Cassazione Civile: responsabilità del praticante avvocato per le attività stragiudiziali

La Suprema Corte di Cassazione, sez. II civile, con la sentenza n. 8445 del 1 Aprile 2008, ha confermato la decisione della Corte di Appello di Ancona che, con sentenza del 7 giugno 2003, aveva accolto la domanda con cui un cliente aveva chiesto la condanna al risarcimento danni per responsabilità professionale nei confronti di un praticante avvocato, poiché quest’ultimo, occupandosi personalmente e da solo dell’attività stragiudiziale, aveva fatto decorrere il termine triennale di prescrizione di una danno da incidente stradale per il quale era stata riconosciuta una invalidità permanente.

Il praticante avvocato, quindi, risponde personalmente delle attività stragiudiziali che cura da solo, non potendo chiamare in causa il titolare dello studio legale.

Secondo la Cassazione, infatti, “la responsabilità nell’esecuzione di prestazioni per il cui svolgimento è necessario il titolo di abilitazione professionale è rigorosamente personale perché si fonda sul rapporto tra professionista e cliente, caratterizzato dall’intuitus personae (ciò al fine di escludere la responsabilità dello studio associato) (Cass. 29.11.2004 n. 22440)”.

“Non si ignora che, più recentemente, sempre questa Corte ha statuito che il contratto concluso tra praticante avvocato e cliente, avente ad oggetto il compimento di atti processuali o anche prestazioni preparatorie rispetto ad essi è nullo per contrasto con l’art. 2231 c.c. (Cass. 19.2.2007 n. 3740) e che, nel sistema delle norme di cui agli artt. 2231, 2232 e 2233 c.c. (sia nel testo previgente sia in quello introdotto dall’art. 2 comma 2 bis d.l. 4.7.06 n. 223 conv. in l. 4.8.06 n. 248) ci si riferisce rispettivamente ad avvocati, procuratori e patrocinatori, e ad avvocati e praticanti abilitati per patti relativi a compensi)”. Da tale premessa, gli ermellini hanno ricavato il principio secondo cui l’iscrizione all’albo o all’elenco è essenziale per l’esercizio dell’attività giudiziale, mentre non lo è – e, quindi, il contratto resta valido – per l’esercizio delle attività stragiudiziali.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 1 Aprile 2008, n. 8445).

[Dott. Donato Vozza]

La Suprema Corte di Cassazione, sez. II civile, con la sentenza n. 8445 del 1 Aprile 2008, ha confermato la decisione della Corte di Appello di Ancona che, con sentenza del 7 giugno 2003, aveva accolto la domanda con cui un cliente aveva chiesto la condanna al risarcimento danni per responsabilità professionale nei confronti di un praticante avvocato, poiché quest’ultimo, occupandosi personalmente e da solo dell’attività stragiudiziale, aveva fatto decorrere il termine triennale di prescrizione di una danno da incidente stradale per il quale era stata riconosciuta una invalidità permanente.

Il praticante avvocato, quindi, risponde personalmente delle attività stragiudiziali che cura da solo, non potendo chiamare in causa il titolare dello studio legale.

Secondo la Cassazione, infatti, “la responsabilità nell’esecuzione di prestazioni per il cui svolgimento è necessario il titolo di abilitazione professionale è rigorosamente personale perché si fonda sul rapporto tra professionista e cliente, caratterizzato dall’intuitus personae (ciò al fine di escludere la responsabilità dello studio associato) (Cass. 29.11.2004 n. 22440)”.

“Non si ignora che, più recentemente, sempre questa Corte ha statuito che il contratto concluso tra praticante avvocato e cliente, avente ad oggetto il compimento di atti processuali o anche prestazioni preparatorie rispetto ad essi è nullo per contrasto con l’art. 2231 c.c. (Cass. 19.2.2007 n. 3740) e che, nel sistema delle norme di cui agli artt. 2231, 2232 e 2233 c.c. (sia nel testo previgente sia in quello introdotto dall’art. 2 comma 2 bis d.l. 4.7.06 n. 223 conv. in l. 4.8.06 n. 248) ci si riferisce rispettivamente ad avvocati, procuratori e patrocinatori, e ad avvocati e praticanti abilitati per patti relativi a compensi)”. Da tale premessa, gli ermellini hanno ricavato il principio secondo cui l’iscrizione all’albo o all’elenco è essenziale per l’esercizio dell’attività giudiziale, mentre non lo è – e, quindi, il contratto resta valido – per l’esercizio delle attività stragiudiziali.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 1 Aprile 2008, n. 8445).

[Dott. Donato Vozza]