Cassazione Lavoro: 2 anni per agire contro il terzo che ha causato infortunio al lavoratore

La Cassazione ha confermato il proprio orientamento secondo cui si prescrive in due anni il diritto del datore di lavoro che agisce per ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa della mancata prestazione lavorativa di un proprio dipendente dovuta ad inabilità temporanea per infortunio cagionato da un terzo.

La Cassazione ha ricordato infatti che "Gli esborsi a titolo di retribuzione, effettuati dal datore di lavoro, in adempimento di un dovere fissato dalla legge o dal contratto, in favore del dipendente per il periodo di inabilità temporanea conseguente ad infortunio, e, quindi, senza ricevere il corrispettivo costituito dalle prestazioni lavorative, integrano un danno che si ricollega con nesso di causalità a detto infortunio e come tale deve essere risarcito dal terzo responsabile del fatto medesimo (cfr., ex plurimis, Cass. n. 531/87, preceduta e seguita da giurisprudenza costante). Costituiscono componente di tale danno anche i contributi dovuti dal datore di lavoro agli enti di assicurazione sociale (Cass., sez. un., n 6132/88 e Cass. n. 5373/89). Il datore di lavoro agisce dunque per il risarcimento di un danno direttamente subito per fatto illecito del terzo. Ne consegue che se, come nel caso in scrutinio, il danno sia stato prodotto "dalla circolazione di veicoli di ogni specie, il diritto si prescrive in due anni" (art. 2947, comma 2, cod. civ.).

Secondo la Cassazione "Non contrasta con tale univoca conclusione il principio enunciato da Cass. n. 10827/07 che, in ordine all’azione di regresso dell’impresa designata nei confronti del responsabile ex art. 29 della legge n. 990 del 1969, ha affermato che l’obbligo di solidarietà che l’impresa designata assolve nei confronti della vittima della circolazione non deriva dal fatto illecito ma dall’imputazione ad un soggetto solidale ex lege dell’obbligo risarcitorio, con la conseguenza che tale particolare fattispecie di solidarietà sfugge alle ragioni della prescrizione breve e che trova dunque applicazione quella ordinaria (contra, tuttavia, Cass., nn. 18446/05 e 15357/06). Nel caso del datore di lavoro, infatti, palesemente non ricorre in capo al medesimo un obbligo risarcitorio nei confronti del lavoratore ed il suo credito nei confronti dell’autore dell’illecito - benché non riconducibile alla surrogazione legale di cui all’art. 1203 cod. civ. - trova non di meno la sua genesi nello stesso fatto che ha impedito al lavoratore di prestare la propria attività lavorativa e che ha dunque leso la posizione creditoria del datore di lavoro, tenuto a pagare il lavoratore ma pregiudicato nella possibilità di ricevere la prestazione corrispettiva".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 9 febbraio 2010, n. 2844).

La Cassazione ha confermato il proprio orientamento secondo cui si prescrive in due anni il diritto del datore di lavoro che agisce per ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa della mancata prestazione lavorativa di un proprio dipendente dovuta ad inabilità temporanea per infortunio cagionato da un terzo.

La Cassazione ha ricordato infatti che "Gli esborsi a titolo di retribuzione, effettuati dal datore di lavoro, in adempimento di un dovere fissato dalla legge o dal contratto, in favore del dipendente per il periodo di inabilità temporanea conseguente ad infortunio, e, quindi, senza ricevere il corrispettivo costituito dalle prestazioni lavorative, integrano un danno che si ricollega con nesso di causalità a detto infortunio e come tale deve essere risarcito dal terzo responsabile del fatto medesimo (cfr., ex plurimis, Cass. n. 531/87, preceduta e seguita da giurisprudenza costante). Costituiscono componente di tale danno anche i contributi dovuti dal datore di lavoro agli enti di assicurazione sociale (Cass., sez. un., n 6132/88 e Cass. n. 5373/89). Il datore di lavoro agisce dunque per il risarcimento di un danno direttamente subito per fatto illecito del terzo. Ne consegue che se, come nel caso in scrutinio, il danno sia stato prodotto "dalla circolazione di veicoli di ogni specie, il diritto si prescrive in due anni" (art. 2947, comma 2, cod. civ.).

Secondo la Cassazione "Non contrasta con tale univoca conclusione il principio enunciato da Cass. n. 10827/07 che, in ordine all’azione di regresso dell’impresa designata nei confronti del responsabile ex art. 29 della legge n. 990 del 1969, ha affermato che l’obbligo di solidarietà che l’impresa designata assolve nei confronti della vittima della circolazione non deriva dal fatto illecito ma dall’imputazione ad un soggetto solidale ex lege dell’obbligo risarcitorio, con la conseguenza che tale particolare fattispecie di solidarietà sfugge alle ragioni della prescrizione breve e che trova dunque applicazione quella ordinaria (contra, tuttavia, Cass., nn. 18446/05 e 15357/06). Nel caso del datore di lavoro, infatti, palesemente non ricorre in capo al medesimo un obbligo risarcitorio nei confronti del lavoratore ed il suo credito nei confronti dell’autore dell’illecito - benché non riconducibile alla surrogazione legale di cui all’art. 1203 cod. civ. - trova non di meno la sua genesi nello stesso fatto che ha impedito al lavoratore di prestare la propria attività lavorativa e che ha dunque leso la posizione creditoria del datore di lavoro, tenuto a pagare il lavoratore ma pregiudicato nella possibilità di ricevere la prestazione corrispettiva".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 9 febbraio 2010, n. 2844).