Cassazione Civile: pubblicità ingannevole dei produttori di tabacco

La Corte di Cassazione si è pronunciata con le sentenze 26514 e 26516 del 2009 su due ricorsi dall’oggetto analogo proposti avverso due pronunce del Giudice di Pace di Napoli che aveva condannato il produttore di sigarette al risarcimento dei danni, nei limiti del giudizio di equità, per ingannevolezza della pubblicità ("Light" ed "Extra light") apposta sul pacchetto di sigarette.

La Cassazione ha cassato le sentenze rinviando entrambe le cause ad altro Giudice di pace di Napoli, che dovrà attenersi ai seguenti principi:

1) "La produzione e la vendita di tabacchi lavorati integrano un’attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c., poiché i tabacchi, avendo quale unica destinazione il consumo mediante il fumo, contengono in sé, per la loro composizione bio-chimica e per la valutazione data dall’ordinamento, una potenziale carica di nocività per la salute. Tuttavia, qualora il danneggiato abbia proposto domanda risarcitoria a norma dell’art. 2043 C.C. nei confronti del produttore-venditore di tabacco, viola il principio posto all’art. 112 c.p.c. ed incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che sostituisca a questa domanda quella nuova e diversa di cui all’art. 2050 c.c., integrante un’ipotesi di responsabilità oggettiva".

2) "L’apposizione, sulla confezione di un prodotto, di un messaggio pubblicitario considerato ingannevole (nella specie il segno descrittivo "LIGHT" sul pacchetto di sigarette) può essere considerato come fatto produttivo di danno ingiusto, obbligando colui che l’ha commesso al risarcimento del danno, indipendentemente dall’esistenza di una specifica disposizione o di un provvedimento che vieti l’espressione impiegata".

3) "Il consumatore che lamenti di aver subito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ex art. 2043 c.c., per il relativo risarcimento, non assolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio, ma è tenuto a provare l’esistenza del danno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonché (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità, concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate le menzionate conseguenze dannose."

Le sentenze sono integralmente consultabili sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 17 dicembre 2009, n.26516: Danno da pubblicità ingannevole - Onere della prova).

La Corte di Cassazione si è pronunciata con le sentenze 26514 e 26516 del 2009 su due ricorsi dall’oggetto analogo proposti avverso due pronunce del Giudice di Pace di Napoli che aveva condannato il produttore di sigarette al risarcimento dei danni, nei limiti del giudizio di equità, per ingannevolezza della pubblicità ("Light" ed "Extra light") apposta sul pacchetto di sigarette.

La Cassazione ha cassato le sentenze rinviando entrambe le cause ad altro Giudice di pace di Napoli, che dovrà attenersi ai seguenti principi:

1) "La produzione e la vendita di tabacchi lavorati integrano un’attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c., poiché i tabacchi, avendo quale unica destinazione il consumo mediante il fumo, contengono in sé, per la loro composizione bio-chimica e per la valutazione data dall’ordinamento, una potenziale carica di nocività per la salute. Tuttavia, qualora il danneggiato abbia proposto domanda risarcitoria a norma dell’art. 2043 C.C. nei confronti del produttore-venditore di tabacco, viola il principio posto all’art. 112 c.p.c. ed incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che sostituisca a questa domanda quella nuova e diversa di cui all’art. 2050 c.c., integrante un’ipotesi di responsabilità oggettiva".

2) "L’apposizione, sulla confezione di un prodotto, di un messaggio pubblicitario considerato ingannevole (nella specie il segno descrittivo "LIGHT" sul pacchetto di sigarette) può essere considerato come fatto produttivo di danno ingiusto, obbligando colui che l’ha commesso al risarcimento del danno, indipendentemente dall’esistenza di una specifica disposizione o di un provvedimento che vieti l’espressione impiegata".

3) "Il consumatore che lamenti di aver subito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ex art. 2043 c.c., per il relativo risarcimento, non assolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio, ma è tenuto a provare l’esistenza del danno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonché (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità, concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate le menzionate conseguenze dannose."

Le sentenze sono integralmente consultabili sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 17 dicembre 2009, n.26516: Danno da pubblicità ingannevole - Onere della prova).