondo quanto osservato anche in dottrina là dove si rinviene la distinzione tra contenuto "necessario" (siccome collegato direttamente al rapporto matrimoniale) e contenuto "eventuale" (o "accessorio") dell’accordo di separazione (siccome collegato in via soltanto estrinseca con il patto principale), è suscettibile di riguardare negozi i quali, pur trovando la loro occasione nella separazione consensuale, non hanno causa in essa, risultando appunto semplicemente "occasionati" dalla separazione medesima senza dipendere dai diritti e dagli obblighi che derivano dal perdurante matrimonio, onde tali negozi non si configurano come convenzioni matrimoniali ex art.162 c.c. (caratterizzate da un sostanziale parallelismo di volontà e interessi, nonché postulanti lo svolgimento della convivenza coniugale ed il riferimento ad una generalità di beni, anche di futura acquisizione), ma costituiscono espressione di libera autonomia contrattuale, sempre che non comportino una lesione di diritti inderogabili (Cass. 15 marzo 1991, n.2788; Cass. 12 settembre 1997, n.9034; Cass. 24 aprile 2007, n.9863);
b) che, in particolare, l’accordo mediante il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano il trasferimento di beni immobili (e, segnatamente, come nella specie, di quello che costituisce la casa familiare), dà vita ad un contratto atipico, il quale, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico ai sensi dell’art.1322 c.c., nonché caratterizzato da propri presupposti e finalità senza risultare, del resto, necessariamente collegato alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della donazione, risponde, di norma, ad un originario spirito di sistemazione, in occasione appunto dell’evento di "separazione consensuale" (laddove il fenomeno acquista ancora maggiore tipicità normativa nella distinta sede del divorzio congiunto), di tutta quell’ampia serie di rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o, eventualmente, anche solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale (Cass. n.9034/1997, cit.; Cass. 23 marzo 2004, n.5741; Cass. 17 giugno 2004, n.11342; Cass. 14 marzo 2006, n. 5473; Cass. n.9863/2007, cit.);
c) che l’assegnazione della casa familiare disposta in favore dell’altro coniuge in occasione della separazione, sia giudiziale (ex art.155, quarto comma, c.c.) sia consensuale (Cass. 27 maggio 1995, n.5902), come pure in sede di divorzio (ex art.6, comma sesto, della legge n.898 del 1970, quale sostituito dall’ art. 11 della legge n. 74 del 1987), è opponibile, ancorché non trascritta, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell’ assegnazione, ovvero anche oltre i nove anni qualora il titolo sia stato in precedenza trascritto, onde il suddetto terzo acquirente è tenuto, negli stessi limiti di durata di tale opponibilità, a rispettare il godimento del coniuge del suo dante causa, nell’ identico contenuto e nell’ identico regime giuridico propri dell ’assegnazione, alla stregua di un vincolo di destinazione collegato all’interesse dei figli (Cass. Sezioni Unite 26 luglio 2002, n.ll096; Cass. 29 I agosto 2003, n.12705; Cass. 3 marzo 2006, n.4719).
Tornando al caso sottoposto alla propria attenzione, la Cassazione ha stabilito che la clausola della separazione consensuale istitutiva dell’impegno futuro di vendita dell’immobile adibito a casa coniugale, in quanto tale assegnata (in quella medesima sede) all’affidataria della figlia minore, lungi dal risultare "inscindibile" rispetto a quest’ultima pattuizione (relativa appunto all’assegnazione dell’abitazione familiare) si configura come del tutto "autonoma" rispetto al regolamento concordato dai coniugi in ordine alla stessa assegnazione, così da riguardare un profilo sicuramente compatibile con siffatta assegnazione in quanto sostanzialmente non lesivo della sua rispondenza all’interesse (della minore) tutelato attraverso detto istituto e da soggiacere, quindi, alla regola dell’immodificabilità, nelle forme e secondo la procedura di cui agli artt. 710 e 711 c.p.c., di simili negozi.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 22 novembre 2007, n.24321: Separazione personale - Accordi).