Cassazione Civile: risarcimento del danno morale da morte dei figlio mentalmente infermo

La Cassazione ha cassato (e pesantemente criticato) la pronuncia con la quale i giudici di secondo grado avevano ridotto il risarcimento che il medico di guardia era stato condannato a versare ai genitori di un figlio ricoverato con diagnosi di psicosi allucinatoria, suicidatosi poche ore dopo il  ricovero.

Secondo la Cassazione "Gravemente erroneo sotto il profilo logico appare, difatti, l’iter argomentativo percorso dal giudice dell’appello quando discorre - del tutto inopinatamente, secondo considerazioni prive di qualsiasi riscontro probatorio - di una presunta "predisposizione" dei genitori alla morte di un figlio psicotico - il cui grave stato mentale non è, ovviamente, patologia di per sé mortale, bensì malattia che, opportunamente curata e opportunamente sorvegliata (proprio quanto i ricorrenti avevano inteso realizzare attraverso il ricovero ospedaliero), non comportava alcun rischio di morte - talché la pretesa "predisposizione" al suicidio del giovane figlio deve dirsi nella specie totalmente impredicabile sotto il profilo logico-probabilistico, garantendo, di converso, il ricovero ospedaliero esattamente l’opposto di quanto opinato dai giudici dell’appello, e cioè che il malato, ricoverato in una struttura specializzato e opportunamente assistito, avrebbe potuto superare la crisi. Si che, come correttamente e condivisibilmente sottolineato dalla difesa dei ricorrenti, temere un evento non ne implica rassegnata accettazione, ma al contrario, come dimostrato nella specie proprio dalla richiesta di assistenza specializzata in una struttura pubblica, essere fortemente determinati a contrastarlo e a prevenirlo".

Non solo: "Anche la parte della motivazione relativa ad una pretesa minore intensità del rapporto affettivo tra i genitori e il figlio ammalato appare gravemente viziato sotto il profilo logico-giuridico. La circostanza secondo la quale il grave stato di disagio psichico del giovane suicida avrebbe comportato, ipso facto, una diversa e minore intensità di tale rapporto affettivo risulta anch’essa destituita di qualsivoglia concreto supporto probatorio, vero essendo, in contrario, che, secondo l’id quod plerumque accidit, gravi affezioni e preoccupanti patologie di un figlio intensificano, piuttosto che diminuire, il legame emozionale con il genitore, quasi che l’intensificazione di un sentimento di amore possa in qualche misura compensare la gravità della sintomatologia accusata dal figlio stesso: e la prova presuntiva di tale, intensificata relazione affettiva può legittimamente desumersi, nella specie, proprio dalla quantità e qualità di cure prodigate all’infermo".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 28 febbraio 2008, n.5282).

La Cassazione ha cassato (e pesantemente criticato) la pronuncia con la quale i giudici di secondo grado avevano ridotto il risarcimento che il medico di guardia era stato condannato a versare ai genitori di un figlio ricoverato con diagnosi di psicosi allucinatoria, suicidatosi poche ore dopo il  ricovero.

Secondo la Cassazione "Gravemente erroneo sotto il profilo logico appare, difatti, l’iter argomentativo percorso dal giudice dell’appello quando discorre - del tutto inopinatamente, secondo considerazioni prive di qualsiasi riscontro probatorio - di una presunta "predisposizione" dei genitori alla morte di un figlio psicotico - il cui grave stato mentale non è, ovviamente, patologia di per sé mortale, bensì malattia che, opportunamente curata e opportunamente sorvegliata (proprio quanto i ricorrenti avevano inteso realizzare attraverso il ricovero ospedaliero), non comportava alcun rischio di morte - talché la pretesa "predisposizione" al suicidio del giovane figlio deve dirsi nella specie totalmente impredicabile sotto il profilo logico-probabilistico, garantendo, di converso, il ricovero ospedaliero esattamente l’opposto di quanto opinato dai giudici dell’appello, e cioè che il malato, ricoverato in una struttura specializzato e opportunamente assistito, avrebbe potuto superare la crisi. Si che, come correttamente e condivisibilmente sottolineato dalla difesa dei ricorrenti, temere un evento non ne implica rassegnata accettazione, ma al contrario, come dimostrato nella specie proprio dalla richiesta di assistenza specializzata in una struttura pubblica, essere fortemente determinati a contrastarlo e a prevenirlo".

Non solo: "Anche la parte della motivazione relativa ad una pretesa minore intensità del rapporto affettivo tra i genitori e il figlio ammalato appare gravemente viziato sotto il profilo logico-giuridico. La circostanza secondo la quale il grave stato di disagio psichico del giovane suicida avrebbe comportato, ipso facto, una diversa e minore intensità di tale rapporto affettivo risulta anch’essa destituita di qualsivoglia concreto supporto probatorio, vero essendo, in contrario, che, secondo l’id quod plerumque accidit, gravi affezioni e preoccupanti patologie di un figlio intensificano, piuttosto che diminuire, il legame emozionale con il genitore, quasi che l’intensificazione di un sentimento di amore possa in qualche misura compensare la gravità della sintomatologia accusata dal figlio stesso: e la prova presuntiva di tale, intensificata relazione affettiva può legittimamente desumersi, nella specie, proprio dalla quantità e qualità di cure prodigate all’infermo".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 28 febbraio 2008, n.5282).