Cassazione Civile: nulla la clausola statutaria che devolve al collegio di probiviri le controversie tra soci e società
E’ questo il principio di diritto pronunciato dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. I civile, nella sentenza n. 7262 del 18 marzo 2008.
Dopo aver ribadito che sulla validità di una clausola arbitrale incide la violazione del principio in forza del quale ciascuna delle parti deve poter concorrere alla formazione dell’organo arbitrale (par condicio), gli ermellini hanno ritenuto che:
- “Se lo statuto prevede sin dall’origine (ed in termini generali) che i probiviri, cui sia stata attribuita una funzione arbitrale nelle controversie tra società e soci, possono essere designati soltanto col concorso del voto unanime di tutti i soci (non solo quelli presenti e votanti in assemblea), ci si può forse spingere ad ammettere che il meccanismo negoziale così prefigurato è, in concreto, idoneo a garantire la par condicio: perché richiede comunque e sempre la cooperazione originaria alla nomina degli arbitri anche da parte del socio poi destinato a divenire controparte della società, onde la volontà da lui manifestata in assemblea può assumere, appunto in virtù dell’indicata previsione statutaria, un valore che eccede quello della mera espressione di voto per concorrere, anche sul piano dei rapporti intersoggettivi, alla comune designazione negoziale degli arbitri (fermo peraltro restando che la clausola arbitrale non potrebbe neppure in tal caso operare per chi avesse acquisito la qualità di socio in un momento successivo alla designazione dei probiviri, non avendovi concorso)”.
- “Qualora invece una tale previsione statutaria non via sia, e però la nomina dei probiviri risulti, di fatto, esser stata deliberata dall’assemblea all’unanimità dei presenti, o comunque con il voto favorevole del socio che è poi entrato in contrasto con la società, questa sola circostanza non può essere sufficiente a garantire la validità della clausola compromissoria, perché si tratta di circostanza contingente, di per sé inidonea a modificare le caratteristiche proprie della deliberazione di un organo societario il quale, per previsione di legge e di statuto, ben avrebbe potuto assumere la medesima decisione anche solo con un voto a maggioranza”.
(Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, Sentenza 18 marzo 2008, n. 7262: Società – Controversie tra il socio e la società – Validità della clausola arbitrale).
[Dott. Donato Vozza]
E’ questo il principio di diritto pronunciato dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. I civile, nella sentenza n. 7262 del 18 marzo 2008.
Dopo aver ribadito che sulla validità di una clausola arbitrale incide la violazione del principio in forza del quale ciascuna delle parti deve poter concorrere alla formazione dell’organo arbitrale (par condicio), gli ermellini hanno ritenuto che:
- “Se lo statuto prevede sin dall’origine (ed in termini generali) che i probiviri, cui sia stata attribuita una funzione arbitrale nelle controversie tra società e soci, possono essere designati soltanto col concorso del voto unanime di tutti i soci (non solo quelli presenti e votanti in assemblea), ci si può forse spingere ad ammettere che il meccanismo negoziale così prefigurato è, in concreto, idoneo a garantire la par condicio: perché richiede comunque e sempre la cooperazione originaria alla nomina degli arbitri anche da parte del socio poi destinato a divenire controparte della società, onde la volontà da lui manifestata in assemblea può assumere, appunto in virtù dell’indicata previsione statutaria, un valore che eccede quello della mera espressione di voto per concorrere, anche sul piano dei rapporti intersoggettivi, alla comune designazione negoziale degli arbitri (fermo peraltro restando che la clausola arbitrale non potrebbe neppure in tal caso operare per chi avesse acquisito la qualità di socio in un momento successivo alla designazione dei probiviri, non avendovi concorso)”.
- “Qualora invece una tale previsione statutaria non via sia, e però la nomina dei probiviri risulti, di fatto, esser stata deliberata dall’assemblea all’unanimità dei presenti, o comunque con il voto favorevole del socio che è poi entrato in contrasto con la società, questa sola circostanza non può essere sufficiente a garantire la validità della clausola compromissoria, perché si tratta di circostanza contingente, di per sé inidonea a modificare le caratteristiche proprie della deliberazione di un organo societario il quale, per previsione di legge e di statuto, ben avrebbe potuto assumere la medesima decisione anche solo con un voto a maggioranza”.
(Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, Sentenza 18 marzo 2008, n. 7262: Società – Controversie tra il socio e la società – Validità della clausola arbitrale).
[Dott. Donato Vozza]